Il ritorno della cometa
Three | On the Road to Forgiveness Home
“Nonno Michael e Samuel erano appena usciti dalle
miniere, quando videro la cometa.
Rimasero di sasso tutti e due, a bocca aperta
quasi, quando videro quella codina bianca nel cielo.
Sembravano intontiti, come se avessero appena
visto passare la donna più bella del mondo.”
“Vuoi
che torniamo a casa?”
Peeta
si sistemò fra le braccia il figlio mezzo addormentato e scrutò con attenzione
la moglie. Katniss scosse la testa; non riusciva a distogliere lo sguardo da
Haley, che continuava a girare su se stessa con le braccia distese. Joel la
stava imitando e, di tanto in tanto, Haley lo afferrava per farlo cadere con
sé nell’erba alta: nessuno dei due riusciva a smettere di ridere.
“Se
ce ne andassimo adesso non me lo perdonerebbe mai” osservò, una punta di dolore
non del tutto mascherata nella voce. “Restate ancora un po’. Io incomincio ad
andare.”
Peeta
fece per ribattere, ma qualcosa nello sguardo della moglie lo spinse a cambiare
idea.
Katniss
accarezzò la testa di Rowan, prima di dirigersi verso casa. Aveva bisogno di
stare sola, di gironzolare per un po’ senza essere costretta a mascherare la
delusione mista a dolore che le vorticava dentro.
Attraversò
il Prato con le braccia strette al petto: era una tiepida serata d’Agosto,
eppure sentiva freddo e non riusciva a spiegarsi il perché. Mentre camminava,
il suo sguardo puntò istintivamente i margini del bosco. Si chiese se Gale
fosse andato a rifugiarsi da quelle parti: un tempo era quello il posto dove l’avrebbe
sempre trovato. Si fermò, incerta se proseguire o meno verso quella direzione.
Alla fine, si convinse a lasciar perdere.
Continuò
a camminare fino a quando non raggiunse il cortile di casa sua, a pochi decine
di metri dalla nuova panetteria Mellark. Non aveva nemmeno raggiunto i gradini
d’ingresso, quando un’ombra alla sua destra la costrinse a voltarsi.
Gale
era lì, di fronte a lei, il fiato corto e le guance arrossate: forse aveva
corso.
“Ed
era velocissima, quella cometa. Attraversò il cielo come se stesse correndo,
come se avesse fretta; magari era in ritardo per qualcosa, però era lì: era lì per
loro.”
Si
squadrarono per qualche istante, entrambi alla ricerca delle parole giuste da
scegliere. Katniss, che era stanca di tutti quei silenzi, scelse a bruciapelo
una delle domande che le ronzavano in testa e la sputò fuori prima che il
buonsenso la bloccasse.
“È
Johanna Mason sua madre?”
Gale
la osservò confuso per qualche istante, prima di dar cenno di aver compreso.
“Fra
tutte le cose che avresti potuto chiedermi è questo che ti interessa sapere?”
Katniss
continuò a sostenere il suo sguardo con decisione.
“Questa
era la domanda più facile.”
Gale
sospirò. Tornò a incrociare le braccia sul petto, ripristinando il distacco fra
sé e ciò che lo circondava.
“No,
non è lei” concluse, con una nota di durezza nella voce. Per un attimo sembrò
sul punto di aggiungere qualcosa, ma poi tornò silenzioso.
Katniss
ne fu infastidita.
“Perché
non sei più tornato?” chiese, la delusione a malapena riconoscibile attraverso
la freddezza con cui parlò.
Gale
scosse la testa.
“Un
soldato lo capisce, quando è costretto ad annunciare la ritirata.”
“Ma
tu non eri un soldato” ribatté la donna. “Eri un cacciatore. ”
E
il mio migliore amico,
aggiunse mentalmente con una fitta di delusione.
“Lo
ero…” confermò lui, azzardando un passo avanti. “… E lo eri anche tu, ma poi?
