Dopo
anni e anni... un nuovo capitolo! \*-*/ Non dico nulla riguardo al
capitolo... ci vediamo in fondo alla pagina per le note! ;)
VEREOR NOX: GWYNDOLIN, SOLE
OSCURO
Capitolo Sei: Paura
Gwyn non prese bene l’essere stato privato di
quell’anima così potente. Aveva deciso, non appena
Artorias gliene aveva parlato, che sarebbe stata sua. Non poteva
sopportare che un esserino così microscopico, in confronto
alla loro statura, gli avesse rubato un tesoro del genere.
Artorias era tornato ad Anor Londo incredulo: mai avrebbe pensato che
quel nano si sarebbe suicidato gettandosi sul suo spadone piuttosto che
consegnare l’anima che Gwyn desiderava. Non avrebbe mai
creduto di tornare con la notizia di un fallimento.
Gwyn divenne ancora più intrattabile e allontanò
da sé persino sua figlia, la sua adorata Gwynevere. Con il
passare del tempo sembrava sempre più ossessionato dal
guadagnare potere.
La Principessa invece cercava disperatamente di avvicinarsi a suo
padre: era la sola famiglia che le rimaneva dopo
l’allontanamento del primogenito e la morte della madre.
Evitava accuratamente Ornstain: non sospettava l’esistenza il
tranello di Gwyn. Ovviamente il terzogenito non era contemplato nel suo
ramo familiare. Era come diceva Gwyn: lui era diverso. I discendenti
del Lord del Sole sembravano avere luce liquida al posto del sangue
perché brillavano dall’interno. Il piccolo
Gwyndolin, invece, era molto più simile a quei nani che
avevano privato Gwyn dell’anima che desiderava: non aveva una
luce interna ed era più basso e mingherlino dei suoi
consanguinei. In più, agli occhi di Gwynevere, il bambino
non era riuscito ad aiutare la madre causandone la morte.
Tutte le altre divinità di Anor Londo non si accorsero del
cambiamento di Gwyn: era sempre stato un sovrano dedito alla sua
patria, ma aveva svelato il vero se stesso solo ai suoi consanguinei.
Agli occhi di tutti era sempre stato saggio, potente e incrollabile.
Non si resero conto che ormai per lui contava solo il suo trono.
E passarono degli anni.
Gwyndolin era affacciato al grande balcone di Anor Londo ad osservare
il sole che si alzava e diventava sempre più forte.
“Ah, è strano incontrarti fuori dalla
biblioteca” disse Velka, affiancandosi a lui.
Gwyndolin ormai non era più un bambino ma un giovane
adolescente. Il tempo non l’aveva reso più simile
al padre, anzi, aveva aumentato le loro differenze. I lineamenti del
bambino erano diventati molto delicati e femminili, simili a quelli di
Gwynevere, e la sua pelle così pallida da dover rifuggire il
sole nelle ore più calde.
“Velka… non hai nessun altro da
perseguitare?”
La dea del peccato ridacchiò. Il tempo aveva reso il corpo
di Gwyndolin ancora più esile e debole, se lo si voleva
paragonare a quello di Gwyn, ma il suo carattere si era rafforzato e
ormai non temeva quasi più nessuno: la sua magia era
diventata più potente di qualsiasi guerriero. “Sai
che la risposta sarebbe negativa” rispose la donna. Gwyndolin
era l’unico odiato dal Lord del Sole ad avere il permesso di
abitare ad Anor Londo. Gwyn non aveva mai costretto suo figlio a
rinchiudersi dentro il dipinto di Ariamis: forse non aveva il coraggio,
alla fine, di fare, ancora una volta, qualcosa contro la sua famiglia.
Cadde il silenzio.
“Tuo padre si comporta in modo strano.”
“Sono anni che si comporta in modo strano.”
Velka non riuscì a reprimere un sorriso sotto la maschera
che portava. “E tu non intendi fare nulla a
riguardo?”
Il giovane la incenerì con i suoi occhi dorati.
