Si
odono solo le domande alle quali si è in condizione di
trovare una risposta.
Nietzsche.
«Cassie!
Per l’amor del cielo! Vieni a darmi una mano a sistemare
questo casino prima che arrivi mia madre!» sbuffai
innervosita, mentre recuperavo da terra il computer, stranamente
incolume dopo l’atterraggio del mostro su quella che, una
volta, era stata la mia scrivania.
Cassandra
posò lo sguardo per qualche secondo su
quell’ammasso di legno dalla stabilità incerta che
sembrava ancora tenersi in piedi per miracolo, prima di riportarlo su
di me. «Tu pensi davvero che lei non si accorgerà
di niente?» mi domandò con un’occhiata
scettica.
Provai
a replicare, per convincerla a darmi una mano, ma non trovai risposta
davanti alla sua semplice constatazione; infatti, presa
dall’agitazione e dalla fretta, non mi ero soffermata molto
ad osservare il disastro che avevo davanti a me. Ero convinta che in un
modo o nell’altro sarei riuscita a minimizzare il danno e che
mamma non se ne sarebbe accorta, ma a ben guardarlo, anche solo
l’idea di tentare di sistemarlo era impossibile…
L’unica soluzione era far sparire la scrivania, ma mia madre
non era stupida, se ne sarebbe di certo accorta. A questo punto potevo
lasciarla lì e sperare che non facesse caso al suo aspetto leggermente decadente…
Entrambe
vennero scartate all’istante.
«Sono
morta.» affermai sconsolata lasciandomi cadere per terra.
«Tranquilla…»
cercò di consolarmi Cassie, inginocchiata davanti a me con
una mano poggiata sulla mia spalla. «…
Porterò dei fiori sulla tua tomba!» concluse
cercando invano di trattenere un ghigno divertito.
Per
un attimo la guardai allucinata: la mia migliore amica, quella che fino
a qualche ora prima aveva affrontato un mostro per aiutarmi, mi stava
abbandonando davanti al pericolo più grande che potesse
incombere sulla mia giovane vita… Mia madre.
Sara
era una persona amabile, gentile ed altruista con chiunque, aveva una
pazienza encomiabile, ma…
Perché alla fine n’esisteva sempre uno, la mia
cara mammina sapeva diventare una vera furia, specie, quando combinavo
qualche casino in casa, soprattutto se comprendeva la distruzione di
qualsiasi oggetto…
Cassie
aveva ben presente questo lato nascosto del suo carattere, infatti
aveva avuto modo di essere spettatrice di una sua sfuriata quando per
sbaglio avevo rotto un vaso…
E
adesso voleva mollarmi in asso proprio quando era stata lei, la teppista, che aveva
demolito la mia
scrivania. In quel momento non importava quale fosse il motivo per cui
l’avesse ridotta in quel modo. Era lei la colpevole e non mi
avrebbe lasciata sola davanti ad una Sara Fiore indemoniata.
Un
sorriso sadico mi incurvò le labbra, mentre davo voce ad una
semplice constatazione. «Non penso proprio che potrai farlo,
Cassie… Sarai troppo morta
per riuscirci…» dissi calcando bene sulla parola
“morta”.
All’inizio
sembrò non capire, data la sua espressione perplessa, ma
dopo qualche secondo di riflessione vidi le sue pupille dilatarsi
all’invero simile e ritirare veloce la mano dalla mia spalla
come se quel contatto l’avesse scottata. «Eh
già, Cassie. Eravamo soltanto in due in camera…
Chissà chi è che l’ha
distrutta?» domandai retorica senza staccare gli occhi dai
suoi.
«Cazzo!»
esclamò guardando dalla prospettiva di mia madre lo
spettacolo disastroso alle mie spalle. Chi altri avrebbe potuto
combinare quel casino? Non di certo una strana creatura dalle sembianze
umanoidi, che era entrata in camera e ci aveva attaccate. Solo a
sentire una frase di quel genere mamma ci avrebbe urlato addosso,
dicendo che non solo eravamo state tanto irresponsabili da distruggere
la scrivania, ma che eravamo anche troppo immature per ammetterlo.
