Corrente
naturale
di ellephedre
AU SPOILER - Makoto rivela a Gen
che...
NdA: In questa storia mi diverto a immaginare come
reagirà Gen
quando Makoto gli rivelerà di essere incinta. E' una storia
AU perché le circostanze in cui avverrà questa
rivelazione nella storyline ufficiale saranno completamente diverse. Ma
mi veniva spesso domandato come si sarebbe comportato Gen
nell'occasione e siccome manca ancora tanto tempo per saperlo, ho
voluto descrivere un modo in cui la cosa potrebbe succedere in un mondo
più semplice per i nostri protagonisti.
Makoto sgranò gli occhi davanti alle due linee rosa
sullo
stick di plastica. Crebbe in lei un sorriso.
Appoggiò
con reverenza il test di gravidanza sulla mensola dello specchio,
osservandolo, rimirandolo.
Portò le mani alla bocca e pianse di gioia.
Sarebbe diventata mamma!
Avrebbe avuto un bambino! Lo avrebbe
cresciuto e gli avrebbe insegnato tutto quello che... Ripensare ai suoi
genitori e a sua nonna, la famiglia che aveva perduto, le
causò
dolore. Loro sarebbero stati così felici di sapere
di quel giorno. Ma non
erano lì per ascoltarla.
Ma se ci fossero stati... Avrebbero sorrisero e
l'avrebbero
abbracciata, contenti: finalmente
anche lei stava formando una famiglia sua e aveva sempre più
persone che
la amavano a circondarla.
La malinconia lasciò il posto alla
felicità
più assoluta. Doveva dirlo a Gen!
Non
ebbe bisogno di guardare l'orologio per ricordarsi che erano solo le
dieci del mattino. Lui quel giorno era occupato fino a tarda sera.
Meglio così, poteva rivelarlo prima alle ragazze!
Anzi,
doveva correre subito da Ami!
Afferrò il comunicatore. «Ami-chan?
Ciao!»
«Mako-chan? Ciao.»
«Posso venire a casa tua? Con tutte le
ragazze!»
«Eh?»
«So che mi sto autoinvitando, ma ne varrà
la pena!
Le chiamo, va bene?»
«Ehm... Okay.»
«A tra poco!»
Makoto chiuse la chiamata e premette subito il pulsante per
parlare con
Usagi.
«Sono
curiosa!» Usagi batteva le mani. Erano sedute tutte nel
salotto di Ami,
attorno al tavolo, Iria-chan e Adam-chan sistemati insieme nel recinto
giochi di lui.
«Come mai ci hai convocate qui? Cos'è
successo?»
Usagi rilasciò un ansito. «Ahhh! TI
SPOSI!»
Makoto
non fece in tempo a chiarire che Usagi le aveva già
afferrato la mano.
«Dov'è l'anello, fammelo vedere! Quando te l'ha
dato?!»
Rei tirò via Usagi per le spalle. «Vuoi
calmarti?!
Lasciala parlare!»
Makoto
era imbarazzata. «No, Usagi-chan, non mi sposo.»
Non ancora almeno. Si
sorprese lei stessa: non avrebbe mai pensato di avere un bambino prima
del matrimonio. Ridacchiò. «Però la
notizia che voglio darvi è
altrettanto bella. È una cosa meravigliosa.»
Usagi non stava più nella pelle. «Che
cos'è, che cos'è?»
«Aspetta, Ami deve aiutarmi.» Si
avvicinò a lei, parlandole in un orecchio.
Usagi
rilasciò un grido muto. Si batté le mani sulla
bocca aperta, mentre
anche Rei e Minako spalancavano le labbra. Saltarono sulle ginocchia
quando Ami tirò fuori il suo computer, sorridendo
perché sapeva già
cosa cercare.
Usagi piagnucolava per la commozione. «Non ci
credo!!»
Rei le afferrò un braccio. «Non dirlo!
Lascia che
parli Makoto!»
Makoto stava di nuovo per mettersi a piangere di
felicità.
Si
trattenne, nell'attesa di vedere sullo schermo di Ami la conferma.
Il
cuore cominciò a batterle nel petto mentre l'analisi del
computer si
focalizzava sulla parte centrale del suo corpo. Smise di respirare,
finché un 'bip' accese in lei un universo di luce.
«Ecco...» Ami
voltò verso di lei lo schermo con delicatezza, mentre le
altre
scattavano in piedi, per guardare da dietro le sue spalle.
Minako la circondò con le braccia.
«Mako-chan...»
Usagi
urlava senza voce. Le prese la testa, per schioccarle un bacio su una
guancia. Ami asciugava una lacrima col dorso della mano libera.
«Sono
così contenta per te!»
Rei le strinse forte i polsi. «Sei felice,
vero?»