Ho perso, Katniss” dichiarò secco, tornando a scuotere la testa. “Fine della
storia. Non c’era più nulla per me al Distretto 12, nulla per cui valesse la
pena cercare di rimettere insieme i pezzi.”
“C’era
la tua famiglia” gli fece notare Katniss.
Gale
tornò a distogliere lo sguardo.
“Loro
sono stati meglio senza di me.”
“Ne
sei sicuro?” replicò fredda la donna: non poteva essere lui, il ragazzo che era
cresciuto assieme a lei nei boschi. Non poteva essere lui il giovanotto
disposto a sacrificare tutto pur di prendersi cura della sua famiglia. “E tuo
figlio? È stato meglio senza di loro?”
Tutto
a un tratto, lo sguardo di Gale venne attraversato da un dolore autentico; la
decisione sfumò dal suo volto.
“No…”
mormorò il soldato, lasciando scivolare le braccia lungo i fianchi. “No, per
niente.”
La
sua espressione ferita riuscì a fare breccia nella mente di Katniss; d’un
tratto si sentì in colpa e il risentimento generò rabbia. Non voleva pentirsi
di averlo ferito: il suo ragionamento era sbagliato. Eppure…
“Ho
visto come lo guardi…” esclamò all’improvviso Gale, infilandosi le mani in
tasca. “Mio figlio” precisò, in risposta allo sguardo confuso di Katniss. “Non
devi avercela con lui: non è colpa sua se ha stretto amicizia con tua figlia,
non sapeva che ci conoscessimo...”
“Non
ce l’ho con lui” lo interruppe Katniss. “Sono solo preoccupata per Haley. Sa
che non lo rivedrà più, eppure non fa altro che parlare di lui… Come se si
conoscessero da sempre.”
Gale
si strinse nelle spalle.
“Sono
solo bambini” osservò: non sembrava condividere le sue preoccupazioni.
Katniss
non era della stessa opinione. L’intesa fra Haley e Joel non sembrava il frutto
di una di quelle amicizie casuali fra bambini destinate a durare qualche
giorno. Per Haley, Joel era stato come una cometa: aveva buttato luce su alcuni
dettagli del suo passato che nemmeno sapeva esistessero. Dettagli che facevano
parte della storia di entrambi.
"In ogni caso
non dovrai preoccuparti troppo a lungo” riprese Gale, dopo essersi schiarito la
voce. “Domani mattina ce ne andiamo. La cometa è passata, non c’è più nulla che
ci trattenga qui.”
Non lo disse con
freddezza o antipatia; c’era persino una nota malinconica nel suo tono di voce,
tuttavia questo non impedì a Katniss di arrabbiarsi.
“Sì, bravo, vattene”
esclamò, incrociando a sua volta le braccia contro il petto. Una collera fredda
e calcolata le modellò lo sguardo. “Fai la cosa che ti riesce meglio."
Gale reagì con
sorpresa a quella sfuriata, ma non ribatté. Il dolore tornò a contrarre i
lineamenti del suo volto e, se non fosse stato così buio, Katniss avrebbe
giurato di aver visto i suoi occhi farsi lucidi.
Quando l’ex-soldato tornò
a parlare, tuttavia, il suo tono risultò risoluto.
“Non ha senso che
resti” dichiarò, cercando conferma nel suo sguardo. “Sei cambiata, Katniss. Adesso
sei una donna, hai una famiglia: un marito e dei bambini tuoi. Non hai più
bisogno di me.”
Fece una pausa, come
se stesse aspettando una sua smentita.
Vero o Falso?
Katniss scosse la
testa.
“Stai sviando” ribatté con rabbia. “Cerchi di rigirare i fatti come se fossi
stata io ad allontanare te, ma sappiamo entrambi che non è stato così.”
“Non mi volevi
attorno” ribatté con freddezza Gale, il dolore tramutato tutto a un tratto in
collera. “Quando ci siamo parlati l’ultima volta me l’hai fatto capire
chiaramente.”
