cap.4
Dovevo assolutamente andarmene. Le sue
parole continuavano a rimbombarmi in testa. “Sei una bugiarda!
Questa è solo un'altra delle tue sporche menzogne, ma non
preoccuparti, Rachel non ti ha minimamente creduto, come del resto
io! Se stai cercando ancora di dividermi da lei, sappi che stai
sprecando il tuo tempo!”. E poi ancora “ Non avrei mai pensato
che saresti arrivata a tanto! Ma non importa, perchè presto io e lei
ci sposeremo! La tua bugia non ti è servita a nulla!”. Le sue
parole erano state peggio della maledizione Cruciatus, o peggio
dell'Avada Kedavra. Arrivai a casa, stordita, ferita, a pezzi. Sapevo
che almeno in parte lui aveva ragione, avevo inventato mille bugie,
per dividere lui e Rachel, ma tutto perchè ero pazza di lui, e
volevo, anzi dovevo riprendermelo ad ogni costo. Che colpa ne avevo
io, se lo amavo così disperatamente da usare qualunque mezzo, per
riaverlo con me? Ma credevo, anzi speravo che lui credesse a ciò che
gli avevo rivelato. Una parte di me, sapeva che forse lui non mi
avrebbe creduta, e che la mia fosse solo un'altra delle mie solite
bugie, ma dovevo tentare. Avevo appena ricevuto il responso
dell'ospedale S. Mungo, dopodichè mi precipitai da lui. Nessuno
sapeva che io ero incinta. Ma come avevo previsto... Mi distesi sul
letto in camera mia, cominciando a piangere.La mamma, aveva notato la
mia espressione strana, intontita, prima che io arrivassi in camera
mia. Mi aveva chiesto cosa avevo, le sembravo strana. “ Per caso
hai litigato di nuovo con Harry?” mi chiese apprensiva. “ Oh
Ginny cara, cos'altro hai inventato questa volta? Tesoro, ormai è
finita, devi fartene una ragione...”. Non le diedi il tempo di
finire, che mi precipitai su per le scale. Mia mamma, come tutti gli
altri, era a conoscenza delle bugie che avevo raccontato ad Harry e
Rachel. E fu li che cominciai a pensare di andarmene. Presto la
notizia che avevo dato ad Harry, si sarebbe divulgata, arrivando alle
orecchie di mia madre, mio padre e tutto il resto. Forse loro mi
avrebbero creduta pensai, così come Ron e Hermione. Però, anche se
mi avrebbero creduta, la vergogna prese il sopravvento. Vergogna di
essere incinta di un ragazzo che di me non ne voleva più sapere, che
adesso mi odiava, e che i miei genitori dopo anche loro, forse si
sarebbero vergognati di me, di avere una figlia incinta di un ragazzo
che l'aveva ripudiata. Ed io non potevo vivere con questa
convinzione, ed ero certa che non avrei saputo guardarli più negli
occhi, tanta la vergogna che provavo per me stessa e per loro. Così
mi alzai dal letto, mi asciugai gli occhi con il dorso di una mano,
presi la valigia e cominciai a mettere i panni dentro alla rinfusa, e
il più velocemente possibile. Dopo che ebbi finito, mi diressi verso
la mia scrivania, intenta a scrivere una lettera per la mamma, in cui
le dicevo che io partivo, andavo via perchè avevo bisogno di
cambiare aria, vita, e che se fossi rimasta li, a cercare di
dimenticare Harry, non ci sarei mai riuscita. Più o meno, usai le
stesse parole che George le disse quando decise di partire dopo la
morte di Fred. Le dissi che andavo a New York, e di non preoccuparsi
di niente, promettendole che gli avrei inviato presto un gufo con mie
notizie. All'inizio, non sapevo bene perchè volessi andare proprio
lì, ma visto che era l'unica città babbana che mi era venuta in
