Prologo
Belle si
rigirava il solitario
tra le dita, senza sosta, sembrava quasi essersi incantata. Non che
si rendesse veramente conto di quello che stava facendo,
benché meno
faceva caso a ciò che succedeva intorno a lei, troppo
impegnata a
scrutare con i suoi grandi e penetranti occhi blu lo schermo del suo
laptop.
Si dava della stupida da sola
per quello che l'angosciava, ovvero mandare o meno una richiesta
d'amicizia. Ecco, sembrava sciocco solamente dirlo e lei lo sapeva
benissimo, era la prima ad ammetterlo! Odiava tutta quella
tecnologia, quei social... com'era l'altra parola? Ah già,
network.
Belle reputava stupido chiunque preferisse passare delle ore a farsi
i fatti degli altri alla lettura di un buon libro.
Perché si era creata un
account? Non ricordava neanche come fosse successo, in effetti, era
in compagnia di Ruby, poco ma sicuro, la sua amica più
fidata.
Doveva essere stata la ragazza ad insistere tanto, non c'era altra
spiegazione, anzi, ora che ci pensava meglio, ricordava quanto Ruby
volesse che fosse al passo con i tempi e, soprattutto, che non si
comportasse come una vecchia zia zitella. Le aveva detto proprio
così: vecchia – zia – zitella.
Chinò appena il capo verso
destra, le ciglia sbattevano con intervalli regolari mentre, per
l'ennesima volta, leggeva il profilo di Emma Swan. C'era poco da
leggere, a dire la verità.
Donna, ventotto anni,
residente a Boston, luogo di nascita sconosciuto.
Un sorriso amaro si dipinse
sulla faccia della dolce ragazza, soprattutto mentre partì a
sfogliare le foto della giovane. Neal compariva ovunque, sembravano
inseparabili e felici ad ogni scatto. L'ultimo che li ritraeva
insieme risaliva a sei mesi prima: Emma sorrideva felice tra le
braccia del suo promesso sposo. L'immagine del profilo, invece, era
un misero selfie della donna, che lasciava trasparire solamente un
immenso vuoto e un'incredibile tristezza. Data di cinque mesi prima.
Belle sospirò. Aveva parlato
con Emma Swan e le era sempre parsa una ragazza forte e con la testa
sulle spalle, era contenta che il suo figlioccio, Neal, avesse deciso
di chiederle di sposarlo, sembravano fatti per stare insieme. Lei e
Robert, il suo compagno e padre del ragazzo, non avevano potuto
partecipare all'evento per impegni di lavoro, non che si fossero
persi chissà quale grande e spettacolare cerimonia, comunque.
Neal, infatti, si era presentato
a casa del genitore solo una settimana prima ed era rimasto per
quattro giorni in quella che era la città dove era
cresciuto. Era
solo, nessuna fede al dito, poche spiegazioni: aveva lasciato Emma
poco prima di entrare in chiesa. Non era pronto a compiere il grande
passo, diceva.
Ed era per questo che Belle si
era sentita in dovere di fare qualcosa, per quella ragazza. Voleva
contattarla, chiederle se stesse bene, scusarsi per una faccenda che
non la riguardava e per una colpa che a conti fatti non aveva. Ma,
soprattutto, Belle voleva aiutarla. Sentiva come Emma avesse
seriamente bisogno del suo aiuto.
Per questo motivo smise di
tormentarsi, mosse appena il mouse, cliccò due volte e
inviò la
richiesta, non avendo altri modi per contattarla.
Con
un pensiero in meno per la testa, volse le sue attenzioni al piccolo
Roland, piazzato davanti la tv a vedere Il
libro della giungla,
del resto il Signor Locksley
la pagava per fare da baby
sitter al bambino, non per svagarsi su
internet!
Proprio in quell'istante, a
Boston, il telefono di Emma Swan prese a vibrare rumorosamente e
fastidiosamente sulla superficie dura del tavolino sul quale era
poggiato.
La giovane donna, sdraiata sul
vecchio divano di pelle marrone chiaro, sobbalzò
improvvisamente,
portandosi una mano al cuore non appena avvertì il battito
accelerato per colpa del risveglio forzato. Controllò che ore
fossero prima
che lo schermo del cellulare si oscurasse, poi si strofinò
gli occhi
verdi con la mano sinistra, lentamente, provando a fare mente locale.
