La
strega della terra
Il gruppo si nascose in un edificio abbandonato, dove
nessuno avrebbe notato l’uso della magia da parte
di Molly. Gli incantesimi di guarigione erano la
specialità degli stregoni della terra, proprio
perché la loro magia traeva potere dalla natura stessa,
oltre alla loro naturale inclinazione ad aiutare il prossimo.
Mary era sorpresa di trovarsi improvvisamente circondata da
tanti stregoni. Sapeva dei poteri di Molly, l’aveva sempre
nascosta dai folli progetti del padre. Erano amiche da quando erano
bambine e la piccola strega le aveva addirittura salvato la vita, la
volta che la principessa si era ferita gravemente cadendo da cavallo.
Mary, a differenza del padre, non temeva la magia.
La principessa cercò subito di rendersi utile,
cercando di rendere più confortevole il giaciglio di John,
adagiato sopra un “letto” di paglia.
- Per fortuna porto sempre con me alcune erbe curative
– fece Molly, cercando di dimostrare una certa sicurezza,
anche se si sentiva a disagio, trovandosi al cospetto di due stregoni
così potenti.
Sherlock passeggiava nervosamente avanti e indietro,
sforzandosi di non pensare alla più nera delle previsioni, la
morte di John. Faceva difficoltà ad ammettere che provava
qualcosa per quello stregone, uno strano attaccamento, eppure non
poteva fingere di non curarsi del suo stato di salute.
- Per favore – sbottò Molly –
Ho bisogno di calma, concentrazione e positività –
fece fissando Sherlock, che per un attimo vacillò.
- Vieni, fratellino, sarà meglio che usciamo
– fece Mycroft, prendendo Sherlock per un braccio. Ma il moro
non si mosse di un millimetro.
- Non lascio John nelle mani di due sconosciute –
affermò duro, incurante di quanto suonasse offensivo nei
confronti delle due ragazze che stavano cercando di aiutare John.
- Ti assicuro che puoi fidarti di loro – rispose
Mycroft, serio. Aveva capito da subito che Molly era degna di fiducia e
non aveva niente da recriminare alla principessa, che a differenza del
padre e del fratello, si era sempre comportata in maniera generosa e
anche aperta nei confronti della magia.
- Non farò del male al tuo amico
– affermò Molly, certa che lo stregone
dell’aria avrebbe usato il suo potere per capire se la strega
stesse mentendo o meno.
Sherlock si rese conto che la strega stava dicendo la
verità e nonostante non fosse per niente contendo di
lasciare John, si lasciò trascinare fuori
dall’edifico.
L’aria della notte sembrava molto fredda, ma
Sherlock non era sicuro che lo fosse davvero. Magari era soltanto la
sensazione di calore che svaniva e subentrava nuovamente la presenza
dei venti freddi del nord.
Sherlock era turbato, ma non voleva dimostrarlo al fratello.
Mycroft tirò fuori del tabacco dalla sua tasca e
lo offrì al fratello, in modo da rilassarsi in attesa che la
strega compisse la sua magia. Sherlock accettò
l’offerta, continuando a riserbare un totale mutismo nei
confronti del fratello, che stufo di quell’atteggiamento,
cercò almeno di farlo ragionare su quello che stava
accadendo - Inutile che sottolinei, Sherlock, che ora abbiamo
anche una strega della terra –
- Mycroft, non sono dell’umore per profezie e
affini – rispose, infastidito.
Il fratello fu sorpreso da quello che si poteva dedurre
dall’atteggiamento del moro - Tieni davvero a quel
villico – affermò, con una punta di stupore.
- Lasciami in pace! – sbottò.
- E’ una cosa positiva Sherlock, temevo ti stessi
perdendo – continuò il fratello,
sperando di rivedere gli occhi buoni del suo fratellino, in
quell’ammasso di rabbia e frustrazione che era diventato
Sherlock.
Lo stregone dell’aria non voleva sentire, non
voleva nemmeno prendere in considerazione che potesse provare dei
sentimenti.
- Chi è stato ad attaccarmi e perché?
– chiese soltanto, ignorando la precedente conversazione.
- Un problema alla volta – rispose semplicemente
Mycroft.
Sherlock gli rivolse uno sguardo penetrante ma Mycroft non
si mosse di un millimetro, né si fece impressionare da tanta
veemenza.
- Ti odio – fece soltanto Sherlock.
- Va bene, Sherlock. Odiami pure, ma non cedere ai poteri
oscuri –
Sherlock scosse il capo. Si sentiva in colpa, avrebbe dovuto
proteggere John, non il contrario. Era un novizio, stava ancora
imparando. Era una persona buona, come lui non si sentiva di essere.
Sapeva che la propria anima era in qualche modo sul punto di spezzarsi, mentre John era così generoso e puro. Avrebbe dovuto
essere lui in fin di vita, non l’uomo che lo aveva trattato
come un essere umano.
Si strinse nel mantello, capendo che le sue prossime azioni
sarebbero state inevitabile conseguenza della sorte di John.
