Corrente
naturale
di ellephedre
Marzo 1997 - Litigio
La tv era accesa. Le espressioni sul volto di Makoto mentre la
guardava erano
impagabili.
«Kasumi! Non posso credere che tu lo abbia fatto!»
«Hiromi, ascoltami! Io e Hiroyuki credevamo che tu
fossi andata via per sempre! Stavo solo cercando di...»
«Di consolarlo? Che bel modo hai scelto! Pensavo fossi mia
amica!»
«Sei stata tu ad andare via! Hai lasciato sia lui che
me!»
La bocca di Makoto era aperta in una O di sorpresa. Seguiva rapita ogni
parola dello sceneggiato tv, soffrendo assieme ai
protagonisti. Sullo schermo
volò uno schiaffo e lei sobbalzò, scandalizzata.
Partì la pubblicità. Gen si concesse una risata
smorzata.
Makoto stava scuotendo la testa. «Che situazione!»
Come faceva lei a immedesimarsi tanto? «È
tutto inventato.»
«Sì, ma sono cose che capitano. Quella
ragazza, ad
esempio: doveva andare a
studiare lontano e ha troncato la sua relazione perché non
voleva
far
soffrire il suo fidanzato. Lo avrebbe fatto aspettare per anni se non
avessero rotto. Lei lo amava tanto e stava cercando
di non essere egoista. Poi, con la lontananza, si
è accorta di non poter stare
senza di lui. Altri ragazzi la cercavano, ma lei aveva in mente solo la
persona che amava davvero. È tornata indietro, ma nel
frattempo il ragazzo e la sua
amica...»
«Se la sono spassata.
Lui non ha
protestato, no?»
Makoto lo guardò con occhi nuovi.
«Conosci la trama?»
Purtroppo sì, ammise Gen.
«Anche in casa mia guardano questo drama all’ora di
cena.»
Makoto si sentì compresa. «È
appassionante!»
I gusti di lui viravano in altre direzioni, ma lo
sceneggiato era
divertente proprio per le
reazioni che causava in Makoto, così come in sua madre e
nelle
sue sorelle. A Gen sembrava che in quelle storie loro cercassero
emozioni che nella realtà le facevano rabbrividire. Makoto
detestava l'idea del tradimento, ma in tv era una
situazione che la attraeva morbosamente.
Lei stava ancora pensando. «Mi fa molta rabbia
Kasumi, l'amica, però comprendo le sue ragioni. Si
è sentita abbandonata da
Hiromi. Lei e Hiroyuki stavano cercando di farsi forza a vicenda e,
passando tanto tempo insieme...»
Come se fosse inevitabile. «Perciò se tu
mi
abbandoni per studiare
all’estero, io sono autorizzato a consolarmi con una delle
tue
amiche?»
Makoto gli tirò contro il tovagliolo, ridendo. «Io
non
vado da nessuna parte!»
Allora anche lei la trovava una cosa ridicola. «Ma
se andrò
via io, starò attento agli amici maschi che ti ronzano
intorno.
Ormai ho capito come andrebbe a finire.»
L'allegria di Makoto si sciolse in una punta di dolcezza,
più
seria del solito. Lei si alzò e, dopo aver fatto il giro del
tavolo, si
appollaiò accanto a lui, le braccia attorno al suo collo e
una
gamba sopra la sua. «Io non penserei mai a nessun
altro.»
Posò un bacio lungo e leggero sulla punta del suo naso - una
rassicurazione affettuosa che per lui era un concentrato di
sensualità.
Le spostò una ciocca dei capelli dietro
l'orecchio.
«Perché guardi queste storie di tradimenti?
Non ti
capiteranno mai.»
Lei lanciò un'occhiata al televisore.
«Hmm... Mi piace sentirmi travolta da queste emozioni
dolorose. Sono situazioni che hanno a che fare con la
realtà . anche se non mi succederanno
mai,
come dici tu. Perché sono fortunata.» Aveva
avvicinato il
viso al suo per sorridere e Gen ne approfittò per un bacio.
Aveva appena iniziato a renderlo profondo quando la
pubblicità
terminò.
Makoto si staccò da lui in un
lampo. «Ricomincia!»
Gen tornò a mangiare, sospirando. Ma
Makoto non aveva distolto completamente l'attenzione dal suo
volto. Gli prese
le
bacchette
di mano e lo imboccò con uno spaghetto.
«Ahh-!»
Lui rise e mangiò. Invece di tornare al proprio
posto, lei trascinò la propria scodella sul tavolo, per
rimanergli seduta accanto.
Dopo cena riassettarono insieme, la radio a far da sottofondo
alle
loro faccende. Mentre cambiava la lenzuola, Makoto mormorava la melodia
della canzone in onda.
Una volta lei aveva avuto il coraggio di chiedergli
perché
lui venisse a trovarla le notti del mese in cui, per
via del
suo ciclo, erano impossibilitati ad avere rapporti sessuali. Gen le
aveva quasi riso in faccia. La sua risposta si trovava in quei momenti:
era bello starle intorno, anche quando non parlavano e nemmeno si
guardavano. Makoto era Makoto, in tutto. Nel profumo che lasciava
nell'aria, nel
modo in cui muoveva, persino nel tipo di ambiente di cui si circondava
- un luogo ordinato come la sua cucina, organizzata con metodo e
decorata nei dettagli.