Nonostante
tutto non riuscivo a smettere di gongolare davanti allo sguardo
disperato di Cassie, ora non mi avrebbe più potuta
abbandonare. Proprio mentre stavo per infierire, sentimmo un rumore di
passi avvicinarsi alla camera…
Tutto
ciò che stavo pensando fino ad un attimo prima perse
importanza davanti alla paura opprimente che mi stava assalendo al
pensiero della reazione che mia madre avrebbe avuto da lì a
pochi secondi.
Con
un colpo di reni mi tirai subito in piedi e mi catapultai di scatto
verso la scrivania distrutta, seguita a ruota da Cassie, che con un
movimento repentino, coprì tutto il caos con il piumone che
fino a poco prima giaceva sulla brandina. Io, invece, raggruppati tutti
i pezzi dispersi, li gettai sotto quella specie di telone improvvisato.
I
passi si arrestarono e la maniglia si abbassò, attirando
totalmente la mia attenzione e colsi solamente di sfuggita un movimento
al mio fianco; per questo rimasi interdetta ed impreparata quando un
cuscino mi colpì in piena faccia.
«Vittoria!»
urlò Cassie a qualche passo da me saltellando sul posto ed
agitando le mani in aria.
«Possibile
che alla vostra età vi divertiate ancora a giocare alla
guerra coi cuscini?» domandò mia madre mentre mi
guardava con una mano davanti alla bocca per soffocare la risata che
stava nascendo.
«Non
si è mai troppo grandi, Sara!» affermò
con un sorriso Cassie. «Vuoi unirti a noi per la rivincita di
tua figlia?» le chiese mentre sventolava in aria la sua nuova
arma.
Mamma
scosse la testa in segno di diniego ridacchiando. «Per
carità! Penso di non esserne più
capace.» rispose gioviale. «Volevo solo salutarvi
prima di uscire ed avvertirti che tua madre ti ha cercata, Cassandra.
Ha detto di richiamarla appena possibile.» spiegò
guardando preoccupata la mia amica. Conoscevamo entrambe qual era la
sua situazione famigliare e dopo che lei aveva frequentato la nostra
casa per anni, anche mia madre le si era affezionata.
Cassandra
non si scompose e con un cenno del capo chiuse la conversazione.
«Buona
giornata ragazze!» ci salutò uscendo dalla stanza.
Aspettammo
di sentire la porta d’ingresso chiudersi e poi ci scambiammo
un’occhiata d’intesa.
«Ed
ora facciamo il punto della situazione.»
«Quindi non
era la prima volta che vedevi quella creatura. Ti era già
successo, ma pensavi fosse un sogno, corretto?» mi
domandò Cassie, scarabocchiando qualche appunto su un foglio.
«In
linea di massima sì, anche se io lo definirei più
un incubo…» bofonchiai accucciandomi
dall’altro lato del divano con una tazza fumante di the fra
le mani.
«Ti
aveva mai rivolto la parola?»
Feci
un cenno affermativo col capo e presi un sorso dalla tazza, mentre mi
perdevo nel ricordo della sua prima visita. Subito mi tornarono alla
mente quelle cavità oscure, i lunghi artigli ed il sorriso
affilato. Un moto di disgusto e terrore mi percorse la schiena.
Sbattei
più volte le palpebre per allontanare
quell’abominevole visione dalla mia mente.
«Continuava a chiamarmi Denise, ripeteva che finalmente mi
aveva trovata e che la sua padrona mi stava aspettando. Cose senza
senso.»
«Lo
stesso nome dei sogni?» domandò continuando a
scribacchiare sul foglio.
«Sì!»
Prese
un pennarello rosso e sul foglio segnò al centro alla pagina
“DENISE” e lo cerchiò con foga.
«A quanto pare tutto sembra ruotare intorno a questo nome,
anche se non riesco a capire il collegamento con te.»
riassunse spostando la sua attenzione su di me.
«Denise… Conosci qualcuno con questo
nome?»
Abbattuta,
scossi la testa in segno di diniego.
«Cos’è
una kore?» domandai appoggiando stanca la testa contro lo
schienale del divano e stringendo le gambe al petto. Presi un sorso di
the e studiai la ragazza davanti a me. I lunghi boccoli neri erano
puntati sulla nuca con una matita in uno chignon piuttosto disordinato,
mentre gli occhiali si appoggiavano traballanti sulla punta del naso,
ma lei sembrava non curarsene minimamente, della quale lei sembrava non
preoccuparsi minimamente. «Quella creatura l’ha
urlato subito dopo averti guardata negli occhi.» continuai
dubbiosa fissandola negli occhi.