mente, pensai che non avrei saputo prendere decisione migliore. Dopo
aver finito di scrivere la lettera, raccolsi la valigia dal letto, e
in tutta fretta, ma facendo il più piano possibile, mi affrettai a
scendere le scale. Mi nascosi, dietro il muro delle scale, e con la
coda dell'occhio, sbirciai per vedere se c'erano o mia madre o mio
padre nei paraggi. Ma con mia fortuna no. Probabilmente, mia mamma
era in camera di Ron a pulire, e mio padre era andato al Ministero
della Magia. Sapevo che stavo sbagliando a scappare in quel modo, ma
non avevo altra scelta. Tutto, tutto per non rivederlo più, per non
doverlo vedere con lei sposato, e per non dare dispiacere ai miei. Mi
affrettai ad uscire, e con passo spedito, mi incamminai. Avevo
racimolato qualche soldo, così decisi di prendere l'aereo, un mezzo
babbano, di cui mio padre, assiduo fan di cose babbane, mi spiegò
che si usava per spostarsi in altre città, e che volava proprio come
una scopa. Così dopo aver camminato un bel po', arrivai a Londra,
vicino alla stazione di King's Cross, quando, non sapendo dov'è che
dovevo prendere quest'aereo, chiesi gentilmente ad un passante, dov'è
che lo potevo trovare. Questo signore vecchio e striminzito, mi disse
che sarei dovuta andare all'aereoporto di Londra, e che per arrivarci
dovevo prendere un taxi. Io non sapevo cosa fosse un taxi, e così
timidamente gli chiesi cos'era, e dove potevo trovarlo. Lui cominciò
a ridere, facendomi diventare rossa dalla vergogna, quando dopo un
po' ridiventò serio, e con un gesto della mano, mi indicò una
macchina gialla, con su scritto in nero “TAXI”, ferma proprio
vicino alla stazione. Io lo ringraziai con un filo di voce, e mi
affrettai verso il Taxi. Dopo essermi accomodata nel taxi, e aver
detto al conducente che dovevo andare all'aereoporto di Londra, lui
annuì, e mi ci portò. Dopo che arrivai all'aereoporto, pagai il
conducente, e mi incamminai. Arrivata dentro all'aereoporto, non
sapevo cosa fare, ero totalmente spaesata. Quando dopo un po', notai
una coppia di babbani, marito e moglie che discutevano. Io cercai di
avvicinarmi per sentire cosa dicessero. Il marito le diceva che se
dovevano fare i biglietti per andare a New York, dovevano sbrigarsi,
prima che l'aereo partisse. La parola New York, mi fece venire un
tuffo al cuore. Così pian piano mi avvicinai, e cercai di fare
quello che facevano loro. Così anche io comprai un biglietto, e
seguì la coppia, diretta verso l'aereo. Devo dire che quando lo vidi
mi fece un certo effetto. Avevo creduto davvero che avesse la forma
di una scopa. Invece era come se fosse un uccello bianco, con
davanti un becco, due ali aperte, ed aveva tutt'intorno dei
finestrini. Più o meno, restai affascinata nel guardarlo, dopodichè
mi distolsi dai miei pensieri, e cominciai a salirci dentro, sempre
seguendo la coppia di babbani. Una signorina, vestita in modo strano,
mi fece accomodare vicino ad uno di quei finestrini che avevo visto
poco prima. Quando dopo un po', l'aereo partì, sollevandosi da
terra. Quindi davvero quel coso sapeva volare come una scopa, proprio
come mi disse il mio papà. Ma c'era davvero una bella differenza,
pensai. Volare con la scopa era assai meglio che volare in quella
maniera. Però dovevo ammettere che mi stavo divertendo. Ma feci
troppo presto a parlare. Viaggare in aereo, non mi provocò altro che
giramenti di testa, e più volte, avevo rischiato di dare di stomaco.