Gen non poteva fare a meno di sorridere mentre asciugava il
bancone.
«A cosa pensi?»
«Alla volta in cui mi hai chiesto perché
venivo
a casa tua se non potevamo fare sesso.»
Lei arrossì. «Non l'ho detto
così.»
Lui scrollò le spalle.
«Stavo solo cercando di non darti false speranze.
Fino a quel
giorno tutte le volte che eri venuto da me eravamo stati a letto
insieme.»
Sì, non aveva torto. «Però
sappiamo
fare anche altro quando siamo soli.»
Makoto rimase in silenzio, senza dire più nulla.
Be'?
Le sfuggì un sorriso. «A me piacciono
tanto questi
giorni. Però quando non ci sono - ehm - ostacoli, tu pensi a
una
sola cosa. Come quella volta che abbiamo giocato a carte: è
diventata una partita di strip-poker. O quando ci siamo messi
a vedere
un film: la trama horror mi ha fatto venire i brividi e tu ne hai
approfittato per consolarmi a modo tuo. Quando ci mettiamo a
pulire
la casa prima
o poi ti strusci addosso a me e-»
«Ehi.» Quanto era lunga quella lista?
«Come se fosse solo un'idea mia.»
Il sorriso di Makoto si allargò. «Adoro tutto
quello che facciamo. Ma... amo anche questi momenti tranquilli.
Perciò questi
giorni mi piacciono particolarmente.»
Gen pensò di non menzionare il fatto che l'ostacolo
fisico non gli impediva di voler fare sesso con lei. Si tratteneva
più che altro per il suo confort, per non infastidirla.
Comunque non era ossessionato. Ci sarebbe stato un problema tra loro
solo se lui non
avesse voluto fare sesso. E
nonostante
le sue
dichiarazioni, anche Makoto era entusiasta nell'incoraggiarlo.
Provò comunque a riflettere sul discorso di lei.
Makoto picchiettò il cuscino con una mano.
«Il letto è pronto. Ora vado a farmi
un bagno.»
Lui annuì. Era un peccato non poterla accompagnare
dentro la vasca, ma non disse niente mentre lei si chiudeva nell'altra
stanza.
Nell'attesa
di
poter fare a
sua volta una doccia, si sdraiò sul letto e
guardò il
telegiornale.
Più tardi, stringendosi a Gen sul materasso, per la
prima volta Makoto
notò un problema. «Il letto affonda troppo,
vero?»
«Hm?»
Quello di Gen era stato un mormorio. Lui stava per
addormentarsi; la doccia serale lo rilassava.
«Il materasso non è abbastanza
rigido» chiarì Makoto. «A volte, quando
mi sveglio, sento fastidio alla schiena.»
Lui strizzò gli occhi, per guardarla meglio.
«Hm... già. Quello che ho in casa è
più
duro.»
Oh. A lei piaceva molto la morbidezza del suo
materasso - ci aveva
sempre dormito benissimo da sola - ma in effetti, da quando era
arrivato
lui... «Forse per questo, ogni tanto, ti fanno male le
spalle.»
Gen sbadigliò. «Magari.»
Quel giorno lei aveva visto una telepromozione
sull'importanza del
materasso nel garantire un adeguato riposo. Per via del suo fisico
magico non aveva mai malanni duraturi, ma aveva massaggiato
più volte le spalle rigide di Gen. Lui attribuiva i
dolori alla
postura sbagliata che assumeva mentre studiava, ma... se si fosse
trattato del
materasso?
Gli toccò una spalla, per farlo voltare.
«Domani andiamo in qualche negozio?»
«Va bene.»
Accettò l'abbraccio di lui e non disse altro. Il
materasso affondava sotto il loro peso, ma per lei
dormire accanto a
Gen era come al solito celestiale.
Il giorno seguente Gen alzò lo sguardo verso
l'insegna del
negozio a cui Makoto lo aveva portato. «Perché
vuoi
guardare dei materassi?»
«Voglio scoprire se ne esistono di più
comodi.» Lei lo prese per una mano e impresse abbastanza
forza
nella
stretta da trascinarlo di peso oltre la porta d'ingresso.
Stava pensando di comprare un materasso nuovo? Era
un'idea folle secondo lui: lei non aveva idea di quanto costavano.
«Salve!» Makoto salutò
la commessa del
negozio e le spiegò subito cosa stava cercando: un prodotto
di
qualità, abbastanza morbido da offrire un sonno comodo ma al
contempo rigido a sufficienza da sostenere le loro schiene.
«Oh sì, è
importante!» le fece eco la donna.
«Fa bene a preoccuparsene. Ha già in mente una
marca?»
Mentre parlavano, Gen lanciò un'occhiata ai
cartelli coi prezzi. Adocchiandone un paio,
deglutì. «Makoto?»
Si voltò anche la commessa, ma con un cenno della
testa lui
indicò di volere un momento di privacy. Portò
Makoto in
un angolo del negozio. «Stai solo indagando o vuoi davvero
comprarne uno?»
«Prima proviamoli. Se troviamo quello che
fa per
noi, varrà la pena comprarlo.»
Lui non era d'accordo. «Hai visto quanto
costano?»
