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Autore: Nerys    23/01/2016    2 recensioni
Quante volte ad ognuno di noi è successo di sognare in modo talmente vivido da sembrare reale? Almeno una volta nella vita, giusto? Beh, se è questo il vostro caso dovreste ritenervi fortunati, perché io ormai sono settimane che sogno senza sognare. Avete capito bene, non è un errore di battitura… I miei sogni non sono invenzioni del mio subconscio, sono avvenimenti successi realmente in un altro tempo…
Genere: Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Domande…


Si odono solo le domande alle quali si è in condizione di trovare una risposta.
Nietzsche.

«Cassie! Per l’amor del cielo! Vieni a darmi una mano a sistemare questo casino prima che arrivi mia madre!» sbuffai innervosita, mentre recuperavo da terra il computer, stranamente incolume dopo l’atterraggio del mostro su quella che, una volta, era stata la mia scrivania.

Cassandra posò lo sguardo per qualche secondo su quell’ammasso di legno dalla stabilità incerta che sembrava ancora tenersi in piedi per miracolo, prima di riportarlo su di me. «Tu pensi davvero che lei non si accorgerà di niente?» mi domandò con un’occhiata scettica.

Provai a replicare, per convincerla a darmi una mano, ma non trovai risposta davanti alla sua semplice constatazione; infatti, presa dall’agitazione e dalla fretta, non mi ero soffermata molto ad osservare il disastro che avevo davanti a me. Ero convinta che in un modo o nell’altro sarei riuscita a minimizzare il danno e che mamma non se ne sarebbe accorta, ma a ben guardarlo, anche solo l’idea di tentare di sistemarlo era impossibile… L’unica soluzione era far sparire la scrivania, ma mia madre non era stupida, se ne sarebbe di certo accorta. A questo punto potevo lasciarla lì e sperare che non facesse caso al suo aspetto leggermente decadente

Entrambe vennero scartate all’istante.

«Sono morta.» affermai sconsolata lasciandomi cadere per terra.

«Tranquilla…» cercò di consolarmi Cassie, inginocchiata davanti a me con una mano poggiata sulla mia spalla. «… Porterò dei fiori sulla tua tomba!» concluse cercando invano di trattenere un ghigno divertito.

Per un attimo la guardai allucinata: la mia migliore amica, quella che fino a qualche ora prima aveva affrontato un mostro per aiutarmi, mi stava abbandonando davanti al pericolo più grande che potesse incombere sulla mia giovane vita… Mia madre.

Sara era una persona amabile, gentile ed altruista con chiunque, aveva una pazienza encomiabile, ma… Perché alla fine n’esisteva sempre uno, la mia cara mammina sapeva diventare una vera furia, specie, quando combinavo qualche casino in casa, soprattutto se comprendeva la distruzione di qualsiasi oggetto…

Cassie aveva ben presente questo lato nascosto del suo carattere, infatti aveva avuto modo di essere spettatrice di una sua sfuriata quando per sbaglio avevo rotto un vaso…

E adesso voleva mollarmi in asso proprio quando era stata lei, la teppista, che aveva demolito la mia scrivania. In quel momento non importava quale fosse il motivo per cui l’avesse ridotta in quel modo. Era lei la colpevole e non mi avrebbe lasciata sola davanti ad una Sara Fiore indemoniata.

Un sorriso sadico mi incurvò le labbra, mentre davo voce ad una semplice constatazione. «Non penso proprio che potrai farlo, Cassie… Sarai troppo morta per riuscirci…» dissi calcando bene sulla parola “morta”.

All’inizio sembrò non capire, data la sua espressione perplessa, ma dopo qualche secondo di riflessione vidi le sue pupille dilatarsi all’invero simile e ritirare veloce la mano dalla mia spalla come se quel contatto l’avesse scottata. «Eh già, Cassie. Eravamo soltanto in due in camera… Chissà chi è che l’ha distrutta?» domandai retorica senza staccare gli occhi dai suoi.

«Cazzo!» esclamò guardando dalla prospettiva di mia madre lo spettacolo disastroso alle mie spalle. Chi altri avrebbe potuto combinare quel casino? Non di certo una strana creatura dalle sembianze umanoidi, che era entrata in camera e ci aveva attaccate. Solo a sentire una frase di quel genere mamma ci avrebbe urlato addosso, dicendo che non solo eravamo state tanto irresponsabili da distruggere la scrivania, ma che eravamo anche troppo immature per ammetterlo.

