Perfectly
Mine
Capitolo
dieci: Il sentiero
Tenendo
tra le mani una vecchia cartina sgualcita, foriera dei ricordi di
avventure e disavventure sono felice di rendermi conto che i paesaggi
che tanto amo non sono cambiati poi molto rispetto al tempo a cui la
mappa risale.
Tutti
quei luoghi hanno un sapore diverso da quello che gustavo da bambina,
ma non hanno comunque perso la loro umiltà e tanto meno la
loro
quasi sacra bellezza.
Tornarvi
dopo un certo periodo di abbandono è stato rigenerante per
me. Mi ha
aiutato a maturare ancora di più, a non temere
ciò che di buono è
accaduto nel mio passato solo perché nascosto dalla coltre
della
sofferenza. Riflettendo su questo ho finalmente compreso la nostalgia
che Michiru prova perché lontana dal suo oceano da mesi
ormai, e ho
capito che non è affatto giusta la lontananza che le sto
facendo
penare.
È
per questo che ho deciso di riprendere in mano tutta la cartografia
della riserva per scoprire se esiste una qualche via di passaggio che
ci conduca al mare senza dover per forza tornare in città.
Non
merita questo patimento e spero proprio di avere successo in questa
mia ricerca.
Voglio
regalarle quella serenità che solo quella distesa blu
può darle.
***
“Amore,
sei qui?”
“Buongiorno
principessa. Ben alzata.”
“Giorno…
Che cosa fai? Sei in piedi da molto?”
“Due
ore forse. Ho perso la cognizione del tempo.
Il
signore che possiede uno degli appezzamenti fuori dalla riserva ha
scoperto che almeno due terzi di esso in realtà ne fa parte,
e
vorrebbe vendermelo per ripristinare l'originaria estensione della
radura.”
“Hai
intenzione di accettare l'offerta?”
“Molto
probabilmente sì. Era molto amico di mio nonno e mi ha
proposto una
cifra molto modesta.
A
lui interessano solo i campi di grano così che possa
guadagnarsi il
tanto da camparsi vendendolo al mercato.
Ho
abbastanza soldi per accorpare quei terreni e tra l'altro so che li
troverò in buono stato perché lui ama la natura.
Sarebbe
un buon investimento per la riserva.”
“Ne
sono felice. Ora vieni a fare colazione?”
“Ottima
idea. Da quando mi sono alzata non ho toccato niente.”
“Stacanovista...”
“Naaa!
Facciamo
colazione fuori? Così inauguriamo i nuovi vetri.”
“Va
bene.”
***
“Accomodati.
Vado a controllare i panini in forno.”
“Grazie.
Anche il caffè dovrebbe essere quasi pronto.”
“Ci
penso io.”
Mentre
la aspetto mi godo il profumo del caffè che dalla cucina si
diffonde
nel soggiorno arrivando fino al terrazzo, riscaldato dai raggi di un
sole ancora un po' timido.
Come
un provetto cameriere mi raggiunge con il vassoio riempito dalle due
tazze con lo stesso disegno, i cucchiaini e lo zucchero, ma anche con
due panini dolci dall'aria parecchio invitante.
Le
sorrido non appena si siede e prendo la mia bevanda calda
concentrandomi sulla natura morta autunnale nei toni dell'arancione,
grazie anche alla luce calda che penetra dalla finestra di una casa
nella foresta. Tra zucche, mele, giacinti e ciclamini rossi e gialli,
verdissime foglie di basilico gigante su di un tavolo nodoso, la
nostra colazione.
Haruka
mi ricorda che non mi son servita lo zucchero e fa fallire il mio
intento di berlo amaro, salvandomi da un'esperienza non troppo
piacevole.
Le
mie papille sono invase dal liquido nero e ne vengono permeate
saturandosi del loro sapore, sostituito poi dal fragrante morso di
pane e cioccolato a sorpresa che le raggiunge, scalzato a sua volta
da un altro gusto di un'aromaticità conosciuta ma non
immediatamente
riconoscibile, acme di una bontà semplice ma allo stesso
tempo
portentosa.
