13.
Due
giorni.
Erano
serviti due giorni per organizzare tutto, per chiamare chi di dovere, per
accertarsi che tutto fosse perfetto e in ordine.
In
quei due giorni, non avevo avuto il coraggio di leggere la lettera che, a
sorpresa, nonnina aveva indirizzato a me.
L'avevamo
trovata nella sua scrivania, controllando tra i suoi documenti per essere certi
non vi fosse nulla di importante da consegnare al notaio.
Io e
Rey l'avevamo osservata a lungo, senza sapere bene come reagire, ma era stato
Stheta a darmi la soluzione ideale.
Attendere
quando fossi stata pronta.
Non
v'era fretta alcuna, a quel punto.
Rohnyn,
Sheridan e Kevin erano arrivati solo poche ore dopo, presentandosi alla
fattoria con aria preoccupata e ansiosa.
Sheridan
si era subito offerta di occuparsi di tutta la parte burocratica e Rey, nel
breve intercorrere di un battito di ciglia, si era ritrovato seduto su un
divano, in compagnia di Kevin.
Rohnyn
si era premurato di prendersi cura della fattoria, mentre io avevo badato al
dolore di Rey e al mio.
Era
chiaro quanto, quel giorno, avremmo combinato ben poco.
Fu
solo molte ore dopo, con l'arrivo di Krilash e Rachel, che Rey iniziò a
riprendersi un po' dallo shock causato dalla morte di nonnina.
Salutò
con sincero calore i nuovi arrivati e, assieme a me – che non lo avevo lasciato
per un attimo – si diresse verso la stalla.
Rohnyn
era stato un asso.
Aveva
sistemato ogni cosa, predisposto tutto per la consegna del latte e aggiunto
nuovo fieno nelle mangiatoie.
A
Rey vennero gli occhi lucidi, ma per la gioia, stavolta, e la commozione.
Non
dubitavo fosse la prima volta che, qualcuno a parte lui, si prendeva cura delle
sue pecore.
Sul
calare della sera del secondo giorno, tutto era stato più o meno sistemato... a
parte i genitori di Rey.
Era
stato a quel punto che, supportato dalla presenza della mia famiglia, aveva
sollevato il telefono per chiamarli.
Per
una volta, però, il loro comportamento insensibile non aveva avuto
ripercussioni su di lui.
Si
era limitato ad accettare il loro completo disinteresse e, quando aveva
ragguagliato tutti noi sulle loro decisioni, lo aveva fatto senza remore.
Certo,
non avevo dubitato neppure per un attimo che, dentro di lui, il suo cuore aveva
sanguinato.
Ma
aveva ormai accettato che, da quella parte di mondo, non sarebbe mai venuto ciò
che lui, per anni, aveva sperato.
Aveva
solo dovuto prendere per buona questa verità.
Vederli,
perciò, dinanzi alla chiesa di Nostra Signora Incoronata, su Silverspring Road,
a Cork, non risvegliò in lui nessun tipo di sentimento.
Era
chiaro a tutti quanto fossero lì solo per esigenze di facciata, ma Rey non si
fece turbare da quella visione e, mano nella mano, li raggiungemmo all'entrata.
La
mia famiglia già attendeva all'interno, fiera fortezza in cui ci saremmo
rifugiati entro breve.
In
quel momento, però, dovevamo affrontare i genitori di Rey da soli.
Conner
non fu sorpreso di vederci assieme e, anzi, mi lanciò un'occhiata così lasciva che,
per poco, non mi mossi verso di lui per scaricargli un pugno addosso.
Era
chiaro quanto pensasse di aver capito ogni cosa, della situazione, e pensasse
di avere qualcosa da guadagnarvi, almeno per quanto riguardava la mia persona.
I
genitori di Rey furono tutt'altro argomento.
Mi
guardarono con evidente curiosità, mista a un pizzico di sospetto, quando Rey
disse loro che mi ero presa cura di nonnina negli ultimi mesi.
Pensavano
forse che avrei preteso un qualche tipo di eredità, togliendola di fatto a loro?
Mi
irritai non poco, e solo la presenza solida e calma di Rey mi impedì di
esplodere.
Ancora
una volta, mi chiesi come facesse a mantenere quel contegno stoico di fronte a
loro.
