Unbowed, unbent, unbroken di _Branwen_ (/viewuser.php?uid=138326)
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Unbowed unbent unbroken
Unbowed,
unbent, unbroken
Studio,
rigore, disciplina.
Queste
erano le parole che venivano immediatamente pronunciate se si
chiedeva a qualcuno di pensare al Circolo dei Magi nei pressi del
lago Calenhad, nel Ferelden: per quanto la magia potesse incutere
timore – specie alle persone prive di alcun potere che le
lega
all'Oblio – essa è da sempre stata tenuta in
considerazione al
punto da considerarla un ottimo strumento al servizio
dell'umanità.
“La
magia esiste per servire l'uomo e non per governare su di
esso”:
le parole del Canto della Luce, da
sempre fonte di ispirazione per tutti coloro che credevano nel culto
di Andraste, erano chiare, non condannavano la magia, ma soltanto gli
usi errati che si potevano avere in caso un mago andasse alla ricerca
di più potere, fino ad
arrivare a
far del male agli
altri.
Il
Circolo del Ferelden, assieme a coloro che vivevano nella torre,
godeva di grande prestigio e raramente si sentivano notizie di
insubordinazioni e lotte intestine tra gli stessi maghi; senz'alcun
dubbio poteva essere ritenuto un modello per gli altri Circoli, ma
per quanto i maghi fossero rispettati, erano pur sempre confinati in
un'alta torre, lontani da tutti, senza avere la possibilità
di
gestirsi autonomamente e soggetti al controllo dei templari che non
esitavano ad applicare la legge, in un modo o nell'altro.
Era,
quindi, uno specchietto per le allodole, un'ingannevole attrattiva
per rinchiudere coloro che non avevano scelto di essere dei maghi, ma
che avevano avuto la sfortuna di nascervi, relegandoli in una gabbia:
sebbene fosse una gabbia dorata, la prigione li confinava
lì, alla
mercé dei templari e dei sovrani che potevano usufruire dei
loro
poteri, che a loro piacesse o meno. Tutto ciò che accadeva
in quella
torre non veniva mai rivelato ad anima viva, lasciando che la
parvenza di condotta irreprensibile – specie quella dei
templari
come portatori d'ordine – non venisse mai intaccata.
Solona
Amell non stava prestando attenzione alla lezione che in quel momento
teneva il Primo Incantatore Irving in persona, perché non
riusciva a
diradare dalla mente e dal cuore il pensiero che i maghi fossero
insofferenti e che meritassero un trattamento migliore di quello che
ricevevano.
Non
riusciva a capacitarsi del fatto che molti maghi fossero contenti di
vivere nel Circolo: con ogni probabilità –
riteneva Solona – era
dovuto al fatto che essi non conoscevano altro che il Circolo e tutto
il resto ai loro occhi appariva pericoloso.
Pochissimi
erano i suoi ricordi prima che venisse portata in quel luogo, tutto
quello che le affiorava alla mente erano il sorriso di sua madre
–
il cui volto ormai non aveva più un contorno definito
– e un
lussuoso lampadario in una grande casa: era stata strappata via
dall'affetto dei propri cari e confinata in un luogo da cui non
poteva uscire, come se fosse una bestia pericolosa che non merita di
vivere con le altre creature.
I
suoi pensieri erano ben condivisi, e in effetti una delle persone a
cui era più affezionata aveva deciso – per
l'ennesima volta – di
tentare la fuga, a differenza di lei che non ci aveva mai provato,
per quanto in cuor suo desiderasse farlo: non riusciva a darsi pace
pensando ad Anders e alla sua sconsideratezza.
“Oh,
Anders, perché devi sempre agire come uno scriteriato senza
cervello?”
L'unica
cosa che poteva fare era sperare che questa volta il ragazzo potesse
riuscire nella sua impresa; non avrebbe mai invocato un Creatore,
perché secondo lei un Padre che amava i propri figli non
avrebbe mai
permesso simili ingiustizie al mondo. Ma se aveva permesso
l'uccisione di Andraste, la sua sposa mortale, allora non c'era nulla
che potesse convincerla che a Lui stessero a cuore le sorti degli
uomini.
“Non
farmi preoccupare; ti auguro di riuscire e di non tornare
più tra
queste mura. Respira il profumo della libertà anche per
me.”