- Io entro Mycroft, magari hanno bisogno di una mano
– E senza aspettare un commento del fratello, raggiunse il
giaciglio dove Molly stava praticando un incantesimo curativo dopo
l’altro. Niente sembrava funzionare.
Maty era leggermente più bianca e quando il suo
sguardo incontrò quello di Sherlock, si morse un labbro,
incapace di nascondere una certa apprensione.
- Vi posso aiutare? – chiese Sherlock a Molly.
- Sì, stavo giusto per farti chiamare, vieni qui.
Ho bisogno di un aiuto. Serve un sentimento potente come
l’amore. Il sentimento che provi per lui lo
aiuterà, renderà più forte
l’incantesimo –
- Che cosa? – chiese stupito, credendo di aver
capito male, che non stessero sottintendendo quello che pensava.
- Oh cielo, sei uno stregone o cosa? Conoscerai
l’importanza dei sentimenti in certi incantesimi –
fece Molly, con un inaspettato piglio sicuro.
Sherlock si passò una mano nei capelli,
nervosamente - Sì, credo. Ma io cosa c’entro?
Potremmo far arrivare sua sorella –
Le due donne si guardarono smarrite.
- Che problema hai? Non vuoi salvarlo? –
fece Mary accigliata.
- Sì, ma… non credo che … -
Sherlock non finì la frase. Avrebbe voluto
elencare i mille motivi per cui non era possibile che provasse quello
che loro definivano amore. Non era in grado, il suo cuore si era
raffreddato tanto tempo prima, al punto che quasi non lo sentiva
più battere. Eccetto, in effetti, quando si avvicinava a
John, allora era diverso, tutto era diverso, era più bello e
luminoso.
Stava ancora riflettendo su quello che poteva provare o non
provare per John, quando Mycroft lo spinse verso lo stregone
dell’acqua – Ti rendi conto che non abbiamo tanto
tempo? – fece, capendo la lotta interiore del fratello.
Sherlock si chinò sull’amico e solo
allora Molly percepì tutta la tristezza che quel ragazzo
dagli occhi chiari portava con sé.
- Prendigli la mano – fece la strega e lui
ubbidì silenzioso, mentre lei ripeteva la formula magica.
Sherlock non aveva coraggio di guardare lo stato di John, la palla di
fuoco aveva fatto parecchi danni, ma effettivamente la ragazza sapeva
il fatto suo. Molte ferite si erano già rimarginate, solo il
respiro restava debole.
Sherlock strinse più forte la mano di John e
chiuse gli occhi, sperando che la magia fosse abbastanza potente da
permettere all’amico di leggere i suoi pensieri.
“John, ti prego, torna da me. Resisti”
ripeteva nella sua testa “Razza di idiota, non dovevi
sacrificarti per me”
E in un attimo era dentro ad un sogno, sembrava come se
fosse entrato nella testa di John. Mai provata una magia del genere,
John era quello che poteva leggere il pensiero, non lui.
John era lì, nel sogno, seduto sulla riva di un
fiume, intento a fissare un ramo che veniva trasportato dalla corrente.
Non era un luogo qualsiasi, era il fiume vicino al villaggio dove era
cresciuto Sherlock.
“John, cosa ci fai qui?” chiese
Sherlock, attirando la sua attenzione. Sperando che così si
sarebbe svegliato.
“Sherlock?” fece il biondo. Lo stregone
non aveva idea che il moro fosse veramente in quel sogno, credeva di
avere davanti, una delle sue incantevoli visioni, come la creatura
fantastica che era uscita dalla cascata. John si alzò in
piedi e corse verso il moro, senza esitazioni.
Sherlock stava per iniziare una lunghissima spiegazione sul
significato di quel luogo, teorizzando sul perché la magia
avesse aperto un simile canale magico, ma non fece in tempo
perché John si avvicinò come per studiarlo meglio.
Il moro sembrò spiazzato dal comportamento e solo
allora capì che John non si rendeva conto che in
realtà era in stato di incoscienza, mezzo morto.
Sherlock fece per dire qualcosa ma il cuore, quello che non
sentiva tanto spesso, gli stava rimbombando in tutta la cassa toracica,
fino a sentirlo nelle orecchie. John lo fissò negli occhi e
Sherlock, senza rendersi conto di quello che faceva, si
avvicinò per baciarlo.
Nel momento in cui le loro labbra si incontrarono, Sherlock
fu scaraventato fuori dal sogno, con un impeto tale che si
ritrovò disteso a metri di distanza da John, col fratello
che lo fissava incuriosito. Il moro voltò lo sguardo verso
John e vide che aveva gli occhi aperti e sembrava essere molto confuso.
Il biondo cercò di alzarsi, disorientato,
cercando Sherlock con lo sguardo, ma Molly lo rimise disteso.
- Cos'è successo? - chiese Mary,
affascinata dalle strane conseguenze della stregoneria.
- La magia ha funzionato – rispose solamente
Molly, strizzando l’occhio in direzione di Sherlock.
***** *****
Mycroft consigliò a Molly e alla principessa, di
ritornare a Palazzo, prima che qualcuno si accorgesse della loro
assenza. Le due donne ringraziarono e sparirono nella notte, non prima
che Molly e lo stregone del fuoco si scambiassero un muto segno di
complicità.