Sapevo
però che, questa volta, non si trattava di dolorosa rassegnazione ma di forza,
una forza che loro non avevano mai sperimentato prima.
“Ci
fa piacere che nostro figlio abbia avuto accanto un'amica, quando è successo”
mi disse suo padre, stringendomi la mano che avevo proteso per pura cortesia.
Quell'amica
non passò inosservato, ma non vi badai.
Che
mi vedessero pure come volevano. Io e Rey sapevamo la verità, e tanto bastava.
“Sei
stato fortunato, caro, a non dover fare tutto da solo. Ti avrei aiutato
anch'io, ma sai quanto sono emotiva!” esalò per contro sua madre, facendo
mostra di un'aria affranta quanto superficiale.
La
odiai, ma non persi tempo a mostrarmi indispettita. Sorrisi, e così pure fece
Rey.
“La
famiglia di Lisa ci ha aiutato senza problemi. Più tardi li conoscerete tutti,
così potrete ringraziare anche loro” sottolineò a quel punto Rey.
Non
potei non notare il leggero cipiglio di entrambi, oltre alla sorpresa di
Conner.
Così
come non potei non intercettare i loro pensieri preoccupati, la loro ansia al
pensiero che io, estranea alla famiglia, avessi potuto avere un ruolo
così importante.
E
con me, anche i miei famigliari.
***
Il
sole stava reclinando all'orizzonte, quando rientrammo alla fattoria.
Era
stato straziante osservare il rito funebre dedicato a nonnina, poiché era stato
il primo in assoluto a cui avevo assistito.
A
Mag Mell, tutto si svolgeva in modo molto diverso.
I
morti in battaglia venivano bruciati con la magia dei Saggi, nulla rimaneva di
fisico a loro memoria, a parte una stele commemorativa.
Non
venivano inumati in alcun luogo, né esisteva un luogo simile ai cimiteri umani,
in cui deporre fiori o ricordi per gli scomparsi.
Tutto
avveniva nel privato delle singole abitazioni, lontano da occhi indiscreti...
come sempre.
Come
se esporre al mondo il proprio dolore fosse una debolezza, qualcosa da non
esibire a nessuno, se non al proprio cuore infranto.
Tra
gli umani, invece, il dolore scorreva sui volti di tutti sotto forma di
lacrime, di parole sussurrate con tono roco, di pacche sulle spalle e abbracci
sentiti.
Ma mai,
in tutto il tempo passato a galleggiare in quel dolore, avevo avvertito
debolezza, fragilità.
Avevo
sentito partecipazione, forza condivisa, sostegno.
Da
molti, pur se non da tutti.
Erano
quei pochi, che ora sedevano nel salotto della casa di Rey, di cui non mi
fidavo.
Avevo
osservato la famiglia Doherty per tutta la durata del funerale e, come me,
sapevo benissimo lo avevano fatto anche i miei fratelli.
Tutti
noi eravamo concordi nel pensare che, in loro, c'era qualcosa di profondamente
sbagliato... di deviato.
Avevano
accettato le condoglianze con la stessa partecipazione di un muro di pietra, e
la madre aveva finto così bene da poter meritare il premio Oscar per la
recitazione.
Per
le nostre menti allenate, però, quella commedia era apparsa fin da subito come
una panzana ridicola... e sospettosa.
Lì,
nel salotto pieno di persone – la mia famiglia ci aveva seguiti fino a casa –
mi accostai a Rey per sussurrare: “Come ti senti?”
“Come
una persona che ha bisogno di un lungo riposo” mormorò in risposta, lanciando
occhiate dubbiose all'indirizzo dei genitori.
Si
stavano guardando intorno come se non vedessero quel luogo da molto tempo, e ne
stessero valutando le condizioni.
Curiosa,
mi intrufolai nella loro mente, e solo per uscirne un attimo dopo, disgustata.
Non
la stavano valutando per curiosità, ma per mero interesse!
Piccata,
mi accigliai in viso ma Rey, afferrandomi a un polso, mi allontanò dal salotto
– dove i presenti stavano chiacchierando amabilmente – per sussurrarmi: “Non
preoccuparti, Litha. So benissimo cosa stanno facendo.”
“Ma
Rey...”
Mi
sorrise, deponendo un bacio sulle mie labbra corrucciate.