Sebbene
questo augurio fosse sincero, Solona non poteva negare a se stessa
che una parte di lei avrebbe sofferto terribilmente la mancanza del
mago; era una delle poche persone di cui si fidava e per cui provava
un sentimento autentico.
Si
chiese se il giovane se ne fosse mai accorto, ma date le sue tenere
occhiate, aveva il sospetto che la considerasse più come una
sorellina.
Le
aveva detto di fuggire assieme a lui, ma Solona credeva che lo avesse
fatto solo per non saperla più tra quelle mura e non per un
reale
interesse.
“Spero
che questa sia la volta buona in cui riesca a dimenticarti
davvero.”
D'un
tratto venne richiamata alla realtà dal suo insegnante e,
balbettando una scusa, si tirò fuori dall'impaccio, mentre i
suoi
colleghi sghignazzavano della grossa; era raro vedere Solona
distratta dagli studi e ancor di più rimproverata
– seppur con
gentilezza da parte di Irving – da qualcuno, quindi lo
spettacolo
non poteva essere altro che divertente: tra i maghi non c'era spazio
per i buoni sentimenti, non se volevi diventare il mago migliore, e
per farlo non dovevi esitare a schiacciare i tuoi avversari.
Il
cameratismo era un qualcosa da soffocare, in virtù
dell'ambizione da
alimentare sempre più, ma se questa era una scelta puramente
voluta
non era lo stesso quando si trattava di un'affezione: se i templari
avessero mai scoperto che dei maghi si amavano avrebbero usato questa
scoperta contro di loro, vessandoli ancora di più,
rendendoli ancora
più soggiogati alla loro volontà.
“Se
sapessero ciò che provo per Anders...”
Solona non riuscì nemmeno a
terminare il pensiero: il timore che
potessero far del male ad Anders per colpa sua la raggelò
più degli
incantesimi di ghiaccio per i quali era portata.
***
Solona
ricopiava diligentemente i simboli delle rune, cercando di mandare a
memoria quanti più incantesimi elementali fosse possibile
associare
alle stesse; non era un compito di per sé difficile, ma i
suoi
pensieri non erano del tutto fissi su ciò a cui doveva
dedicarsi in
quel momento.
La
noia pomeridiana di quella piovosa giornata passata a studiare fu
interrotta dal rumore delle porte d'ingresso del Circolo al pian
terreno. Si aprirono all'improvviso – non aspettavano visite,
altrimenti tutti ne sarebbero stati informati – seguite dal
grave
seppur familiare clangore metallico delle armature dei templari e da
delle urla cariche di rabbia.
«Lasciatemi
andare, bastardi!»
«Non
siamo i vostri animali da compagnia!»
«Che
il flagello vi colga,
dannati templari!»
Solona
non si sarebbe mai sbagliata nell'associare quella voce a un viso:
Anders.
Non
appena i templari giunsero in biblioteca ebbe modo di vedere il
giovane e per un istante rimase paralizzata: era
stato malmenato e
veniva trascinato da due tra i fedelissimi del Comandante
Greagoir.
Il suo primo istinto
fu quello di
avvicinarsi ai templari e di dire loro di lasciarlo, eventualmente
anche con la forza; non che potesse far molto, mingherlina com'era,
contro degli uomini dotati di armi e armature, ma avrebbe usato tutta
la magia che aveva in corpo pur di aiutarlo.
Si
ricordò poi che i templari avrebbero approfittato di quella sua
debolezza,
quindi non
si mosse, cercando di non piangere.
I
templari
avevano imprigionato i polsi del mago in speciali catene anti-magia,
privandolo dunque momentaneamente di ogni stilla magica presente nel
suo corpo, costringendolo
a inginocchiarsi nell'androne, attendendo
il giudizio del Primo Incantatore;
il ragazzo era sofferente e Solona notò un rivolo di sangue
scendergli sul collo, mentre
le sue viscere erano in subbuglio.
Anders
si voltò in
direzione di lei; fu solo un brevissimo attimo, ma le sorrise, come a
dirle che stava bene e che non doveva preoccuparsi per lui: il
giovane sapeva che la maga sapeva essere molto
apprensiva oltre che istintiva, ma non voleva darle occasione di
soffrire a
causa
sua. Con quel gesto sfidò nuovamente i templari, ma sentiva
la
necessità di posare il suo sguardo su di lei.