Lei,
sempre col pennarello rosso, scrisse KORE sul foglio aggiungendoci a
fianco alcuni punti interrogativi.
«Bella
domanda.»
Un
suono interruppe l’improvviso silenzio che si era creato nel
salone, con un gesto fluido Cassie prese lo smartphone dalla tasca dei
jeans e lesse velocemente il messaggio per poi sbuffare e bloccare la
tastiera.
«Inizia
già a stancarmi.» sbuffò scocciata.
Davanti
a quella frase non riuscì a trattenermi dallo scuotere
sconsolata la testa. «Ma no? Davvero?» le domandai
sarcastica. Lei, come da copione, mi rivolse un’occhiataccia
piuttosto accigliata.
Questa
conversazione ormai stava iniziando ad essere ripetitiva, non era la
prima volta che affrontavamo una discussione riguardo alla sua vita
sentimentale e mai una volta ci eravamo trovate dello stesso parere.
Da
quando era stata messa in mezzo alla situazione fra Veronica ed il suo
ragazzo, aveva avuto parecchie difficoltà a mantenere
qualsiasi tipo di legame sia di amicizia sia amoroso. Tutti sembravano
tenersi a debita distanza da lei, cercando di rispettare una regola non
scritta del regolamento studentesco: mai avvicinarsi ad uno studente
screditato dalla figlia del Vicepreside.
Naturalmente
nessun insegnante era a conoscenza di questa storia e la maggioranza
degli studenti se ne fregava altamente di ciò che una
ragazzina viziata faceva o no, ma c’era da ricordare che
Cassie all’epoca era stata comunque parte del gruppetto delle
stronze della scuola, quindi erano in molti a volergliela far pagare.
Per cui l’idea di isolarla alla fine era stata rispettata da
molti, anche se ognuno per motivazioni diverse.
Io
ero stata una delle poche a ignorare la cosa ed avevo provato a farci
amicizia. A distanza di anni non mi ricordavo nemmeno per quale motivo
mi avvicinai a parlarle in mensa, forse perché mi dispiaceva
che venisse estromessa dalla vita scolastica o forse solo
perché le ragazze del mio ex gruppo, dopo avermi vista
parlare con lei, avevano una faccia scioccata davvero
impagabile…
Più
probabile che tutto fosse iniziato come una vendetta, ma alla fine mi
ero imbattuta in un’amica formidabile, che ancora adesso
riusciva a sopportarmi soprattutto quando non mi facevo problemi a
dirle cosa pensavo davvero di questi suoi spasimanti.
Quindi
eccomi qui a fare la parte dell’arpia… Erano mesi
che andava avanti con relazioni che non si potevano nemmeno definire
tali: chi riuscirebbe a chiamare “relazioni” lo
scambiarsi messaggi per qualche mese, fare all’incirca sei
uscite insieme, non concludere un bel niente e ritrovarsi mollati con
un semplice messaggio? Io no.
Non
mi piaceva la piega che stava prendendo la sua vita sentimentale, le
avevo chiesto un miliardo di volte cosa stesse cercando, anzi chi!
Perché Cassie nonostante questo suo atteggiamento era una
donna romantica e non aveva mai avuto alcun dubbio riguardo
ciò che volesse, per questo tutto ciò era
incomprensibile per me.
«Chi
ti aspetti di trovare?» le domandai studiandola attentamente
in volto.
Con
un gesto brusco la vidi togliersi gli occhiali e lanciarli sulla
poltrona al suo fianco. «Non ne ho la più pallida
idea, ma ogni volta che inizio ad uscire con un ragazzo che fino ad una
settimana prima era perfetto, ecco che scopro che gli manca
qualcosa.» mi rispose iniziando a gesticolare.
«Alle volte non lo trovo abbastanza intelligente, altre volte
è troppo serio e via così… Sembra che
non riesca mai ad accontentarmi di niente e nessuno! Non ci capisco
più nulla! Non mi riconosco più! È
frustrante scoprire di non saper cosa voglio. Non mi è mai
successo!» sbottò esasperata mordendosi le labbra
e portandosi le braccia al petto. «Per di più non
è nemmeno vero che non so cosa voglio, dato che sono
riuscita a trovare pecche in ogni ragazzo. Ognuno di quelli con cui
sono uscita sembrava quello giusto…»
Persi
qualche secondo ad osservare attentamente la ragazza davanti a me.