“E'
una vita che, tutte le volte che mettono piede qui, valutano il valore della
casa per poterla vendere. Ma non potranno mai farlo, perché è intestata a me.
Forse sperano che, con la morte di nonnina, io decida di mollare ogni cosa... e
destinare parte del ricavato a loro.”
“Sono
orribili” sbottai, ancora piuttosto irritata.
“Verissimo,
ma ora so come comportarmi con loro. E solo grazie a te” mi rabbonì,
stringendomi in un rapido abbraccio prima di ricondurmi in salotto.
Lì,
mi lasciò alle amorevoli cure di Rohnyn, che mi avvolse protettivo le spalle,
dopodiché si diresse verso i genitori con aria seria, posata... ma forte.
Non
v'era nulla di remissivo, in lui, o di rassegnato. Ora, sapeva davvero come
affrontarli senza soffrirne.
Sorrisi
nonostante tutto, e mi rilassai al fianco di mio fratello.
Accomodatosi
sul bordo del tavolino da caffè, le mani intrecciate e gli avambracci poggiati
sulle cosce, Rey sorrise ai coniugi Doherty e domandò: “Ebbene? A quale valore
siete giunti, stavolta?”
Suo
padre si accigliò immediatamente, lanciò un'occhiata torva in direzione della
mia famiglia e, successivamente, mormorò: “Non credi che, di queste cose,
dovremmo discutere in privato? Dopotutto, siamo in presenza di estranei.”
Rey
scrollò le spalle con indolenza, replicando: “Saranno estranei per voi, ma non
per me. Sono la famiglia di Lisa, e perciò sono la mia famiglia. Ergo,
possono anche ascoltare.”
Fu
la madre di Rey a prendere la parola, a questo punto e, sorridendo nervosa,
asserì: “Ma caro, non penso proprio che vogliano sentir parlare di eredità o
cose simili, ti pare?”
“A
me, pare che non ci sia nulla di cui discutere, visto che non ci sarà alcuna
eredità. Nonna aveva già disposto anni addietro che ogni suo avere fosse
intestato a me. A parte la sua pensione, lei non aveva più nulla, proprio per
evitare che voi poteste giungere qui come sciacalli, pretendendo di spolpare la
sua carcassa ancora calda.”
La
spietatezza delle sue parole mi sorprese, ma non sortì alcun effetto sulla sua
famiglia.
Era
chiaro che altre volte, Rey, aveva usato una terminologia così diretta con
loro.
A
ben donde, a quanto pareva.
Conner
si levò dalla poltrona dov'era accomodato e, nel passare accanto al fratello
maggiore, batté una mano sulla sua spalla, sorridendo benevolo.
Mi
insospettii subito.
“Rey,
tu hai ragione, naturalmente. Ti sei preso cura di questo posto, mentre noi ci
siamo limitati ad andarcene in città, lasciando su di te questo peso.”
I
genitori lo fissarono accigliati, ma lui li azzittì con un'occhiataccia.
“Quello
che vogliamo, fratello, è solo riunire la famiglia, essere di nuovo tutti
assieme, e questo posto ci è di ostacolo. E' troppo ricco di ricordi, per te, e
presto o tardi ti soffocheranno. Vieni con noi, lasciati tutto alle spalle. E'
meglio così” proseguì Conner, dando maggiore enfasi al suo monologo poggiando
entrambe le mani sulle spalle del fratello.
Rey
lo guardò con i suoi profondi occhi color cioccolato, ora duri come pietre, e
si levò in piedi.
Conner
si scostò di un passo, ancora speranzoso, ma il fratello lo gelò con le parole
che uscirono dalla sua bocca.
“Riunire
la famiglia, Conn? E quando mai ti è interessato? Venivi qui per spillare soldi
a me o alla nonna,...” poi, con tono carico di biasimo, si rivolse ai genitori.
“...e voi non siete stati da meno. Ogni volta, ogni maledetta volta,
avete preteso che io vendessi, senza mai interessarvi, o capire, cosa mi
legasse a questo posto. Cosa mi impedisse di andarmene.”
La
rabbia – o la frustrazione – presero il posto del compassato snobismo di cui si
era ammantata e, stizzita, Mrs Doherty replicò: “Non ho mai amato questo posto!