Solona
si soffermò a osservare il volto sporco
di fango di
Anders, l'occhio sinistro completamente livido, la bocca brutalmente
spaccata e il naso gonfio, ma c'era dell'altro: nonostante fossero
nascosti dai capelli che gli ricadevano sul viso, gli
occhi del
ragazzo
non erano spenti,
il colorito ambrato delle iridi era più vivo che mai, come
se la
fiamma inestinguibile
della sua ribellione lo animasse.
“Potrà
esser stato
reso ora
fiacco nel corpo, ma è forte. È
più resistente delle canne che vi sono nei cespugli del lago
Calenhad e che vengono mosse dal vento. Non
si inchinerà mai a nessun
volere,
non verrà mai piegato da
questo regime troppo oppressivo e nessuno lo spezzerà.
Mai.”
***
Solona
era in piedi, dietro la porta dello studio del Primo Incantatore,
indecisa se bussare o meno. I maghi che avevano superato il Tormento
e gli incantatori anziani lo dipingevano come un uomo estremamente
disponibile e cortese, che non negava una chiacchierata a nessuno,
eppure lei indugiava sull'uscio, mentre la paura di non essere
ascoltata e capita aumentava.
“Come
starà Anders? Dove diavolo lo avranno portato?”
«Va
tutto bene, signorina?»
una
voce affabile la fece voltare per ritrovarsi a fissare il templare
Cullen; le era già capitato di osservarlo e,
per quanto fosse scrupolosamente ligio al dovere al
punto da non intrattenere mai conversazioni coi maghi,
in
lui vi era
della
gentilezza nei riguardi di lei. La
maga lo percepiva, ma dubitava della sincerità dell'uomo:
era un
templare e tanto le bastava per non fidarsi di lui, perché
poteva
farle del male da un momento all'altro.
Senza
mostrare alcun fastidio, Solona rispose educatamente: «Desidererei
parlare col Primo Incantatore.»
“Non
dire più del necessario, stai in guardia.”
«Può
trovarlo nello studio; bussi pure, sono sicura che la
ascolterà»
fu
la risposta del templare, che
le sorrise incoraggiante.
Solona notò che le guance di Cullen avevano preso un poco di
colore,
ma non riusciva a capire la causa di quel rossore.
«Lei
dice?»
«Sì,
il Primo Incantatore è sempre
a disposizione, non si faccia problemi; penso gli farà
piacere
sapere che la migliore tra gli apprendisti si rivolge a lui.»
“La
migliore allieva: cos'è, un modo per lusingarmi? Cosa vuoi
da me,
templare Cullen?”
Solona
non lasciò trapelare i suoi dubbi, ma sorrise
di rimando al templare ringraziandolo. In
un attimo le balenò l'idea di arrischiarsi a chiedere a
Cullen
un'informazione. Era certa che lui sapesse ciò che
desiderava
domandargli,
c'era da solo
da
sperare che lui le dicesse la verità.
«Templare
Cullen, avrei una domanda, posso?»
«Mi
dica»
dietro
quelle due semplici parole Solona non percepì nessuna
emozione se
non un atteggiamento di pura formalità, eppure Cullen
sentì il
cuore arrivargli fino alla gola, contento che lei gli avesse rivolto
la parola, per quanto fosse così sbagliato.
«Per
caso sa cosa ne è stato di Anders?»
«Non
credo
che potrei dirle qualcosa, il Comandante
Greagoir ci ha detto
espressamente
di non dire nulla a voi maghi.»
“Voi
maghi, eh? Siamo creature a voi inferiori o delle merde umane da cui
stare alla larga? Se non altro ci ho provato.”
«Capisco;
grazie lo stesso»
fece
Solona, la voce incrinata dalla delusione, che Cullen
scambiò per
tristezza «credo
sia meglio che vada dal Primo Incantatore ora»
e
si decise a bussare alla porta di Irving, ma prima che potesse farlo
fu richiamata dal templare, che
le rivolse delle parole a bassa voce.