Nonostante tutto non riuscivo a smettere di gongolare davanti allo sguardo disperato di Cassie, ora non mi avrebbe più potuta abbandonare. Proprio mentre stavo per infierire, sentimmo un rumore di passi avvicinarsi alla camera…

Tutto ciò che stavo pensando fino ad un attimo prima perse importanza davanti alla paura opprimente che mi stava assalendo al pensiero della reazione che mia madre avrebbe avuto da lì a pochi secondi.

Con un colpo di reni mi tirai subito in piedi e mi catapultai di scatto verso la scrivania distrutta, seguita a ruota da Cassie, che con un movimento repentino, coprì tutto il caos con il piumone che fino a poco prima giaceva sulla brandina. Io, invece, raggruppati tutti i pezzi dispersi, li gettai sotto quella specie di telone improvvisato.

I passi si arrestarono e la maniglia si abbassò, attirando totalmente la mia attenzione e colsi solamente di sfuggita un movimento al mio fianco; per questo rimasi interdetta ed impreparata quando un cuscino mi colpì in piena faccia.

«Vittoria!» urlò Cassie a qualche passo da me saltellando sul posto ed agitando le mani in aria.

«Possibile che alla vostra età vi divertiate ancora a giocare alla guerra coi cuscini?» domandò mia madre mentre mi guardava con una mano davanti alla bocca per soffocare la risata che stava nascendo.

«Non si è mai troppo grandi, Sara!» affermò con un sorriso Cassie. «Vuoi unirti a noi per la rivincita di tua figlia?» le chiese mentre sventolava in aria la sua nuova arma.

Mamma scosse la testa in segno di diniego ridacchiando. «Per carità! Penso di non esserne più capace.» rispose gioviale. «Volevo solo salutarvi prima di uscire ed avvertirti che tua madre ti ha cercata, Cassandra. Ha detto di richiamarla appena possibile.» spiegò guardando preoccupata la mia amica. Conoscevamo entrambe qual era la sua situazione famigliare e dopo che lei aveva frequentato la nostra casa per anni, anche mia madre le si era affezionata.

Cassandra non si scompose e con un cenno del capo chiuse la conversazione.

«Buona giornata ragazze!» ci salutò uscendo dalla stanza.

Aspettammo di sentire la porta d’ingresso chiudersi e poi ci scambiammo un’occhiata d’intesa.

«Ed ora facciamo il punto della situazione.»


«Quindi non era la prima volta che vedevi quella creatura. Ti era già successo, ma pensavi fosse un sogno, corretto?» mi domandò Cassie, scarabocchiando qualche appunto su un foglio.

«In linea di massima sì, anche se io lo definirei più un incubo…» bofonchiai accucciandomi dall’altro lato del divano con una tazza fumante di the fra le mani.

«Ti aveva mai rivolto la parola?»

Feci un cenno affermativo col capo e presi un sorso dalla tazza, mentre mi perdevo nel ricordo della sua prima visita. Subito mi tornarono alla mente quelle cavità oscure, i lunghi artigli ed il sorriso affilato. Un moto di disgusto e terrore mi percorse la schiena.

Sbattei più volte le palpebre per allontanare quell’abominevole visione dalla mia mente. «Continuava a chiamarmi Denise, ripeteva che finalmente mi aveva trovata e che la sua padrona mi stava aspettando. Cose senza senso.»

«Lo stesso nome dei sogni?» domandò continuando a scribacchiare sul foglio.

«Sì!»

Prese un pennarello rosso e sul foglio segnò al centro alla pagina “DENISE” e lo cerchiò con foga. «A quanto pare tutto sembra ruotare intorno a questo nome, anche se non riesco a capire il collegamento con te.» riassunse spostando la sua attenzione su di me. «Denise… Conosci qualcuno con questo nome?»

Abbattuta, scossi la testa in segno di diniego.