“Mi confondi con uno dei Cavalieri di mio padre, per
caso?”
“No, come potrei?” rise la dea, guadagnandosi
l’ennesima occhiataccia. “Mi sembra solo strano che
tua sorella non ti abbia interpellato e non abbia chiesto aiuto alle
tue capacità. Non l’ha fatto?”
“Perché ti interessa?”
Velka rivide, per un secondo, il primogenito e la sua costante
diffidenza. Forse era per la strana somiglianza che accumunava
Gwyndolin e il primogenito di Gwyn, che il Lord del Sole non riusciva
ad allontanare il suo scomodo figlio più piccolo.
“Non mi interessa, mi chiedevo solo se tua sorella avesse
cambiato le sue abitudini.”
“Non ti riguarda.”
Con il passare degli anni Gwyndolin si era reso conto che Velka non
rappresentava affatto un pericolo ma più una figura che
compariva nei momenti meno opportuni. Il fatto che avesse studiato e
potenziato le sue capacità, superando anche quelle della dea
del peccato, aumentava ancora di più la sua sicurezza e la
sua sfacciataggine.
Dal balcone dove era affacciato, Gwyndolin notò la
processione di alcune persone che indossavano una lunga tunica nera che
copriva i loro volti con dei cappucci.
“Ma quelle non sono le Streghe di Izalith?”
domandò Velka improvvisamente interessata.
“Sì, sono loro” Gwyndolin si sporse un
po’ di più.
“Cosa ci fanno qui?”
Le Streghe erano dirette verso la grande entrata di Anor Londo con il
loro incedere calmo ma regale.
Il giovane lanciò uno sguardo inceneritore a Velka.
“Smettila di seguirmi” le intimò
rientrando nella città-fortezza e scomparendo magicamente
alla sua vista.
La dea del peccato continuò a sorridere dietro la maschera.
Sì, gli anni avevano cambiato Gwyn e i suoi figli. In
particolare il piccolo Gwyndolin.
“Te ne sarai reso conto anche tu” disse Izalith.
Lo sguardo che Gwyn le rivolse fu totalmente folle. “Come
può accadere una cosa del genere?”
“Non ne ho idea, ma si sta spegnendo.”
Gwyndolin si era reso invisibile e stava ascoltando la conversazione
tra Izalith e suo padre. Da quando il primogenito aveva lasciato Anor
Londo, il ragazzino aveva potuto ascoltare tutte le conversazioni che
desiderava perché nessun altro aveva la capacità
di percepirlo come faceva il dio della guerra. Gwyn e la Strega stavano
parlando della Prima Fiamma, il simbolo del loro potere, che bruciava
con sempre meno intensità.
“Che intendi, di preciso?”
Izalith fece un gesto di stizza. “Cosa intendo? Intendo che
la Prima Fiamma sta perdendo potere. Come vuoi che te lo dica? Sta per
spegnersi.”
Gwyn assunse un’aria spaventata. “Tra quanto
potrebbe spegnersi?”
Gwyndolin si sedette per terra godendosi una conversazione che sarebbe
stata lunga e molto probabilmente interessante.
“Abbiamo tempo, se è questo che ti preoccupa.
Molto. Ma si spegnerà.”
Il Lord del Sole sbatté un pugno sul bracciolo del suo
trono. “Impedisciglielo!”
Le figlie di Izalith, che si facevano chiamare ‘Figlie del
Caos’, borbottarono tra loro, incredule per il modo in cui il
Lord del Sole si rivolgeva alla Strega. Non gli era mai piaciuto il
modo in cui Gwyn trattava gli eroi con cui aveva sconfitto i draghi.
Per il mondo era solo merito del Lord del Sole se avevano potuto dar
vita all’Era del Fuoco, ma in realtà aveva avuto
molti compagni al suo fianco. I più importanti gli restavano
fedeli, ma molti stavano perdendo fiducia nei suoi confronti e questo
lo rendeva persino più scontroso.