“Cos'è
questo sapore?!
C'è
un pizzico di gusto che si fa sentire subito ma non è
prepotente…
Con
che cosa hai aromatizzato il pane?”
“Sono
felice che tu l'abbia individuato, ma non voglio ancora darti una
risposta.
Vediamo
se indovini...”
“Non
sarà mica una scusa per farmi ingozzare di
dolciumi?”
“Chissà...”
“E
poi sono io Diabolik!
Comunque
accetto la tua sfida.”
“Bene.”
“È
dolce… e speziata. Sa di Medio Oriente.
Il
profumo è così inebriante che mi sembra di essere
proprio lì...”
“Quindi?”
“Ho
bisogno di un altro morso… Aspetta ancora un
po'...”
“Ahaha.
E sarei io a volerti far ingozzare?!”
“Sono
troppo buoni, non posso far altrimenti.”
“Il
tempo sta per scadere.
Sennò
te li pappi tutti tu e a me non resta niente dopo tutta la fatica che
ho fatto a prepararli.”
“Cardamomo!!!”
“Esatto.
Me
ne hai fatte sudare di camicie!”
“Credo
che il mio sopracciglio ti basti...”
“Sì,
ha raggiunto una bella altezza…
Ma
non soffre di vertigini?”
“Credo
che finirò la colazione in cucina.
Addio...”
“Oh,
arrivederla bella fanciulla.”
***
“Ti
piacerebbe venire con me?”
“Molto,
ma non so ancora dove svolgere la mia prossima mostra, dato che non
voglio farla al chiuso. Devo cercare una location adatta e vorrei
cominciare subito.”
“Potresti
anche farlo qui. Il posto non manca.”
“Davvero?
Io non vorrei essere troppo invasiva. Questo è il tuo regno,
in
fondo.”
“Vero,
e tu ben presto ne diventerai la regina, quindi non vedo dove sia il
problema.
Voglio
che tu senta questo posto tuo così come accade a me ogni
giorno che
passo qui.”
“Mi
piacerebbe tantissimo sfruttare questo spazio… Ne verrebbe
fuori un
evento unico.
Sei
sicura che per te vada bene?”
“Amore,
mi conosci. Sai che non mi nascondo mai dietro l'accondiscendenza
quando mi sento minacciata. Respingerei qualsiasi proposta che mi
possa causare danni, ma con te questo rischio non lo corro.
Ti
amo e farei qualsiasi cosa per te. Lo sai.”
“Sì
amore. Grazie!!!”
“Figurati.
Allora,
ti unisci a me?”
“Contaci”
“Prepariamoci
allora.
Tiro
su un bel pranzo al sacco e passiamo l'intera giornata all'aperto.
Ti
piace l'idea?”
“Assolutamente
sì.
Gli
zaini sono nel capanno vero?”
“Sì.
Il mio è già pronto. Al tuo pensi tu?”
“Certo,
occupati del cibo.
Appena
finisco vengo ad aiutarti.”
“Perfetto.
Mettiamoci al lavoro.”
***
Con
efficienza prendo tutto ciò che voglio portare con me e mi
dirigo al
capanno dove mi aspetta il mio nuovissimo zaino da
“passeggio”.
Il
colore del denim mi indica la sua posizione e in un attimo sono
già
vicina al tavolo, pronta a riporre al suo interno ogni cosa: nello
scomparto più esterno la torcia elettrica, i fiammiferi e un
carica
batterie ad energia solare; in quello centrale il mio ultimo kit da
disegno comprendente un album A4 per schizzi, tre matite, tre gomme,
una quindicina di colori, il tutto in una comodissima e affatto
ingombrante custodia, e in quello più interno a contatto con
la
schiena due bottiglie d'acqua e sul fondo una piccola valigetta di
primo soccorso.
Direi
che ho concluso.
Ci
vorrebbe il posto anche per i contenitori del pranzo ma a quanto ho
capito Haruka metterà tutto nel suo. Dev'essere assai
capiente,
immagino.
Ok,
vediamo a che punto è la cuoca, e soprattutto cosa
starà cucinando
di buono!
Ed
ecco fatto!
