EDIT: Capitolo revisionato e
corretto.
CAP. 6
UNA
NUOVA DIMENSIONE
BELLA
Guidavo
con le lacrime che mi offuscavano gli occhi, senza una direzione.
Il pick-up ondeggiava da una corsia all’altra. La fortuna
era, per una volta, dalla mia parte perché credo che sarei
incorsa in un incidente frontale se nel senso inverso fosse
sopraggiunta un’altra auto, ma ero troppo sconvolta per
rendermene pienamente conto.
Il viso
stravolto, impiastricciato di lacrime represse che straripavano ora che
sembrava avessero trovato una via di fuga dal mio corpo sofferente, mi
resi conto di un brusio all’interno dell’abitacolo.
Cercai di concentrarmi. E mi accorsi di sentire in continuazione il
nome del mio amore e carnefice.
«Edward
… Edward … Edward» ero io a mormorare
con voce irriconoscibile.
Chiusi
gli occhi.
«Bella
stai attenta, ti prego» Riaprii immediatamente gli occhi.
Sapevo a chi apparteneva quella voce e sorrisi nella certezza di essere
finalmente impazzita. Quella era una dimensione dove io lui potevamo
coesistere senza farci del male a vicenda, dove potevo amarlo e lui
l’avrebbe, forse, fatto a sua volta. In fondo la mente che
stava dando di matto era la mia e la più grande e dolce
follia che potessi immaginare era proprio che lui mi ricambiasse.
«Ciao
… » Non mi sembrò sbagliato
rispondergli.
«Mi
sei mancato … sai?» Gli occhi si richiusero di
nuovo. La sua voce. Sì, la memoria umana è
davvero poco più che un colino, perché non la
ricordavo così chiara, come un coro di campanelli suonati da
angeli.
«Oddio
no, non farlo …» Non era arrabbiata, sembrava
piuttosto … spaventata.
Con gli
occhi ancora chiusi, non mi accorsi del tir che a tutta
velocità proveniva proprio frontalmente alla mia direzione.
Sentii
un ringhio furioso che si sovrappose ad un clacson che suonava
all’impazzata e allo stridio dei freni sull’asfalto.
«ATTENTA!!
» La voce sembrava impazzita. Aprii gli occhi e tutto accadde
improvvisamente. Sentii un tonfo pesante sul tetto e la portiera fu
letteralmente strappata via dal furgone. Due braccia mi afferrarono
stringendomi con forza quasi da stritolarmi e mi trascinarono fuori
appena giusto un attimo prima che avvenisse l’impatto tra le
lamiere.
Rotolai
nella terra bagnata ferendomi le braccia ed il viso, fino a che un
albero non fermò il mio ruzzolio. Le braccia mi avvolgevano
ancora come a proteggermi, a farmi scudo. Mi colpì
l’innaturale silenzio dopo tutta la confusione che aveva
invaso la mia testa pochi secondi prima.
«Bella,
Bella stai bene?» Le braccia mi scostarono dolcemente e vidi
due occhi scuri e preoccupati scrutarmi ansiosamente.
«Ti
sei rotta qualcosa? Sei ok? Adesso ti porto in ospedale, non temere,
andrà tutto bene …»
«Edward
…» espirai in un sussurro di sconforto.
«Non sei tu …» terminai affranta.
Mi
sentii afferrare improvvisamente con rabbia e strattonarmi in piedi con
violenza.
Jacob
mi fissava con una furia negli occhi che non avevo mai visto prima.
«Pensi ancora a quello schifoso succhiasangue? Ma che volevi
fare, ucciderti per lui? Pensi che gliene sarebbe fregato qualcosa? Ti
ha abbandonato, Bella, non ti avrebbe salvata stanotte e non ci
sarà mai più al tuo fianco.» Prese
fiato un attimo, poi, cercando di calmarsi aggiunse: «Lo
capisci questo?»