Lei non si sorprese nel vedere le
cifre. «I prezzi sono
uguali a quando ho comprato il mio. Mi avevano detto che non era niente
di che, infatti era in promozione. Ora capisco perché
costava
così poco.»
Ma di che parlava? «Il tuo materasso va
benissimo.»
«Ti fa venire il mal di schiena.»
«È per il lavoro, sollevo cose. E sto
piegato quando studio. Questa storia c'entra con la domanda che mi hai
fatto ieri?» Proprio mentre si stava per addormentare. Lei lo
aveva
colto alla sprovvista, in un istante di debolezza.
Makoto era piccata.
«Senti, non ti sto
chiedendo il permesso di comprare un nuovo materasso per casa mia. Ho
intenzione di farlo e basta.»
Gen non gradì né il tono né
l'argomentazione.
«Non compreresti il materasso per te stessa. Lo prenderesti
perché dormo con te e insieme affondiamo al
centro.»
«Vedi che te ne sei reso conto? Il materasso
che ho in casa è scomodo.»
Non era un buon motivo per spendere tanti soldi.
«I materassi non sono cose che si comprano su due
piedi, devono durare per anni. Il tuo è quasi
nuovo!»
«Ma non è adatto. Perché ti
scaldi tanto?»
Lui identificò il motivo. «È
un acquisto troppo
importante. Mi sento come se mi stessi regalando un
televisore, o
un armadio. Non si fa.» Prese una decisione che lo fece
sentire subito meglio. «Comprerò io il
materasso. In fondo
serve a me.» Lei non risentiva nemmeno della
scomodità:
non aveva mai avuto dolori di alcun genere.
Makoto era stizzita. «Il materasso
starà a casa mia. Devo comprarlo io.»
Non voleva dire niente. «Non ne vorresti uno nuovo
se non fosse per me.»
«Non c'entra. Andrà sul mio letto,
sarò io che ci dormirò sopra tutte le
notti.»
A quello scopo lei poteva usare il vecchio materasso,
senza
bisogno di cambiarlo. «Makoto... Non mi farò
regalare una cosa simile da te. È troppo.»
Lei sgranò gli occhi, incredula.
«Perché
stai facendo queste storie? Ho solo deciso che voglio prendere un nuovo
materasso per casa mia, per tutti e due. Perché ti
dà
fastidio?»
«Un materasso non è una cosa che si regala.»
Al
massimo si comprava insieme, ma regalarlo stabiliva una sorta di...
rapporto di forza. Già lui viveva a casa sua per quasi
metà mese, senza partecipare alle spese se non per quel poco
di
cibo che gli veniva permesso di comprare. Ma un materasso? Non aveva
bisogno di essere mantenuto. «Posso prenderlo io per
entrambi.»
Makoto fece un grosso respiro. Si voltò
verso la
commessa, accennando un sorriso. «Io e il mio ragazzo
dobbiamo
parlarne meglio. Torneremo un'altra volta.»
Uscirono dal negozio, con grande sollievo di Gen.
Appena girato l'angolo, Makoto si girò di scatto.
«Non
lo prenderai tu. Comprerò io questo nuovo
materasso.»
Lui separò le labbra per ribattere,
ma lei
non lo lasciò nemmeno cominciare. «Quello che dici
non ha senso! Prima sostieni che un materasso non si regala,
poi vuoi prenderlo tu? Per casa mia?»
Ma lui non glielo aveva offerto senza un motivo! «Tu
vuoi comprarlo per me. Hai sempre amato il tuo materasso!»
Glielo aveva sentito dire! «Che c'è di male se per
una
volta
compro io una cosa? Tanto non pago nient'altro!»
Makoto si indignò. «Perché
dovresti pagare qualcosa? Sei mio ospite!»
Ospite!
«Sto a casa tua per metà settimana. Mi
dà fastidio non contribuire, ma tu insisti a-»
«'Fastidio'? A me piace poterti offrire la mia casa!
Mi piace
quando stai con me.» Le si spezzò la voce, ma
l'irritazione vinse sulla tristezza. «Come può
scocciarti una cosa del genere? Per me è bella.»
Gen si calmò. «Mi piace che tu sia
felice, ma... non
arriviamo a questo. Un materasso è un'esagerazione. Non
voglio
questo regalo.»
Makoto si sforzò di respirare lentamente.
«Un giorno
avrei avuto comunque bisogno di un materasso nuovo, visto che questo
non è adatto a due persone.»
«Stai aprendo una pasticceria. Non è il
momento di investire su un oggetto che ha il prezzo di un
mobile.»
Makoto spalancò la bocca. «Non iniziare a
gestire le
mie finanze! Io... io ero
venuta qui pensando che fosse una cosa carina, che potevamo fare
insieme!»
Ma lui alla fine non aveva detto di no!
«Torniamo
al negozio, allora. Lascia che compri il materasso.»
Makoto si impettì ancora di più.
«Se ti sembra
assurdo che lo prenda io
perché costa
tanto, non ha senso che lo prenda tu per una casa che non è
tua!»
Lei doveva decidersi. «Vuoi che passi il mio
tempo
con te, ma non che sia casa mia.»
Makoto si indignò. «Ti ho offerto
un cassetto. In bagno hai uno spazio tuo!»