Il
pranzo è pronto e devo solo sistemarlo nei vari contenitori.
Le
posate sono già contenute in essi, così non
sarà difficile farli
entrare nel mio nuovo zaino a sacco. Ho fatto davvero un
bell'acquisto e non vedo l'ora di provarloù1
Sono
le nove e quarantacinque, meglio sbrigarsi.
Michiru
mi raggiunge e mi aiuta ad ultimare i preparativi.
Abbiamo
le provviste, l'acqua, tutto quello che potrebbe servirci si trovava
già all'interno. Cassetta del primo soccorso presente,
carica
batterie, funi, piccola accetta, coltellino multiuso, fiammiferi...
Sembra
di aver preso tutto.
Possiamo
cambiarci e metterci già in cammino, così
sfrutteremo in pieno
tutta la luce della giornata e magari riusciremo a rientrare prima
che si faccia notte.
Si
parte!
***
“Ci
siamo. Possiamo parcheggiare qui la jeep e proseguire a piedi.
Il
confine dista un quarto d'ora dalla base, niente di troppo
faticoso.”
“Bene.
Andiamo allora.”
“Prendi
lo zaino.”
“Eccomi.
Sono
emozionata! Chissà che paesaggi ci troveremo
davanti...”
“Sono
curiosa di saperlo anche io, ma sono anche un po' in ansia
perché
non so in che condizioni i terreni siano. Speriamo di non trovare un
deserto arido e morto.”
“A
questo non avevo pensato…
Il
venditore non è una persona affidabile?”
“Lui
sì, ma ha lasciato le sue terre in mano ad altri. Speriamo
bene.
Mettiamo
da parte la negatività, però. Godiamoci comunque
il viaggio!”
“Sono
d'accordo. EVVIVA!”
“Adoro
il tuo entusiasmo piccola!”
Ecco
il confine.
Le
colonne di Ercole della mia infanzia. Il punto in cui il paesaggio
acquista nuovi abiti e diventa straniero, sorprendendoti nel bene o
nel peggio.
Da
ciò che ho visto sulle mappe ci troviamo in una parte di
landa dal
terreno costituito per metà da terra di montagna, per
un'altra buona
fetta da terreno di pianura e per una piccola parte da terra
salmastra.
Una
mistura di elementi che pare sia alla base della
biodiversità che
caratterizza questa metà quasi inesplorata della riserva.
Una
fila di Eucaliptus Gunnii alti una decina di metri ciascuno
è il
primo “ostacolo” da superare per addentrarci nella
nuova terra, e
già sento che c'è una sorpresa in serbo per noi.
“Ruka...”
“Dimmi
amore.”
“Ma
quelle poco più avanti a noi sono tartarughe di
mare?”
“Dove?”
“Quelle
che stanno passando sotto le siepi del bosso.”
“Oh,
sì. Hai ragione. Non le avevo notate.”
“Ma
che ci fanno qui?”
“Magari
questa è una terra di transito che permette loro di
raggiungere il
loro habitat naturale. Potremmo incontrare altre specie atipiche in
questo nostro cammino.”
“Dici
sul serio? Che bello!”
“Proviamo
a seguirle?
Questa
zona è stata indicata con sottigliezza sulle mappe, quindi
non ho
bisogno di ulteriori informazioni.
Spingiamoci
più in là senza infastidire troppo le nostre
guide.”
“Non
si indispettiranno e scapperanno via?”
“No,
se non le infastidiremo troppo.”
“Ok.
Vorrei
proprio sapere chi ha detto che sono animali lenti...”
“Il
detto si riferisce alle tartarughe anziane appesantite dal carapace.
Quelle
giovani, come puoi vedere tu stessa, filano che una
meraviglia.”
D'ora
in poi potremmo usare l'espressione: prestante come una tartaruga.
Non
ti pare una bella idea?”
“Troppo
sottile come ragionamento. Guadagneresti un sacco di occhiatacce e
sguardi inebetiti.”
“Anche
questo è vero.
Proseguiamo.”
