Corrente
naturale
di ellephedre
Agosto 1997 - In vacanza al mare
La sabbia dorata, l'acqua cristallina, l'orizzonte
azzurro... Trovarsi sulla spiaggia con Gen era un sogno
diventato realtà.
Makoto spremette la
crema solare sulla mano e iniziò a spalmarla sulle
braccia.
Gen era seduto accanto a lei, con i piedi affondati nella
sabbia.
Appena erano arrivati, dopo aver sistemato le loro cose e l'ombrellone,
lui era entrato in mare per una rapida nuotata di riscaldamento.
Dai suoi capelli continuavano a cadere piccole gocce d'acqua che
scivolavano lungo la sua schiena, indugiando sui rilievi dei muscoli
come minuscole perle
prima di evaporare al sole.
Lei allungò una mano verso una sua spalla, solo
per avere
il piacere di toccarlo. Ricevette in cambio un sorriso.
«Ti aiuto?»
«Dopo.» Quel giorno era decisa a
conseguire una
bella
abbronzatura. Aveva comprato un
due pezzi privo di spalline, per non ritrovarsi i segni del costume.
Voleva una pelle delicatamente bronzea, senza arrivare a scottarsi.
L'aiuto di una buona
protezione solare era indispensabile.
Gen la osservò durante la sua accurata opera
di
applicazione della crema, stringendo gli occhi senza volerlo.
«Sei un
testardo. Perché non porti degli occhiali da
sole?» Gli aveva detto di prenderne un paio a Tokyo, ma lui
aveva dichiarato che non gli servivano.
«Sbiadiscono i colori. La luce non mi dà
fastidio.»
«Ma se tieni le palpebre socchiuse.»
«Sto bene così.»
Lei si rassegnò a perdere quella battaglia.
«Dài, vieni più vicino. Metto questa
crema anche a te.»
Almeno per quello, Gen non protestò. Appena ebbe le sue mani
sulla schiena, lui piegò la testa all'indietro, rilasciando
un
lamento di piacere.
«Paradiso: sole,
mare, e le mani di una bella ragazza sulla pelle.»
Il complimento le causò un sorriso. Ma lui
aveva scelto un modo particolare di descrivere quella
beatitudine. «Era una cosa comune per te?»
Rilassato, Gen tenne gli occhi chiusi, offrendo il viso alla
furia diretta del sole del primo pomeriggio. «Cosa?»
Lei gli girò la testa nella sua direzione, per
avere modo di spalmargli
la
protezione anche sulla faccia. «Avevi spesso una ragazza
che
ti metteva la crema solare?»
Lui corrugò la fronte, senza allontanarsi dalle sue
mani. «Parlavo di te, Mako.»
L'uso
del nomignolo quasi la distrasse, ma non aver ricevuto una
risposta alla sua domanda la spinse a indagare.
«È successo
ogni estate?»
Gen sollevò le palpebre.
«Perché stiamo parlando del passato?»
Per una sorta di... masochistica curiosità, che era
cresciuta nelle ultime settimane ma che covava da tempo. Gestiva meglio
l'idea di ciò che era stato quando conosceva i fatti per
intero,
soprattutto quando si trattava di lui e delle sue ex.
Gen comprese che ragionamenti stava facendo. «Gli
anni scorsi
andavo in vacanza in gruppo, tra amici.»
Per Makoto fu un sollievo sentirlo. «Allora
non sei mai
stato in vacanza con una ragazza, da solo?»
Gen fece una pausa.
Oh.
«Una volta.»
«Per quanti giorni?»
In volto lui aveva scritto un rifiuto. «Sai
già
che ho avuto delle relazioni
che sono durate più di qualche settimana. Vuoi solo
torturarti.»
Forse.
Il suo problema era che faticava a capire come fosse possibile entrare
tanto
in
intimità con altre persone senza che questo lasciasse degli
strascichi, o dei ricordi importanti. Voleva comprendere fino a che
punto
quelle esperienze avessero plasmato Gen - sesso a parte. Su
quell'ultimo aspetto non aveva dubbi.
Vedendo
che quel pensiero non le passava, lui rese la bocca
una linea
severa. «È stato due anni fa. La vacanza
è durata cinque giorni. Ho
rotto con quella ragazza appena siamo tornati a casa.»
Brutale.
Gen valutò la sua reazione, poi si
alzò. «Se mettermi quella roba addosso ti
mette di
cattivo
umore, ne farò a meno.» Tornò verso
l'acqua, lasciandola sola, seduta sul loro asciugamano.
Lei balzò in piedi. «Gen!»
Di malavoglia, lui rallentò.