Pensi davvero che avrei voluto continuare a stare qui?! E' da folli il solo
pensarlo! E tu dovresti seguire il nostro esempio! Comportarti da bravo
figlio!”
Rey
rise sprezzante e, allungata una mano verso di me, disse: “Un bravo figlio, eh?
Dovete avere un'idea davvero deviata di questa parola.”
Io
lo raggiunsi, avvolgendogli la vita con un braccio e lui, ora più tranquillo,
proseguì dicendo: “Un bravo figlio non cede sempre e comunque ai capricci dei
genitori, ma si ribella, se i desideri di questi ultimi sono futili ed
egoistici.”
Si
volse verso di me e, sorridendomi, aggiunse: “Un bravo figlio può decidere di
essere libero dal giogo dei genitori, se questi si dimostrano apertamente
indegni del suo rispetto. Non smetterà di amarli, ma non subirà più le loro
angherie.”
Assentii,
sapendo che stava parlando per entrambi noi.
Nessuno
dei due avrebbe più accettato i capricci della famiglia, e insieme ne avremmo
costruita una tutta nostra.
Nuova,
indivisibile, eterna.
Rey
tornò a volgere lo sguardo verso la sua famiglia, che ora era livida d'ira, e decretò:
“Non siete più persone gradite, in questa casa. Vi prego di andarvene subito.”
“Tu
non puoi farlo!” strillò inviperita Mrs Doherty, fissandomi con un livore
sempre crescente. “Non puoi mettere questa... questa poco di buono sopra a tutti noi!”
Se
avevo dubitato anche solo per un istante dell'amore della mia famiglia, lo
scorsi senza problemi in quel momento.
Se
Stheta, Krilash e Rohnyn si mossero come un sol uomo verso i Doherty per
chiedere giustizia, Sheridan e Rachel fecero di peggio.
Si
avvicinarono alla madre di Rey con aria di sfida e Sherry, strafottente,
dichiarò: “Stai attenta a come parli, perché stai offendendo la mia sorellina.
Un'altra parola, e ti farò assaggiare le suole delle mie scarpe.”
Rachel
assentì all’indirizzo della cognata e, scrocchiando le dita, aggiunse: “Chi
insulta una di noi, insulta tutte noi. E non mi va che qualcuno pensi
che io sia una poco di buono.”
“E
tu lasci che mi trattino così?!” sbottò inviperita Mrs Doherty, fissando Rey
con netta riprovazione.
Se,
un tempo, quello sguardo avrebbe prodotto in lui un netto crollo emotivo, in
quel momento non produsse nulla, se non disgusto.
“Tu
per prima hai offeso la mia ragazza, e la loro sorella. E, a quanto pare, loro
ci tengono veramente alla famiglia. Non lo fanno certo per interesse.”
“Che
puoi saperne, tu? Li conosci da così tanto tempo, per esserne certo? Tutti
hanno i loro interessi!” lo accusò sprezzante il padre, irridendolo con lo
sguardo.
Ancora
una volta, volli levare il braccio per colpirlo, ma Rey me lo impedì.
Fu
in quel momento, che compresi perché
mi aveva chiamato al suo fianco. Proprio per impedirmi di esplodere.
Sapeva
che qualcosa del genere sarebbe accaduto, se avesse esposto il suo pensiero, e
aveva giocato d'anticipo.
Lo
fissai accigliata e lui, per contro, mi sorrise con la sua solita indolenza,
come se il mondo intero fosse nulla, in confronto a me.
Come
se tutto il resto non esistesse, e non contasse niente, se ero con lui.
Non
potei che capitolare e, sospirando, mormorai: “Se pensa che io, o la mia
famiglia, siamo qui per mero interesse, si sbaglia di grosso, Mr Doherty. Non
solo potrei comprare due volte questa fattoria, terreno compreso, ma mio
fratello gemello potrebbe ricomprarmela al doppio del prezzo. Come vede, non
sono certo i soldi che ci mancano e, se vuole, le mostrerò anche il mio conto
corrente bancario, casomai non si fidasse della mia parola.”
Lo
dissi con tono così irriverente che l'uomo, quasi, si strozzò per la rabbia.
Davvero
sciocco, da parte loro, pensare di fare leva sul denaro.