Si, non c'era dubbio, volare con la scopa, era molto meglio. Quando
finalmente arrivammo a New York, era quasi sera. Mi affrettai a
trovare l'uscita dell'aereoporto, con lo stomaco ancora in subbuglio,
e la testa che mi girava ancora un po'. E quando vidi la città,
pensai che avevo fatto proprio bene a decidere di andare lì. Era
stupenda. Notai un cartello, con su la scritta “ Welcome to
Manhattan”. Quindi il posto in cui mi trovavo io, doveva chiamarsi
così. Cominciai ad incamminarmi, decisa a trovare un posto in cui
restare per un po'. Ma mentre pensavo al da farsi, mi guardavo
intorno. Ero davvero affascinata dal panorama. C'erano tanti palazzi
alti grandi, tutti illuminati, insomma era davvero un gran bello
spettacolo. Comunque, dopo aver avvistato una signora di mezza età,
le chiesi dov'è che potevo fermarmi per la notte. Lei mi disse che
potevo fermarmi in un Hotel, e che in quei paraggi, c'è n'era più
di uno. Ringraziai la signora, e mi incamminai. Trovai diversi Hotel,
ma nessuno che potesse ospitarmi, perchè con i soldi che avevo, non
me li potevo permettere. Erano tutti molto costosi. Ero davvero
disperata, non sapevo cosa fare. Ma sapevo che forse, dovevo
prepararmi a dormire per strada. Ero davvero stanca, la testa mi
girava di nuovo, avevo la nausea. Eppure non avevo mangiato niente su
quel maledettissimo aereo. Probabilmente, era la gravidanza che dava
i primi segni. Mi sedetti su di una panchina, dopo aver camminato in
lungo e in largo, distendendomi, per cercare di riprendermi un po', e
chiudendo gli occhi. Quando li riaprì, all'improvviso, mi trovai una
ragazza vicino a me. Era bassa, magra, con capelli corti castani, e
gli occhi dello stesso colore dei capelli.
_ Signorina, che ha? Non si sente
bene?_ mi chiese preoccupata. Era davvero molto bella, e aveva l'aria
davvero gentile.
_ No, non stò affatto bene!_ risposi
quasi sgarbata, ritornando a chiudere gli occhi.
_ Scusa, si vede davvero che stai male!
Cosa ti è successo?_ mi chiese sempre apprensiva.
_ Niente, non si preoccupi! Il fatto è
che sono appena arrivata in questa città, ma non so dove andare, ne
dove passare la notte!_ dissi disperata e alzandomi. La ragazza
annuì.
_ Capisco! Senti, ti va di venire con
me?_. Io rimasi sbalordita. Mi conosceva da nemmeno cinque minuti, e
voleva che io la seguissi. Eppure, era sincera, e mi guardava
sorridente.
_ E dov'è che dovrei venire con te?_
chiesi accigliata. Non volevo sembrare sgarbata, ma diamine era una
sconosciuta... e se mi avesse fatto del male?
_ Sai..._ disse lei sempre sorridendo _
la mia casa è un Bed & Breakfast..._ ma io la interruppi.
_ Un cosa?_ le chiesi sempre più
confusa.
_ Un Bed & Breakfast! Non sai
cos'è?._ io scossi la testa.
_ In parole povere, io affitto le
camere della mia casa, tipo come fanno gli hotel. Naturalmente dovrai
pagarmi per vitto e alloggio..._ disse pratica.
_ Ma io non ho molti soldi con me!
Senti... davvero... grazie ma..._ ma lei mi interruppe.
_ Ti prego non dirmi di no! A me
farebbe tanto piacere! E per quanto riguarda il pagamento, non
preoccuparti, poi vedremo il da farsi! Che ne dici ti và? Guarda che
non accetto un rifiuto!_ mi disse, seria.
_ Ma perchè ti preoccupi così tanto
per me? Cioè... dico... mi conosci da cinque minuti e..._
_ Perchè so che hai bisogno di aiuto!
E a me farebbe piacere aiutarti!_ disse sincera.
_ Ti prego fidati di me, ok?_ . Anche
se non ero del tutto convinta di potermi fidare veramente di lei,
annuì.
_ A proposito scusa, il mio nome è
Alay, il tuo invece qual'è?_ mi chiesecon curiosità.
_ Il mio nome è Ginevra, Ginny per gli
amici!_ le risposi io, sorridendo.
_ Va bene Ginny, allora che ne dici ti
và di venire a stare da me per un po'?_ Io annuì. Il suo sorriso si
fece più luminoso.
_ Sono davvero contenta che tu abbia
accettato! Allora andiamo via di qui! Prenderemo la mia macchina!_
disse lei. Con grazia, si alzò dalla panchina, ed io feci
altrettanto, anche se l'ennesimo giramento di testa, per poco non mi
faceva cadere a terra. Per fortuna, Alay, mi afferrò per un braccio,
altrimenti credo che mi sarei fatta veramente male. Ci incamminammo,
finchè non arrivammo alla sua auto. Era bianca, molto carina, anche
se non molto grande, ne troppo vistosa. Mi accomodai come feci nel
taxi, mentre lei prendeva posto alla guida, e mise in moto. Quando
arrivammo erano quasi le nove, visto che avevo notato l'orologio
nella sua auto. Scendemmo dalla macchina, e ci avviammo verso casa.