«Certo!»
Rei appoggiò la fronte contro la sua, gli occhi
chiusi.
«Già, tu sei nata per fare la mamma. Sarai
grandiosa.»
Makoto la abbracciò, sopraffatta. Da sopra le
spalle di Rei
vide
l'incertezza negli occhi di Ami, mentre lei ancora guardava lo schermo.
«Cosa c'è?»
«Ehm... Mako-chan...»
Makoto ebbe un sussulto. «C'è qualcosa
che non
va?»
«No, è solo che...» Ami si
sporse piano
sul tavolo, facendosi spazio tra
le altre, mettendo di nuovo il computer al centro dell'attenzione.
«Qui non c'è un solo punto. Ce ne sono
due.»
«Una doppia energia?» ipotizzò
Minako.
«No, significa che sono...»
Usagi rilasciò uno strillo.
«GEMELLI!»
Makoto venne assordata dalla verità.
Afferrò il
computer
di Ami, sotto choc. «Fammi vedere! Ingrandisci
l'immagine!»
Ami trafficò con le dita sulla tastiera,
confusamente,
finché lo schermo non zoomò ulteriormente sulla
parte
bassa dell'addome di Makoto, facendo distinguere con chiarezza la
presenza di
due punti separati, che venivano identificati come due diverse
entità.
Makoto schiacciò il computer di Ami così
forte
che quasi lo incrinò. «AHHHH!»
«AHHH!» gridò con lei Usagi. Le
gettò le
braccia al collo e saltarono insieme sul pavimento, mentre Ami si
riprendeva il computer con un grosso sorriso. Intorno a loro Minako
ballava. «Come hai fatto?!»
Rei rideva. «Solo tu!»
Makoto si coprì la bocca con le mani.
«Due! Non
riesco a crederci!»
Ami guardava intenerita il computer. «Hanno ventidue
giorni.
Vuoi sapere anche il sesso?»
«No!» la fermò Makoto.
«Dovrà esserci anche Gen! Prima devo
dirglielo!» Le girò la testa. Come l'avrebbe presa
lui? Un
solo bambino già cambiava tutto, ma due...
Minako le appoggiò una mano sulla schiena.
«Troppa
eccitazione, sediamoci. Andrà tutto bene, Mako-chan.
Anche se sono due.»
«Lo so, solo che...» Non riuscì
a
concretizzare una
sola obiezione. Era piena di dubbi e incertezze che venivano
schiacciati dalla gioia che stava provando. «Sono
contenta!»
Minako riconobbe che era passato il suo momento di debolezza e
le diede
una pacca energica sulla spalla. «E brava Makoto! Non fai mai
le
cose a metà!»
Usagi smise di saltellare e si sedette davanti a lei.
«Due,
Mako-chan! Ti compreremo un mucchio di cose!»
Rei annuiva. «Io ed Ami abbiamo già
abitini da
passarti. Sia da maschio che da femmina.»
Usagi batteva di nuovo le mani. «Non vedo l'ora di
scoprire
cosa
saranno! Dopo che l'hai detto a Gen devi chiamarci subito! Anzi, voglio
essere presente domani!»
Rei si scandalizzò.
«Impicciona!»
«Dopo che avranno avuto il loro momento, per chi mi
prendi?!» Usagi era fuori di sé dalla gioia.
«Ohh,
sono così invidiosa! Quando si decide ad arrivare
Chibiusa?» Strinse un pugno. «Io e Mamo-chan
dobbiamo darci
dentro!»
Makoto rideva. «Ti farò sapere cosa sono
appena
possibile. E vedrai che Chibiusa arriverà presto!»
Minako era pronta a scherzare. «Troppi bambini,
ragazze! Qua
sono l'unica che si è salvata!»
Giocosamente, Rei tirò fuori la lingua.
«Nel mio
caso
è stato un incidente, ma se non ti muovi finirà
che anche
in questo sarai l'ultima del gruppo!»
Minako si indignò, ma Usagi proseguì.
«Eh,
sì. Io non ho intenzione di rimanere indietro con
Mamo-chan!»
«Ma senti queste! Io e Shun ce la stiamo prendendo
comoda! Ma
quando arriverà il mio turno ne sfornerò come
minimo tre
tutti d'un colpo!»
Scoppiarono a ridere, ma Rei mosse un dito in aria.
«Attenta.
Quando ci sono in gioco poteri come i nostri non bisogna mai esprimere
desideri troppo strani.»
«Che vuoi dire?»
«Be', Makoto desidera da sempre una famiglia e
guarda
cos'è successo: due allo stesso tempo. Ed Ami? Quando si
è decisa ad avere un bambino ha fatto centro al primo
colpo.»