Se
avessi convertito in moneta corrente tutto quello che avevo a Mag Mell, avrei
comprato l’intera Contea.
Senza
contare i soldi che Rohnyn aveva messo nel conto corrente che aveva aperto per
me, tempo addietro, in una banca umana.
“Non
le parlerò di affetto, partecipazione, amore, consolazione, armonia... credo
siano parole che neanche conosce, o non comprende. Bene, suo figlio è tutte
queste cose e molto altro, per me e, se lei e la sua famigliola continuerete a
disturbarlo con le vostre richieste, non so cosa potrei fare, di voi.”
“E'
una minaccia, signorina?” mi rinfacciò il padre di Rey, aggrottando la fronte.
“Perché forse non lo sa, ma mio figlio è un avvocato e potrebbe benissimo...”
Lo
interruppi con un sorriso perfido e, lanciato uno sguardo in direzione di
Conner, replicai: “So perfettamente che Conner è un avvocato. Ma so
anche tante altre cosucce, su di lui, e non credo vorrebbe sentirle proprio
qui. Sa, non vorrei mai turbarla con la verità.”
“Lisa...”
mi richiamò all'ordine Rey, pur trattenendo a stento un sorriso.
“Oh,
lo so, devo giocarmi meglio le carte. Ma sai che io sono per gli scontri
diretti” brontolai, scuotendo una mano con fare indifferente. “Mi ha chiesto se
è una minaccia, Mr Doherty. Lo scoprirà nel momento stesso in cui cercherà di
ferire in qualsiasi modo suo figlio maggiore. Allora, vedrà quanto può essere
pericolosa la qui presente.”
“Molto
bene, Conner, l'hai sentita. Penso che potrei anche decidere di assumerti per
farle causa, che ne dici?” asserì a quel punto Mr Doherty, guardando con
soddisfazione il figlio.
“Naturalmente,
papà. Credo che la qui presente non meriti altro, dopo le accuse che ci ha
mosso contro.”
Per
tutta risposta, io dissi: “Rachel, mi puoi dare il nome del tuo avvocato?”
“Ma
certo. Donovan O’Rourke. Se vuoi, ho il numero proprio qui.”
Estrasse
lesta il suo cellulare e Conner, impallidendo sempre più a ogni attimo che
passava, esalò: “Non può essere quel Donovan O’Rourke...”
Rachel
si bloccò nella sua ricerca sulla rubrica del cellulare e, con falsa ingenuità,
mormorò: “Il mio Donovan O’Rourke è lo squalo del Foro di Dublino, colui
che ha vinto più cause di chiunque altro, in Irlanda, e che ha una percentuale
di incarcerazioni quasi imbarazzante.”
Poi,
come se si fosse ricordata di quel particolare solo in quel momento, aggiunse:
“E' mio zio, tra l'altro.”
Conner
strinse i denti, ma non replicò.
Si
abbassò per dire due parole al padre, che impallidì a sua volta dopodiché,
tornato a guardare il fratello, dichiarò: “Ce ne andiamo, se è questo che vuoi.
Ma sappi che sei tu a perderci. Siamo l'unica famiglia che hai, ed essere soli
non è consigliabile per nessuno. Quando lei si stancherà di te, cosa avrai? Un
mucchio di pecore a tenerti compagnia.”
Mi
guardò con aria sprezzante, e aggiunse: “L'aria bucolica di questo posto potrà
piacerti ancora per un po', e ammetto che mio fratello può essere un buon
diversivo per passare il tempo... ma non resisterai a lungo. Non vedo l'ora di
vedere il giorno in cui lo lascerai per un altro divertimento.”
“Diverrai
vecchio e canuto, nel frattempo” gli promisi, osservandolo con il disprezzo
negli occhi mentre, assieme ai genitori, usciva finalmente dalla casa.
Ci
risolvemmo a muoverci solo quando udimmo il suono dell'auto allontanarsi sullo
stradello.
A
quel punto, Rey guardò con evidente ironia Rachel, e gli domandò: “Ma chi è,
questo Donovan O’Rourke?”
“Esattamente
quello che ho detto, non mentivo” scrollò le spalle lei, sorridendo con
allegria mista a perfidia.
Abbracciando
con forza Rey, gli dissi: “Immaginavo che, presto o tardi, Conner, o chi per
lui, avrebbe usato la carta della legge, così ho pensato di informarmi un po'.”