La casa che mi si presentò d'avanti,non era molto grande, ma
possedeva un certo fascino,ed aveva delle ampie finestre. Dopo che
Alay, aprì la porta, ed io arrivai all'ingresso, notai un ampio
corridoio, in cui portava direttamente alla cucina e in un
salottino. Sulla destra del salottino, vi erano delle scale che
portavano al piano di sopra. Probabilmente, c'erano le camere da
letto e i bagni, pensai.
_ Alay scusa la domanda, ma quante
stanze ci sono di sopra?_ mi affrettai a domandarle, andando in
cucina . Lei, dopo aver gettato le chiavi del tavolo e della casa
sul tavolo della cucina, si voltò e sorrise.
_ Beh, allora... c'è la mia stanza,
quella degli ospiti, la stanza di Robbie, e basta. Naturalmente, ogni
stanza, possiede anche un bagno!_ mi disse.
_ Quindi non abiti qui da sola?_ le
chiesi curiosa.
_ Beh no! Qui con me abita Robbie. E un
bravo ragazzo, abita con me da tredici anni, ormai! E davvero un caro
amico per me! Presto lo conoscerai... anzi mi sa che adesso scenderà!
Avrà sentito il mio ritorno!_ Credevo che questa ragazza fosse
sposata. Evidentemente, mi sbagliai.
_ Ginny sei molto pallida, siediti! Che
ne dici ti va qualcosa da mangiare?_ mi chiese sempre con
apprensione. Avevo ancora lo stomaco sottosopra. Era pur vero che
dovevo mangiare qualcosa, visto che non avevo toccato niente tutto il
giorno, ma non ne avevo proprio voglia.
_ No, grazie Alay. Non mi va niente, ho
lo stomaco in subbuglio da un po'!_ le dissi.
_ Almeno bevi qualcosa! Ti va un succo,
che ne dici?_ chiese lei affabile.
_ Un succo va bene grazie! Anche meglio
se è un succo di zucca!_ Lei mi guardò come se l'avessi presa in
giro.
_ Un succo di che?_ Avevo fatto la mia
prima gaffe.Probabilmente, quella non era una bevanda babbana.
Sospirai.
_ Non importa! Qualsiasi succo va bene!
Grazie Alay!_ risposi gentilmente. Alay scrollò le spalle, dopodichè
aprì il frigo( un'altra cosa che conoscevo grazie a mio padre),
prese una lattina e me la porse.
_ Bevilo, è succo d'arancia!_ mi disse
sorridendo. Mi accomodai su una delle sedie della cucina, e cominciai
a bere il mio succo, quando dei rumori che venivano dalle scale del
salottino, mi fecero smettere di bere.
_ Oh, questo deve essere Robbie!_ disse
Alay, sempre sorridendo. Mi voltai di scatto e lo vidi. Vicino
all'entrata della cucina, c'era un ragazzo, alto, con capelli biondo
miele, bellissimo. Ma era molto magro, pallido, come se fosse un
fantasma. Ma la cosa che mi fece rimanere pietrificata dallo
stupore, fu il colore dei suoi occhi. Erano identici a quelli di
Harry. Anche se erano circondati da profonde occhiaie, il loro verde
smeraldo, era inconfondibile, magnetico. Volevo tanto urlare.
Possibile, mi chiesi che nemmeno stando lontana da lui, potevo stare
in pace? Non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso, ero come
ipnotizzata, purtroppo a me facevano sempre quell'effetto i suoi
occhi... e quelli di questo ragazzo, non erano di meno, erano proprio
uguali. Questo ragazzo, si avvicinò vicino a me cauto, forse perchè
si era accorto di come lo stavo guardando, oppure, squadrando, se
proprio devo usare un termine adatto.
_ Scusa non volevo spaventarti!_ mi
disse con aria gentile.
_ N-no scusa tu! E che i- io..._
_ Robbie, scusa il ritardo! E che oggi,
ho chiuso tardi la biblioteca, e poi mi sono imbattuta in lei! Spero
di non averti fatto preoccupare..._ disse Alay apprensiva. Il
ragazzo, scosse la testa. Alay sorrise.