“Potevi insistere”
replicò ancora Katniss, alzando il tono di voce. Una pioggia di immagini le
rovinò addosso, ricordandole ciò che per anni aveva cercato di seppellire in un
angolo della mente. “Potevamo parlarne e cercare di aggiustare quello che si
era rotto, ma no, tu hai deciso di tagliare i ponti” concluse, scacciando una
lacrima con un gesto brusco del polso.
“Sapevo che non
saresti stata sola” rispose Gale in tono di voce asciutto.
Katniss lo freddò con
lo sguardo.
“Ma io ero sola.”
La sua voce
s’incrinò, mentre cercava di dare ordine e filo logico alle parole successive
da pronunciare. “Lei era morta, Gale! Era morta e tu te ne sei andato,
mia madre se n’era andata! La mia intera famiglia era scomparsa!”
Quelle parole
sembrarono risvegliare qualcosa in Gale, perché la sua espressione incominciò a
mutare. La sua compostezza svanì e i suoi occhi si imperlarono di un dolore che
aveva l’aria antica, diverso da quello che li aveva avvolti fino a pochi minuti
prima.
“Mi dispiace…”
replicò infine con voce talmente bassa che Katniss l’udì a stento. “… Ma che
altro potevo fare? Un’unica cosa mi avevi chiesto di fare…” proseguì, indurendo
la sua espressione. “… Una sola: proteggere la tua famiglia. E lei… lei è morta
per causa mia.”
Ormai nemmeno il buio
era sufficiente a mascherare le lacrime sul volto di Gale. Un singhiozzo lottò
con prepotenza per uscire dalla gola di Katniss, e alla fine la donna lo lasciò
andare.
“Con che coraggio potevo
ancora abbracciarti, starti accanto? Prendermi cura di te non poteva più essere
compito mio: non ero più in grado di badare a nessuno, a stento riuscivo a farlo
con me stesso.”
Katniss scosse la testa, cercando
di scacciare dalla mente le parole del giovane. Le lacrime ripresero a
scivolare lungo il suo volto, imperlate dalla luce pallida delle stelle.
“Lei avrebbe dovuto
esserci oggi” mormorò infine con voce rotta. Gale arretrò di nuovo, quasi le
sue parole gli avessero provocato una ferita fisica. “Amava la storia della
cometa tanto quanto noi”.
“Mi dispiace” ripeté
il soldato, la voce spezzata dal dolore.
Katniss fece un passo
avanti e poi un altro ancora; in pochi secondi fu così vicina a Gale da poter
percepire il calore delle sue lacrime. Provò a fare una cosa che aveva fatto
una sola volta prima di allora: cercò di immaginare i loro ruoli invertiti.
Pensò a Posy, alla piccola Posy, e al suo corpicino fatto a brandelli da
un’arma che lei stessa aveva contribuito a ideare. Come si sarebbe sentita?
Distrutta,
probabilmente. Marchiata a fuoco in maniera irrimediabile; indegna di rivolgere
a Gale o a sua madre anche solo uno sguardo.
Un
senso di orrore le impregnò la bocca dello stomaco; forse, in fondo, non era
nemmeno così difficile immaginare come si sentisse Gale. Parte di quel senso di
colpa l’aveva sempre provato, anche se per proteggersi aveva continuamente
cercato di rimuoverlo, di spingerlo da parte. Perché era stato più facile
associare la morte di sua sorella e il ricordo delle bombe a lui, che non alla
guerra in sé. Alla rivolta, e a chi l’aveva scatenata rifiutandosi di morire in
primo luogo.
Era
più facile limitarsi ad odiare lui, evitando di domandarsi se Prim avesse perso
la vita solamente per colpa di chi aveva costruito quelle bombe. In fondo era
davvero così?
Tutti
quei bambini a Capitol City…
I colpevoli della loro morte erano davvero coloro che avevano ideato o
sganciato le bombe? Oppure ogni cosa riconduceva a chi aveva dato inizio a
quella carneficina? A lei?