Era la prima volta che lo irritava tanto. Lo raggiunse di corsa,
toccandolo su un braccio.
«Non
volevo farti arrabbiare.»
Gli uscì un sospiro che suonò esausto.
«Stiamo insieme da otto
mesi, Makoto. Non dovresti più confrontarti con le mie
precedenti ragazze.»
Una vocina nella testa le disse, 'Tu però le hai
frequentate
per otto anni.' La ignorò.
Gen era ancora rivolto verso il bagnasciuga. «Senti,
non è la prima volta che ti confronti con loro. Non
risolveremo la cosa oggi. Siccome abbiamo appena iniziato
la
nostra vacanza, preferisco andare in acqua finché non ci
pensi
più.»
Quel rifiuto di parlare l'avrebbe fatta arrabbiare se non
fosse
stata subito in grado di capirne la ragione: Gen era scocciato e,
visto
che era una persona calma, quella reazione non era nata da un giorno
all'altro. Evidentemente su quel punto negli ultimi mesi lui era stato
molto
più paziente di quanto le avesse dato a intendere. L'ultima
uscita di lei sul tema, circa un mese fa, non doveva aver aiutato il
suo umore.
Lo sfiorò su una mano, prima che potesse andarsene.
«Tesoro.»
Lui si voltò, colpito dall'appellativo.
«Non ti farò più nessuna
domanda se ti dà
fastidio. Però, senza discutere, mi piacerebbe farti capire
che la mia
non è solo gelosia.»
In lui l'irritazione sparì.
«Okay.»
Mentre si sedevano sulla sabbia bagnata, Makoto
cercò le
parole giuste. «Penso che il problema sia che non ho mai
avuto
una vera relazione prima di incontrarti. Forse riuscirei a capire
meglio
come una persona può dimenticare tutto ciò che
c'è stato un tempo. Diventa sempre così poco
importante,
dopo?»
Quando udì Gen sospirare, si rese conto che, senza
volerlo, aveva fatto una domanda che riguardava loro due.
«Mako, se tu avessi avuto altri ragazzi prima di
me... Be', penso che
giudicheresti ancora importanti quelle storie. È
fondamentale la
ragione per cui si entra in una relazione. Fin dall'inizio tu cercavi
l'amore. Tanti anni fa io volevo solo... passare un
po' di tempo in compagnia. Volevo sperimentare, imparare.
Giocare» ammise. «Non sceglievo la nuova ragazza
con cui
stare cercando quella giusta. Mi importava solo che lei avesse qualcosa
d'interessante per me in quel
momento. La relazione durava
finché il mio interesse reggeva.» Si
assicurò che
lei avesse compreso prima di continuare. «Visto che per me
iniziava in questo modo, e non sceglievo con troppo criterio, non ci
mettevo molto a scoprire che io e la
ragazza eravamo incompatibili in qualcosa di fondamentale. Non
lo trovavo un problema. A volte, se lei era gentile e accomodante,
continuavo a starci insieme ugualmente. Per questo non ho rimpianti o
grandi
ricordi. Non sceglievo qualcuno di cui potermi innamorare.»
Era il punto che la lasciava più incredula.
«Non
è mai successo? Non hai mai iniziato a provare qualcosa di
più?» Com'era possibile? Come si poteva
fare
l'amore tante volte, con la passione che lui ci metteva, e
non sentire di entrare in intimità con un'altra persona,
cominciando a provare almeno un po' di affetto?
«Alcune mi stavano più simpatiche di
altre. Ho iniziato
a tenere a qualche ragazza, ma... Quando pensavo che le
avrei fatto male lasciandola, capivo che era finita. Perché
anche se ero dispiaciuto, lo avrei fatto comunque prima o
poi.»
Non era la storia completa. «Qualche volta sei stato
mollato, no?»
Lui annuì. «Avevano capito prima di me
che non ero abbastanza coinvolto.»
... perciò era tutto così semplice?
Gen aveva rammentato qualcosa, con riluttanza. «La
ragazza con
cui sono andato in vacanza al mare. È stato un grosso
errore.
C'era intesa tra noi, e quella volta mi ero convinto a provarci sul
serio. Per questo sono partito solo con lei e non più in
gruppo:
mi sembrava un passo avanti. Dopo tre giorni passati insieme mi
sentivo intrappolato. Avrei
anticipato il rientro, ma non mi andava di pagare due volte il viaggio
di ritorno. E sarebbe stato maleducato, no? Mi sono costretto a
rimanere cercando ragioni per non ammettere di essermi
sbagliato così tanto. È stato uno
smacco.»
