33.
Allison
mise nel suo borsone quasi tutto quello che conteneva il suo cassetto, poi
sospirò piegandosi sulle ginocchia per raccogliere una vecchia foto che era
caduta.
Si
fermò per un lungo istante con gli occhi fissi su quell’immagine consumata dal
tempo; sua madre sorrideva dolcemente stringendo con le braccia lei e Matt, il
loro padre dietro li stringeva tutti.
Con
calma si rimise dritta, poi si mise a sedere sul letto; la foto ancora stretta
in mano quando Tristan si affacciò sulla porta. Allison pensò che forse
invitarlo ad entrare in casa non era stata una buona idea ma non aveva avuto
altra scelta. Era quasi certa che non sarebbe scappato, che avrebbe mantenuto
la sua parola, ma non si fidava così tanto da lasciarlo solo, dove non poteva
vederlo o sentirlo.
“Ti
avevo detto di aspettarmi di sotto” gli disse alzando gli occhi su di lui.
Tristan
annuì, le mani nelle tasche dei pantaloni classici. Si guardò intorno con
curiosità, per nulla sorpreso di vedere che la camera della cacciatrice era
sobria; colori tenui, un buon odore di fresco.
“Ero
curioso di vedere la casa” rispose con semplicità. “Ne avevo visto solo
l’esterno il giorno che sono venuto a cercarti perché tuo fratello voleva che
ti trovassi per lui. A proposito, non ho potuto fare a meno di notare che il
caro Matthew non è in casa.”
Allison
sospirò chiudendo il suo bagaglio. “Mio fratello ha parecchi anni di malvagità
per cui fare ammenda. Ha deciso di iniziare trovando alcuni dei vampiri che ha
trasformato per riportarli sulla retta via.”
“Percepisco
una forte nota di sarcasmo nella tua voce” le fece notare Tristan. “Quasi come
se non credessi ad una sola parola di quello che dici.”
“Mio
fratello ha ucciso i nostri genitori a sangue freddo e lo ha fatto solo ed
esclusivamente per il gusto di farlo. E ha chiesto ad una potentissima ed
antichissima congregazione di vampiri di farmi fuori solo perché per anni ho
provato a vendicare la loro morte. Puoi biasimarmi per essere così scettica
riguardo alle sue intenzioni?”
“Eppure
lo hai fatto entrare in casa, lo hai fatto rientrare nella tua vita. Se non
credi che sia diverso, che sia cambiato, perché gli hai dato una seconda
possibilità?”
“Per
lo stesso motivo per cui tu ne hai date moltissime alla tua folle sorella” la
donna si alzò in piedi e si guardò intorno, con la sensazione che non avrebbe
rivisto quel posto per tanto tempo. “È la mia famiglia. Tutto ciò che ne
rimane.”
Tristan
piegò poco il capo, la guardò senza dire nulla, perdendosi dentro quegli occhi
nocciola che lo fissavano senza timore, senza imbarazzo. In quello sguardo
bello e limpido c’era l’ombra di un cambiamento.
Non
sapeva di che tipo ma era evidente, era in atto e lo eccitava terribilmente.
“Ricordi
il piano?” gli chiese di improvviso, inumidendosi le labbra con la punta della
lingua in un gesto tanto naturale quanto sensuale.
Lui
fece un cenno col capo avanzando di qualche passo senza togliere le mani dalle
tasche; un po’ perché era parte del suo modo di essere, un po’ perché non
voleva che lei vedesse che gli tremavano. Non per paura, non per tensione ma
perché lei era così dannatamente bella da minare il suo autocontrollo.
“Lo
ricordo bene ma per quanto lo trovi affascinante e teatrale devo dirti che in
molti faranno resistenza all’interno della Strige, soprattutto Aya.”
“È
per questo che non stai annegando nel fondo dell’oceano chiuso in uno dei tuoi
completi eleganti,” le disse lei afferrando il borsone. “Per convertire alla
mia causa tutti quelli che proveranno a resistere.”
“Oh
certo,” Tristan sorrise. “Io sono lo strumento, quasi lo dimenticavo. A ogni
modo, grazie.”
“Per
cosa?”
“Che
tu mi abbia salvato perché ti piaccio o perché vuoi davvero semplicemente
usarmi, mi ha risparmiato una vita eterna fatta di sofferenze nel fondo
dell’oceano.”
Allison
fece un grosso respiro abbassando per un attimo gli occhi e strinse meglio i
manici della borsa. Pensò che era una sensazione strana sentirsi ringraziare,
succedeva troppo poco spesso recentemente. Neppure suo fratello l’aveva
ringraziata, quasi come se quello che aveva fatto per lui fosse dovuto.
“Basta
chiacchiere, è ora di andare” mormorò rialzando lo sguardo.
“Ho
solo una domanda prima.”
“Tristan…”
“Farò
ciò che mi hai chiesto, sai che lo farò. Ma voglio che tu risponda ad una
domanda.”