Dopo
un'altra ora e mezzo di camminata ci ritroviamo in un piccolo
avvallamento verde, una conca protetta da arbusti storti e buffi
grondanti di bacche e foglie bianchicce. Tronchi di vecchi alberi
fanno da panche sui cui sedersi e uno in particolare, dal diametro
impressionante (potrebbe essere appartenuto ad una
sequoia…), che
potremmo tranquillamente utilizzare come tavolo.
Tutti
gli altri alberi attorno fanno ombra ma lasciano piccoli spazi che
fanno entrare un po' di luce, di modo da non farci soffrire il
freddo.
Poniamo
delle vecchie coperte sui fusti e ci sediamo imbandendo il banchetto
perché, gira e rigira, si è fatta ora di pranzo.
Il
mio stomaco scalpita per sapere cosa di buono gli passerà
tra le
grinfie, che giace ancora nascosto nei suoi bei nascondigli…
“Cosa
è quella meraviglia? Una torta?!”
“Sì,
una torta che non ti aspetti però.
Assaggia.”
“Pensavo
che volessi mandare in fumo la mia linea. Stavo per
picchiarti.”
“Ehi,
calmati. Non è un dolce.
E
poi ti cucino solo cose buone io. Mica mangi porcherie.”
“Su
questo convengo.
Oh,
ma sembra riso… Aaahm!!!
Scsa
l'onomatop...”
“Oooh,
il mio esperimento pare aver funzionato.
Guarda
che espressione soddisfatta.
Ti
piace eh?
Ora
mangio anche io, se non ti dispiace…
Tu
riprenditi intanto.”
“...”
***
“Sei
un mito!”
“Grazie.
Sono contenta che tu abbia apprezzato.”
“Sì,
la torta di riso più buona che io abbia mai mangiato.
I
fiori di zucca erano così fragranti, il sapore marino del
riso e dei
gamberi mi ha portata in paradiso e la filantezza della mozzarella mi
ci ha fatta soggiornare.
Se
non fossi già sazia ne prenderei ancora...”
“Addirittura!
Allora lo cucinerò più spesso.”
“Niente
da obbiettare.”
***
Dopo
aver ripreso a camminare scoviamo di nuovo le nostre insospettabili
guide ci portano in un labirinto di siepi di Callicarpa, una pianta
dalle foglie verde chiaro e dalle minuscole e violette bacche, molto
resistenti al freddo da adulte.
Il
vento che ne attraversa i rami le riempie con il suo rumore e un
suono racchiuso dentro di esso si rivela la nota più alta
del
concerto.
Nella
mia mente appare una bianca schiuma che rapita da un'onda viene
sbattuta su una superficie increspata, producendo proprio quel suono
che è giunto poc'anzi al mio udito.
Mi
concentro per sentirlo ancora ma è sparito e ora non so se
l'ho
immaginato o se è un segno che il passaggio per il mare
è più
vicino di quanto pensiamo.
Facile
soluzione a questo dilemma è interpretare lo sguardo di
Michiru. Se
ha sentito anche lei quel richiamo lo recherà scritto negli
occhi.
Pare
che non se ne sia resa conto, impegnata com'era nel fare uno schizzo
veloce dei grappoli di frutta delle piante.
Sorpresa
preservata o suggestione?
“Credi
che potremmo farla crescere anche nel nostro giardino?
Mi
piace molto.”
“Ne
prendo qualche ramo. Potremmo provarci.
Ha
bisogno di cure costanti nella prima messa a dimora, perché
le
piantine giovani soffrono molto il freddo.
Con
l'adeguata protezione crescerà senza problemi.”
“Fantastico!
Ora
possiamo andare avanti. Scusa se ti ho chiesto di fermarti.”
“Non
devi scusarti. Lo sai che mi piace condividere le mie conoscenze
botaniche con te.”
Lo
sguardo e il sorriso rilassati fanno ricredere la mia percezione di
un guizzo di confusione da parte sua come un qualcosa di astratto.
Chissà
cosa le passava per la testa in quel momento.
So
che non devo preoccuparmi più di tanto perché lo
capirei se ci
fosse stato qualcosa che
non va,
quindi sorvoliamo sulla questione, dato che potrebbe non esistere
proprio.