Rachel
terminò per me.
“Litha
mi chiese come avessi fatto a tenere mia figlia, dopo il processo di divorzio a
cui presi parte, e così le raccontai di mio zio e di quello che aveva fatto per
me.”
Rey
non poté far altro che scoppiare a ridere e, guardandoci al gran completo,
esalò: “Siete davvero una famiglia dalle mille risorse.”
“Lascia
fare a Sheridan; potrebbe smontare un'intera città a suon di pugni” ironizzò
Rohnyn, guadagnandosi per diretta conseguenza un'occhiataccia da parte della
moglie.
“Non
ti spacco la faccia solo perché mi piace troppo” brontolò la diretta
interessata. “Sarà meglio che vada di sopra a vedere se Kevin sta ancora
dormendo. Tutte queste energie negative, possono averlo disturbato.”
Detto
ciò, si scusò con noi e salì le scale per raggiungere le stanze da letto al
piano superiore.
Stheta
ci raggiunse, diede una pacca sulla spalla a Rey e disse: “Non per sminuire
quello che hai fatto prima, ma credimi, non sei l'unico ad avere dei genitori
di tal risma.”
Rey
mi sorrise, annuì e dichiarò: “Litha me ne ha parlato un po'.”
Krilash,
a quel punto, esclamò: “Bene, signori! Ora che quelle creature spiacevoli se ne
sono andate, penso possiamo dedicare un pensiero sentito alla cara nonnina che
ha aiutato la nostra sorella a trovare la strada di casa.”
Sorrisi
a mio fratello e, spontanea, mi mossi per dargli un bacio sulla guancia.
Lui
arrossì, mi scostò con un risolino e, mentre Rachel lo raggiungeva orgogliosa,
dissi: “A nonnina, che mi ha aiutata quando ero persa, che mi ha confortata
quando ero confusa, che mi ha amata quando pensavo di non avere più nessuno.”
Rey
mi strinse la mano, la sollevò per baciarne il dorso e, in un sussurro, mormorò
roco: “A nonnina.”
Stheta
fu il primo a iniziare il canto.
Io
lo guardai con occhi lucidi, riconoscendo immediatamente quella canzone in
particolare e, poggiandomi a Rey, mormorai: “E' il canto dedicato ai combattenti
più valorosi.”
Krilash
intonò la seconda strofa, unendo la sua voce a quella del fratello.
Alla
terza strofa, si unì anche Rohnyn, che mi sorrise e levò una mano per
carezzarmi il viso.
Mi
accostai a quella mano calda, famigliare e, nell'intonare la quarta strofa, una
lacrima scivolò lenta, affondando tra le dita di mio fratello.
Il
canto proseguì sommesso, tenue, allargandosi nella stanza fino a riempirla per
intero.
Rey,
al mio fianco, mi avvolse la vita da dietro, poggiando la fronte contro la mia
spalla, e tremò.
Non
lo vidi piangere, ma le sue lacrime mi entrarono dentro, dilavando il mio
dolore e rendendolo più dolce, più sopportabile.
Nonnina
non c'era più, almeno con il corpo, ma il suo spirito avrebbe perdurato in
quelle mura, su quella terra, nei nostri ricordi.
***
Tutto
avvenne all'improvviso, senza che alcuno di noi si aspettasse nulla di simile.
Dal
cortile giunsero delle voci concitate, dei suoni strozzati e, di colpo, un
boato sordo.
Io
mi levai da letto immediatamente, nella mente il turbamento e la frenesia,
mentre Rey metteva mano alla abat-jour.
Lo
bloccai, mormorando tra i denti: “Aspetta! Non devono capire che abbiamo
sentito!”
Non
mi rispose, si limitò ad annuire nella semioscurità della stanza.
Al
piano superiore, i miei fratelli si stavano muovendo circospetti, mentre
Sheridan tentava di non far piangere Kevin, grazie anche all'aiuto di Rachel.
Scesi
dal letto senza fare rumore, e Rey mi imitò.
In
silenzio, ci muovemmo per raggiungere la finestra dalle imposte accostate e, sbirciato
che ebbi all'esterno, esalai sconvolta: “Cacciatori!”