Lei
scosse il capo facendo ondulare i lunghi capelli scuri. “Cosa vuoi sapere?”
“Perché
lo fai?” le chiese il vampiro. “Il tuo piano è ambizioso seppur rischioso. Mi
verrebbe da dire che lo fai per il potere ma ti ho osservata in questi anni e
non ho mai avuto la sensazione che ambissi ad esso. Neppure ora che sul tuo
viso è chiaro un profondo cambiamento.”
“Non
ho alcun interesse per il potere, né per il prestigio. Ma ho passato gli ultimi
due anni della mia vita a sacrificare me stessa per della gente che non mi ha
mai neppure ringraziata ma che anzi, verso la fine, mi ha incolpata” la donna
sembrava incapace di fermarsi, come se ognuna di quelle parole le bruciasse al
centro del petto. “Sono andata fino all’Inferno per riportare Jackson indietro
e l’ho fatto mentre Hayley mi incolpava della sua morte. Se non avessi dato a
Camille il sangue di vampiro ora sarebbe morta dopo che la tua psicopatica
sorella ha deciso di soggiogarla affinché si togliesse la vita e io stessa sono
quasi morta per spezzare la maledizione cha affliggeva il branco, e nessuno di
loro… nessuno mi ha mai detto grazie. Neppure per sbaglio.”
“Quindi
è per rabbia che lo fai?”
“Lo
faccio perché posso, e questo è sufficiente” replicò lei. “E ora chiudi la
bocca e andiamo.”
Tristan
la seguì fuori di casa.
****
Elijah
entrò dentro la casa con un sorriso sicuro stampato sulle labbra. C’era un
pensiero fisso nella sua mente e quel pensiero aveva bellissimi occhi color
nocciola e un profumo dolce capace di inebriarlo.
Odiava
quella dannata pausa che si erano presi e soprattutto odiava il fatto di
sentirsi come se non avesse nessun diritto, come se non avesse voce in
capitolo; e non la aveva.
Allison
se ne era andata via perché non si era sentita apprezzata, non perché sentiva
di essersi persa. Se ne era andata perché gli aveva dato così tanto, ricevendo
così poco, che alla fine qualcosa dentro di lei si era spezzato.
Lui
odiava il fatto di non poter fare nulla per rimettere insieme i pezzi. L’aveva
rotta e non sapeva come sistemare le cose. Ma ci stava provando e quella
mattina era solo l’inizio.
“Buongiorno
a tutti!” esclamò attirando l’attenzione della Strige, di Marcel.
Aya
si voltò a guardarlo, su quel viso bello che conosceva fin troppo bene c’era
un’espressione dura, di sfida. Esattamente quello che lui stava cercando.
Con
calma poggiò il suo cappotto su una sedia e tenne in mano l’altro oggetto, coperto
da un telo di velluto nero.
“Elijah”
mormorò Aya. “Non ricordo di averti invitato.”
“E
io non ricordo che qualcuno ti abbia eletto leader di questa organizzazione.
Anzi…” disse sospirando, dando una rapida occhiata a Marcel. “È proprio per
questo che sono qui.”
L’Originale
tolse il telo rivelando quello che c’era sotto; una pergamena che srotolò con
decisione. “Ricordi questa pergamena, Aya?” chiese proprio a lei.
La
donna sembrò irrigidirsi ma non disse nulla mentre lui scorreva velocemente con
gli occhi sulle scritte.
“C’è
scritto che, in mancanza di un leader, chi possiede la carta dei regolamenti
prende il comando dell’intera organizzazione. L’ha scritto un certo… ah sì,
Elijah Mikaelson.”
Elijah
richiuse la pergamena e la mise sotto il braccio, poi si guardò intorno, guardò
quella congregazione che lui stesso aveva creato. Guardò Marcel, guardò Aya.
Tornare a guidare la Strige gli avrebbe dato qualcosa per cui valeva la pena
lottare.
Non
era il potere, né la gloria; era la possibilità di tenere al guinzaglio quelli
che volevano uccidere Allison. Gli stessi che volevano rinchiudere la sua
famiglia chissà dove.
“Tristan
è morto e ha lasciato indietro un’organizzazione danneggiata, malsana… non la
gloriosa congrega che io stesso ho creato secoli fa. Come vostro nuovo leader
vi riporterò allo splendore e al prestigio di un tempo, farò in modo che tutti
si dimentichino della… volgarità con cui Tristan de Martel ha infettato la
Strige.”
“E
allo stesso tempo terrai al sicuro la tua bella fidanzata” intervenne Aya.
“Alcune delle più potenti streghe al mondo lavorano per questa organizzazione
Elijah, credevi che non avremmo saputo che la morte di Allison Morgan era solo
una farsa?”