Le
tartarughe continuano il loro errare con calma, quasi come se la
nostra presenza non comportasse più un disturbo.
Devono
aver capito che non vogliamo far loro del male. Tanto di guadagnato
per noi!
Posso
tornare a godermi la vegetazione, che per assurdo è
più ricca di
quanto potessi sognare. Già nella parte conosciuta della
riserva è
sorprendente, ma qui nemmeno si scherza.
Vorrei
adottare ciascuno dei singoli esemplari di piante, alberi, arbusti,
cespugli e perfino erbe infestanti che incontro! Sono tutti
così
singolari e affascinanti che potrei trasferirmi qui senza problemi.
Più
o meno…
“A
che pensi?”
“Niente...”
***
“Possiamo
fermarci ancora se vuoi.
Un'oretta
di riposo non ci farà tardare troppo.”
“Ok.
Ho bisogno di riposare le gambe.”
“Perfetto.
Laggiù
intravedo una piccola vena
d'acqua.
Vado
a riempire le borracce. Tu resta qui, faccio in un attimo.”
“Va
bene.”
“Eccomi.
Ti va di schiacciare un pisolino?”
“Sarei
tentata...”
“E
allora accomodati.”
***
“Amore,
sveglia. Dobbiamo procedere, altrimenti perderemo le ore di
luce.”
“Mh,
eccomi. Che pisolino riposante...”
“Sì,
ci voleva proprio!”
“Ma
dove sono le tartarughe?”
“Forse
hanno ripreso il loro viaggio mentre noi dormivamo. Non preoccuparti
però. Il terreno è ammorbidito dalla rugiada,
quindi le loro
impronte sono visibili. Seguiremo la loro scia. Andiamo!”
“Avrei
bisogno di rinfrescarmi.”
“Possiamo
avvicinarci al fiumiciattolo e continuare da lì. Si sorpassa
ad
occhi chiusi.”
“Bene!”
La
sua risata cristallina si libra nell'aria rischiarandola e perdendosi
nel profumo della foresta che a questa ora del giorno raggiunge il
suo massimo fattore di inebriamento. Non si può far altro
che
caricare i polmoni facendo incetta di tutte codeste fragranze.
Un
gorgoglio lontano e frizzante fa intendere che, non troppo in
lontananza, una cascata con tutte le sue acque e le goccioline che da
queste si liberano, svolge meticolosamente il suo compito di
dissetare tutti gli esseri che sono nel suo enorme territorio.
Ci
rinvigoriamo ad ogni passo marciando con il verde scuro e umido del
muschio che ci fa orientare grazie alle stille brillanti che ne
bagnano il manto.
Alle
spalle la vena d'acqua che ci ha permesso di placare la sete ci fa
una sorpresa sbucando dopo un bel tratto che l'avevamo superata.
Gli
arbusti si sono fatti più bassi e sfoggiano le loro chiome
sbarazzine con noncuranza, come in una sfilata d'alta moda assai
sgangherata.
Il
calore del sole non vuole ancora abbandonarci e non c'è che
da
essergli grate. Continuiamo per la nostra strada incontrando molti
sassi bianchi schiacciati come quelli che sono tipici dei nostri
laghetti e fiumi. Che in tempi più antichi questo fosse il
letto di
questi giganti d'acqua? Affascinante.
Li
alberi sempre presenti si sono fatti più radi e descrivono
un
colonnato regolare da un'imponenza che ti mette quasi in soggezione.
A
fare inversione sono invece i cespugli che crescono in altezza
diventando alberelli non troppo alti e dalle modeste fronde.
Non
so a quale specie appartengono. La maggior parte di essi mi sono
sconosciuti ma posso comunque apprezzare la loro
particolarità e la
loro bellezza selvaggia.
L'aria
si fa più respirabile man mano che si va avanti e il pungere
salino
del mare torna a farmi visita comunicandomi che siamo sulla buona
strada.
Accelerando
un poco il passo possiamo recuperare mezz'ora di camminata e forse
anche più, quindi potremmo godere per più tempo
della nostra meta
finale, dato che per il ritorno è già tutto
pronto.