«Signorina
Amell, Anders è nelle celle nei sotterranei,
resterà in isolamento
per una settimana. Non appena sarà liberato, per favore,
provi a
convincerlo a non rifare un gesto così sciocco. So bene che vedete
il Circolo come una prigione, ma noi siamo qui per aiutarvi, io
sono
qui per aiutarla. Là
fuori il mondo è pericoloso.»
Cullen
pronunciò quelle parole sinceramente, accorgendosi solo dopo
di
esser stato così idiota
nell'aver ammesso, seppur in modo implicito, di tenere a lei. Cosa
gli era passato per la testa? Non lo sapeva nemmeno lui; tutto
ciò
che sapeva era che non voleva vedere Solona triste e
che avrebbe fatto di tutto per lei. Fu però capace di tirare
un
sospiro di sollievo nel vedere che la ragazza non aveva reagito a
quella confessione.
È
giovane
– si disse – magari
ha pensato fosse solo una frase di circostanza.
“Più
pericoloso di voi che ci trattate come dei parassiti da schiacciare?
Non credo!”:
era questo che voleva dire Solona, stupita dalla confidenza fattale
da Cullen, ma si morse la lingua e cercò di essere
più diplomatica
e riconoscente possibile.
«Ci
proverò; grazie, templare Cullen, davvero.»
«Non
faccia parola a nessuno di quello che le ho detto, passerei guai
seri.»
«Non
si preoccupi, non dirò nulla»
fu
la risposta della maga e Cullen si sentì sollevato.
Le sorrise nuovamente e, battendo
sui tacchi mettendosi sull'attenti, la salutò porgendole un
inchino.
Solona
non era abituata a gesti così gentili
e non sapeva cosa pensare di quell'uomo che forse le aveva appena
confidato qualcosa che poteva rivelarsi
importante e pericoloso per la sua carriera.
“Meglio
di un bardo, a quanto pare, è stato facile. O forse lui
è solo un
cretino.”
“Perché
è così gentile con me? Vuole adescarmi per
poi violentarmi in branco come si sente narrare in altri circoli?”
“Sarà
vero quello che mi ha
detto? Devo assolutamente scoprirlo.”
“Ha
detto che è per aiutarmi. Aiutare… me. Mi
stava prendendo in giro?”
“E
se avesse ragione Cullen? Esistono dei templari che non vogliono il
male dei maghi?”
E
con
quest'ultimo pensiero – che sembrava una sincera speranza
–
finalmente bussò alla porta del Primo Incantatore, senza
accorgersi
dell'occhiata triste che le rivolse Cullen da lontano, mentre si
malediceva per quell'infatuazione così inappropriata.
***
Il
Primo Incantatore le confermò quanto le aveva riferito in
precedenza
Cullen e Solona era piena di gratitudine verso l'anziano mago deciso
di ridurre i giorni di prigionia di Anders –
se non cancellarli del tutto – parlando con il Comandante.
Si
ritrovò a pensare alle parole del templare; non solo gli
aveva detto
la verità riguardo la sorte di Anders, ma si
erano rivelate giuste anche le parole usate per definire il Primo
Incantatore. La maga si sentì un poco colpevole nell'aver
dubitato
così pesantemente di Cullen, essendo stato sincero. Per
quanto fosse
ancora convinta che potesse essere una strategia dell'uomo per
conquistare la sua fiducia, si ripromise di
interagirci ancora, per scoprire le sue vere intenzioni.
All'ora
di cena mangiò ancora più parcamente rispetto al
solito,
nascondendo nelle tasche della veste del pane, del formaggio e una
mela: avrebbe portato il tutto ad Anders nel
cuore della notte, cercando di non farsi scoprire.
Attese
con calma fino a quando tutte le apprendiste con cui condivideva la
stanza non si fossero addormentate. Era impaziente di vedere Anders,
di prestargli un immediato soccorso, di sincerarsi che stesse bene e
di abbracciarlo, beandosi di quel contatto, seppur poco profondo, ma
non si fece soggiogare dalla fretta.
Senza
fare rumore, mise in una sacca il cibo di cui si era privata, una
bottiglia d'acqua, degli impiastri curativi e delle pozioni di
lyrium, in
caso avesse dovuto
usare la magia curativa, per quanto non riuscisse a far altro che
curare piccoli tagli.