“Posso provare, ma…”
“Tu devi riuscire!”
Izalith e Gwyn si guardarono intensamente negli occhi per un lungo
momento.
Gwyndolin sapeva che la Strega era dotata di una personalità
molto forte. Si era legata al Lord del Sole per sconfiggere i draghi
immortali, desiderosi di raggiungere la superficie, ma dopo
quell’evento raramente erano andati d’accordo e
così lei si era ritirata ad Izalith per poter praticare
liberamente la sua magia.
Gwyn era sempre stato accecato dal comando: sul campo di battaglia era
stato fenomenale e provvidenziale, ma da quando era diventato il
sovrano dell’Era del Fuoco e di Anor Londo era diventato
pigro e ancora più pieno di sé. Ormai credeva che
tutto gli fosse dovuto e nessuno avrebbe potuto privarlo del suo trono.
“Ci proverò, Gwyn. Neanche io voglio tornare al
Buio” disse la Strega di Izalith trattenendo un tremito.
Gwyndolin restò immobile e guardò Izalith
lasciare il grande salone di Anor Londo accompagnata dalle sue Figlie,
come in processione.
Il Lord del Sole lanciò un grido furente facendo accorrere
il fedele Ornstein.
“Mio Signore?” domandò il cavaliere.
Gwyn prese la sua corona, che portava sempre tra i capelli, e gliela
lanciò contro con un altro grido di rabbia.
Gwyndolin, ancora invisibile, scosse la testa: il Lord del Sole era
sempre eccessivo nelle sue esternazioni.
Velka sorrise guardando Gwyndolin dormire profondamente nel suo letto.
La vita non era stata generosa con lui: i suoi genitori
l’avevano rifiutato, sua sorella l’aveva rifiutato
e l’unico che l’aveva mai amato era stato esiliato.
Nonostante tutto non era diventato un essere debole, certo non era
forte fisicamente come Gwyn, ma a modo suo era diventato un valido
guerriero.
Da bambino era poco più che autosufficiente, sempre nascosto
dietro le vesti ampie del Primogenito, ora preferiva comunque rimanere
nell’ombra, ma non temeva più così
tanto il prossimo: aveva imparato tanti validi incantesimi con cui
potersi difendere.
La Dea del Peccato quasi sorrideva di orgoglio guardando quel ragazzo
adolescente, prima così debole, che ora si avviava a
diventare una figura importante di Anor Londo. Ovviamente solo lei
aveva interesse nella sua esistenza.
Ancora attendeva, con impazienza, il momento in cui Gwyn lo avrebbe
rinchiuso nel Dipinto di Ariamis e lei avrebbe avuto il controllo
totale su quel ragazzino. Perché, sì, veniva
rifiutato da tutta Anor Londo, ma era diventato molto altezzoso, a
tratti anche odioso, forse inebriato dalla sua potenza.
Gwyndolin stava leggendo in biblioteca, in perfetta solitudine, e stava
facendo pratica con degli incantesimi molto semplici.
“Tu sei Gwyndolin, immagino” gli disse una voce che
non aveva mai sentito.
Il ragazzo alzò gli occhi e vide di fronte a sé
uno dei tanti soldati di Anor Londo. Aveva voce una profonda, molto
simile a quella di suo padre, ma in qualche modo era anche dolce.
Attraverso l’elmo si intravedevano un bel paio di occhi
scuri.
“Sì, sono io.”
Gwyndolin non si stupì del fatto che quel soldato non lo
conosceva: da quando aveva imparato a rendersi invisibile passava la
maggior parte del tempo in quello stato e ormai era diventato solo una
voce di corridoio. Solo i più vicini a Gwyn sapevano
com’era fatto e che esisteva davvero.
“Lord Gwyn desidera vederti.”
Questo sorprese Gwyndolin: suo padre lo stava convocando? Chiuse subito
il libro che stava leggendo e quasi corse nel salone dove si trovava il
trono di suo padre. Aprì la porta con la magia, talmente era
emozionato. “Padre! Volevi vedermi?”