Ho
chiesto ad Hideo di portare la mia jeep in spiaggia, così da
consentirci un più agevole rientro a casa.
Sento
che sarà una giornata memorabile!
Una
strana forza permea l'aria facendo intendere che qualcosa di
importante sta per accadere. Non so perché ma questa
sensazione
aumenta più ci spingiamo oltre in questa nostra
esplorazione. Mi
rivolgo verso Haruka che suggerisce di accelerare il passo
perché il
terreno ancora piatto ci permetterà di completare meglio una
piccola
discesa che si appresta a venire sotto i nostri piedi.
Nel
suo sguardo c'è un luccichio che se fosse stato malizioso mi
avrebbe
fatto intendere che la signorina aveva in mente di compiere una delle
sue marachelle inaspettate, ma non sentendomi in
“pericolo” so
che non devo aspettarmi niente del genere. Sono invece felice di
notare che l'ansia che aveva stamattina ha lasciato spazio alla sua
solita spensieratezza.
La
nostra piccola corsa ci ha portate verso un declivio non troppo in
pendenza e di facile percorribilità, nonostante il terreno,
molto
simile alla sabbia marina, sia un poco sdrucciolevole. Un'altra
spianata della stessa
terra ci accoglie in una vastità a dir poco disorientante
che si
sviluppa appropriandosi di tutto l'orizzonte. I fusti in prospettiva
tra cui si scorgono le mirabolanti traiettorie di tutti i minuscoli
insetti che popolano l'aria giallastra e le
tridimensionalità delle
ragnatele intrise di rugiada. Anche la bianchezza di un sentiero di
ghiaia ad una certa distanza da
noi riluce fulgido nonostante la poca illuminazione.
Gli
alberi sempre meno presenti ma pur sempre accesi di verde, si fanno
da parte lasciando posto a prati erbosi di lavanda e mughetto e
sollevandosi con nostra sorpresa in una sommità simile ad un
promontorio in miniatura. Quante sorprese ci sta regalando questo
posto! Il
boschetto di bambù che incontriamo nella nostra scalata
nasconde
qualcosa di ancora più stupefacente che si apre in una scala
naturale dalle dimensioni ciclopiche che discende nelle viscere della
montagna giungendo in un luogo che forse non visiteremo mai. Rivedo il
mio stupore
dipinto anche sul volto di Haruka che a quanto pare non si aspettava
un risvolto del genere. Da cosa me ne sono resa conto? Beh, dovreste
vedere la sua faccia, o meglio, le sue sopracciglia. Hanno appena
scalato l'Everest!
“Amore,
rischi di farti entrare un calabrone in bocca se non la
chiudi...”
“...”
“Tutto
ok? Sei allibita...”
“Allibita
è un eufemismo... Sapevo che c'era un passaggio segreto. Il
nonno me
lo raccontava spesso, ma non immaginavo che si trattasse di una cosa
del genere...
È
mastodontica!”
“Oh
sì! Veramente massiccia.
Vuoi
continuare?”
“Assolutamente
sì! Muoviamoci!”
Questo
devo assolutamente segnarlo nella mappa, ma solo nella mia.
Resterà
un segreto. Non voglio che questo capolavoro naturale venga
brutalmente deturpato.
Questa
parte di riserva non diverrà parte del museo naturalistico
della
riserva. La troppa inciviltà lo distruggerebbe.
Decisione
presa, ma ora dedichiamoci a cose più importanti.
Mi
avvicino al primo scalino e lo testo con il piede per conoscerne il
grado di sicurezza.
Inutile
dire che è resistente come l'acciaio. Buon per noi!
Prendo
Michiru per mano e assieme scendiamo quelli successivi con
l'antichità della roccia che ci assicura che nessun pericolo
ci
coglierà, se saremo vigili.
Le
sensazioni che ti pervadono in questo abbraccio di pietra ti fanno
sentire minuscolo come lo sono le formiche rispetto a noi e ti danno
al contrario una sorta di diritto di sentirti come una
divinità, ma
badate alla superbia.