Minako aveva una luce furba negli occhi. «Quindi in
fondo
anche tu volevi un bambino dal tuo Yu?»
Prima che Rei potesse inalberarsi, Usagi emise un versetto di
gioia.
«Com'è successo, Mako-chan? Se i tuoi bimbi hanno
ventidue
giorni, sai quando è capitato, no?»
Nel sentirli chiamare in quel modo Makoto si sciolse.
Minako guardava per aria. «Il 'come' è un
film
vietato ai minori.»
«Non sei romantica, Minako! Io sono sicura che sia
sempre un
momento speciale! Ami mi ha raccontato il suo!»
Tutti gli occhi furono su Ami. Lei arrossì.
«Ha
insistito...»
Usagi decantò le circostanze. «Si erano
appena
ritrovati
dopo settimane di lontananza. La passione li ha travolti!»
Ami si coprì gli occhi con le mani.
Minako rise sguaiatamente. «Ma che arrossisci a
fare! Il
frutto del tuo misfatto è là che gioca!»
Si voltarono tutte verso i bambini. Tra minuscoli grugniti,
Adam stava
strattonando Iria per la tutina, mentre lei si ribellava.
Ami e Rei scattarono in piedi, per fermare la rissa.
Makoto sorrideva. «Sono così
teneri.»
«E birbanti!» le ricordò
Minako.
«Guarda cosa
combinano quando sono insieme. Tu ne avrai due da gestire!»
«Non terrorizzarla!» Rei aveva preso in
braccio
Iria, che
si dimenava per tornare nel recinto, a combattere. «Sono
problemi
a cui si pensa a tempo debito. Questo è il momento di
festeggiare.»
«Esatto!» concordò Usagi. Prese
le mani
di Makoto,
supplicante. «Ti prego, dimmi che li avete concepiti in un
momento speciale.»
«Ehm...» Makoto cercò di fare
mente
locale. Farsi
strada tra i ricordi risultò più complesso del
previsto.
«Devo pensarci.» Magari con davanti un calendario,
ma
non era sicura di riuscire a identificare l'occasione. «Io e
Gen
facciamo l'amore così spesso che-» Si
zittì,
arrossendo.
Rei aveva stampato in volto un sorriso diplomatico.
«Diciamo
che
questi bambini sono stati concepiti all'interno di un generale quadro
di romanticismo.»
«O ninfomania» aggiunse Minako. Makoto la
colpì su
una spalla, strappandole una risata. Il suono venne sovrastato da un
urlo di Iria, che non riuscendo a tornare a terra stava dando voce al
proprio malcontento. Rei la appoggiò sulle spalle e
provò a
consolarla, senza successo. Pochi secondi dopo Adam si unì
al
suo pianto disperato.
Minako aprì una mano sulla scena. «Ed
ecco come il
romanticismo di una relazione vola via dalla finestra.»
Usagi era imbronciata. «Non dire così! I
bambini
non sono facili da gestire, ma-»
Gli strilli di Iria toccarono nuovi massimi di decibel e
Makoto fece
una smorfia.
Non la aspettavano tempi semplici.
Dopo aver lasciato le sue amiche, Makoto non si
scoraggiò.
Voleva
preparare qualcosa di molto carino per dare a Gen la notizia.
Desiderava essere originale e tenera. Nella strada verso il suo
appartamento le venne l'idea giusta.
Lo avrebbe detto con un dolce.
Una torta? Era fattibile e con la decorazione giusta poteva
creare un
capolavoro, ma... voleva più attesa. I biscotti facevano al
caso suo.
Avrebbe composto la frase chiave che avrebbe rivelato a Gen la
verità con più biscotti.
Sapeva anche quali parole scegliere! Gen avrebbe stentato a
capire, ma
poi... Ridacchiò. Sarebbe stato un momento unico!
Si abbracciò lo stomaco.
Due!
Due bambini tutti suoi!
Due maschi, due femmine? Un maschio e una femmina?
Non vedeva l'ora di vederli giocare insieme, di vestirli, di
assistere
ai primi sorrisi... Lei amava i neonati!
Li adorava anche quando piangevano. Temeva
solo di perdere troppo sonno e naturalmente doveva decidere come
gestire la pasticceria, ma... ci avrebbe pensato poi! Quello era il
giorno suo e di Gen. Il giorno della loro nuova famiglia.
Chiuse gli occhi.
Ti prego,
reagisci bene.
Sapeva che Gen sarebbe stato vicino a lei e ai bambini nei
mesi che
sarebbero seguiti, ma sul momento la notizia poteva sconvolgerlo.
Quella gravidanza sulla carta era sembrata a entrambi impossibile,
quindi lui non aveva
mai pensato che loro potessero avere una famiglia. Non era preparato.