«Sei sicura di non essere troppo critica in fatto di ragazzi?
Nessuno è perfetto…»
«Questo
non è il momento di parlare di cavolate di questo genere. Ci
sono cose ben più importanti a cui dobbiamo pensare come ad
esempio “Denise” e “kore”. Per
quanto riguarda la seconda possiamo provare a fare un salto in
biblioteca, ma per il nome non penso che ci sarebbe di nessun
aiuto…» borbottò Cassie pensierosa.
Ancora
una volta mi aveva lasciata perplessa, era riuscita a sviare la
discussione senza fare una piega, dallo sguardo concentrato e da come
stava ragionando ad alta voce non voleva più continuare la
precedente conversazione.
«Potremmo
cercare su Internet che ne dici?» le proposi ed il suo
sguardo si illuminò all’istante. Senza attendere
una sua risposta tornai al piano superiore a recuperare il mio
portatile e lo portai con me in salone, dove Cassie mi aspettava.
Una
volta ripreso il mio posto sul divano digitai sulla tastiera kore e
scandagliammo i vari risultati. Alla fine ci ritrovammo con varie
interpretazioni, una più improbabile dell’altra, a
quanto pareva questo termine era utilizzato in diversi ambiti: il nome
di un’università, una statuetta votiva, un altro
nome per identificare la dea Persefone ed il nome di una band.
Escludemmo a priori che l’università e la band
interessassero il nostro scopo, non ci rimaneva che la statuetta e
Persefone, ma nemmeno dopo aver letto le descrizioni, fummo in grado di
venire a capo di qualcosa.
Era
tutto inutile, l’unica cosa che potemmo fare fu escludere
anche la statua dall’elenco delle nostre ipotesi, dato che il
mostro si era riferito a Cassie con quel termine, era improbabile che
potesse avere quel significato.
A
quanto sembrava kore
era un altro nome per identificare Persefone, moglie di Ade e,
successivamente, dea minore degli Inferi e regina
dell’aldilà, inoltre il termine vero e proprio
aveva il significato di fanciulla, ma non riuscivamo a comprendere il
collegamento fra Cassie ed esso.
«Beh…
Questo spiegherebbe perché non riesco a trovare
l’uomo perfetto. Sono già sposata!»
esclamò lei ammiccando ad un’immagine di Ade sul
pc.
Scoppiai
a ridere davanti a quell’idiozia, già me la vedevo
Cassie in piedi di fianco ad un uomo sulla quarantina barbuto con occhi
spenti come quelli dell’immagine.
Proprio
quando stavo incominciando a riprendermi dalla crisi di risate, un
flash mi attraversò la mente: la mia amica in piedi davanti
a me indossava un bel vestito rosso ed al suo fianco, al posto
dell’Ade barbuto di prima, vidi un giovane uomo dai capelli
scuri ed un ghigno sadico sulle labbra che le cingeva con una stretta
decisa la vita.
Davanti
a quella visione mi paralizzai all’istante e per una frazione
di secondo mi parve di sentire un soffio alla base del collo, come un
respiro.
Maledizione…
pensai trattenendo il respiro e sbarrando gli occhi.
Buongiorno
a tutti :)
Eccomi
di nuovo qui in assoluto ritardo come al solito…
Per
farmi perdonare ho provato a creare una copertina per questa storia.
Fatemi sapere cosa ne pensate! Preferisco precisare che i disegni non
sono miei. >_<
Per
quanto riguarda la storia, invece…
Diana
e Cassie hanno iniziato a riflettere un po’ su ciò
che è appena accaduto e stanno cercando di trovare delle
risposte da sole, ma purtroppo, come loro stesse scoprono, non
è così semplice mettere i pezzi insieme.
Finalmente
è stato trovato il significato di kore, ma
sarà proprio quello che hanno trovato loro? Cassie
è davvero la moglie di Ade? E chi è il ragazzo
misterioso che ha fatto spaventare Diana?
Kiss,
Nerys