Non
senza di te
Irene Adler era ritornata nella sua stanza, dopo la conversazione con
lo stregone dell’aria. Di due cose era certa: la prima era
che Moriarty e Victor non avevano compreso per niente la
personalità del moro e di conseguenza, come seconda cosa,
doveva suggerire lei il modo per far passare Sherlock dalla loro parte,
un modo più efficace di puntare sul rancore o il potere, era
evidente che a quello stregone non interessavano affatto.
La strega era preoccupata e eccitata allo stesso tempo. Era preoccupata
che la profezia non si realizzasse, che tutta la fatica che aveva fatto
per entrare nelle grazie del Principe, naufragassero
miseramente. Non era pronta a tornare tra la plebe, non dopo che si era
adattata a tutto per arrivare a Corte.
Non aveva avuto una bella vita Irene Adler, ma era stata una
sua scelta.
Da piccola viveva con i genitori mugnai, la sua vita era semplice, ma
era molto amata. Non aveva subito nessuna angheria, era piena di
corteggiatori e qualche ricco signore da sposare l’avrebbe
trovato, se il suo scopo fosse stato quello. Ma Irene Adler non si
accontentava così facilmente.
Quando aveva capito di essere una strega, poteva continuare la sua
vita, rendendosi utile al prossimo, come aveva fatto Molly; invece
aveva deciso che la magia era la sua unica occasione per non
essere più una popolana e abbandonare l’ambiente
che non riteneva alla sua altezza. Era ambiziosa, ma in maniera
negativa, un’arrampicatrice sociale che era passata sopra a
chiunque l’avesse ostacolata. Purtroppo per lei, nessuno
poteva nascondere troppo a lungo di avere dei sentimenti, non era la
fredda strega che voleva dimostrare di essere, era la Donna
che portava la maschera per necessità, per arrivare dove
aveva sempre voluto arrivare.
Era nata per essere una Regina e non si sarebbe fermata davanti a
niente, ma a volte, quando rimaneva da sola, con la sua anima triste e
un po’ vuota, si chiedeva come sarebbe stata una vita
diversa, una in cui occuparsi di qualcosa che non fosse soltanto se
stessa.
Aveva capito subito che Sherlock non era come lei, era intelligente ma
ingenuo, era stato troppo solo per troppo tempo, non sarebbe mai
passato dalla loro parte, non senza un’ottima ragione. E
questo la eccitava: la sfida, trascinarlo nel loro baratro, manipolarlo
perché diventasse lo stregone di cui lei e i suoi complici
avevano bisogno, era solo questione di tempo.
***** *****
John tamburellava nervosamente le dita sul tavolo della taverna. Il
proprietario aveva già portato due birre, ma nessuno dei due
avventori, né John né lo sceriffo, le aveva
toccate, troppo preoccupati ad osservare la porta d’ingresso.
Il biondo continuava a sospirare e la gamba aveva iniziato a tremare
sul posto, come se sentisse l’impellente bisogno di alzarsi.
John, nel profondo, era sempre stato un uomo d’azione, non
uno stratega paziente che attendeva ad un tavolo, l’arrivo di
qualcuno.
Qualche nervoso minuto dopo, la porta si aprì, inondando la
piccola stanza, con il vento freddo che soffiava forte nel borgo;
nonostante l’inverno stesse per lasciare posto alla
primavera, il clima non era dei più confortevoli.
Una figura incappucciata, da cui spuntavano lunghi capelli castani, si
avvicinò guardinga al tavolo di Lestrade e John, a passi
misurati e controllati.
Si sedette, annuendo impercettibilmente verso il proprietario della
taverna, che subito andò a bloccare la porta, per evitare
l’ingresso di curiosi.
John fece per chiedere chi fosse la donna del mistero, ma fu anticipato
dalla presentazione di Lestrade « Lei è Anthea,
una delle consigliere del Re »
John sgranò gli occhi, stupito che ci fossero tante persone
pronte a tradire il sovrano « Puoi aiutarci? »
chiese semplicemente il biondo.
« Le cose sono più complicate di come sembrano. Il
Re ha fatto incarcerare Mycroft e Sherlock, ma non ha intenzione di
procedere con l’impiccagione. Il principe Victor sta
manovrando le cose, ho cercato di scendere nelle prigioni per parlare
con Mycroft, ma non ci sono riuscita. Da quel che so, Sherlock
è stato trasferito nella torre est, non so perché
»
« Cosa? Nella torre est, non è esattamente un
luogo di prigionia! » fece Lestrade, alzando leggermente il
tono della voce »
La donna si morse leggermente le labbra, come trattenendo qualcosa che
temeva terribilmente, ma sperava non accadesse.
