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Autore: MetalheadLikeYou    24/02/2016    1 recensioni
Chi mai avrebbe voluto una bambina di nome "Inferno"?
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Con il passare del tempo io, Ville e Alexi diventammo dei buonissimi amici, tanto che ci soprannominarono il Trio.
Allu era più chiacchierone, ti scaldava il cuore e ti trascinava con se in tutto e per tutto, mentre Ville era quello più riflessivo e solitario.
.
Per quanto mi sforzassi di mostrare ed ostentare una forza e un menefreghismo che non possedevo, dentro di me soffrivo.
Stranamente, era come se Ville mi avesse portato via una parte del mio cuore.
***
In questa storia ci saranno anche altri personaggi di altre band finlandesi.
Genere: Erotico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ville Valo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 24



Mi svegliai nel bel mezzo della notte, come sempre del resto, fissandomi intorno e ritrovandomi nel mio letto con il filnadese al mio fianco, che dormiva tenendomi per mano.
Lo fissai avvicinandomi e stingendomi a lui per qualche secondo, dopo di che mi alzai, arrancando in salone dove con sorpresa trovai le Korg già montate sui loro piedistallo.
Sul mio viso comparve l'ombra di un sorriso e spinta da un'irrefrenabile voglia di suonare, mi avvicinai ad una delle due, trascinandomi dietro la sedia.
L'accesi, abbassando al minimo il volume, giusto per riuscire a sentire senza però svegliare nessuno.
Iniziai a passare le dita sui tasti bianchi e neri, premendoli piano e lasciando che una melodia risuonasse appena nella stanza.

Ero un egoista.

Prima ero scappata pensando solamente a me stessa.
Ed ora volevo che lui fosse solamente per me.
Avevo allontanato tutti per due anni e l'idea che potessi avere quel fantastico uomo al mio fianco mi infondeva un po di forza.
Ero ridotta ad un semplice guscio privo di emozioni felici e da quando avevo visto Tuomas entrare nel locale con quella sua solita espressione da lupo e quel sorriso dolce, il mio cuore rischiò di scoppiare di gioia.

Mi accesi una sigaretta, prendendo un posacenere e poggiandolo sul bordo della finestra, continuando a suonare quella melodia triste e malinconica.

Oltre ai demoni che affollavano e distruggevano la mia mente, avevo anche un altro problema.
Un secondo prima, mi sarebbe piaciuto ed avrei voluto provare rabbia e disgusto verso quel borioso finnico, mentre un secondo dopo bramavo la sua silenziosa presenza.
Ville riusciva a farmi uscire di testa, anche a distanza di due anni.

"Da quanto sei li?" - domandai con la voce incrinata dal pianto al tastierista che mi osservava in silenzio.

"Da qualche minuto. Ti senti meglio?" - domandò spostandosi vicino a me e sedendosi al mio fianco.
"Credo di si..." - lasciai cadere la frase.
"Cosa c'è?" - chiese osservandomi con intensità.
"Niente".
"Non tenerti tutto dentro" - mi riprese, poggiando anche lui le mani sulla sua tastiera e iniziando a suonare con me.
"Spesso mi chiedo cos'è cambiato...".
"Da quando te ne sei andata? Tutto, tutti".
"Non credevo di essere così importante..." - ammisi.
"Non hai mai avuto un'ottima autostima ma sei importante, tutti continuano a chiedersi dove sei, Marco, Emppu, Jukka...Tony..gli altri".
"V-Ville?" - chiesi nascondendo il viso e evitando che riuscisse a leggermi l'anima.

Lo sentii sospirare e fermarsi, lasciandomi di nuovo sola con la mia melodia.


"Ville si è rinchiuso nella torre".


Strinsi gli occhi, costringendomi a ricacciare dentro quelle stupide e inutili lacrime.


"Non esce più, continua a ripetersi che la colpa è la sua. Non si parlano più".

"Basta...".
"No, hai chiesto tu e devi sapere, non passa giornata che lui non si addossi la colpa e vorrebbe chiederti scusa".
"Ti prego basta" - ripetei - "Se non fossi andata da lui...".
"Hell, lo so. So che ti da fastidio parlarne ma devi farlo, devi affrontare una volta per tutte questa storia".
"Non qui, non ora!" - urlai alzandomi di scatto e allontanandomi da lui, che mi seguì con lo sguardo.
"Non ora? Sei scappata, stai scappando ancora. Anche da me. Odio farti del male ma, non andrai mai avanti se continui a rimandare".
"Tu non capisci!".
"No, non capisco è vero, ma posso dirti che quando Roope mi ha chiamato ho creduto di morire. Vuoi capirlo che sei importante, per me lo sei e sono stanco di sentire che stai male, di vedere un'altra donna al tuo posto!".
"La Hell che conosci non c'è più!".
"NON E' VERO! La vera Hell c'è, ma sta scappando. Ti prego, smetti di fuggire da te stessa" - rispose, poggiandosi con le mani sul bordo della tastiera e fissandomi con un pizzico di nervosismo.