“Non ti ho mai
incolpato per quello che è successo a Prim” ammise infine, la voce
inspiegabilmente rauca. “All’inizio non riuscivo a separare l’idea delle bombe
da te, ma è una cosa diversa” ribadì, allungando una mano verso il suo volto.
Esitò, nel notare ancora una sua volta le sue lacrime. Alla fine, ritirò il
braccio. “Era semplicemente più facile così. Meno doloroso. Meno…”
Non riuscì a
completare la frase; si aggrappò alla speranza che Gale, proprio come un tempo,
sarebbe riuscito a capire lo stesso. E quando tornò a incrociare lo sguardo, fu
certa che ci fosse riuscito: c’era ancora dolore nei suoi occhi, ma anche una
nuova, lieve, punta di consapevolezza.
“Era più semplice
collegare a me il ricordo della sua morte, vero?” chiese, in tono di voce
stranamente pacato. “Tenendo lontano me avresti allontanato anche il senso di
colpa.”
Qualcosa dentro
Katniss sembrò andare in frantumi. La maschera di certezze che aveva tenuto
insieme con fatica per anni si era sgretolata con un unico colpo ben assestato.
“Avrei dovuto
capirlo” mormorò infine, con un filo di voce. “Avrei dovuto proteggerla.
Continuo a pensare… Continuo a ripetermi…” s’interruppe per riprendere fiato:
le lacrime le rendevano difficile proseguire. “Continuo a mettere in fila tutti
i miei passi falsi: cosa sarebbe successo mi fossi limitata a offrirmi
volontaria per salvarla e basta? Se non avessi dato quelle bacche a Peeta, se
avessi convinto Snow del mio amore per lui in tempo, se non avessi scoccato
quella freccia contro il campo di forza… Se, se, sempre solo se…”
“Si sentì strano. Gli
sembrò quasi di avere paura, tanto gli batteva forte il cuore.
Ma era una paura
bella, che lo faceva sentire bene. Samuel Hawthorne non aveva occhi che per
quella cometa.”
Il contatto freddo
con le sue dita la fece rabbrividire: Gale le stava sfiorando una guancia con
una delicatezza tale da farle dubitare che stesse succedendo per davvero. Aveva
un tocco leggero, evanescente, come se fosse destinato a scomparire da un
momento all’altro. Proprio come aveva fatto lui in passato.
“Dimmelo, Gale” lo
supplicò all’improvviso, cercando il suo sguardo. Aveva paura di ciò che stava
chiedendo, ma sentiva che lui avrebbe capito, che non c’era altra persona in
grado di infonderle la certezza che stava cercando in quel momento. Gale era
l’unico che avrebbe potuto aiutarla ad alleggerire quel dolore. Perché era la
cosa di cui anche lui aveva un disperato bisogno. “Per favore.”
E Gale capì. Le
afferrò una mano e ne accarezzò il dorso con il pollice.
“Non è stata colpa
tua, Katniss” dichiarò infine con sguardo fermo. La sua voce tremò appena,
sopraffatta dall’emozione.
Quel Katniss risuonò
strano dalle sue labbra: non si addiceva alla sua voce. Lei per Gale era sempre
stata Catnip. Tutto a un tratto venne attraversata da un fiotto di
nostalgia; avrebbe voluto dirgli che le mancava sentirsi chiamare così, ma
ancora una volta non trovò le parole per farlo.
“Avrebbe
voluto gridarle qualcosa, qualcosa come: «Eccomi, sono qui! Sei venuta per me?
Ti aspettavo! »”
“Quello che hai fatto
ci ha salvato” proseguì Gale. “Ha salvato tutti, inclusi Prim e i miei
fratelli. Inclusi i nostri figli” aggiunse in un tono tutto a un tratto più
controllato.
Il peso che da sempre
gravava sullo stomaco di Katniss si affievolì: il cambiamento fu leggero, ma
sufficiente a permetterle di respirare regolarmente per la prima volta da ore.