Forse lei doveva iniziare con un discorso introduttivo?
Così però gli avrebbe rovinato la
sorpresa.
... forse non c'era un modo ottimale per dirlo. Doveva
semplicemente
buttarsi e... sperare.
Non deludermi,
per
favore. Sii assurdamente felice, come me.
Gen sbadigliò. Era sabato sera. Anche quel giorno
aveva
lavorato
fino a tardi. L'internato che stava facendo gli piaceva molto, ma non
gli lasciava molto tempo libero, neppure nei weekend. Aveva creduto di
conoscere il duro lavoro quando si era occupato della ditta di suo
padre, ma allora - in qualità di titolare - aveva avuto
margini
per scegliere i suoi orari. Come stagista appena assunto doveva uscire
dal lavoro per ultimo ed entrare per primo. Sarebbe andata avanti
così per un po' - almeno sei mesi, forse un anno. In seguito
le sue mansioni sarebbero diventate più interessanti
e il suo stipendio sarebbe cresciuto.
Aveva un progetto: andare a
vivere ufficialmente insieme a Makoto, in una casa più
grande.
L'appartamento di lei era accogliente ma piccolo. Per due persone ci
volevano più stanze, magari uno studio per lui e una stanza
degli hobby per lei. Era un sogno da persone adulte.
Ah, e Makoto voleva un cane. Era un animale che richiedeva
tempo, ma
appena il suo lavoro si fosse stabilizzato, lui aveva intenzione di
accontentarla.
C'era solo bisogno di qualche
altro sacrificio. Tra qualche tempo avrebbe traslocato insieme a Makoto
e
avrebbero iniziato per davvero una vita insieme. Magari con un anello
di mezzo, come insisteva a dire Alexander.
"Che aspettate a sposarvi?"
"Che bisogno c'è?"
"Praticamente vivete già come se foste sposati.
Anche se tu
per metà del tempo stai ancora a casa di mamma."
Gen aveva lasciato perdere la frecciata. "Devo occuparmi anche
della
mia famiglia. Comunque, il matrimonio ha senso solo con una casa."
"Allora ci hai già pensato."
"Alla casa? Certo, quella di Makoto è troppo
piccola."
Alexander aveva roteato gli occhi al cielo. "Okay, sei
pratico. Ma se
continui ad aspettare, Makoto sarà
costretta a scriverti col neon che vuole una proposta. Non
sarà
contenta."
Perché tanta insistenza? "Lei è a posto
come
stiamo ora."
Alexander gli era parso perplesso. "Ami dice che quando viene
da noi fa
sempre i complimenti per la casa, e passa tutto il suo tempo addosso
ad Adam."
Be', i bambini erano fuori discussione e non per sua
volontà. "So che a
Makoto un giorno piacerebbe sposarsi, ma non è un progetto
semplice."
Era convinto che lei concordasse. "Voi altri avete creato false
aspettative."
"Che significa?"
"Per sposarsi ci vogliono i soldi e una buona posizione
lavorativa." O
quantomeno delle minime certezze su una carriera. "Mamoru lavora da
quando aveva diciassette anni e ha ricevuto in eredità
abbastanza da
comprarsi un grande appartamento. Kumada è ricco di famiglia
e adesso è
soddisfatto facendo il padre, e tu... Tunon
sei un esempio da seguire. Hai guadagnato una sicurezza economica
vendendo foto del tuo sedere.»
"Era una
foto di schiena."
Sì,
ma la pubblicità di quei jeans lo faceva ancora sganasciare
dalle
risate. Non l'avrebbe fatta dimenticare a Golden Boy per il resto dei
suoi giorni.
"La pianti?"
Gen smise di ridere tra sé. "Comunque
solo ora la pasticceria di Makoto è ben avviata, mentre io
sono agli
inizi. Riesco a stento a tornare a casa la sera." Non era
così che si
iniziava un matrimonio. Ci voleva più
tranquillità, più stabilità.
E loro non avevano fretta, no? In verità avevano
dieci vite
davanti a sé.
Golden Boy aveva sorseggiato la sua bibita. Si incontravano di
tanto in
tanto a pranzo, lavorando vicini.
"Ti farò un favore. Chiederò ad Ami di
scoprire
cosa vuole Makoto."
Come se lui ne avesse bisogno. "Lo so meglio delle sue amiche."
Golden Boy aveva sorriso. "Su questo argomento Makoto non ti
dirà mai niente."
"Quando lei vuole qualcosa, me lo dice chiaramente."
"Non in questo caso" aveva insistito Alexander. "Il silenzio
è d'oro per le donne."
Sì, e Golden Boy le capiva un po' troppo bene. "Io
mi
preoccupo per come funziona la tua testa. Te lo dico da anni."