John seguì i muti sguardi tra Anthea e Lestrade, sperando in
una spiegazione che non arrivò « Ci sono
anch’io qui, potete dirmi cosa succede? »
« John, come ti ho già detto, i venti freddi sono
pericolosi e… »
John era incredulo « Cosa stai insinuando Lestrade? Qualunque
cosa accada non me ne andrò senza Sherlock, è
chiaro? E poi, perché dovrebbe allearsi con un Re che vuole
uccidere gli stregoni? »
« Forse non è così » rispose
Anthea « C’è qualcosa di strano nel Re
»
John sbatté forte il bicchiere sul tavolo, per nessun motivo
avrebbe lasciato Sherlock nelle mani di un trucidatore di stregoni,
indipendentemente da quello che pensavano Anthea e Lestrade. Dopo che
il moro gli aveva fatto conoscere un mondo più bello e
luminoso, come potevano pensare che Sherlock rinnegasse tutto?
« Anthea, dimmi come entrare e come farli uscire, non mi
serve altro e non mi interessa altro » sbottò
John, senza mezze misure.
****** *****
La principessa Mary stava per buttare giù la porta della sua
camera. Era stata chiusa dentro - le avevano detto per la sua sicurezza
- e si erano materializzate delle sbarre alla finestra da dove era
solita scappare, quando la vita di Palazzo le andava stretta.
Continuava a passeggiare nervosamente avanti e indietro, cercando di
carpire le chiacchiere delle guardie, al di là della porta
chiusa.
Aveva visto un uomo, dai capelli neri, trasformarsi in suo padre, ne
era certa. Non era stata una visione, non era vero che era stressata
come le aveva detto il guaritore di suo padre.
Iniziava ad essere davvero preoccupata.
Improvvisamente la porta si aprì, ma prima che Mary potesse
chiedere qualunque cosa, il Re entrò nella stanza. Mary non
si scomodò nemmeno a fare un cenno di saluto, stava per
avventarsi con forza contro suo padre, per essere stata trattata come
una prigioniera nel suo stesso palazzo.
Prima che potesse aprire bocca, accadde, però, una cosa
inaspettata. I tratti ruvidi e anziani del padre mutarono, diventando
più gentili, si allungarono i capelli e l’altezza
diminuì. Suo padre era scomparso e ora aveva la sua
damigella davanti a se.
« Molly? »
La damigella si avvicinò concitata a Mary, prendendola per
una mano e cercando di mantenere un tono sicuro, nonostante
stesse tremando da capo a piede « Principessa, dobbiamo
fuggire il prima possibile. Sta succedendo qualcosa di strano, hanno
catturato Mycroft e Sherlock. Il consigliere è nelle
segrete, mentre Sherlock è nella torre est »
Mary fissò la damigella, cercando di elaborare quello che le
era stato appena riferito. Aveva appena accettato che il Consigliere
Reale era uno stregone. Aveva appena conosciuto altri due, tra cui quel
John che sembrava essere un potenziale fidanzato, invece aveva occhi
solo per il freddo stregone moro, e adesso si trovava coinvolta in una
qualche congiura di palazzo.
« Mio padre non è mio padre, quindi »
fece Mary, sempre più certa di aver visto uno stregone
trasformarsi nel Re, come aveva fatto Molly « E mio fratello
sta tramando qualcosa » aggiunse, incolore, temendo che prima
o dopo avrebbe dovuto affrontare la realtà, che Victor
agognava il trono più di ogni altra cosa.
« Mary, cosa facciamo? »
La principessa era sempre stata calma e misurata nei momenti difficili,
per questo suo padre riteneva che sarebbe stata una perfetta regina.
Rifletté un attimo sul da farsi e poi espose il piano,
semplice e lineare « Io scendo nelle segrete a liberare
Mycroft, conosco un passaggio nascosto che mi porterà
direttamente lì. Tu pensi di riuscire ad arrivare fino alla
torre est? Non sanno che sei una strega e che puoi trasformarti in una
guardia o in chi vuoi »
« Certo » rispose la damigella, anche se la sua
faccia tradiva molte emozioni, tranne la certezza « Ce la
farò »
***** *****
Sherlock era ancora chiuso nella torre est, intento ad osservare
l’arrivo dell’imbrunire e l’abbandono
della luce solare e del calore, per far posto a quella che poteva
essere la notte più lunga della sua vita.