Si sentiva
tranquilla, adesso; forse un po’ smarrita, come qualcuno che ha fra le mani
qualcosa di antico e non sa come maneggiarlo per paura di romperlo. Tuttavia,
non si sentiva arrabbiata, né spaventata. Non aveva più paura di Gale e dei
quindici anni che li avevano tenuti separati.
Per questo, quando il
soldato allentò la presa sulla sua mano, Katniss lo trattenne.
“Adesso dimmelo tu”
mormorò a quel punto l’uomo, guardandola con insistenza.
Le lacrime avevano
smesso di scendere, ma ne era rimasta qualcuna appesa alle sue ciglia; nel
guardarlo meglio, alla poca luce che le stelle le concedevano, Katniss, si
accorse che aveva conservato la bellezza di quando era ragazzo. C’era qualcosa
nel suo sguardo, tuttavia, che rendeva il suo bell’aspetto spento, sfiorito.
Forse era il risentimento, così riconoscibile nei suoi occhi cerchiati dal
dolore.
“Non è stata colpa
tua” sussurrò infine, con tutta la sicurezza riuscì a imprimere in quelle cinque
parole.
“In quel momento, Samuel incominciò a sentirsi
improvvisamente leggero come se, assieme alla cometa, se ne stessero andando
anche le cose brutte che portava lì dentro, nel petto, e che si portava dietro
sin da quando era piccolo.”
“Che
genere di cose?”
“Cose
come la paura, o la tristezza, o i sensi di colpa. Le cose che ti schiacciano,
sai, quelle che ti buttano giù.”
Una lacrima solitaria
tornò a rigare il volto dell’ ex-soldato.
In quel momento Gale
le sorrise; era la prima volta da quindici anni che lo faceva e una stretta
allo stomaco avvisò Katniss della familiarità di quel gesto: il suo sorriso era
rimasto lo stesso di un tempo. Era ancora in grado di trasformarlo da qualcosa
di minaccioso a qualcuno che avresti desiderato conoscere.
Con improvviso impaccio,
Katniss tese una mano per accarezzare il volto dell’amico: attraverso il suo
sguardo, tutto a un tratto più disteso, riusciva quasi a intravedere il
fardello del suo senso di colpa. Quel peso che si portava sulle spalle ormai da
anni e che probabilmente gli avrebbe gravato addosso per sempre, così
come sarebbe accaduto a lei. Quella sera, tuttavia, erano riusciti a disfarsi
di parte di quel carico. Erano tornati ad aiutarsi, a condividere come
facevano un tempo, quando erano responsabili delle rispettive famiglie.
“Adesso dovresti
perdonarti” mormorò infine Gale, stringendosi nelle spalle. “Così forse, prima
o poi, riuscirò a fare lo stesso con me.”
Katniss annuì.
“Mi perdono” azzardò,
asciugandosi il volto con una manica del golfino. “Io… ci perdono.”
Gale le sorrise di
nuovo.
“Mi sei mancata, Catnip”
ammise infine, tornando a mettersi le mani in tasca.
Il nomignolo le svolazzò
dentro più volte, provocandole un piacevole sfarfallio all’altezza del petto.
Questa volta sorrise anche
lei.
“Mi sei mancato
anche tu” rivelò, appoggiando la fronte al suo torace.
Gale la strinse a sé,
e per un attimo fu come se non nessuno dei due avesse mai cessato di esistere
nella vita dell’altro. Fu come se fossero stati sempre e solo loro due, il
ragazzo e la ragazza che un giorno si erano incontrati per caso nei boschi e
avevano finito per diventare inseparabili.
“Quella cometa doveva proprio avere qualcosa di magico, perché fece
qualcosa di strano a tuo nonno: lo cambiò un po’ dentro, lo rese più ottimista.