Gli
atolli di terra alti una decina di metri che circondano il granitico
fanno somigliare il luogo ad un paesaggio degno d'una ambientazione
fantasy, come però non si sono ancora letti.
Al
mio fianco la mia esploratrice in seconda, presa anch'ella dalla
maestria d'architettura della Terra non pare aver fiutato il profumo
salino che riempie l'aria sempre meno rarefatta. L'effetto sorpresa
sarà maggiore se continua di questo passo, perciò
terrò per me
questa indicazione.
Ancora
tanta strada ci resta da compiere perciò è meglio
risparmiare fiato
e corpo per seguitare nella scesa.
Manca
poco ormai, alla sorpresa...
Spero
di riuscire a colmare quel vuoto che le si legge dietro lo sguardo,
seppur mascherato dal benessere che la contraddistingue da quando
abitiamo immerse nella natura.
So
che sta bene. È serena, entusiasta, innamorata, ma so anche
che le
manca qualcosa e voglio che questo qualcosa torni a far parte di lei.
Voglio
che sia completa in tutto e per tutto, più completa di
quando
stavamo a due passi dal mare, felice fino in fondo.
È
una grossa impresa questa, ma il vento mi sussurra che posso farcela,
che posso sorprenderla e restituirle la sua essenza di ninfa del
mare. Questo è il mio obbiettivo, e ora che ci sono
così vicina non
permetterò a niente di intralciarmi.
Niente
alterigia. è solo il desiderio di regalare una gioia nuova
alla mia
futura sposa a muovermi in questa titanica avventura.
“La
Natura si è davvero sbizzarrita qui!”
“Vuoi
fermarti?”
“No,
finiamo la nostra scalata al contrario.
Non
sappiamo cosa ci aspetta dopo ma credo sia meglio fare una pausa dopo
che avremo di nuovo i piedi a terra.”
“Sono
del tuo stesso parere! E poi guarda che paesaggio.
Nemmeno
Narnia è a questi livelli, senza offesa alcuna verso il caro
Lewis.”
“Sono
pienamente d'accordo.
Voglio
tornare qui e dedicarmi a dipingere ogni singolo scalino e atollo qui
presente.
Sperando
che ci sia un modo più veloce per raggiungerlo.”
“Beh,
ora che ho saggiato il terreno possiamo benissimo utilizzare i nostri
soliti mezzi per le escursioni. Potremmo venire qui con il quod o
anche anche con la jeep più leggera.”
“Perfetto!
Sarà una sessione di pittura esaltante!”
“Scommetto
che ti porterai dietro tutto il tuo corredo di pittura.”
“Ovvio!”
“Lo
immaginavo...
Dai,
un'altra decina di scalini e ci siamo quasi. Così mangiamo
anche
qualcosa che il riso è sparito nei meandri della
digestione.”
“Che
romantica quest'ultima frase!”
“Hai
presente i rumori molesti che hai iniziato a sentire circa un'ora
fa?”
“Oh
sì, un bel sottofondo.”
“Era
il mio stomaco che brontolava.”
“Ma
dai! Pensavo fosse un cinghiale che ci seguiva per rubarci quel che
resta delle provviste.”
“Ahahah,
che ridere.
E
poi, quali provviste? Sono rimaste solo le posate e i
contenitori.”
“Non
abbiamo più niente? Che mangiamo allora???”
“Non
preoccuparti. Quelli sono alberi di cachi e i frutti sono maturi, e
se non ricordo male dovremmo avere altri di quei panini dolci che ho
fatto a colazione.”
“Ah,
per fortuna!
Eccoci
a terra!”
“Accomodati
pure da qualche parte.
Ti
lascio lo zaino e vado a cogliere un po' di frutta, così ci
rifocilliamo per bene.”
“Ok!”
Leggermente
affaticata dalla camminata mi siedo su una roccia tonda che grazie a
dei massi più piccoli e tondeggianti anch'essi la fanno
somigliare
ad un ricco paffuto e dal pelo liscio. Che simpatica!