Aprì
piano la porta e
la chiuse
con altrettanta delicatezza,
dirigendosi
verso la latrina, stando bene attenta ad ascoltare il rumore dei
passi dei templari per capire dove si trovassero di preciso per
non farsi trovare.
Lì,
in quello stanzino dall'odore nauseabondo, cercando di reprimere
l'istinto di vomitare, si concentrò e aprì la
mente all'Oblio,
entrando a contatto con gli spiriti.
Sentì
tutta la sua energia spirituale, dai palmi delle mani alle piante dei
piedi, fluire continua, mentre si stagliavano dinanzi a lei veli
traslucidi che le si avvicinavano.
Sapeva chi – o cosa
–
cercare e
fu lieta di aver avuto fortuna: il piccolo spirito della compassione
che aveva evocato giorni fa per
far pratica
si
ricordava di lei ed era ben disposto ad aiutarla. Aveva
letto nell'animo di Solona e, facendo dei piccoli versi che
sembravano risate lieti, si trovò d'accordo col piano della
maga.
Non essendo
un templare e non
avendo le chiavi dei sotterranei – luogo in cui vi erano
delle
porte che annullavano ogni incantesimo volto ad aprirle – non
sarebbe
arrivata lontana con
le sue gambe,
mentre con
l'aiuto dello spirito ce l'avrebbe fatta.
«Allora,
uscendo da questa porta, andando nel corridoio sulla destra troverai
degli scalini con una porta sulla sinistra. Devi entrare lì
e andare
ancora a destra: troverai delle celle, con delle sbarre di ferro. In
una di queste c'è il mio amico; non appena riesci a trovarlo
puoi
fare ritorno qui così andiamo assieme. È tutto
chiaro, piccolo?» disse
Solona allo spirito che, entusiasta, vorticò attorno a lei «Mi
raccomando»
proseguì
«non
farti scoprire»
e
portandosi un dito alle labbra fece capire alla creatura che doveva
essere il più silenzioso possibile.
Adesso non le restava
altro che
attendere il ritorno del suo piccolo amico.
Angolino autrice
Non credo ci sia molto
da dire, se non che ho scritto prima le note e non la storia. Ho
sognato queste scene e molte delle battute, per poi cercare di renderle
ordinate e soprattutto sensate. Sarà una minilong di cinque
atti, come le migliori tragedie che si rispettino; io ho un animo
tragico e non lo nego.
Credo sappiamo tutti che Anders, prima di riuscire a fuggire dal
Circolo, ha tentato più volte nell'impresa e da qui mi sono
chiesta se il nostro gattaro conoscesse un Custode o una Custode che ha
l'origine del mago. In Awakening ci dice "mi ricordo di te" e quindi nella mia testa ho immaginato che non solo si
conoscessero, ma che ci fosse anche del tenero tra loro, solo
che… non era destinato a durare, data la divergenza delle
loro opinioni riguardo al Circolo e a come cambiare le cose per i
maghi. Ho scelto volutamente una Custode sia perché non
credo di saper scrivere di relazioni slash sia perché non mi
piacciono particolarmente sia perché volevo inserire Cullen
e il suo sentimento per la Custode maga e con Cully Wully la scelta
è obbligata. Sì, l'angst scorre potente nel mio
cuore e non lo nego; mi si stringeva il cuore nello scrivere di una
Solona che approfitta del buon cuore di Cullen e che diffida dei
templari, però lo trovo plausibile dato che i templari
incutono molta paura ai maghi. Alcuni dettagli come il fatto che Solona
non aveva mai attuato una fuga sebbene l'avesse pensata o che
è portata per gli incantesimi di gelo mentre è
negata per quelli curativi o anche il fatto che fosse una studentessa
modello vengono dalla Wiki di Dragon Age, ho cercato di attenermi
quanto più possibile al canon; mi piace il canon e non lo
nego. Ho scelto la maga umana e non elfa per via della parentela tra
Amell e Hawke.
Il titolo parla da solo, è il motto della casa Martell delle
Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, e lo trovo adatto ad Anders, visto
con gli occhi di Solona.
Spero che la storia possa essere di vostro gradimento, critiche e
suggerimenti sono sempre ben accetti.
Un saluto affettuoso,
Barbara
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