_ Bene! Rob, ascolta lei si chiama
Ginny, è arrivata quest'oggi qui a New York, e non sapeva dove
andare. Cosi le ho chiesto di venire qui!_ disse evasiva. Sembrava
di voler chiudere presto quell'argomento. Il ragazzo le sorrise. Poi
tornò a guardarmi.
_ Va bene Alay! Allora tu ti chiami
Ginny, se ho capito bene!_ io annuì.
_ Veramente mi chiamo Ginevra, ma
siccome il mio nome non mi piace, preferisco che gli altri mi
chiamano Ginny!_ precisai. Lui sorrise.
_ Il mio nome è Robbie! Piacere di
conoscerti allora, Ginny!_ mi disse sempre gentile, porgendomi la sua
mano. Io gli porsi la mia, quando mi resi conto di due cose. Una è
che quando toccai la sua mano, era talmente fredda , che sembrava di
stare toccando un pezzo di ghiaccio. L'altra invece, è che lui si
pietrificò, cambiando totalmente espressione, che da sorridente
qual'era, divenne cupa, quasi sprezzante. Ritrasse la mano
bruscamente, tutta la gentilezza di prima se n'era andata a farsi
benedire. E non so come ne quando, lo vidi afferrare Alay per un
braccio la quale mi guardava non capendo cosa stesse succedendo, e
trascinarla con se nel salottino. Io non avevo la minima idea di cosa
avere fatto di tanto grave. Avevo detto o fatto qualcosa di
sbagliato? Ancora confusa da tutto ciò, uscì dalla cucina, e in
punta di piedi, mi avvicinai al salottino. Avevano chiuso la porta.
Sicuramente lui, stava dicendo qualcosa a Alay, perciò mi avvicinai
per sentire. Sentivo Alay dire a lui, che non capiva, che io avevo
bisogno di un posto dove stare, e che lei non avrebbe potuto
lasciarmi da sola, dopotutto lei aveva bisogno di soldi, anche per
questo aveva deciso di affittarmi una stanza.
_ Non mi importa! Non voglio che resti
qui! _ lo sentì dire con rabbia.
_ Scusa ma non riesco a seguirti!_
sbottò Alay infervorata.
_ Non capisci? Se resta qui, io... non
so cosa potrebbe capitarle!_.Il mio cuore sussultò. Cosa mai doveva
capitarmi?
_ Ti riferisci a te?_ chiese Alay
preoccupata.
_ Si!_ rispose lui, deciso.
_ Ma Rob, sono anni che a te non
succede! Come può...._ ma all'improvvisò la voce di Alay si
arrestò, per poi continuare.
_ Ho capito! Quindi lei è..._
_ Si Alay, per questo non deve stare
qui! Non me ne sono subito reso conto, ma quando lei mi ha toccato...
ho capito! Ho sentito... ti prego, io non so cosa le farò se resta
qui!_ disse agitato, e con voce minacciosa. Io trasalì. Cosa voleva
farmi? Pensai agitata. Avevo una paura enorme, senza contare che ero
sprovvista della bacchetta, visto che l'avevo messa nella valigia.
Che stupida, pensai di nuovo, dovevo metterla nella mia giacca. Con
tutto il coraggio che mi era rimasto, decisi di entare. Dovevo sapere
cosa stava succedendo e cos'è che lui voleva farmi, e spalancando la
porta,
decisi di affrontarlo. Continua...
Risposta alle recensioni:
maryrobin:
Ciao cara, sono contenta che il mio cap. ti ha interessato e
altrettanto contenta perchè la notizia della figlia di Ginny
è di Harry, ti ha fatto piacere^^. Spero che questo cap. ti
piaccia, a presto, e grazie, baci Carmen ;) .
erikappa:
Ciao cara, mi fa piacere che la storia ti interessa sempre di
più, e spero che questo cap. ti piaccia altrettanto. Grazie
infinite, Baci Carmen ;) .
Sarina87:
Ciao cara, cmq volevo dirti che la ragione per cui Harry ha lasciato
Ginny, non so se sia buona... dipende dal punto di vista, ma secondo
me... scusa non posso dirti di più, cmq ti ringrazio di seguire
la mia fanfiction. A presto, Baci Carmen. Ringrazio
immensamente tutti coloro che recensiscono, chi ha messo questa storia
trà i preferiti, e chi invece l'ha solo letta. Grazie veramente
di cuore, un enorme bacio a tutti, a presto^^. Carmen.
|