Haruka
non tarda molto e arriva con una busta di cachi profumati e maturi
che si direbbero assai succulenti. Si accomoda su una roccia
squadrata davanti a me e sbuccia la merenda porgendomela e
mangiandola anche lei.
Subito
l'energia si ricarica e con il sapore dolce e pieno dei frutti inizio
a entrare nell'ottica di un ultimo sforzo che, non so
perché, sento
che verrà egregiamente ripagato.
Finiti
i cachi tira fuori quei deliziosi panini farciti, che dal cardamomo
sono passati ad essere ripieni con una lastra di vaniglia dal gusto
deciso e amabile. Squisiti!
Ci
concediamo un altra decina di minuti di relax con il sole che
tramonterà tra almeno un'ora o forse anche più.
Mi
tranquillizza dicendomi che non ci sarà bisogno di correre
per
l'ultimo tratto e con la mano che avvolge la mia mi aiuta ad alzarmi.
Subito la prendo a braccetto e riprendiamo a camminare quando una
vista mozzafiato prende il sopravvento nei miei occhi: l'oceano.
Resto
a bocca aperta comprendendo che questo finale era già stato
progettato dall'inizio ma l'unico pensiero che preme prepotente nella
mia mente è un senso di gratitudine così profondo
che non riesco
nemmeno a discernere le emozioni che mi scuotono dall'interno.
Le
ginocchia mi cedono, gli occhi si bagnano di gioia e un pianto
liberatorio e commosso mi fa tremare. Guadagno il cingermi delle
braccia di Haruka che conosce esattamente quello che provo e resta in
silenzio perché io possa concentrarmi esclusivamente sul
rumore
delle onde che sussultano davanti e per me, consce della lontananza
che ci ha separate per troppo tempo.
Recupero
l'uso delle gambe e corro verso di loro, tuffandomi nel loro vortice
bagnato senza pensare ad altro.
Dimentica
di tutto ciò che mi circonda mi perdo in quel lasciarmi
cullare così
famigliare che continua a piangere anche sott'acqua.
Tutti
i pezzi di me che si erano persi nella nostalgia tornano a
completarmi e più nessun rancore popola la mia anima.
Una
dea si affaccia sulla superficie crespa d'azzurro e un nuovo
sentimento si fa largo sul mio viso. La gratitudine.
***
“La
mia pazzerella.”
“Hai
ragione, ma non ho saputo resistere.”
“Tranquilla,
non devi giustificarti.
So
cosa ha significato tutto questo per te.
Anche
se hai rischiato di prenderti una congestione non ho saputo
fermarti.”
“Grazie
per avermi regalato questa giornata memorabile.
Ne
avevo un bisogno tremendo.”
”Lo
so, è per questo che ho unito il progetto dell'esplorazione
dei
nuovi terreni alla ricerca di un passaggio per il mare.
Stavi
patendo troppo la lontananza e non lo sopportavo
più.”
“È
vero, ma ora mi hai guarita. Non preoccupartene
più.”
“Come
desideri amore.
Continua
a scaldarti davanti al falò. Io inizio a montare il
tettuccio della
jeep, così non prendi ulteriore freddo durante il
rientro.”
“Ok.
Grazie ancora.”
“Ssstt.
Non aggiungere altro.”
NdA
Eccomi
di nuovo qui con il nuovo capitolo.
Una
vera impresa eroica cercare di renderlo il più vero
possibile. Spero
di esserci riuscita.
Mio
intento era quello di pubblicarlo domani, ma, proprio come questa mia
Michiru, non posso resistere a farmi immergere in questo nuovo
spicchio di mondo che mi si è aperto nel cuore mentre
scrivevo.
Sarò
breve in queste note.
Voglio
solo ringraziare che si imbatterà in queste mie righe e chi
vi
indugerà per premiarmi o criticarmi, perché
entrambe sono per me
scalini verso la crescita.
Vi
lascio augurandovi di passare il Natale più sereno, sincero
e
spettacolare che possiate desiderare e vi do appuntamento per il
Nuovo Anno, che voglio sia per voi più alto delle vostre
più alte
aspettative.
Un
abbraccio a tutti, vostra Miss Writer.
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