“Che
cosa?!” ringhiò Rey, levandosi subito in piedi.
Cercai
di afferrarlo, ma fu più veloce di me.
Corse
fuori dalla stanza, e a me non restò altro che seguirlo.
Trovai
i miei fratelli sul fondo delle scale, già debitamente vestiti e con l'aria di
voler menare le mani.
Guardai
Rohnyn, turbata, e gli dissi: “Torna di sopra e stai con Sherry, Rachel e tuo
figlio. Se ti ferissi sarebbero guai, fratello. Sheridan ci scannerebbe tutti.
Ora sei un padre di famiglia!”
Lui
fece per replicare, piccato, ma Stheta venne in mio aiuto.
“Litha
ha ragione. Noi combatteremo al suo fianco, ma tu devi rimanere qui. Se
dovessero entrare in casa, saprai cosa fare, ma sarai più utile accanto a
Rachel e tua moglie. Sheridan potrebbe decidere di uscire con un fucile in
mano, se non stiamo attenti.”
Rohnyn
parve voler ribattere, ma anche Krilash intervenne pressante.
“Per
favore, Rohnyn. Sarei più tranquillo, se sapessi Rachel protetta da te.”
“Questo
è un colpo basso, fratello” brontolò Rohnyn, pur annuendo.
Rey,
di ritorno con un paio di fucili e una pistola, ci fissò sorpreso per alcuni
attimi, prima di passare le armi ai miei fratelli.
“Mi
spiace di dovervi ringraziare per la vostra cortesia con una potenziale
sparatoria, ma ...”
“L'hai
detto tu ieri sera. Siamo una famiglia” ironizzò Stheta, caricando il fucile a
pompa con un colpo secco della mano. “Meno male che sono andato al cinema.”
Rey
mi fissò stranito per un attimo, e io scrollai le spalle. “Niente armi da fuoco,
a Mag Mell.”
“Andiamo
bene. Beh, vedete di non spararvi addosso da soli. Non ho tempo di insegnarvi”
borbottò Rey, allungandomi un paio di coltelli affilatissimi. “Immaginavo li
avresti preferiti.”
“Mi
conosci fin troppo bene” assentii, saggiandoli in mano prima di infilarli nella
cinta dei pantaloni.
I
rumori di lotta si fecero più vicini, le persone coinvolte aumentarono e Rey,
aperta la porta, si affacciò per controllare.
Quel
che vide, però, lo fece irrigidire di colpo, e un lento pallore scolorò il suo
viso.
Turbata,
mi affrettai a raggiungerlo sulla porta d'ingresso e lì, dinanzi ai miei occhi
sgranati, vidi ciò che non avrei mai immaginato di vedere.
Una
decina di uomini, armati fino ai denti, stavano lottando strenuamente per
abbattere quattro licantropi apparentemente feriti.
Due
di loro, ancora in forma ferina, recavano i segni evidenti di colpi d'arma da
fuoco, e zoppicavano vistosamente.
Gli
altri due, dell'ipotetica età di circa vent'anni, erano coperti di sangue, ma
più in forze rispetto ai compagni in forma animale, e pronti a difendere gli
amici feriti.
Ma
non fu quello a sconvolgermi.
Fu
la vista di colui che, in apparenza, stava guidando il gruppo di cacciatori.
Perché
là, in testa a quella compagnia armata fino ai denti, vidi Conner Doherty,
ghignante di soddisfazione e pronto a calare il colpo finale sugli avversari.
Rey
imbracciò il fucile, pur tremando debolmente e, a gran voce, esclamò: “Fuori da
queste terre! Siete su un luogo sacro! Qui, non siete i benvenuti!”
Conner
si volse con lentezza quasi esasperante, ci fissò con un'ironia sempre
crescente e, scoppiando a ridere, esalò divertito: “Ora capisco perché non
volevi vendere questa baracca! E perché i nonni ci si erano intestarditi tanto!
Sei uno sporco Guardiano, fratellone?”
“Purtroppo
per te, sì!” gli gridò contro Rey, livido d'ira e di disgusto.
E,
subito dopo, fece fuoco.
____________________________________________________________
Direi che ora si capiscono un sacco di cose in più, su Conner... ve lo aspettavate? Come andrà a finire la diatriba tra i due fratelli?
|