Sì. E lui non pretendeva di avere diritti neppure
su
un metro quadrato
di quell'appartamento solo perché aver iniziato a
contribuire in maniera
più
attiva alla gestione economica, ma l'esclusione lo infastidiva. Sentiva
che gli veniva proibito di dare qualcosa che per lui era naturale
offrire. Prendere il materasso sarebbe stato... giusto. Avrebbe avuto
qualcosa di suo là dentro, qualcosa che aveva dato a
entrambi a
sua volta. «Voglio acquistare io il materasso.»
Makoto si irrigidì. «Non
posso accettarlo. Sarà il mio materasso, rimarrà
sul mio letto.»
«Che differenza fa?» Tanto lo usavano
insieme. E anche
se lei lo avesse usato da sola, lui era contento di poterle regalare
una
comodità.
«È casa mia, Gen. Se mi aiuti per una
cosa come il materasso, è come se non potessi farcela da
sola.»
Che storia era quella? «Non ho mai pensato
che-»
«E il giorno in cui lo userò con qualcun
altro, come mi sentirò?»
... cosa?
Makoto perse colore in viso. «Voglio dire... un
materasso
è per sempre. Non è un regalo che si fa in una
relazione
iniziata da poco, se non c'è la certezza
che...»
«Che un giorno non lo userai con un
altro uomo?» Gen si sentì ribollire. «Se
ci
stai
già pensando, compratelo da sola.»
«Aspetta-!»
Allontanò di scatto la mano di lei, per non farsi
toccare. «Non voglio più parlarne.»
«Volevo solo dire che non so niente del futuro!
Nemmeno tu
vuoi pensarci e... e all'improvviso parli di comprare addirittura un
materasso! Come se...»
Era stata lei ad aver dato il via a tutta quella storia. Aveva
detto
tutto lei, anche le cose sbagliate.
Makoto aveva smesso di ribattere e Gen non
dovette parlare per comunicare quanto quella conversazione fosse finita
per lui.
In silenzio, si voltò e se ne
andò per
la propria strada.
«Che
cosa
gli hai
detto?!»
Makoto chiuse gli occhi, costernata. «Non so come mi sia
uscita. Anche
Usagi mi ha sgridata.»
«Aspetta. Ripetimi tutta la scena.»
Nel raccontarla di nuovo a Rei al telefono, Makoto rivisse il
momento nei più piccoli e dolorosi dettagli.
«Perché all'improvviso hai tirato fuori la
possibilità di un altro ragazzo?»
«Non intendevo farlo! Non ci stavo nemmeno
pensando!» La
frustrazione la vinse di nuovo. «Pensavo solo a Gen. Ogni
volta
che io e lui finiamo a parlare di un futuro lontano, ci interrompiamo,
passiamo oltre. È... normale. Lo capisco. Ma non
ha
senso che poi lui voglia comprare un materasso al posto mio se non mi
dà la sicurezza che... be', che rimarrà assieme a
me per usarlo.»
Il solo pensiero che ci fosse un futuro in cui Gen non faceva
parte della
sua vita le causava sofferenza. Non voleva immaginarlo. Era d'accordo
con
lui
nell'andare avanti piano piano, coi loro tempi. Tuttavia,
finché non
avesse avuto certezze su loro due, non voleva pensare all'avvenire, in
alcun
modo.
«Sei stata tu a tirare fuori la storia del
materasso.»
«Lo so!»
«Lui si è solo offerto di comprartelo.»
A parte tutto il resto - motivazioni che continuavano a sembrarle
giuste - era consapevole della buona volontà dietro le
intenzioni di Gen. «Mi ha spiazzato.» Era quella la
verità.
«Perciò hai reagito dicendo sciocchezze.»
Sì, come suo solito.
«Era molto arrabbiato?»
Oh, sì. Gen non si era fatto nemmeno sfiorare da
lei. Non
aveva potuto
sopportare la sua vista. «Non so quando vorrà
parlarmi di
nuovo.»
«Dovrai costringerlo ad ascoltarti. Ma vai da lui solo quando
avrai le cose giuste da dire.»
Era per questo che cercava supporto.
«Mako-chan, forse non sono la persona giusta per
darti consigli. Io sarei scoppiata quando lui ha detto che aveva il
diritto di regalarti il materasso, ma tu non potevi fare altrettanto.
Che
maschilista!»
Esatto! «Per questo mi sono arrabbiata!»
«E quando ti ha ricordato che stai aprendo la
pasticceria? Come se tu non fossi capace di decidere da sola in cosa
spendere i tuoi soldi!»
Giusto, proprio così! «È stato
talmente... arrogante!»
«Supponente.»
«Pensa di sapere tutto lui!»
«Sì, be'... per questo non mi va a
genio. Ma credevo che a te piacesse questo suo modo di fare.»
Solo per certe cose. «Gen non è
perfetto.» Come
lei d'altronde. «Ma non avevamo mai litigato in questa
maniera.»
«Prima o poi una discussione forte è
inevitabile. In
questo caso hai avuto la sfortuna di essere tu quella che l'ha conclusa
male.»
Già, e ne era sempre più profondamente
pentita.
«Ne hai parlato con Ami?»
«Ehm... no.» Si vergognava al pensiero di
raccontare ad
Ami quella storia. Era stata molto immatura.