Ogni sera Michael guardava il cielo, nella speranza di veder passare di nuovo Halley. Perché, nel momento in cui
l’aveva vista per la prima volta, il nonno si era sentito come se l’avesse
attesa da sempre, quella cometa. E quando se ne era andata, lui aveva capito
subito che avrebbe continuato ad aspettarla per sempre.
Katniss allacciò le braccia
al collo di Gale e inspirò il suo odore, che non era poi così diverso rispetto
a quello di una volta. Sapeva ancora di legna e arance, ma anche di soldato, di
uomo. Sapeva di sicurezza, di qualcosa di familiare.
E in quel momento, vicina
al suo migliore amico come non lo era più stata da anni, avvertì finalmente
quel calore che aveva sperato di provare al passaggio della cometa: fu come se
Halley stesse passando una seconda volta sopra le loro teste per cambiare il
loro destino in meglio, come aveva fatto più di settant’anni prima con i loro
nonni. Per ricordare a entrambi che in passato si erano appartenuti a vicenda e
che avrebbero potuto continuare a essere una squadra, non importava quanto
fossero cambiate le loro vite.
“Ehi, Gale…”
Katniss sorrise, separandosi
dall’amico. Cercò di imitare il tono scherzoso del Gale adolescente e lui si
passò imbarazzato una mano dietro la nuca.
“… Torna a casa.”
“Certe
persone pensarono che si fosse un po’ ammattito. Forse, un po’ matto, lo era
diventato sul serio. Ma che importanza aveva? Era felice.”
Tutto a un tratto, scoppiarono
entrambi a ridere. Il momento d’ilarità durò a lungo e senza ragione apparente,
ma questo non impedì loro di andare avanti fino a quando non dovettero riprendere
fiato. Nel giro di un minuto i loro occhi avevano ripreso a lacrimare, ma
nessuno dei due avrebbe saputo dire se quella reazione fosse dovuta al troppo
riso oppure a qualcos’altro.
“D’accordo” fu una delle
ultime cose che Gale mormorò all’orecchio dell’amica, prima di salutarla.
Katniss gli credette.
E quella sera, senza nemmeno rendersene
conto, incominciò ad aspettarlo.
“Vedi,
Katniss, in fondo tutto ciò di cui tuo nonno aveva bisogno era un po’ di
speranza. Qualcosa che gli suggerisse che alla fine tutto sarebbe andato a
posto: che sarebbe stato bene. E quel qualcosa fu la cometa di Halley.”
***
Note Finali.
Ed ecco che finalmente, dopo
averci girato intorno per capitoli e capitoli, Gale e Katniss finalmente si
incontrano. Non so se il mio punto di vista sul motivo per cui questi due
abbiano finito per distanziarsi sia condivido o meno, ma io ho sempre visto
negli atteggiamenti di Katniss questo egoismo spesso inconsapevole; sono sicura
che si sia sentita in colpa per la morte di Prim e credo anche che allontanare
Gale e incolparlo per la storia delle bombe l’abbia aiutata a sentire meno questo
dolore. In sostanza non penso che abbia mai davvero pensato che la colpa fosse
sua (anche perché non lo è). In un certo senso lo si intuisce anche da ciò che
viene raccontato negli ultimi capitoli, sia durante il loro ultimo incontro che
quando Katniss torna a casa. Quando trova sollievo nel sentir dire da Sae la
Zozza che si è trasferito nel Due, ma al tempo stesso lo aspetta e prova
fastidio quando lo pensa distante e intento a baciare un altro paio di labbra.
Gale invece incolpa se stesso, per questo ci tenevo proprio che ci fosse quel
momento di rassicurazione in cui i due si perdonano a vicenda.
E niente, questo era l’ultimo
capitolo vero e proprio: il prossimo sarà più breve, essendo l’epilogo. Nell’epilogo
troveremo, come accennato in precedenza, Gale e il suo figlioletto, Joel.
Grazie mille a Sfiorarsi per aver
continuato a seguire questa storia! Questo capitolo è tutto per te!
Un abbraccio e buona domenica!
Laura