hyuj
Salve a
tutti!
Eccoci dunque con il capitolo finale di questa raccolta che ha
significato tanto per me, e nella quale ci ho messa tutta me stessa; ho
messo il cuore in ogni singola parola, cercando di trasmettere ai
lettori ciò che provavo io durante la stesura di ogni
capitolo.
Questo lavoro ha contribuito alla mia crescita in ogni singola
sfaccettatura, dallo sviluppo del tema centrale, all'articolazione dei
personaggi, fino alla ricerca di uno stile che col tempo ho imparato a
definire "mio personale".
Vegeta e Bulma sono due personaggi che amo davvero, così
reali e tangibili, i cui sentimenti l'uno per l'altra trasmettono
qualcosa di speciale anche a me.
Ammetto che non è stato facile gestirli, ma spero di esserci
riuscita, nel mio piccolo, ad emozionare un pochino anche voi.
Voglio ringraziare le mie lettrici affezionate che mi hanno seguito
dall'inizio di questa avventura, grazie davvero! E tutti coloro che
hanno messo la raccolta nei preferiti e nelle seguite, siete davvero
tanti. Voglio anche ringraziare chi ha scopiazzato i miei lavori in
modo palesemente sfacciato, ma sono ottimista e ringrazio anche voi per
aver davvero
apprezzato i miei scritti.
Forse tornerò ancora a scrivere nel Fandom, chi
può dirlo? Mai dire mai nella vita!
Un bacio a
tutti,
MellyVegeta.
DRAGON BALL © 1984 Akira Toriyama/Shueisha. All Rights
Reserved.
Photo © Sakura [ http://ay-vb.sakura.ne.jp/_top.html]
#30. Fotografia.
Certi
ricordi, molto spesso, sembrano così sfuocati che diventa
difficile considerarli
reali.
Vegeta
accarezza con le dita ruvide i propri capelli folti, persosi in un
turbine d’intangibili
memorie trasparenti come vapore caldo.
Ora c'è una
landa deserta davanti a sé, il vento forte smuove la sabbia
bianca che arriva a
graffiargli il viso contratto; la tuta è lacerata, il sangue
amaro gli pizzica
le narici eppure il Saiyan non smette di sorridere.
Ovunque vi è
il nulla totale, e Vegeta riesce a sentire solo il proprio respiro
greve che
rimbomba come un tuono nel suo petto; rivolge un ultimo sguardo
all'orizzonte
vuoto, per poi chiudere, finalmente, gli occhi stanchi.
Il
sole
adesso penetra oltre le palpebre abbassate, e Vegeta è di
nuovo steso sul
comodo materasso della camera matrimoniale; tra le mani ha la cornice
di legno
chiaro.
Riesce
quasi ad avvertire i granelli di sabbia insinuati tra le ciocche
scure, e il
sapore del sangue è ancora lì sulla lingua.
Vegeta
sorride e scuote il capo; allontana lesto i turbamenti e sente le risa
di sua
figlia giù in giardino.
Decide
dunque di alzarsi, posando sul comò al suo fianco la
fotografia di famiglia che per tutto
il tempo aveva stretto tra le mani.
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