"Ridi, ridi. Sto cercando di evitare che tu ti riduca
all'ultimo
momento, come è successo a me."
Le
loro situazioni erano completamente diverse. Nel caso suo e di Makoto
non ci sarebbe mai stata di mezzo una gravidanza che li avrebbe
costretto ad accelerare i tempi. "Perché oggi parli di
queste cose?"
"Perché credo che Ami abbia cercato di farmele
intuire."
"Eh?"
"Non
perché te le dicessi - anzi, non vorrebbe che te ne
parlassi, mai. Ami
pensa che a Makoto manchi qualcosa. Se se n'è accorta lei
significa che
non te ne sei accorto tu."
... anche in questo si sbagliava. Gen
sapeva bene che Makoto desiderava una famiglia, e che vedendo quella
delle sue amiche la voleva ancora di più.
Alexander lo aveva scrutato. "Se non puoi darle tutto, dalle
il meglio
che puoi."
Era quello che lui stava cercando di fare. "Vuole una casa con
giardino. Costerà molto" nemmeno i soldi che aveva ricevuto
in eredità
da suo padre sarebbero bastati, "per questo dobbiamo lavorare."
Alexander aveva masticato il suo riso con calma e Gen aveva
considerato
chiuso il discorso.
"A volte vorremmo regalare una Ferrari quando basterebbe
un'utilitaria,
ma data con amore."
Gen si era lasciato sfuggito un sospiro. "In un'altra vita sei
stato
una donna. Per forza."
Quella
conversazione lo aveva fatto riflettere nei giorni successivi. Potevano
volerci anni per risparmiare abbastanza da comprare il tipo di casa che
desiderava senza che lui e Makoto si svenassero. Forse rimandare tutto
quanto non era necessario.
A malincuore, doveva ammettere che Golden
Boy aveva ragione: anche se avessero dovuto aspettare del tempo per
sposarsi, Makoto sarebbe stata felice di ricevere quel tipo di
proposta. Non le sarebbe nemmeno importato dell'anello - non tanto,
almeno: per lei contavano il valore di un gesto, di un sentimento.
Sarebbe
stata contenta anche se lui si fosse trasferito a vivere
permanentemente nel suo monolocale, per quanto ci fosse poco spazio,
anche senza avere la certezza che un giorno ne avrebbero avuto di
più.
Ma
sarebbe stato così. E un giorno si sarebbero sposati. Nella
sua testa
era talmente chiaro che forse aveva tralasciato l'importanza che aveva
ribadirlo.
Hm.
Mentre saliva le scale del condominio di Makoto, fece
scriocchiolare le
spalle.
Doveva cominciare a guardare degli anelli?
... non ne aveva voglia. Aveva così poco tempo
libero che
dedicarlo a fare shopping gli pareva uno spreco.
Ma
doveva iniziare a farsi un'idea dei prezzi per capire se il progetto di
una proposta aveva senso nell'immediato. Makoto era modesta nei gusti,
ma in una gioielleria facevano pagare anche la modestia.
Un'altra cosa a cui pensare.
Sospirò, scocciato con se stesso. Era felice al
lavoro ma
desiderava più tempo. Tutto quello che lo faceva stare bene
era...
Makoto gli aprì la porta di casa, colma di
felicità. "Bentornato!"
Ecco.
Lui non desiderava nient'altro.
Dopo
una settimana di lavoro Gen era esausto. Per preparare al meglio il
campo per la notizia, Makoto lo coccolò con un massaggio
alle spalle,
un asciugamano caldo da passare sul viso e un'ottima cena.
Era arrivato il momento del dessert.
Lui era stranito. «Oggi sei allegra.
Cos'è
successo?»
«Una cosa» sorrise lei. Danzò
verso il
frigo.
«Che cosa?»
«Te
lo dico con due dolci!» Alla fine non era riuscita a
contenersi. Tirò
fuori dal frigorifero la torta che aveva preparato, strategicamente
nascosta da un coperchio scuro. Dalla credenza recuperò le
tre
scatoline decorate in cui aveva posizionato i suoi biscotti.
«Quanta roba.»
«C'è da festeggiare.»
Gen guardò i dolci con sospetto, divertito dal suo
entusiasmo. «Okay.»
Makoto gli mise davanti le tre scatoline - il primo passo
della
più grossa sorpresa della vita di lui.
«Aprile.»
Gen
sciolse i fiocchi sulle scatole. Makoto sorrise di fronte alla sua
calma: lui non si limitava a scostare di lato i nastri
perché sapeva
quanta attenzione lei avesse messo su quel particolare.
Gen guardò dentro la prima scatola. Prese tra le
dita il
primo biscotto. «C'è scritto sopra il mio
nome.»