Lo
fissavo imbambolata. Aveva detto succhiasangue? Jacob la sapeva molto
più lunga di quanto non volesse rivelare, altro che leggende
per spaventare i bambini …
Mi
accorsi di avere la gola secca e la consapevolezza di aver sfiorato per
un soffio la morte, cominciò a far sentire tutto il suo
peso. Iniziai a tremare come una foglia e a singhiozzare convulsamente.
«Il
… conducente, il tir …
dov’è? » sentii di balbettare
flebilmente.
«Quel
bastardo è scappato via, penso che, visto
l’impatto tremendo in cui è stato coinvolto,
credesse di averti uccisa ed è fuggito. Lo sai che ti
avrebbe ucciso, vero? Che ti avrebbe lasciato in agonia
sull’asfalto?» Jacob tremava vistosamente, i pugni
chiusi, le braccia lungo il corpo. Poi, scrollò il capo
avanti e indietro e si tranquillizzò. Mi si
avvicinò piano e parve considerare solo in quel
momento il reale stato in cui dovevo essere.
Non
smettevo di piangere e tremare. «Io … non
… mi … mi dispiace». Vacillai.
«Bella,
vieni qui» disse e visto che i miei piedi non si mossero, si
avvicinò lui e prontamente mi afferrò tra le
braccia.
«Quando ti ho vista prendere l’auto fuori casa tua,
mi sono preoccupato. Ti ho seguita e mi sono accorto che non eri in te.
Quando ho visto il tir, sono quasi impazzito. Se ti fosse successo
qualcosa io … io … » la voce gli si
ruppe.
Mi
carezzava i capelli ed io lo lasciavo fare. Rimanemmo così,
per un bel pezzo, poi, lui parve riscuotersi e mi allontanò
un po’ da sé. Lo fissai terrorizzata, scuotendo il
capo con forza.
«No,
ti prego. Stringimi ancora.» Dissi ansimando.
Sobbalzò
come se l’avessi schiaffeggiato. Mi guardò con un
misto di perplessità e … tormento? Mi
sfiorò la guancia con una mano calda, chiuse gli occhi e
deglutì.
«Bella,
tu sei sotto shock.» Disse con la voce malferma.
«Ti
prego, non … mi … lasciare» dissi con
sforzo, la voce disperata. Abbassai gli occhi, per paura di leggervi il
rifiuto. Che diavolo stavo dicendo? Sentivo il bisogno irrefrenabile di
essere stretta da qualcuno, tenuta insieme per non frantumarmi in
milioni di pezzi. Il desiderio di Edward aveva lasciato in me il sapore
amaro della delusione e il mio corpo non ne accettava la mancanza.
Ma,
poi, accadde qualcosa di inaspettato.
Come se
d’un tratto Jacob avesse rinunciato alla sua battaglia
interiore, mi afferrò per la nuca e mi baciò con
violenza.
EDWARD
Ero
accovacciato sul ramo di quell’albero in silenzio, seguendo
il movimento aggraziato e flessuoso di quel grosso puma maschio. Chiusi
gli occhi e inspirai gli odori della jungla, così simili
eppure tanto più intensi rispetto al bosco di Forks. La
tensione della caccia amplificava i miei sensi fino
all’inverosimile. Mi ero già nutrito di piccole
prede insignificanti e stavo per ritirarmi. Poi, avevo sentito il
sangue di quel magnifico animale pulsare lento e un fiotto di veleno mi
aveva invaso la bocca. Potevo concedermi quel piccolo lusso, in fondo
non mi sentivo ancora del tutto soddisfatto. Mi concentrai sul punto
più caldo e superficiale sul manto nero cobalto della mia
vittima e spostai il peso sulle punte in posizione di attacco. Scoprii
i denti tra le labbra preparandomi ad affondare nella sua carne tenera
e a farmi scorrere la sua vita nella gola, quando fui distratto da un
altro suono, un altro battito rapido e leggero come di un uccellino. Le
mie narici furono colpite da un profumo umano, innocente. Seppi che si
trattava di una bambina prima ancora che i miei occhi la scorgessero.