Il Lord del Sole lo fulminò con lo sguardo. “Lord
Gwyn, per te, sgorbietto.”
Gwynevere, come sempre seduta sul bracciolo del trono di Gwyn,
ridacchiò malignamente.
Gwyndolin rimase raggelato al suo posto: aveva creduto che il Lord del
Sole volesse riappacificarsi con lui, accettarlo, finalmente.
Provò il desiderio di rendersi invisibile ma resistette alla
tentazione fronteggiando lo sguardo duro di suo padre.
“Volevi vedermi?” ripeté.
Gwyn rimase in silenzio qualche secondo credendo che il ragazzo avrebbe
continuato la frase chiamandolo che l’appellativo che
meritava, ma non lo fece. Era incredibilmente testardo.
“Sì. Ci sono delle persone che volevano
vederti.”
Il grande portone dorato della stanza si aprì, spinto dalle
guardie giganti, lasciando entrare gli incantatori di Seath.
Gwyndolin sentì il sangue defluirgli dalla testa alle gambe.
Osservò in silenzio gli incantatori avvicinarsi a suo padre
e sua sorella e inchinarsi al loro cospetto, ascoltando il tintinnio
dei loro pendenti dorati, senza sapere cosa dire. Uno di loro lo
guardò fisso negli occhi, sorridendo arcigno.
“Li riconosci?” sorrise Gwyn.
“Sì” riuscì a rispondere
Gwyndolin combattendo il groppo alla gola.
Gwynevere continuava a sorridere malignamente: desiderava ardentemente
liberarsi di quel mostriciattolo. Gli aveva chiesto soltanto di
liberare sua madre dal suo malessere, ma non c’era riuscito e
la sua incompetenza aveva portato al suo brutale assassinio. Da quando
sua madre era stata uccisa non vedeva di buon occhio neanche Ornstein
ma l’oggetto principale del suo odio era sempre Gwyndolin.
“Bene, allora sai già che Seath ti
desidera” continuò il Lord del Sole.
“In realtà non lo immaginavo.”
Gli occhi di Gwyn brillarono folli. “Voglio sapere
perché sei così.”
Gwyndolin rimase al suo posto: sarebbe stato usato come cavia da Seath
il Senzascaglie con il consenso di suo padre.
Uno degli incantatori, dopo il cenno di consenso del Lord del Sole, si
avvicinò a Gwyndolin e lo prese per il polso.
Il ragazzino non si oppose: si sentiva dispiaciuto e impaurito per
l’ennesimo abbandono del padre, ma riuscì a
nascondere la sua delusione. In un certo senso voleva scoprire
com’erano gli Archivi del Duca di Seath che avevano spinto
Havel e il Primogenito a tradire Gwyn e il creatore di Priscilla.
Gwynevere lo salutò con la mano mentre
l’incantatore lo trascinava fuori dal salone.
Mentre usciva dalla città-fortezza incontrò i
Quattro Cavalieri di suo padre, che rimasero tristemente a guardarlo, e
Smough che fu l’unico che scoppiò a ridere
malignamente.
Di tutti, però, solo Gwyn quasi non lo degnò di
uno sguardo.
Eccoci qua. :D
Lo ammetto: il
capitolo potrebbe essere considerato corto... ma ehi! Avete capito che
succede? Gwyn vende Gwyndolin a Seath che ha perso completamente la
brocca xD Aaaaah
l'amore paterno. Non mi sono inventata nulla: nella lore
del gioco ci sono delle supposizioni su "un incontro" tra Gwyndolin e
Seath perchè il Drago crea la Farfalla della Luna che sembra
avere dei poteri in comune con i poteri del terzogenito. Ecco come secondo
me è andata xD
E ora come
farà Velka senza il "suo" piccolo Gwyndolin?
Ps: spero che
questo ritorno in carreggiata vi faccia piacere! :D
Un bacio,
WindSlayer
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