«Esatto. Dentro c'è un'altra
parola.»
Lui
stava iniziando a incuriosirsi. «È una sorpresa
elaborata.» Posizionò i
biscotti sul piatto che lei gli aveva messo davanti, in ordine. L'altro
biscotto indicava la particella del soggetto.
«L'occasione lo richiede. Ora prendi la seconda
scatolina.»
Lui la aprì e scoprì il secondo di
cinque
biscotti. «'Presto'» lesse.
Makoto annuì, mentre lui leggeva l'altra parola.
«'Sarai'.»
Impaziente, lei si affrettò a posizionare i
biscotti con le
particelle che davano un senso alla frase.
Gen era perplesso. «'Gen, presto
sarai...?'»
Makoto strinse tra le mani l'ultima scatolina. Non spaventarti. Fu
sul punto di dirlo, ma si trattenne. Con mani tremanti,
avvicinò la scatola a lui.
Gen aveva colto il suo nervosismo, ma non sembrava credere che
dentro
quella confezione potesse esserci nulla di sconvolgente.
Tolse
il coperchio e prese tra le dita i due biscotti che si trovavano
all'interno, insieme. Lei li aveva decorati apposta con maggior cura.
«Pa-pa.» Gen corrugò la fronte.
Rifletté. «Papà?»
Nel leggere la parola con l'accento giusto lui
sgranò gli
occhi. Si voltò a guardarla.
Makoto fremette, in attesa di sentire la sua prima reazione.
«... hai adottato un cane?»
Lei spalancò la bocca. «No!»
Gen si guardò intorno, come cercando tracce di un
cucciolo.
«Allora... sei andata a sceglierlo?»
A Makoto venne quasi da piangere. «No.»
Lui continuava a guardarla, senza capire.
Makoto non riuscì a credere di doverlo dire ad alta
voce.
«Sono incinta.»
Gli entrò in testa il significato della parola. I
suoi occhi
si aprirono un poco. «In che senso?»
Incredula, Makoto boccheggiò.
Gen la osservava senza sbattere mezza palpebra.
«Ho fatto un test di gravidanza.»
Lui le era parso immobile prima, ma ora non respirava nemmeno.
«È positivo.»
«È sbagliato.»
«Sono andata da Ami. Lei me li ha-... l'ha
confermato col
computer.»
Nel volto di Gen iniziò a diffondersi il terrore.
Makoto non poté essere clemente. «Sono
incinta.
Davvero.»
Lui finalmente comprese. «Avrai un bambino?»
Non le importò ancora di correggerlo sul numero.
«Avremo.»
Gen balbettava. «Ma non- Tu non- Non doveva
essere-» Inghiottì aria. «Sei
INCINTA?!»
Makoto avrebbe riso se non avesse sentito nel suo tono
un'accusa.
«Non l'ho fatto apposta.»
«No,
non-» Gen non riuscì a dire più niente.
Passò dallo sgomento alla
comprensione, di nuovo allo spavento, scivolando verso la
preoccupazione senza mai smettere di guardarla in faccia. Sciolse i
muscoli del volto. «Un bambino?»
Makoto annuì, in apprensione. «Il
nostro.»
Gen tornò a respirare. «Mako...»
Non deludermi,
non
deludermi-
Gen
allungò un braccio verso di lei. Makoto salì
sopra il tavolo per
raggiungerlo, gettandosi tra le sue braccia, per non guardarlo in
faccia.
«Com'è possibile?»
domandò
lui.
«Non lo so. Ma sono incinta da ventidue giorni
esatti.»
Lo sentì assorbire il numero e smettere di nuovo,
per un
momento, di inghiottire aria. Faticava ad accettare la
realtà.
'Non pensavo che fosse possibile', 'Non sono pronto', 'Non
avevi detto
che...'
Si
preparò ad ascoltare quelle obiezioni, reazioni a caldo che
doveva
perdonare. Si affidò all'abbraccio con cui lo stava
percependo e su cui
stava imprimendo forza soprattutto da sola.
Sentì d'improvviso la stretta di lui che aumentava.
«Mako...»
Voltò la testa, incontrando i suoi occhi.
«Veramente?»
Ma questa volta l'indecisione conteneva una traccia di
felicità.
Lei si permise di far trasparire la propria gioia mentre
annuiva.
Gen
schiacciò la bocca sulla sua. Le prese la testa tra le mani,
con
disperazione. Quando si staccò, stringeva forte gli occhi.
Si passò una
mano sulla faccia. «Ce la faremo.»
Makoto iniziò a sorridere.
Gen parlava per metà a lei, per metà a
se stesso.
«Non importa come. Sono qui con te.»
Anche io sono
qui per te.