Il recente nutrimento che mi scorreva in corpo mi diede la freddezza
necessaria per non lanciarmi all’attacco su di lei.
Una
piccola mezzosangue apparve in basso tra il fogliame. Camminava
esitante guardandosi intorno, un lungo ramoscello tra le mani per farsi
strada più agevolmente. Ma cosa ci faceva così
addentrata nella jungla, sola?
La
guardai con tenerezza. Nella stessa frazione di secondo, mi resi conto
che la mia vittima, da preda si era trasformata in predatore e stava
puntando la piccola con circospezione. Sondai i pensieri della giovane.
Era totalmente inconsapevole del pericolo cui si era esposta.
D’un tratto parve sentirsi osservata ed alzò i
suoi occhi incrociando i miei.
Occhi
nocciola, colore del cioccolato caldo, profondi.
Oddio,
sembravano gli occhi di Bella … fui colpito dalla orribile
consapevolezza che proprio in questo istante stesse correndo un grave
pericolo, così come quella giovane ora.
«Bella
stai attenta, ti prego» mi ritrovai a sussurrare colto da
un’ansia improvvisa. Il puma si voltò nella mia
direzione. Non eravamo molto vicini e mi mossi fulmineo, pronto a
ghermirlo. Ma, invece, di attaccarmi come avevo preventivato, si
girò pronto a spiccare un balzo verso la fanciulla qualche
metro più giù. L’istinto di non
lasciarsi sfuggire la preda, l’aveva portato a considerarmi
un altro predatore in competizione con lui.
«Oddio
no, non farlo …» ero in preda ad una violenta
emozione. I volti della mezzosangue e di Bella si sovrapponevano nella
mia mente, sentivo che stava per accadere qualcosa di orribile. Vidi a
rallentatore l’animale far forza sulle zampe posteriori e
abbandonare il ramo che l’aveva ospitato fino a quel momento.
Un ringhio mi gonfiò il petto inconsapevolmente.
«ATTENTA!»
Urlai e contemporaneamente mi lanciai sulla traiettoria del felino. Era
stato davvero molto veloce e approfittando del momentaneo offuscamento
dei miei sensi aveva ottenuto un discreto margine di vantaggio.
Lo
afferrai proprio mentre la piccola alzava un braccino al volto per
proteggersi, e con una secca rotazione gli spezzai il collo in un sol
gesto. L’animale si accasciò tra le mie mani, gli
occhi spalancati nella sua ultima visione, divennero fissi e vitrei.
Lo
lasciai cadere a terra con un tonfo.
Mi
voltai verso la giovane tremante che aveva sporto un po’ il
viso da sotto il braccio interrogativa, aspettandosi un impatto che non
era avvenuto. Guardò con gli occhi spalancati, prima me,
poi, il puma e, poi, di nuovo me. Sembrava perplessa. Dubito che avesse
mai visto qualcuno avere la meglio su un animale di quel tipo con la nonchalance che
avevo mostrato io. Si era resa conto che c’era qualcosa di
non naturale e mormorando la parola “stregone”
nella sua lingua, fuggì via, come una gazzella.
Ascoltai
i suoi passi rapidi perdersi in lontananza, poi, più nulla.
Stavo
ansimando, ma non per lo sforzo fisico. Era successo qualcosa, ne ero
certo. Quella sera una strana corrente mi aveva attraversato, qualcosa
che andava oltre lo spazio ed il tempo. Le situazioni che avevano
scatenato quelle che avevo definito allucinazioni, la sete
insopportabile e ora la tensione del pericolo durante la caccia,
avevano aperto una specie di varco, di porta.
Non so
cosa fosse, di che natura o come funzionasse, ma sentivo che era
accaduto in me.
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