Rei comunque pareva capirla. «Ami prenderebbe le
parti di
Gen. Darebbe ragione
anche a te,
ma sarebbe più obiettiva nell'assumere il punto di vista di
lui.
È quello che ti serve.»
Ami non era la sola a saper decifrare le persone.
«Gen ti
sta così antipatico?»
Rei sospirò. «No, ma il tipo di
relazione che avete ti rende troppo vulnerabile a
lui.»
Makoto non comprese. «In che senso?»
«A me sembra che tu ti faccia guidare da Gen in
tante cose.
Capisco che questo ti piaccia, solo che... mi sento strana ad affidarti
a lui. Non so come funziona la vostra relazione; non so se ti tratta
come meriti. Per ora mi fido solo perché ti
ama.
È l'unica cosa di cui sono sicura.»
Makoto si intenerì. «Ti preoccupi per
me.»
«Certo.»
Seppe che dall'altra parte Rei stava facendo una smorfia
noncurante,
cercando di nascondere l'imbarazzo anche se nessuno la stava guardando.
Volle rassicurarla. «È solo una
finta, sai?»
«Cosa?»
«L'impressione che lui mi guidi. Glielo lascio fare.
Glielo
chiedo. Ma permetto che mi porti solo dove voglio io. Non lo avrei
scelto se non capisse che cosa desidero ogni volta, senza
parole.»
Rei rimase in silenzio.
«Davvero questo ti sorprende?»
«No, ora che me l'hai detto. Solo che è
una cosa così... romantica. E passionale.»
Già, sospirò Makoto. Voleva ritrovare
quell'intesa. «Come posso farmi perdonare?»
«Digli la verità.»
«Eh?»
«Lui risponde bene ai confronti diretti. Digli la
vera ragione per
cui sei ancora costretta a pensare che dovrai trovare un altro ragazzo
un
giorno. Digli che hai paura.»
«Non posso. Sarebbe come chiedergli di prendere ora
una decisione. È un
impegno che lui non è ancora disposto a...»
«Ma è davvero così? Ha detto
di voler comprare
il materasso per entrambi. Forse non sa ancora bene cosa
vuole in futuro con te, ma gli uomini si comportano in questo modo.
Più
che parlare, agiscono secondo quello che provano. Vuole regalarti il
materasso e ha detto di voler contribuire maggiormente alle spese
della
casa. Questi sono già impegni. Si sta muovendo in quella
direzione con te.»
Anche Makoto se n'era accorta. Ne era molto contenta e non le
sembrava giusto chiedere a Gen di spingersi oltre.
Rei emise uno sbuffo. «Basta che ti decidi.
Probabilmente se
chiedi scusa in maniera molto contrita e poi ti butti tra le sue
braccia, lui ti perdonerà lo stesso, senza bisogno di
ragioni.»
Le sfuggì un sorriso. «Dovrei
lasciar passare qualche giorno.»
«Non esageriamo. Da persona gelosa ti assicuro che,
se Yu avesse
detto a me quello che tu hai detto a Gen, io ci starei pensando ogni
minuto della giornata.»
Il pensiero la fece soffrire fisicamente. «Allora
vado
da lui stasera.»
«Però avvicinalo solo se non ti sembra
nero di rabbia. Io non ti ascolterei se fossi di
quell'umore.»
Makoto ebbe un'illuminazione. «Sai, penso di aver
capito perché Gen ti urta.»
«Che c'entra ora?»
Ridacchiò. «Voi due vi somigliate. A
presto, Rei, grazie!» Riattaccò prima di
essere travolta dalle proteste.
Quel pomeriggio Gen andò ad allenarsi. In
palestra, davanti al sacco di sabbia, sistemò
con decisione i guantoni sulle mani.
«Gen!»
Rispose con un cenno della testa all'amico che lo aveva
chiamato.
«È da un po' che non ti vedo qui nel
weekend!»
Già.
Kato, compagno di tanti allenamenti, lo guardò
meglio in faccia. «Hm. Non hai voglia di parlare,
eh?»
Iniziando a riscaldarsi, Gen fece entrare in contatto i
guantoni.
«No.»
Kato annuì. «Va bene, ci si vede. Picchia
duro!»
Scagliandosi contro il sacco, fu proprio quello che Gen fece.
Alle nove di sera Makoto si presentò alla porta di
casa Masashi.
Alla fine aveva parlato anche con Minako del suo dilemma.
L'aveva
chiamata soprattutto per risentirla - Minako le mancava - ma era stato
utilissimo per lei avere qualcuno a difenderla con
spensieratezza,
permettendole di sfogare tutti quei piccoli risentimenti che doveva
cancellare prima di parlare con Gen.
«Presuntuoso, so-tutto-io, non sa accettare una
gentilezza, non ti lascia spiegare...»
Minako aveva preso le sue parti al punto da imporle di
rispondere
a nome di Gen.
«Visto? Ti ho dato
argomenti per capirlo!»
Makoto aveva riconosciuto la strategia. «So di
essermi
comportata peggio. Andrò a cercarlo dopo cena.»
Per dargli
il tempo di sbollire, senza lasciarlo penare troppo.
«Queste litigate mi fanno tenerezza. Amatevi!
È l'unica cosa che conta!»
Aveva salutato Minako con un sorriso dipinto sul volto.
