Capitolo 24
Mi svegliai nel bel
mezzo della notte, come sempre del resto, fissandomi intorno e
ritrovandomi nel mio letto con il filnadese al mio fianco, che dormiva
tenendomi per mano.
Lo fissai
avvicinandomi e stingendomi a lui per qualche secondo, dopo di che mi
alzai, arrancando in salone dove con sorpresa trovai le Korg
già montate sui loro piedistallo.
Sul mio viso comparve
l'ombra di un sorriso e spinta da un'irrefrenabile voglia di suonare,
mi avvicinai ad una delle due, trascinandomi dietro la sedia.
L'accesi, abbassando
al minimo il volume, giusto per riuscire a sentire senza
però svegliare nessuno.
Iniziai a passare le
dita sui tasti bianchi e neri, premendoli piano e lasciando che una
melodia risuonasse appena nella stanza.
Ero un egoista.
Prima ero scappata
pensando solamente a me stessa.
Ed ora volevo che lui
fosse solamente per me.
Avevo allontanato
tutti per due anni e l'idea che potessi avere quel fantastico uomo al
mio fianco mi infondeva un po di forza.
Ero ridotta ad un
semplice guscio privo di emozioni felici e da quando avevo
visto Tuomas entrare nel locale con quella sua solita
espressione da lupo e quel sorriso dolce, il mio cuore
rischiò di scoppiare di gioia.
Mi accesi una sigaretta, prendendo un posacenere e poggiandolo sul
bordo della finestra, continuando a suonare quella melodia triste e
malinconica.
Oltre ai demoni che
affollavano e distruggevano la mia mente, avevo anche un altro problema.
Un secondo prima, mi
sarebbe piaciuto ed avrei voluto provare rabbia e disgusto verso quel
borioso finnico, mentre un secondo dopo bramavo la sua silenziosa
presenza.
Ville riusciva a farmi
uscire di testa, anche a distanza di due anni.
"Da quanto sei li?" - domandai con la voce incrinata dal pianto al
tastierista che mi osservava in silenzio.
"Da qualche minuto. Ti
senti meglio?" - domandò spostandosi vicino a me e sedendosi
al mio fianco.
"Credo di si..." -
lasciai cadere la frase.
"Cosa c'è?"
- chiese osservandomi con intensità.
"Niente".
"Non tenerti tutto
dentro" - mi riprese, poggiando anche lui le mani sulla sua tastiera e
iniziando a suonare con me.
"Spesso mi chiedo
cos'è cambiato...".
"Da quando te ne sei
andata? Tutto, tutti".
"Non credevo di essere
così importante..." - ammisi.
"Non hai mai avuto
un'ottima autostima ma sei importante, tutti continuano a chiedersi
dove sei, Marco, Emppu, Jukka...Tony..gli altri".
"V-Ville?" - chiesi
nascondendo il viso e evitando che riuscisse a leggermi l'anima.
Lo sentii sospirare e fermarsi, lasciandomi di nuovo sola con la mia
melodia.
"Ville si è rinchiuso nella torre".
Strinsi gli occhi, costringendomi a ricacciare dentro quelle stupide e
inutili lacrime.
"Non esce più, continua a ripetersi che la colpa
è la sua. Non si parlano più".
"Basta...".
"No, hai chiesto tu e
devi sapere, non passa giornata che lui non si addossi la colpa e
vorrebbe chiederti scusa".
"Ti prego basta" -
ripetei - "Se non fossi andata da lui...".
"Hell, lo so. So che
ti da fastidio parlarne ma devi farlo, devi affrontare una volta per
tutte questa storia".
"Non qui, non ora!" -
urlai alzandomi di scatto e allontanandomi da lui, che mi
seguì con lo sguardo.
"Non ora? Sei
scappata, stai scappando ancora. Anche da me. Odio farti del male ma,
non andrai mai avanti se continui a rimandare".
"Tu non capisci!".
"No, non capisco
è vero, ma posso dirti che quando Roope mi ha chiamato ho
creduto di morire. Vuoi capirlo che sei importante, per me lo sei e
sono stanco di sentire che stai male, di vedere un'altra donna al tuo
posto!".
"La Hell che conosci
non c'è più!".
"NON E' VERO! La vera
Hell c'è, ma sta scappando. Ti prego, smetti di fuggire da
te stessa" - rispose, poggiandosi con le mani sul bordo della tastiera
e fissandomi con un pizzico di nervosismo.
Mi sedetti di nuovo, a qualche centimetro di distanza dalla Korg,
prendendomi la testa fra le mani e fissandolo.
Si mise al mio fianco,
poggiandomi una mano sulla schiena e baciandomi la testa.
"Sono andata lì perchè dovevo capire. Lui mi
amava".
"Lo so".