Elijah
cercò di mantenere la calma. Abbozzando un sorriso si sfiorò il labbro con un
dito, poi fissò lo sguardo dentro quello sicuro della donna di fronte. “Non ho
neppure provato a nascondertelo e sai perché? Perché nessuno di voi alzerà un
dito su di lei, sia che io sia a capo di questo… circo, sia che io non lo sia.
Ucciderò chiunque di voi ci proverà; io vi ho dato la vita Aya, e io ve la
toglierò se non mi lascerete altra scelta.”
Lei
sorrise ma l’Originale notò che era nervosa. “La leadership e il rispetto che
ne derivano vanno guadagnati Elijah. Credi che ti seguiremo solo perché hai in
mano quella pergamena?”
“Lo
farete perché queste sono le regole!” esclamò lui.
“Se
vuoi seguire le regole a tutti i costi,” Aya gli si avvicinò. “Allora io ti
sfido a duello ed invoco il Ludum Regali.”
Seguì
un istante di silenzio, poi Marcel avanzò con le mani sui fianchi e
un’espressione confusa nel viso. “Qualcuno potrebbe tradurre per i poveri
idioti che non capiscono?”
“Ludum
Regali” si sentì dire, da quella voce roca e inconfondibile. “Il gioco dei
Re. Si sfideranno a duello e chi vincerà sarà il nuovo leader. Molto medievale
ma in fondo cosa aspettarsi da un’organizzazione vecchia secoli? Buongiorno a
tutti a proposito, come direbbe il mio nobile e splendido fidanzato, credo di
non aver bisogno di presentazioni.”
“Allison”
mormorò Elijah guardandola, e facendolo si rese conto che anche se era
terribilmente fuori luogo non riusciva a non pensare che Klaus aveva ragione
quando gli aveva detto che quel nuovo colore di capelli faceva risaltare
meravigliosamente i suoi occhi. “Che ci fai qui?”
“Mi
hanno detto che qui oggi si sarebbe discusso di affari e così sono venuta ad
ascoltare e a dire la mia” rispose la donna dando una rapida occhiata ai
vampiri intorno a sé. “In fondo la mia vita è in pericolo, quindi credo di
averne tutto il diritto.”
“Hai
del fegato, devo ammetterlo” le disse Aya. “Esattamente cosa credi di poter
dire, Allison Morgan?
“Oh,
Aya… dirò tutto quello che voglio dire e tutti voi mi ascolterete.”
Allison
girò su stessa, per guardare tutti e per accertarsi di avere l’attenzione di
ogni vampiro dentro quella stanza. Infine si mise accanto a Marcel, proprio di
fronte ad Elijah, facendo un grosso respiro prima di parlare. Si sentiva sicura
di sé come mai prima, non c’era l’ombra di un timore nel suo cuore. Solo tanta
determinazione e grinta.
Pensò
che la vecchia Allison era tornata e che le era mancata parecchio.
“Visto
che stiamo seguendo il regolamento che Elijah in persona stilò secoli orsono,
lo seguirò anche io. E lo farò invocando un altro dei vostri raffinati e latini
dettami” disse mettendo le mani nelle tasche del cappotto. “Invoco la Electione
regali.”
Si
alzò un brusio confuso, molti sembrarono innervosirsi ed Elijah si preparò a
reagire, nel caso qualcuno si fosse mosso per fare del male alla donna. Era
confuso, teso. Non aveva idea di cosa lei stesse facendo ma in quei bellissimi
occhi nocciola non vide nessuna indecisione.
“Non
sei così sveglia come tutti dicono” le disse Aya. “La Electione regali
prevede che sia l’ultimo leader vissuto a decidere il proprio successore. Ma
anche se per assurdo Tristan avesse scelto te, la sua caduta così improvvisa
non gli ha permesso di farlo e dunque questa regola perde ogni potere. Ma
grazie per averci provato, ti fa onore che tu abbia avuto il coraggio di
camminare in una stanza piena di gente che vuole ucciderti con un così
sfrontato atteggiamento. La dice lunga sulla tua personalità o sulla tua
stupidità, dipende dai punti di vista.”
“Fossi
in te non la sottovaluterei,” parlarono. E il rumore di scarpe classiche sul
pavimento di marmo si fece sempre più forte fin quando, con grande sorpresa, un
viso familiare fece la sua comparsa. “È molto determinata e piena di sorprese.”
Gli
occhi di tutti i presenti si sgranarono colorandosi di puro stupore, di
incredulità.
“Tristan…”
sussurrò Aya deglutendo a vuoto.
“Salve,
Aya” rispose lui abbozzando un sorriso. “Sono tornato e credo che eleggerò la
signorina Morgan mio successore.”
“Allison”
le disse Elijah avvicinandosi di qualche passo, per guardarla negli occhi.
Occhi dentro i quali trovò ben poco della donna che amava. “Cosa stai facendo?”
Lei
fece un grosso respiro, poi le sue labbra si piegarono in un lieve sorriso.
“Non è chiaro?” replicò. “Sto prendendo il comando della Strige!”