Mi sedetti di nuovo, a qualche centimetro di distanza dalla Korg, prendendomi la testa fra le mani e fissandolo.

Si mise al mio fianco, poggiandomi una mano sulla schiena e baciandomi la testa.

"Sono andata lì perchè dovevo capire. Lui mi amava".

"Lo so".
"Aveva bevuto e ho avuto paura, sono scappata perchè non credevo alle sue parole, non accettavo l'idea che soffrisse per colpa mia".
"Tu lo amavi".
"Amavo di più Alexi..." - risposi rendendomi conto per la prima volta che avevo provato dei sentimenti anche per quello che doveva essere un semplice amico - "E anche se provavo qualcosa per lui, è svanito".
"Dovresti parlargli, mettere il vostro cuore in pace".
"No".
"Perchè?".
"Perchè no, non voglio vederlo mai più" - affermai secca e fredda - "Eppure...".
"Eppure?".
"Un po mi manca. Mi odio per questo, vorrei odiarlo davvero, con tutto il cuore, mi ha fatto continuamente del male, sempre e comunque ed ora mi manca".

La mia rivelazione lo fece sospirare.

Lo squadrai, cercando di capire tramite le sue espressioni cosa stesse pensando ma non ci riuscivo.
Le sue mani tornarono sui tasti e si mise a suonare una canzone finlandese che conoscevo bene.
Mi unii a lui, suonando insieme, proprio come una volta.
Sorrisi sincera e felice, lasciando che tutta la mia tristezza si riversasse su quei tasti.
Tuomas sorrise dolcemente, comprendendo il mio attuale bisogno di staccare la spina e divertirmi.

"Mi mancava fare ciò" - ammise.

"Anche a me".


***


Dopo quel giorno, affrontammo solamente due volte il discorso del mio incidente e le sue relative conseguene.
Bill mi diede due settimane di ferie, lasciandomi il tempo di stare con il mio amico.
Sapevo benissimo che Tuomas sarebbe ripartito e questo mi metteva tristezza.
Lui lo vedeva e non me lo faceva pesare, anzi, continuava a ripetermi che lui sarebbe venuto ogni volta che io ne avrei avuto bisogno.
Ed io, nonostante fossi felice di ciò, mi sentivo un peso.
Lo stavo costringendo a dover mentire ulteriormente ai suoi amici e alla sua famiglia, che già erano all'oscuro di tutto ciò.
Ripensai agli anni passati in orfanotrofio, ghignando tristemente per l'ironia della sorte che iniziava a farmi sentire sola e quella terribile sensazione l'avevo sopportata per ben 20.

"Hell, tra una settimana devo ripartire" - mi disse, mentre stavamo mangiando.

Mi bloccai, sospirando.
"Mi piacerebbe restare, ma dobbiamo iniziare a provare per il nuovo alb...".
"Non devi scusarti, hai fatto già troppo".
"Ma..".
"Sono io che devo scusarmi con te. Sono un'egoista ed una stronza, hai ragione, continuo a scappare perchè mi illudo che sia giusto così. Penso solamente a me stessa e non al fatto che anche altre persone stanno soffrendo".
"Inferno...".
"Sono sempre stata un'egoista, con te...con Lui, potevo benissimo rimanere e ricominciare, invece ho preferito scappare qui, fargli del male per cosa? Perchè credevo che sarei stata meglio" - continuai, sentendo le lacrime bagnarmi per l'ennesima volta il viso - "Sono stata un'egoista con Ville, l'ho sfruttato sin dall'inizio, ho voluto la sua presenza anche quando lui aveva deciso di allontanarsi per dimenticarmi, non ho mai accettato questo".

Mi fissai le mani, prendendo un lungo respiro.


"Ero abituata a stare da sola, a non aver mai nessuno su cui contare, poi sono venuta lì, siete arrivati piano piano tutti voi e non accettavo che qualcuno potesse stufarsi di me e andarsene" - confessai.


Mi vergognavo come un'assassina nel rivelare quelle cose e vedevo il viso di Tuomas mutare dal curioso al triste, sofferente e forse anche incazzato.

"Mi dispiace" - dissi, alzandomi e chiudendomi in camera come una ragazzina a piangere.


Poggiata alla porta, mi strinsi le gambe e vi poggiai sopra la testa, lasciando che i capelli nascondessero il mio viso.

Sentii i suoi passi avvicinarsi alla mia stanza e la sua schiena poggiarsi dall'altra parte della porta.

"Hell, perchè non me ne hai mai parlato?".

"Perchè avevo il terrore che tu sparissi".
"Non me ne sarei mai andato e non lo farò".
"Ho bisogno di aiuto!" - ammisi.
"Ti accompagnerò io".

Aprii la porta, dandogli così il permesso di avvicinarsi a me ed io mi buttai di nuovo tra le sue braccia ricominciando a piangere proprio come la prima sera che lui era arrivato.

  
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