Davanti alla porta della casa di Gen era meno felice e
più incerta. Suonò il campanello.
«Apro io!» udì e seppe dalla
voce che non stava per vedere Gen sull'uscio.
Shori Masashi scostò la porta. Vedendola, la
squadrò da capo a
piedi. «Ah, è quella che ci ruba il
fratello.» Aveva
parlato a voce bassa e sorrideva. Non aveva intenzione di farsi sentire.
«Ciao» la salutò Makoto.
«Ciao. A momenti Gen vive più da te che
da noi.»
Makoto si sentì in colpa. «Mi
dispiace.»
Shori Masashi fece svolazzare una mano per aria.
«Qua non abbiamo bisogno di lui, altrimenti Gen
non
andrebbe via. È un bene che non ci stia più
addosso come
un tempo.»
Fu un discorso che Makoto comprese solo a metà.
«Avete litigato? Oggi lui ha una faccia...»
Makoto inspirò. «Puoi chiedergli di
uscire?»
«Figurati! Se non fosse in bagno sarebbe
già alla porta!»
Udirono una chiave che girava nel corridoio.
«Eccolo, sta arrivando. Saluto mamma e Miki da parte
tua.»
Makoto si rese conto di essere stata una maleducata.
«Entrerei per farlo personalmente, solo che...»
«Certo, certo, situazione tesa. Se va tutto bene,
domani vieni a pranzo. Mamma voleva invitarti da un po'.»
Makoto offrì un inchino della testa.
«Grazie.»
Gen comparve in corridoio. Senza disturbarli, sua sorella
Shori tornò al piano di sopra.
In silenzio, lui fece gli ultimi passi che li separavano,
fermandosi
davanti a lei senza parlare. La guardava in faccia, in attesa di una
sua dichiarazione.
«Mi dispiace per oggi.»
Lui non ebbe reazioni.
Makoto si fece forza. «Vorrei spiegare, se
vuoi
ascoltarmi. Possiamo uscire un momento?» Indicò il
giardino alle proprie spalle.
Lui non aveva ancora detto nulla, ma prese la giacca.
«Ci vorrà più di un momento.»
Prima di
uscire di
casa, controllò di avere le chiavi. Infine tornò
indietro, dirigendosi verso il salotto.
Makoto lo sentì spegnere la televisione, poi seppe
che lui stava andando a salutare sua madre. Se fosse stata una
giornata qualunque, lei avrebbe gridato
'Buonasera' alla signora. Sospirò, nervosa, torturandosi le
mani. Quando Gen tornò alla porta, gli
lasciò
spazio per
passare, dirigendosi verso il cancello. Stavano per andare
nel suo appartamento, era chiaro. Gen voleva parlare, quindi potevano
sistemare il
problema
già quella sera stessa.
Si mossero verso il furgone. Makoto salì nel sedile
del
passeggero e attese che Gen montasse alla guida. Lui entrò
nell'abitacolo, poi non mise le chiavi nel motore. Rimase muto,
immobile, in attesa.
Oh. Aveva intenzione di ascoltarla in macchina.
«Io... non ho detto quella cosa
per ferirti.»
Lui persistette in un silenzio risoluto. Lei seppe di non
poter continuare se non abbassando gli occhi sulle proprie
mani. «L'ho detto perché un
materasso mi ha fatto pensare agli anni che verranno. Non ho menzionato
un altro
ragazzo per ripicca, solo che... mi rende triste la
possibilità
di
non stare più
insieme a te un giorno. Siccome ci stavo pensando, ne ho
parlato.»
Stava
sfiorando il discorso che si era ripromessa di
non fare per intero, ma un cenno era necessario per permettergli di
comprendere da dove le fosse uscita un'idea tanto infelice.
«Lo dicevo più a
me stessa che a te. Non mi sono resa conto di cosa mi usciva dalla
bocca.»
«Lascerai che compri il
materasso?»
... tutto qui quello che lui aveva da dire?
Il silenzio di Gen esigeva una risposta.
Makoto represse a stento il fastidio. «Quella
è
un'altra faccenda.»
Lui strinse le mani sul volante, guardando fuori dalla
finestra. «È di questo che abbiamo
discusso.»
Invece no. «Possiamo parlarne ancora, se
vuoi.»
Gen batté il pollice sul clacson, irritato.
D'improvviso si tirò
indietro con la schiena e fece partire il motore.
«Sì» fu tutto ciò che
disse.
Makoto non aggiunse altro mentre col furgone andavano verso
casa sua.
Per Gen la faccenda era semplice: aveva bisogno di comprare
quel
materasso. Se Makoto non aveva avuto intenzione di dire quello che
aveva detto - se davvero non pensava già di ospitare in casa
sua, un giorno, un altro ragazzo, e di usare con lui il letto che ora
occupavano insieme - allora doveva permettergli di prendere il
materasso. Doveva lasciare che fosse suo, come il posto che aveva in
quel letto e nella vita di lei.
Salirono le scale del suo palazzo, senza parlare. Gen le
lasciò aprire la porta dell'appartamento ed entrò
in
casa. Makoto chiuse l'anta con un tonfo. «Perché
è
così importante?»
E glielo chiedeva pure? «Hai parlato di un altro
uomo.»
«Ma ti ho spiegato perché!»
«Allora dimostrami che è vero. Lascia che
il materasso sia mio.»