«Cos’è una kore?» domandai appoggiando stanca la testa contro lo schienale del divano e stringendo le gambe al petto. Presi un sorso di the e studiai la ragazza davanti a me. I lunghi boccoli neri erano puntati sulla nuca con una matita in uno chignon piuttosto disordinato, mentre gli occhiali si appoggiavano traballanti sulla punta del naso, ma lei sembrava non curarsene minimamente, della quale lei sembrava non preoccuparsi minimamente. «Quella creatura l’ha urlato subito dopo averti guardata negli occhi.» continuai dubbiosa fissandola negli occhi.

Lei, sempre col pennarello rosso, scrisse KORE sul foglio aggiungendoci a fianco alcuni punti interrogativi.

«Bella domanda.»

Un suono interruppe l’improvviso silenzio che si era creato nel salone, con un gesto fluido Cassie prese lo smartphone dalla tasca dei jeans e lesse velocemente il messaggio per poi sbuffare e bloccare la tastiera.

«Inizia già a stancarmi.» sbuffò scocciata.

 Davanti a quella frase non riuscì a trattenermi dallo scuotere sconsolata la testa. «Ma no? Davvero?» le domandai sarcastica. Lei, come da copione, mi rivolse un’occhiataccia piuttosto accigliata.

Questa conversazione ormai stava iniziando ad essere ripetitiva, non era la prima volta che affrontavamo una discussione riguardo alla sua vita sentimentale e mai una volta ci eravamo trovate dello stesso parere.

Da quando era stata messa in mezzo alla situazione fra Veronica ed il suo ragazzo, aveva avuto parecchie difficoltà a mantenere qualsiasi tipo di legame sia di amicizia sia amoroso. Tutti sembravano tenersi a debita distanza da lei, cercando di rispettare una regola non scritta del regolamento studentesco: mai avvicinarsi ad uno studente screditato dalla figlia del Vicepreside.

Naturalmente nessun insegnante era a conoscenza di questa storia e la maggioranza degli studenti se ne fregava altamente di ciò che una ragazzina viziata faceva o no, ma c’era da ricordare che Cassie all’epoca era stata comunque parte del gruppetto delle stronze della scuola, quindi erano in molti a volergliela far pagare. Per cui l’idea di isolarla alla fine era stata rispettata da molti, anche se ognuno per motivazioni diverse.

Io ero stata una delle poche a ignorare la cosa ed avevo provato a farci amicizia. A distanza di anni non mi ricordavo nemmeno per quale motivo mi avvicinai a parlarle in mensa, forse perché mi dispiaceva che venisse estromessa dalla vita scolastica o forse solo perché le ragazze del mio ex gruppo, dopo avermi vista parlare con lei, avevano una faccia scioccata davvero impagabile…

Più probabile che tutto fosse iniziato come una vendetta, ma alla fine mi ero imbattuta in un’amica formidabile, che ancora adesso riusciva a sopportarmi soprattutto quando non mi facevo problemi a dirle cosa pensavo davvero di questi suoi spasimanti.

Quindi eccomi qui a fare la parte dell’arpia… Erano mesi che andava avanti con relazioni che non si potevano nemmeno definire tali: chi riuscirebbe a chiamare “relazioni” lo scambiarsi messaggi per qualche mese, fare all’incirca sei uscite insieme, non concludere un bel niente e ritrovarsi mollati con un semplice messaggio? Io no.

Non mi piaceva la piega che stava prendendo la sua vita sentimentale, le avevo chiesto un miliardo di volte cosa stesse cercando, anzi chi! Perché Cassie nonostante questo suo atteggiamento era una donna romantica e non aveva mai avuto alcun dubbio riguardo ciò che volesse, per questo tutto ciò era incomprensibile per me.

«Chi ti aspetti di trovare?» le domandai studiandola attentamente in volto.