"Aveva bevuto e ho
avuto paura, sono scappata perchè non credevo alle sue
parole, non accettavo l'idea che soffrisse per colpa mia".
"Tu lo amavi".
"Amavo di
più Alexi..." - risposi rendendomi conto per la prima volta
che avevo provato dei sentimenti anche per quello che doveva essere un
semplice amico - "E anche se provavo qualcosa per lui, è
svanito".
"Dovresti parlargli,
mettere il vostro cuore in pace".
"No".
"Perchè?".
"Perchè no,
non voglio vederlo mai più" - affermai secca e fredda -
"Eppure...".
"Eppure?".
"Un po mi manca. Mi
odio per questo, vorrei odiarlo davvero, con tutto il cuore, mi ha
fatto continuamente del male, sempre e comunque ed ora mi manca".
La mia rivelazione lo fece sospirare.
Lo squadrai, cercando
di capire tramite le sue espressioni cosa stesse pensando ma non ci
riuscivo.
Le sue mani tornarono
sui tasti e si mise a suonare una canzone finlandese che conoscevo bene.
Mi unii a lui,
suonando insieme, proprio come una volta.
Sorrisi sincera e
felice, lasciando che tutta la mia tristezza si riversasse su quei
tasti.
Tuomas sorrise
dolcemente, comprendendo il mio attuale bisogno di staccare la spina e
divertirmi.
"Mi mancava fare ciò" - ammise.
"Anche a me".
***
Dopo quel
giorno, affrontammo solamente due volte il discorso del mio incidente e
le sue relative conseguene.
Bill mi diede due
settimane di ferie, lasciandomi il tempo di stare con il mio amico.
Sapevo benissimo che
Tuomas sarebbe ripartito e questo mi metteva tristezza.
Lui lo vedeva e non me
lo faceva pesare, anzi, continuava a ripetermi che lui sarebbe venuto
ogni volta che io ne avrei avuto bisogno.
Ed io, nonostante
fossi felice di ciò, mi sentivo un peso.
Lo stavo costringendo
a dover mentire ulteriormente ai suoi amici e alla sua famiglia, che
già erano all'oscuro di tutto ciò.
Ripensai agli anni
passati in orfanotrofio, ghignando tristemente per l'ironia della sorte
che iniziava a farmi sentire sola e quella terribile sensazione l'avevo
sopportata per ben 20.
"Hell, tra una settimana devo ripartire" - mi disse, mentre stavamo
mangiando.
Mi bloccai, sospirando.
"Mi piacerebbe
restare, ma dobbiamo iniziare a provare per il nuovo alb...".
"Non devi scusarti,
hai fatto già troppo".
"Ma..".
"Sono io che devo
scusarmi con te. Sono un'egoista ed una stronza, hai ragione, continuo
a scappare perchè mi illudo che sia giusto così.
Penso solamente a me stessa e non al fatto che anche altre persone
stanno soffrendo".
"Inferno...".
"Sono sempre stata
un'egoista, con te...con Lui, potevo benissimo rimanere e ricominciare,
invece ho preferito scappare qui, fargli del male per cosa?
Perchè credevo che sarei stata meglio" - continuai, sentendo
le lacrime bagnarmi per l'ennesima volta il viso - "Sono stata
un'egoista con Ville, l'ho sfruttato sin dall'inizio, ho voluto la sua
presenza anche quando lui aveva deciso di allontanarsi per
dimenticarmi, non ho mai accettato questo".
Mi fissai le mani, prendendo un lungo respiro.
"Ero abituata a stare da sola, a non aver mai nessuno su cui contare,
poi sono venuta lì, siete arrivati piano piano tutti voi e
non accettavo che qualcuno potesse stufarsi di me e andarsene" -
confessai.
Mi vergognavo come
un'assassina nel rivelare quelle cose e vedevo il viso di Tuomas mutare
dal curioso al triste, sofferente e forse anche incazzato.
"Mi dispiace" - dissi, alzandomi e chiudendomi in camera come una
ragazzina a piangere.
Poggiata alla porta, mi strinsi le gambe e vi poggiai sopra la testa,
lasciando che i capelli nascondessero il mio viso.
Sentii i suoi passi
avvicinarsi alla mia stanza e la sua schiena poggiarsi dall'altra parte
della porta.
"Hell, perchè non me ne hai mai parlato?".
"Perchè
avevo il terrore che tu sparissi".
"Non me ne sarei mai
andato e non lo farò".
"Ho bisogno di aiuto!"
- ammisi.
"Ti
accompagnerò io".
Aprii la porta, dandogli così il permesso di avvicinarsi a
me ed io mi buttai di nuovo tra le sue braccia ricominciando a piangere
proprio come la prima sera che lui era arrivato.
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