Lui iniziò a farle tenerezza. «Allora sei
contento?»
«Credo di sì. Cioè,
sì!» Strofinò il volto contro il suo,
forte, sfiorandola con baci. «Incredibile!»
Makoto volle fargli da àncora. «Lo so. Ti
amo
tantissimo.»
Gen si riprese. «Anche io.» Si
staccò
dal bacio in cui lei lo aveva coinvolto. «Da quanto lo
sai?»
«Da stamattina. Ho un ritardo di sei
giorni.»
Lui boccheggiò. «Perché non me
l'hai
detto prima?»
«Perché
non- Pensavo che ci fosse qualcosa che non andava. O forse che il mio
ciclo fosse andato via per sempre, dato che il mio corpo è
strano. Non
ero sicura di niente, perciò ho fatto il test.»
Per scherzo, per
speranza. Non ci aveva creduto nemmeno lei finché non aveva
visto le
due strisce rosa che si materializzavano sullo stick. Andò a
prendere
il test dal cassetto in cui lo aveva nascosto.
Gen lo ricevette in mano, per controllare con i suoi stessi
occhi.
«E dopo sei andata da Ami?»
Makoto annuì.
Lui comprese. «Lo hai visto.»
«Ecco...»
Gen
non la guardava più, pensava. D'un tratto abbassò
gli occhi sul suo
corpo. Allungò la mano verso il suo ventre, toccandola col
palmo aperto.
«Allora c'è.»
Makoto gioì della soddisfazione di lui.
«Com'è?»
«Brilla.» Brillavano tutti e due.
Lei e Gen si strinsero di nuovo. Dondolarono insieme,
cullandosi.
«Domani vengo a vederlo anche io»
mormorò lui. Ebbe un sussulto. «Maschio o
femmina?»
«Non ho voluto scoprirlo.»
Lui rilasciò un sospiro. Le regalò un
primo
sorriso disteso. «Dovevi dirmelo. Dovevo venire con te
già oggi.»
«Volevo
essere sicura. E volevo guardare la tua faccia mentre te lo
dicevo.»
Avrebbe conservato quel ricordo per tutta la vita. Scoppiò a
ridere.
«Non dimenticherò mai che hai pensato a un
cane!»
«Volevi un cucciolo!»
Oh, lo voleva ancora, da far crescere coi loro bambini.
«C'è un'altra cosa che devo dirti...»
«Dopo
aver scoperto di essere incinta sei andata ad adottare un
cane.» Gen
sorrideva e si allungò sul tavolo. «Sento che
è questo. Prendo una
fetta di torta per assorbire la notizia.»
Makoto non riuscì a fermarlo in tempo: lui aveva
già sollevato il coperchio.
Sulla torta campeggiava una scritta. 'Sono due!'
Gen la lesse. «In che senso?»
«Ehm...»
«Due cosa? Due...» Collegò la
frase
all'evento. Sbiancò.
Makoto si sentì in colpa. «...
Gemelli.»
Fu come se avesse trapassato il cervello di Gen con un fulmine.
Si azzardò a continuare. «C'erano due
puntini
sullo schermo del computer di Ami. Non ci credevo nemmeno io.»
«Gemelli?!»
Stava per venirgli un infarto. «Ehm, non so se ci
sia qualche
precedente in famiglia, ma...»
Il torso di Gen virò pericolosamente di lato. Lui
riuscì a non cadere appoggiandosi al tavolo.
«Due.»
Makoto annuì, timida. «Sì.
Avremo due
bambini.»
Gli uscì una risata, un suono semi-inquietante.
«Gen?»
La risata virò verso il singhiozzo.
«Quando becco
il bersaglio...»
Eh?
«I miei ragazzi sono stati troppo
efficienti.»
Makoto capì e gettò la testa
all'indietro.
«Sono io che ho prodotto due ovuli!»
Lui sobbalzò e la raggiunse. «Allora sono
diversi?»
«Cosa?»
«Due ovuli non sono gemelli diversi? I bambini non
avranno la
stessa faccia.»
Oh! Non ci aveva pensato! «Non sono sicura. Ho solo
visto che
i puntini non erano vicini.»
«Allora magari saranno di sesso diverso.»
Makoto
si pentì di non essere stata la prima a pensarci.
«Hai ragione.» Volle
prenderlo in giro. «Ma potrebbero comunque essere due
bambine.»
Lui rimase interdetto solo per un secondo.
«Forse.»
Annuì, sempre più convinto. «Tre
principesse.»
Makoto si sciolse di tenerezza. «Tre?»
Lui la attirò a sé per la vita.
«Hai
ragione. Una regina e due principesse. Sarò molto
contento.»
Makoto lo baciò su una tempia, stringendolo
fortissimo.