Makoto ebbe un momento di comprensione, poi
corrucciò la
fronte. «Ti eri intestardito prima che io finissi la
discussione.»
«Perché ci sono tanti altri buoni motivi
perché sia io a comprarlo.»
«Allora parliamo di quelli.»
Adesso per lui non contavano più. «Non
serve. Ho
già detto la mia ultima parola su questa storia. Lo
prenderò io.»
Makoto si indignò. «Questa è
mancanza di fiducia! Tu non mi credi!»
Esatto. Era stata lei a dargliene motivo.
Makoto tremò dalla rabbia. «Come se fosse
colpa mia! Io
ti darei tutto se solo tu mi dicessi che...!»
Inorridì, ma non
per essersi lasciata sfuggire una stupidaggine. Scosse la testa e si
zittì, ma Gen sapeva cosa
era stata sul punto di chiedergli. Lo sentì come un peso
sul
petto.
Makoto guardò il pavimento. «Tu devi credere in
quello che ti dimostro ogni volta che siamo insieme. Io mi fido di
quello che tu provi ora per me. Se tra noi non c'è
fiducia...»
'Cos'altro abbiamo?' Gen detestò le parole non
dette. «Per crederci ti serve regalarmi un
materasso?»
Makoto sbottò. «Se ti dà tanto
fastidio, non lo compriamo! Era solo un regalo che tenevo a
farti!»
Lui si sentì in colpa. «Non si tratta di
voler rifiutare un regalo...»
«Ma è la tua ultima parola.»
No, dannazione, per lei poteva cambiare idea. «Tu mi
dai troppo,
Makoto. Mi lasci usare questa casa come se fosse mia. Mi prepari le
cene e i bento, pulisci prima che sia riuscito a pensarci da solo.
Cuci, stiri, riordini...» Aveva perso il conto delle cose che
lei
faceva. Neanche sua madre aveva mai fatto tanto.
«Mi piace prendermi cura di te.»
La sua voce sottile gli fece male. «Allora lascia
che ti
dia almeno un materasso.»
«Perché? Non voglio niente in
cambio.»
Diavolo. «Un regalo così grande mi fa
sentire come un
ragazzino che non è capace di comprarsi queste cose da
solo!»
«Non voglio farti da mamma!»
Infatti era peggio. «Divento parte di una coppia in
cui ricevo tanto senza aver preso alcun impegno.»
Makoto si irrigidì. Gen
sentì di aver detto qualcosa di sbagliato, ma Makoto
parlò prima di lui.
«Ho capito. Ti fa sentire a disagio
che io faccia la mogliettina senza che tu mi abbia chiesto
né promesso
niente.»
Dannazione, no!
Il viso di Makoto si deformò in una smorfia.
«Non lo faccio per ottenere qualcosa da te!»
«Non era quello che volevo dire!» Gen
coprì la distanza tra loro in due passi.
Le spalle di lei scivolarono via dalle sue mani.
«Allora cosa?»
«So che tu fai tutto per gentilezza. Non era un
problema finché non ci hai aggiunto il materasso.»
«Lo faccio per amore, non per gentilezza.»
Gen si zittì. Come erano arrivati a quel punto?
«Lo so.»
«Non ti ho chiesto alcun impegno. So che tu non ne
hai
presi con me.»
«Non è vero.» Si era impegnato
con
tutto il suo essere in quel rapporto. «Volevo dire che un
materasso non si regala dopo tre mesi di relazione. È una
cosa che si fa quando si sta per comprare casa insieme, o quando ci si
fidanza, o...»
Makoto si stava deprimendo sempre di più.
«Non vuoi che te lo regali perché non vuoi farmi
credere che arriveremo mai a quel punto.»
«No!» Ma se voleva regalarle lui
il materasso!
Si trattenne dal mettersi le mani nei capelli. «Sento che ti
sfrutto, Makoto. È solo questo. Mi
offri cose che si dovrebbero dare dopo anni di relazione e io non ho ti
ancora dato niente che abbia altrettanto valore.»
Finalmente lo aveva detto bene. Ma non aveva terminato.
«Voglio
prenderti quel materasso perché mi è sembrato
giusto appena ci ho pensato. Se è per entrambi e resta qui,
c'è qualcosa di mio, per te, in questa
casa.»
Makoto abbandonò la tristezza. Prese una delle
mani con cui lui
aveva cercato di toccarla. «Era quello che pensavo anche io.
Un
oggetto così è per tutti e due e... volevo tanto
che
ce ne
fosse uno nel mio appartamento.»
Tornare a comprenderla gli diede enorme sollievo.
«Va bene.»
Lei aveva una preghiera negli occhi. «Compriamolo
insieme, Gen. Sarà una cosa che prenderemo in due, per
noi.»
... suonava ancora più giusto di quello che aveva
pensato lui. Fu un'illuminazione. «È
perfetto.»
Lei esplose in un sorriso. Gli gettò le braccia al
collo e lo strinse talmente forte da fargli male - un
dolore
piacevole, benvenuto.
Gen sentì ancora il bisogno di chiarire.
«Non penso che fai cose per me con secondi fini...»
Makoto si allontanò piano, per guardarlo in faccia,
senza
smettere di stringerlo. «Io invece voglio dire una cosa
sulla tua gelosia. Ci tenevi a lasciare il segno col
materasso?»