Sentì un leggero brivido che continuava a percorrergli il
corpo, forse era un segnale che la magia stava tornando, o forse era
solo preoccupato per il destino di John. Sherlock sapeva di essere
necessario per Jim e Victor, ma John non lo era. Se avesse tentato di
salvarlo, sarebbe stato ucciso. Non voleva dubitare di lui, ma temeva
che la magia del suo amico fosse ancora ben lontana da permettergli di
fronteggiare i tre stregoni appena incontrati.
Se la magia gli stava ritornando, lo stesso doveva essere per Mycroft,
ma probabilmente avevano usato altra polvere sul fratello. La cosa lo
infastidì, quella polvere che toglieva i poteri non era una
pozione difficile da preparare, ma gli ingredienti erano talmente rari
da essersi persi nella notte dei tempi e il fatto che il Re e ora
Moriarty avesse una scorta a disposizione, era alquanto fastidioso.
Forse non era così, forse erano gli ultimi colpi, prima di
restare senza l’incantesimo che privava dei poteri magici.
Passeggiò avanti e indietro, in attesa che succedesse
qualcosa o che la magia tornasse. Si verificò la prima
ipotesi. La porta si aprì lentamente e, inaspettatamente,
Sherlock si trovò davanti la damigella Molly «
Dobbiamo andare via, Sherlock. Questo è un salvataggio
» sottolineò.
Il moro rise, per l’evidente contrasto tra le parole di Molly
e il suo atteggiamento intimorito.
« Sherlock, ascoltami, so che sei senza poteri ma presto
torneranno. Può essere un’esperienza spiacevole,
non facile da controllare »
« Non credo abbiamo tempo per le lezioni di magia »
rispose il moro, cercando di valutare se Molly sapeva davvero quello
che stava facendo o se si stavano buttando nell'ennesima trappola.
« Ti chiedo solo di non agitarti » rispose lei,
più risoluta.
Sherlock rispose con un pigro cenno si assenso e seguì la
ragazza lungo le scale, apparentemente abbandonate, percorrendo i
gradini adagio, cercando di non fare rumore. Le fiamme delle torce
appese lungo i corridoi, rendevano l’ambiente più
tetro, invece che luminoso. Non era un posto accogliente, non era come
casa sua, non era come la locanda della signora Hudson; Sherlock
avvertiva un senso di estraniazione tra quelle mura.
Quando arrivarono ai piedi della torre, Molly bloccò il moro
con un braccio « Da qui in poi, ci potrebbero essere le
guardie. Mi trasformerò in Victor per distrarli, ok?
» fece, mutando man mano il proprio aspetto. Sherlock la
seguì ammirato, suggerendole di rallentare il passo, aveva
visto il principe e non era uno che camminava nervosamente.
Quando voltarono l’angolo, si trovarono davanti una schiera
di guardie. Sherlock rimase nascondo, confidando che la damigella
recitasse bene la parte.
Molly camminò lentamente, con quel passo annoiato e
strascicato che caratterizzava Victor. Cercò di imitare
l’espressione glaciale e snob del principe, ma le guardie
sembravano sapere esattamente chi avevano davanti.
« Andate nella torre ovest » ordinò
Molly/Victor, con il tono più duro che potesse uscire dalla
sua bocca.
« Il principe Victor è appena andato nel salone,
voi chi siete? » chiese una guardia, con un sorrisetto
compiaciuto. Sherlock uscì allo scoperto e vide che le
guardie non erano armate solo di spade e odio per gli stregoni, ma
anche di sacchetti che sicuramente contenevano l’odiata
pozione che avrebbe tolto i poteri ad entrambi.
Gli uomini fissarono il nuovo arrivato, con una punta di preoccupazione.
« Il Re odia gli stregoni » continuò la
guardia « cosa vi fa pensare di andare in giro per il
palazzo? »
Il moro sapeva che dietro a quell’ostentata sicurezza,
c’era il terrore. La guardia stava prendendo tempo, per
trovare il coraggio di affrontare due stregoni. Molly aveva accennato
ad una risposta, ma ogni parola era morta subito, non era una grande
bugiarda.
Una delle guardie si mosse bruscamente e senza rendersene conto,
Sherlock aveva già lanciato una sfera contro di lui. Non
aveva ancora abbastanza magia, per cui la sferetta si limitò
a schiaffeggiare l’uomo, provocando le risate di tutte le
guardie.
Gli uomini passarono subito al contrattacco, sguainando le spade.