Con un gesto brusco la vidi togliersi gli occhiali e lanciarli sulla poltrona al suo fianco. «Non ne ho la più pallida idea, ma ogni volta che inizio ad uscire con un ragazzo che fino ad una settimana prima era perfetto, ecco che scopro che gli manca qualcosa.» mi rispose iniziando a gesticolare. «Alle volte non lo trovo abbastanza intelligente, altre volte è troppo serio e via così… Sembra che non riesca mai ad accontentarmi di niente e nessuno! Non ci capisco più nulla! Non mi riconosco più! È frustrante scoprire di non saper cosa voglio. Non mi è mai successo!» sbottò esasperata mordendosi le labbra e portandosi le braccia al petto. «Per di più non è nemmeno vero che non so cosa voglio, dato che sono riuscita a trovare pecche in ogni ragazzo. Ognuno di quelli con cui sono uscita sembrava quello giusto…»

Persi qualche secondo ad osservare attentamente la ragazza davanti a me. «Sei sicura di non essere troppo critica in fatto di ragazzi? Nessuno è perfetto…»

«Questo non è il momento di parlare di cavolate di questo genere. Ci sono cose ben più importanti a cui dobbiamo pensare come ad esempio “Denise” e “kore”. Per quanto riguarda la seconda possiamo provare a fare un salto in biblioteca, ma per il nome non penso che ci sarebbe di nessun aiuto…» borbottò Cassie pensierosa.

Ancora una volta mi aveva lasciata perplessa, era riuscita a sviare la discussione senza fare una piega, dallo sguardo concentrato e da come stava ragionando ad alta voce non voleva più continuare la precedente conversazione.

«Potremmo cercare su Internet che ne dici?» le proposi ed il suo sguardo si illuminò all’istante. Senza attendere una sua risposta tornai al piano superiore a recuperare il mio portatile e lo portai con me in salone, dove Cassie mi aspettava.

Una volta ripreso il mio posto sul divano digitai sulla tastiera kore e scandagliammo i vari risultati. Alla fine ci ritrovammo con varie interpretazioni, una più improbabile dell’altra, a quanto pareva questo termine era utilizzato in diversi ambiti: il nome di un’università, una statuetta votiva, un altro nome per identificare la dea Persefone ed il nome di una band. Escludemmo a priori che l’università e la band interessassero il nostro scopo, non ci rimaneva che la statuetta e Persefone, ma nemmeno dopo aver letto le descrizioni, fummo in grado di venire a capo di qualcosa.

Era tutto inutile, l’unica cosa che potemmo fare fu escludere anche la statua dall’elenco delle nostre ipotesi, dato che il mostro si era riferito a Cassie con quel termine, era improbabile che potesse avere quel significato.

A quanto sembrava kore era un altro nome per identificare Persefone, moglie di Ade e, successivamente, dea minore degli Inferi e regina dell’aldilà, inoltre il termine vero e proprio aveva il significato di fanciulla, ma non riuscivamo a comprendere il collegamento fra Cassie ed esso.

«Beh… Questo spiegherebbe perché non riesco a trovare l’uomo perfetto. Sono già sposata!» esclamò lei ammiccando ad un’immagine di Ade sul pc.

Scoppiai a ridere davanti a quell’idiozia, già me la vedevo Cassie in piedi di fianco ad un uomo sulla quarantina barbuto con occhi spenti come quelli dell’immagine.

Proprio quando stavo incominciando a riprendermi dalla crisi di risate, un flash mi attraversò la mente: la mia amica in piedi davanti a me indossava un bel vestito rosso ed al suo fianco, al posto dell’Ade barbuto di prima, vidi un giovane uomo dai capelli scuri ed un ghigno sadico sulle labbra che le cingeva con una stretta decisa la vita.

Davanti a quella visione mi paralizzai all’istante e per una frazione di secondo mi parve di sentire un soffio alla base del collo, come un respiro.

Maledizione… pensai trattenendo il respiro e sbarrando gli occhi.





Buongiorno a tutti :)

Eccomi di nuovo qui in assoluto ritardo come al solito…

Per farmi perdonare ho provato a creare una copertina per questa storia. Fatemi sapere cosa ne pensate! Preferisco precisare che i disegni non sono miei. >_<

Per quanto riguarda la storia, invece…

Diana e Cassie hanno iniziato a riflettere un po’ su ciò che è appena accaduto e stanno cercando di trovare delle risposte da sole, ma purtroppo, come loro stesse scoprono, non è così semplice mettere i pezzi insieme.

Finalmente è stato trovato il significato di kore, ma sarà proprio quello che hanno trovato loro? Cassie è davvero la moglie di Ade? E chi è il ragazzo misterioso che ha fatto spaventare Diana?

Kiss,

Nerys

   
 
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