Be', non lo avrebbe negato.
Makoto sorrise del suo imbarazzo, poi divenne seria.
«Non avrò
bisogno di
un oggetto per ricordarmi di te, Gen. Ci saranno parti fondamentali di
me
che saranno per sempre tue.» Si assicurò di
avere i
suoi occhi, affinché capisse. «Per
l'eternità.»
Lui le prese la nuca e chiuse gli occhi con lei
nell'incontrare la sua bocca. Spense il cervello.
Usò le
mani, il corpo, per riempirsi e riempirla di sensazioni. Tutto, pur di
non
pensare al fatto che lui non aveva alcuna eternità da
offrire.
Ma ora erano ancora in
una piccola casa, lei non era millenaria e lui poteva ancora darle
tutto quello che era, senza trasformarsi in qualcosa che...
Non so se riuscirei.
Provò a dimenticarlo.
Makoto si addormentò per ultima dopo che ebbero
fatto l'amore. In lei aleggiava ancora una consapevolezza, un senso di
colpa.
Aveva quasi chiesto a Gen di decidersi - di dirle, ora e
subito, che l'amava con tanta sicurezza da voler passare con lei
secoli e secoli, anche se questo avrebbe trasformato la sua vita, anche
se avrebbe significato perdere la sua famiglia, la sua natura.
Perché
le mie amiche hanno questo e io no?
Perché Gen
non l'amava abbastanza?
Si sentiva meschina nell'avere quei pensieri. Covava desideri
così egoisti perché più
passava
il tempo, più non riusciva a immaginare di vivere la propria
vita senza Gen. Voleva persino litigare ancora per cose come quelle
- per un materasso, per scegliere una casa, una macchina, se prendere
un cane... Ed era stupida. Nella sua testa stava immaginando una vita
normalissima.
Neppure da sola riusciva ancora a concepire come sarebbe
cambiata la sua esistenza di lì a poco. Non sapeva cosa
avrebbe fatto, quando, a novant'anni, non fosse stata una vecchia
nonnina circondata da una famiglia numerosa, pronta a spegnersi. Lei
sarebbe rimasta giovane, una ragazza, con secoli di tempo da
riempire davanti a sé - una vita enormemente lunga. E voleva
trascinare Gen in quell'abisso di incertezza?
Non lo biasimava.
Non lo incolpava.
Voleva solo che quel loro presente si allungasse all'infinito.
Molto piano, lo abbracciò più forte.
Non gli aveva mentito.
Ricorderò per
sempre quanto sei caldo quando ti stringo. La sensazione dei tuoi
capelli sulle mie dita. Il tuo respiro sulla mia guancia.
Tutto era già parte di lei. Voleva solo... un
giorno in più. Ogni giorno, giorno dopo giorno, voleva solo
un
altro domani con lui.
Per quella sera, si accontentò di quella notte
e si
addormentò.
«È il migliore! Avete scelto benissimo!
Questo materasso ha il suo prezzo, ma si ammortizzerà negli
anni, con un riposo confortevole e sereno che vi lascerà
soddisfatti!»
Gen sorrideva. «Ce lo ha già
venduto. Lo prendiamo.»
La commessa del negozio saltellò verso la
cassa. «Da questa parte!»
Makoto era allegra. «L'abbiamo fatta
contenta.»
«Immagino la sua commissione. Ma è stata
una buona idea
unire le nostre finanze. Quando si tratta di comprare cose come queste,
non mi va di risparmiare. Infatti ho intenzione di prendere questo
fantastico televisore...»
Makoto sussultò. «Non per casa
mia!»
Gen rise. «Per la mia famiglia. Il televisore che
abbiamo è vecchio, è ora di cambiarlo.»
Coi soldi arrivati dall'assicurazione ora lui non doveva
più
risparmiare. Era più rilassato sul denaro e lei ne era
felice.
Gen le rivolse un sorriso furbo. «Se farai la brava,
ne prenderò uno anche a te.»
Per rimetterlo al suo posto, lei aprì una mano
sul suo fondoschiena e gli strizzò un gluteo.
Lui sobbalzò.
Makoto si concesse una risatina. «Comportati
bene.»
La commessa sbatteva gli occhi, ignara. «Tutto a
posto?»
«Certo» rispose Gen, diplomatico.
Makoto se la rise tra i denti per tutto il tempo che furono
alla cassa.
Marzo 1997 -
Litigio - FINE
NdA: Torno a farmi viva con questa storia e con questa coppia,
perché quando mi ispirano devo ascoltarli e scrivere di loro
:)
Volevo dedicare una menzione speciale e Eleonora, che sul
gruppo Facebook Verso
l'alba e oltre
ha disegnato a fumetti alcune scene di questa storia (la prima gita al
negozio di Makoto e Gen) solo dopo averne visto l'anteprima. Sono cose
che mi commuovono ç_ç
Inoltre volevo citare anche Simona/ggsi, che continua a
ricordarmi
che Gen è un micione, al punto da avermi quasi indotto a
mettere
questo sottotitolo al capitolo: 'La storia di come Gen voleva comprare
una cuccia per sé e la padrona' :D
Grazie a tutti voi che mi leggete di esserci e seguirmi :)
ellephedre