Molly, scansò Sherlock e si mise davanti a lui,
inspirò profondamente, lo sguardo fisso e le mani congiunte.
Allargò le braccia, quasi a compiere un cerchio e tenne i
palmi davanti a sé, nel tentativo di sprigionare uno dei
poteri più forti che disponeva. Fece tremare il pavimento,
ma non era abbastanza allenata con gli incantesimi d’attacco,
per cui si limitò ad una piccola scossa che
spaventò leggermente gli uomini che li stavano attaccando,
ma non li fece retrocedere di un passo.
« Scappa! » gridò Sherlock, sapendo che
lei sarebbe stata in pericolo se fosse stata catturata. Gli occhi dolci
di Molly rimasero fissi sul moro, mentre scuoteva la testa. Non lo
avrebbe abbandonato in quel momento. Sherlock emise uno sbuffo
infastidito, le prese la mano e la trascinò via.
Lui sentiva che man mano i poteri stavano riemergendo, dovevano
resistere ancora qualche minuto, il tempo di poter far vedere a quelle
guardie, cosa significa mettersi contro uno stregone
dell’aria. Nel panico, Molly si accorse che avevano sbagliato
strada, sarebbe stato più utile scendere verso le segrete,
sperando di trovare la principessa, ma erano andati
dall’altra parte, verso le cucine.
Svoltarono ancora un angolo, e si trovarono davanti altre guardie. I
due si guardarono, Sherlock cercava di elaborare un modo per togliersi
dall’impaccio.
« A morte gli stregoni! » gridò uno
degli uomini.
Il moro sentiva una leggera rabbia, crescergli dentro; i poteri stavano
tornando ed era una sensazione strana, come qualcosa che stava per
esplodere, come passare da uno stato di quiete e improvvisamente
sentire qualcosa di incontrollabile che gli montava dentro.
«Ve lo dirò una sola volta, andatevene o
sarà peggio per voi » fece Sherlock, certo che no
sarebbe riuscito a controllarsi da lì a poco, ma nessuno si
mosse.
Non riusciva a capire se era dovuto all’adrenalina o se era
normale sentirsi così, a seguito dell’incantesimo
di perdita dei poteri. In ogni caso aveva di nuovo il controllo del suo
elemento, lo sentiva, improvvisamente non c’era
più il caos: vide la situazione come immobile e in stasi
mentre lui era freddo e controllato. Gli bastò allargare le
braccia per far sbattere contro il muro, la metà degli
uomini.
Una guardia lanciò un pugnale contro Molly, prendendola di
striscio. Sherlock si voltò di scatto, il gesto gli fece
rompere gli argini e senza riflettere, senza pensare alle parole di
Molly “Ti
chiedo solo di non agitarti” creò un
tornado attorno a sé. Era pronto a scagliarlo, quando gli
parve di sentire una voce, dolce e amichevole, ma anche disperata, che
gridava il suo nome.
Fu una distrazione, quella frazione di secondo che gli
impedì di concertarsi su quello che stava facendo e i poteri
sfuggirono dal suo controllo, riversandosi nel corridoio del palazzo.
Quando riaprì gli occhi, le guardie erano a terra,
apparentemente senza vita. Si voltò verso Molly, che stava
tremando incontrollabilmente, mentre con lo sguardo terrorizzato,
fissava la scena.
« Sherlock » fece lei soltanto, con voce rotta,
indicando qualcosa davanti a sé.
Lo vide solo in quel momento, un corpo familiare accasciato ai piedi
delle scale. Il cuore iniziò a martellargli nel petto, al
punto che lo sentiva fino nelle orecchie. Corse verso
l’origine del turbamento, capendo solo in quel momento che la
voce che aveva sentito, era vera e non era solo nella sua testa. Si
buttò in ginocchio, in evidente panico, voltando piano il
corpo davanti a sé. “Non può essere morto”
ripeteva tra sé irrazionalmente, mentre gli occhi vuoti di
John lo fissavano.
La damigella si avvicinò piano, appoggiandogli una mano
sulla spalla, che subito tolse infastidito « Fai qualcosa
Molly, curalo »
La ragazza abbassò lo sguardo, incapace di formulare un
pensiero.
« Molly? » ripeté, meno aggressivo
« Ti prego »
« Sherlock, è tardi, non posso fare niente
» rispose lei, la voce quasi un sussurro.
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Angolo
autrice
Vero
che mi conoscente abbastanza da sapere che non finisce così?
Grazie
a chi continua a seguire, un abbraccio!
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