Le sfuggì un sorriso.
Gen le dedicò un lungo sguardo. «Nemmeno
io so come si esce da una relazione seria.»
Una relazione come la loro. «Perciò... io
non
diventerò qualcosa che vuoi dimenticare?»
Era stata una domanda molto stupida.
Seppe che Gen non avrebbe risposto e abbassò gli
occhi. Si ritrovò col fiato di lui sulla bocca.
Il bacio fu il punto che Gen decise di mettere su quella
faccenda.
«Te l'avevo detto.»
Di sera Makoto si stava prodigando a spalmargli del latte
doposole
sulla schiena provata.
Chi aveva inventato il nome 'latte', si
domandò Gen, per un prodotto come quello? Fino a prova
contraria, non si mangiava.
La voce di lei era cantilenante e dolce mentre lo
rimproverava.
«Domani mi ascolterai quando ti dico che la crema va rimessa
ogni
due ore, come minimo, e ogni volta che esci dall'acqua.»
Qualcuno gliel'aveva spiegato in passato - forse sua madre.
Lui
sapeva
anche che nelle estati precedenti aveva già imparato quella
lezione, eppure, con l'arrivo del primo sole estivo, gli sembrava
puntualmente ridicolo doversi ricoprire di crema per difendersi dalla
forza del sole. Come avevano fatto gli antichi, senza quei rimedi?
Erano sopravvissuti comunque, no? Era un fastidio sopportabile, a suo
modo di vedere. Anche se quella roba
lenitiva
era fantastica sulla pelle. «Mettine ancora.»
«Oltre il primo strato non si assorbe. Ti vedo
stanco. Dormi.»
«Dovevamo uscire.» Era la loro prima
serata in quella località di mare. Sbadigliò.
«Ci saranno le prossime sere. Riposa, su. Le
scottature sono come ferite da cui il corpo deve riprendersi.»
Gen strizzò gli occhi. «Sto
bene.»
Makoto gli massaggiò la nuca. «Fai
ugualmente un pisolino.»
Avrebbe obiettato a sentirsi trattato come un bambino se non
avesse
cominciato a sentire la magia delle dita di lei sulla testa. Si
rilassò.
Il sonno incombette su di lui e lo prese.
Riaprì gli occhi nel buio.
Cercò Makoto nello spazio sul letto accanto a lui,
ma lo trovò vuoto.
Dov'era lei? Quanto aveva dormito?
Si alzò, squadrando l'area del monolocale che
avevano
affittato mentre i suoi occhi si abituavano alla mancanza di luce.
La porta della veranda era aperta e lasciava filtrare aria
fresca.
Insonnolito, si diresse fuori.
Era una notte senza luna. La sagoma scura di Makoto era
accucciata sul prato.
Fece rumore avanzando e lei si voltò prima che lui
potesse parlare. «Ehi» lo salutò.
«Cosa fai qui?»
Makoto si spostò sul telo da mare che aveva disteso
a terra, per fargli posto. «Mi godevo la nottata.»
Gen si sedette vicino a lei, sbadigliando. Impiegò
un momento a focalizzare il cielo.
Makoto appoggiò la testa contro la sua spalla.
«Quante stelle, vero? Abbiamo fatto bene a venire
qui.»
Già. Avrebbero potuto optare per
località più
frequentate e vicine a Tokyo, ma a entrambi era piaciuta l'idea di un
luogo isolato, magari vicino a qualche bosco o montagna. Makoto non
aveva optato per un campeggio solo perché preferiva avere
una
cucina.
Lui percepì il silenzio di lei.
«Il cielo era così nel posto in cui
abitavo da bambina.»
«Coi tuoi genitori?»
Lei mosse la testa, per annuire. «Quando sono andata
a vivere
con la nonna, Tokyo non mi piaceva perché non c'erano le
stelle.
Troppa luce. Troppa gente.»
Gen la lasciò parlare.
«Mentre stavo seduta qui, mi sono ricordata una
cosa. Da
piccolina, l'unica cosa di cui avevo paura era il buio. Quando non
c'era
la luna non volevo andare fuori la sera, neppure a prendere un gelato.
Ero sicura che sarebbero arrivati tanti mostri a mangiarmi.»
Gli sfuggì una risata bassa.
Makoto lo picchiò sul braccio, senza energia.
«Avrò avuto quattro anni, non ricordo bene. Una
notte
papà e mamma mi hanno messo davanti una candela. 'Facciamo
un
gioco' hanno detto. Invece di mettermi a dormire, papà mi ha
preso in braccio e siamo andati in giardino, con mamma, mentre lei ci
faceva strada col lume. Mi ricordo che stringevo forte mio padre,
cercando di non nascondere la faccia nel suo petto. Non volevo vedere
nulla, soprattutto il buio. Mi hanno incoraggiato ad aprire gli occhi.
