Amy stava camminando per strada,
senza fare attenzione a dove andava. Dopotutto non ne aveva bisogno:
per arrivare a scuola non doveva attraversare spesso. Inoltre, era
troppo occupata a osservare affascinata la sua nuova camminata
elastica, piena di energia: un po' correva, un po' saltellava. E non
era minimamente stanca.
Arrivò a
scuola canticchiando, con l'iPod che trasmetteva i Blessthefall a tutto
volume. Sedette al suo posto e, di nuovo, fissò il cielo.
Improvvisamente sentì tutta la luce del sole come un
fastidio, le accecava gli occhi e le bruciava dentro. Si
spostò impercettibilmente verso l'ombra, sul lato destro
della sua classe, e si sentì subito meglio.
Stranamente non ricordava
che materie avrebbe avuto quel giorno, ma non le importava. Sicuramente
aveva qualche vecchio quaderno nella borsa: avrebbe preso appunti con
quello. Poggiò il mento sulla mano e si guardò
intorno: i suoi compagni stavano prendendo posto. Non era ancora l'ora
dell'inizio delle lezioni, quindi tutti facevano le cose con calma,
ridendo e scherzando. Qualcuno, come lei, ascoltava musica; qualcun
altro era attaccato al cellulare, sicuramente a parlare con la propria
ragazza; qualcun altro copiava i compiti, a testa china sul libro.
Amy, semplicemente,
guardava. Come sempre in silenzio, muovendo appena la testa a ritmo di Times like these,
vedeva la gente che andava e veniva e non gliene importava nulla.
Guardava con gli occhi, ma con la mente era da un'altra parte. Si era
persa nel suo mondo. Un mondo dove le cose stupide e inutili non
esistevano: c'erano solo lei e la sua adorata musica.
E quel mondo rimase con
lei per tutta la giornata, pulsandole nel cervello per impedirle di
pensare.
***
Quel pomeriggio, Amy
ricevette una telefonata.
Non se l'aspettava di
certo: lei non aveva amici che potessero chiamarla. Era a casa da sola,
ma non stava facendo i compiti come suo solito; guardava una fiction
alla televisione senza il minimo interesse. Il telefono
squillò. Di malavoglia, Amy si alzò dal divano e
strisciando i piedi a terra andò al tavolo, dove il cordless
giaceva abbandonato su un libro. Lo sollevò e premette il
tasto verde. - Pronto?
- Amy? - la
voce era lontana e sconnessa. Ricordava qualcosa di familiare, ma la
ragazza non riuscì a capire cosa.
- Pronto? -
ripeté Amy, cercando di capire a chi appartenesse quella
voce bassa e grave.
- Amy? Sono
Matt! - disse la voce.
No.
Amy non poteva crederci.
Non poteva essere quel
Matt.
- Matt chi? -
chiese, per esserne sicura.
- Andiamo, Amy,
so che sei tu. - la voce non ammetteva repliche, perciò Amy
si arrese.
-
Sì. Sono io.
- Sono tornato.
- Davvero?
- Sì.
- E...?
- E... vorrei
vederti, per lo meno per sapere come sei diventata in sette lunghi
anni. - La voce roca e profonda di Matt, con quel tono scherzoso, la
fece ridere.
- D'accordo.
Quando?
- Domani. Al
vecchio parco giochi. C'è ancora, vero?
- Certo... a
domani. Alle tre?
- Alle tre.
Ciao.
Amy troncò la
telefonata, quasi sbattendo il telefono sul tavolo. "Ups",
pensò. "Forse ci ho messo troppa energia".
Non sapeva bene come
sentirsi dopo aver parlato con Matt. Era passato tanto, troppo tempo
dall'ultima volta che si erano visti. Chissà quant'era
cambiato e soprattutto, dopo aver scoperto la vita sociale di Amy,
quanto avrebbe voluto frequentarla.
Persa in questi pensieri,
Amy spense la televisione per accendere lo stereo: Animal I've become,
Three Days Grace.
Alzò il volume
e si diresse in cucina, affamata.
"Perché vuole
vedermi? Sono passati sette anni. Non abbiamo più nulla in
comune. Niente da spartire", pensò Amy, prendendo la scatola
di cereali. Quando era sovrappensiero e doveva riflettere, mangiava i
cereali. Così, senza latte né altro, pescandoli
direttamente dalla confezione.
Per cui prese la sua
scatola di cornflakes e tornò in salotto, a sdraiarsi sul
solito, vecchio divano. Nonostante tutta l'energia che sentiva,
preferiva stare sul divano a riposarsi piuttosto che utilizzarla subito.
Infilò una
mano nella scatola dei cereali per prenderne qualcuno. Appena li mise
in bocca, però, dovette sputarli: avevano un sapore orrendo.
Forse erano scaduti. Amy
controllò sulla confezione, dove c'era la data di scadenza:
ma no, mancavano ancora dieci mesi.
Per sicurezza, comunque,
li buttò nel cestino, non senza qualche smorfia schifata,
prima di tornare al frigo e scegliere qualcos'altro per merenda.
Aprì lo
sportello e rimase lì, a farsi osservare dalle uova sul
secondo ripiano. Dato che amava fare le cose a caso, decise che avrebbe
chiuso gli occhi e scelto così. Si lasciò guidare
da un odore particolare, più buono degli altri.
Ed ecco una bistecca
fresca. Amy la osservò, indecisa sul da farsi. Non poteva
mica mangiarsi una bistecca intera per merenda.
Ma, dopotutto, aveva fame.
Aprì la
confezione, prese coltello e forchetta e cominciò a mangiare.
***
Amy, finita la merenda,
si alzò per posare il piatto in lavastoviglie. Senza
pensarci, andò al lavandino e rovesciò il piatto
in senso verticale, per leccare le ultime gocce di sangue. A
metà del lavoro si fermò.
Che stava facendo?
...aveva mangiato una bistecca... senza
cuocerla?
Eppure era
così buona...
Amy sciacquò
in fretta il piatto e corse su per le scale, un po' stranita. Sapeva
cosa doveva fare: stava tornando a guardarsi allo specchio, a quel
vecchio specchio d'argento, mentre la canzone dei Three Days Grace
suonava ancora.
E
questa volta, lo specchio avrebbe mostrato la verità.
Somebody get me through
this nightmare
I
can't control myself...
***
Commenti
E anche stavolta mi scuso per il capitolo corto e ringrazio coloro che
mi stanno seguendo...
@ JaneDoe: grazie cara => spero che questo capitolo ti sia
piaciuto!
@ Carlos Olivera: grazie per aver letto... pensavo che non ti
interessasse più ^^' ad ogni modo... scoprirai presto
cos'è in realtà Amy, vedrai =)
@ kikietta182: anche tu tra poco lo scoprirai cos'è Amy,
anzi, lo scoprirete tutti xD grazie per aver letto nel frattempo!
@ ladystorm94: wow quanti complimenti...così arrossisco xD
grazie mille!
Spero che questo capitolo, seppur breve, vi sia piaciuto... a presto!
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