Sherlock intanto, stava valutando maniacalmente lo stato di
salute di John, troppo debole per protestare per l’eccesso di
zelo dell’amico.
- Ti giuro che sto bene – commentò,
mentre Sherlock controllava che tutte le ferite si fossero rimarginate.
- Voglio essere sicuro –
- Allora, Molly è una strega, interessante. Cosa
ne pensi? – chiese John, cercando di mettersi seduto
– Le devo la vita –
- E io la devo a te – rispose il moro, accennando
un sorriso –Ti ricordi qualcosa? –
- L’ultima cosa che ricordo? Mi gettavo verso di
te per salvarti, non ricordo altro –
Sherlock ripensò al sogno in cui era entrato e
per un attimo si bloccò, una frazione di secondo, il tempo
di chiedersi se fosse il caso di parlarne. Ma poi decise d ignorare la
cosa, quello strano senso di calore che sentiva ogni volta che si
avvicinava a John, perché per lui poteva anche essere
così, ma per John? Nessuno poteva amare Sherlock Holmes.
Il moro riprese il solito contegno e smise di controllare lo
stato di salute dell’amico, con una leggera nota di tristezza
sul viso, che non sfuggì al fratello.
Anche John notò il cambiamento nel comportamento
di Sherlock e cercò, inutilmente, di leggerne i pensieri.
Sherlock aveva imparato a nasconderli bene, cosa che
lasciò a John un senso di vuoto, gli sembrava
l’unico modo per avere una vera connessione con il moro.
Mycroft guardò il fratello distanziarsi da John e
sedersi in un angolo di quella casa diroccata. Poi rivolse lo sguardo a
John, con un accenno di sorriso allo stregone che poteva salvare
Sherlock e al contempo la magia, aiutando a realizzare la profezia.
Il maggiore degli Holmes iniziò a camminare
circolarmente, ripetendo una formula che a John sembrava quasi una
filastrocca. Il biondo fissò Sherlock, interrogativo, come a
chiedere cosa stesse facendo il fratello, ma Sherlock non lo stava
guardando, troppo preoccupato da quello che era successo. Non riusciva
a decidere se era più sconvolto dall’attacco
inaspettato o da quello che era successo nel sogno di John.
Quando Mycroft finì di roteate su se stesso, si
rivolse a entrambi – Ora questo posto è stregato,
nessuno può vederlo e nessuno può entrarvi.
Passerete la notte qui, finché non saremo sicuri di cosa sta
accadendo –
John ringraziò lo stregone del fuoco, mentre
Sherlock non accennò a commentare quello che aveva fatto
Mycroft. Non credeva che bastasse qualche magia per farsi perdonare. Il
fratello si aspettava che l’ostilità non sarebbe
cessata, per cui fece un cenno di saluto a John e lasciò
l’edificio.
- Sherlock, vieni qui, non puoi dormire per terra
– commentò stancamente John.
- Non è un problema e non credo
dormirò –
- Hey, hai detto che mi devi la vita, fammi il favore di
venire a dormire qui – riprovò John.
- Perché? –
- Perché ormai sono abituato a dividere il letto
con te e sono stanco, ferito, e sicuramente farò qualche
incubo, per cui ho bisogno del mio amico –
Sherlock tremò impercettibilmente alla parola
“amico”. John non faceva che parlare di amicizia,
ma i recenti pensieri del moro erano andati abbondantemente oltre.
Tutto stava accadendo troppo in fretta. Un giorno prima progettava di
rovesciare il Re, senza nessuna remora e il giorno dopo era perso in un
sogno in cui baciava John.
Non era esattamente quello che si sarebbe aspettato, quando
aveva fatto volare via il vessillo reale dal carro di John .
John continuava a battere la mano sul giaciglio di paglia,
nonostante ogni mossa gli costasse una fitta di dolore, così
Sherlock finì per distendersi accanto a lui, sperando che
John non entrasse in altri suoi sogni.
Il biondo sorrise, stanco stravolto. Era davvero preoccupato
che Sherlock non dormisse, conoscendo le pessime abitudini del moro.
Inoltre, quasi sperava che la vicinanza lo riportasse
all’ultimo sogno che aveva fatto, dove un Sherlock molto
simile all’originale, lo aveva baciato in maniera impacciata
ma credibile.
Peccato che John non sapesse che quello non era propriamente
un sogno, ma qualcosa di molto reale.
***** *****
Angolo autrice:
Ciao a tutti!
Capitolo breve, ma era
da parecchio che non pubblicava per cui ho preferito aggiornare,
sperando di andare più veloce con il prossimo.
Ringrazio CreepyDoll,
Emerenziano, Mikimac e Atena_Laufeyson per la costanza delle
recensioni, soprattutto perchè credo che la storia non sia
seguitissima, basandomi sulla quantità calante di visite ai
capitoli. Spero che la storia non vi stia deludendo, nel caso mi
dispiace davvero.
Grazie a tutti quelli che leggeranno e alla prossima!
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