«Per farti ancora più felice, ti farò
un regalo.»
«Un altro?»
«Un cane. Ho capito che lo desideri tanto.»
Gen esplose in una risata. «Prima ci vuole la casa
con
giardino. E un'altra cosa.»
«Hm?»
«Quella sarà la mia sorpresa. Non ne fai
solo
tu.»
Makoto non chiese. Si godette la felicità, il
momento. Era
piena d'amore. E di fame. «Mangiamo la torta.»
«Giusto, ora mangi per tre.»
Ma no.
«Niente nausee?»
«Sono fortunata per ora.» Stava benissimo.
Gen adocchiò la torta con sospetto. «Hai
bisogno
di nutrienti.»
«La torta mi nutre.»
«Hm. Come eccezione non farà danni. D'ora
in poi
avrai bisogno di riposare di più.»
«Non sono stanca.»
«Non dovrai diventarlo. Niente stress. Non dovrai
sollevare
pesi.»
Diceva una cosa del genere a
lei? «I bambini sono al sicuro. Hanno tre
settimane e sono più piccoli di un'unghia.»
«Sono minuscoli, perciò bisogna
proteggerli.»
La tenerezza vinse sull'irritazione. Quasi.
«Gen.»
«Hm?»
«Se
vogliamo sopravvivere a questi nove mesi, devi lasciarmi fare. Sono io
la mamma, so come comportarmi.» Lo avrebbe imparato. Si
sarebbe
informata.
Lui non la stava contraddicendo, ma aveva qualcosa da dire.
«E io sono il papà. Ho anche io i miei
compiti.»
Di
nuovo intenerita, Makoto ebbe un'immagine improvvisa di come sarebbero
stati i mesi della sua gravidanza assieme a Gen: un momento avrebbe
voluto strozzarlo, l'altro baciarlo.
«Perché sorridi?»
«È un segreto.»
«Ne hai tenuti troppi.»
«D'ora in poi insisterai per sapere tutto,
vero?»
«La conoscenza è la base di una buona
gestione.»
Makoto prese una cucchiaiata di torta e gliela
infilò
in
bocca. «Mangia.»
E lo zittì col dolce.
«Potremmo
fare così» disse Gen il giorno dopo a Ami Mizuno,
mentre lei ancora non
aveva acceso il computer per studiare di nuovo i suoi figli.
«Rivelerai il sesso a me. Così Makoto
dovrà aspettare per scoprirlo.»
«Vuoi ancora vendicarti per ieri?»
Erano seduti a tavola, di prima mattina. Alexander
faceva
colazione accanto a loro. «L'ha presa male, eh?»
Nel volto di Makoto brillò un sorriso. Si
apprestò a raccontare, ma Gen intervenne. «E' una
faccenda privata.»
«L'hai presa male» fu sicuro Alexander.
«Un giorno saprò
tutto.»
Ami sollevò gli occhi dal computer. «Tu
non l'hai
presa meglio. Ed eri preparato.»
Gen la adorò per il suo insperato aiuto.
«Comunque ti ho superato, Golden Boy. Due al prezzo
di uno.
Visto che potenza?»
Mentre
Makoto ed Ami roteavano gli occhi al cielo, Alexander si
lasciò
sfuggire un ghigno. «Sì, bravo. Hai fatto tutto
doppio. Doppi turni di
poppate, doppie crisi di pianto, doppi cambi di pannolini, doppie notti
insonni-»
«Sii gentile» lo fermò Ami.
Gen stava deglutendo.
Sapeva tutto quanto - aveva visto quanto gli altri fossero stati
devastati nel fisico da un solo bambino nei primi mesi - ma aveva
bisogno di concentrarsi sulle cose positive.
Alexander aveva preso
in braccio Adam. «Non preoccuparti. Poi arriva il momento in
cui ti
chiamano 'papà' e passa tutto. Vero, Adam?»
Portò il bambino davanti
alla faccia. «Dì 'papà'.
Pa-pà, pa-pà!»
L'importante era non diventare altrettanto scemi,
pensò Gen.
Makoto lo sfiorò su una manica. «Su.
Scopriamo
cosa saranno i nostri bambini.»
Gen annuì. Era pronto.
AU SPOILER - Makoto rivela a
Gen
che... - FINE
NdA:
Ecco! Gli estratti
hanno avuto un certo successo nella pagina Facebook, ma sono troppo
curiosa di sapere che ne pensate della storia completa :) E se avete
notato gli indizi che ho disseminato in merito a cose che ci saranno
anche nella storyline ufficiale, hehe.
Elle
Il gruppo Facebook dedicato alle mie storie, con anticipazioni
e curiosità, è Sailor Moon, Verso l'alba e oltre...