'Ci siamo noi con te.' Poi mamma ha soffiato forte la candela. Io ho
urlato. Credo di aver cominciato a piangere, ma loro mi hanno
consolato. Mi
massaggiavano la schiena. 'Abbiamo solo spento la candelina che avevamo
in mano' hanno detto. 'Guarda quante ce ne sono ancora là
sopra.' Ed era vero.
C'erano tante candele nel cielo. Mamma e papà si sono seduti
con
me, su un telo come questo. Si sono messi a inventare storie su ogni
singola stella. Io stavo in mezzo a loro e ascoltavo. Alcune storie
erano così appassionanti che mi sono messa a saltare, a
ridere.
Poi cadevo in mezzo ai loro corpi e mi sentivo afferrare. Ricevevo
tanti baci.»
Makoto smise di raccontare.
Lui la massaggiò sulla spalla, stringendola con
attenzione, senza troppa forza. Comprendeva la forza di quei ricordi,
la loro importanza.
Lei strofinò un occhio contro il suo pigiama.
«Me n'ero scordata, sai?»
«Eri una bambina.»
«Sì, ma... quel giorno ero
così felice, e ho dimenticato lo stesso.»
«No, qualcosa è rimasto. Non hai
più avuto paura del buio, giusto?»
Lei chinò la testa talmente a fondo che Gen seppe
che stava piangendo.
«Già.»
Non erano solo lacrime di tristezza.
«Andiamo. Hai ancora tante stelle da
guardare.»
Makoto gli gettò le braccia al collo, premendo
involontariamente
sulla scottatura. «Sono sempre più
belle.»
A lui non importò del dolore, ricambiò
l'abbraccio.
Lentamente, il silenzio si portò via la sofferenza
di lei.
Infine, Makoto si pulì il viso e alzò di nuovo
gli occhi al
cielo. «Forse non ci ho pensato più per tutto
quello che
vedo adesso là sopra.»
«Cosa?»
«... ricordi ancora più
lontani.»
Gen non seppe se era perché si
era svegliato da poco, o
perché Makoto gli aveva appena raccontato di quando era una
bambina normale e impaurita, ma non provò disagio nel
sentirla parlare della sua antica vita. Era rilassato. Era in pace, nel
posto
giusto e con la persona giusta. «Cosa ti accadeva a
quel tempo?»
Lei rilasciò la tensione. «Non a me. A
Giove.
Percepivo
l'immensità del mondo in cui viveva. Ogni stella per lei era
una
sorella che metteva ordine nel cosmo. La loro grandezza e forza non la
spaventavano. Pensava... 'Un giorno sarò come loro.
Lascerò
il mio segno in questo universo'.»
Parole in cui c'era talmente tanto di Makoto, che per
la prima
volta lui sentì un equilibrio in ciò che lei - e
loro -
potevano essere nella realtà che fino a quel momento si era
rifiutato di esplorare.
«... ti fa paura?» si sentì
domandare.
«No.» Voleva saperne di più.
«Cos'altro hai sognato?»
Da Makoto sgorgarono racconti maestosi, imprecisi, lontani.
Gen li
ascoltò finché lei, stremata, non si
addormentò
sul telo sopra il prato, sotto le stelle da cui proveniva la sua stessa
essenza.
Lui guardò il cielo con occhi nuovi.
Riuscirò
mai
a farne parte?
Agosto 1997 - In vacanza al
mare - FINE
NdA:
Prima che mi
azzanniate: ho intenzione di raccontare anche a voi cosa ha
sognato/ricordato Makoto in relazione al suo antico passato. E' molto
tempo che mi limito ad accennare alla cosa. In questo frangente mi
interessava di più parlare della reazione di Gen. Per lui,
più che il dettaglio di queste storie, è
importante la
reazione che ora prova nell'ascoltarle. Ma desidero includere in questa
raccolta anche i ricordi di questo passato, per legarla di
più
alla saga in generale, e perché tutto ciò fa
parte di
Makoto. Ora che lei e Gen hanno iniziato a parlarne, è
finita la
fase del 'non voglio sentire, meglio rimandare' di lui. Si è
aperta una domanda finale per Gen. Questo farà evolvere la
loro
relazione.
Ogni vostro commento è graditissimo :)
Elle
Il gruppo Facebook dedicato alle mie storie, con anticipazioni
e curiosità, è Sailor Moon, Verso l'alba e oltre...