Si era addormentata? Beh,
sembrava proprio che fosse così, di certo non stava
controllando la
morbidezza (poca) del suo divano. Con tutte le cose che doveva fare
doveva proprio concedersi un attimo di relax? Soprattutto quando una
parte di lei sapeva che sarebbe andata a finire così? Che
sarebbe
crollata in pochi secondi? No Emma, sicuramente non era stata una
buona idea.
Poggiò i piedi, che sarebbero
stati completamente scalzi se non fosse stato per dei calzini di
colore giallo acceso che indossava da quella mattina, a terra, pronta
ad alzarsi. Lo scialle rosso che aveva usato a mo' di coperta cadde a
terra nel momento esatto in cui si ritrovò in piedi. Si
girò ad
osservarlo ma non si prese la briga di raccoglierlo, lo avrebbe fatto
sicuramente più tardi.
Si avvicinò alla dispensa della
cucina, colta da un improvviso senso di vuoto nello stomaco, la sua
pancia reclamava cibo da quando aveva aperto gli occhi poco prima. Si
rendeva conto che erano appena le sei del pomeriggio, ma decise che
avrebbe cenato presto, prima di morire di fame visto che neanche
aveva pranzato.
Cominciò ad aprire vari
sportelli, ma non vi trovò letteralmente niente, niente di
niente.
Nel frigo regnava la desolazione totale. La spesa era una delle tante
cose che doveva fare quella giornata, se solo non si fosse
addormentata!
Sbuffò prendendo il latte,
controllò la data di scadenza – era in anticipo di
un solo giorno,
la vita aveva cominciato finalmente a sorriderle – e richiuse
il
frigo con un calcetto leggero. Afferrò la scatola dei
cereali che
era rimasta sul tavolo da... la mattina precedente?!, una ciotola
pulita e un cucchiaio. Si sarebbe fatta andare bene quella, come
cena.
Poggiò tutto sul tavolo, prese
il telecomando e accese la tv, scoprendo uno stupidissimo reality
show. Si sedette su una sedia con una gamba incrociata e
cominciò a
“prepararsi” da mangiare.
«Complimenti Emma, Masterchef
ti fa un baffo!» Si disse fra sé, mentre mangiava
la prima
cucchiaiata di cereali.
Lanciò uno sguardo alle lettere
accumulate sul tavolo, bollette da pagare, per la maggior parte,
aveva perso anche il conto di quanto doveva sborsare, sperava di
cavarsela con meno di 200$ visto che era tutto quello che aveva al
momento. In realtà non sapeva neanche lei per quale motivo
non le
avevano ancora staccato la corrente elettrica.
No, non se la passava per niente
bene, Emma Swan, o almeno questo era quello che si poteva pensare in
un primo momento. La verità era che ormai si era abituata a
quella
vita, la ferita nel suo cuore non faceva più male da un po'.
Per un
periodo si era sentita naufragare, ma come Robinson Crusoe si era
rimessa in piedi e aveva affrontato ogni difficoltà a testa
alta.
Ehi, le piaceva quel paragone:
Robinson Crusoe! Non aveva mai letto il libro, ma già
credeva di
avere molte cose in comunque con quell'uomo. Tanto per cominciare
entrambi non erano del tutto soli, ma potevano contare sulla presenza
di un amico. Certo, Venerdì c'era sempre per Robinson,
mentre August
era perennemente fuori città per motivi di lavoro. E poi
c'era il
fatto di aver imparato a sopravvivere, era quello che sapeva fare
meglio, Emma.
Era fermamente convinta che lei
non stesse vivendo, ma sopravvivendo, e la differenza era abissale.
E, pensandoci, era anche una cosa molto triste.
Okay, continua pure a prendere
in giro te stessa, signorina Swan, anche se sai benissimo che la tua
vita fa altamente schifo. Schifo come i piatti abbandonati nel
lavandino da tre giorni, o come la spazzatura accumulata fuori, sul
piccolo balcone, da una settimana buona.
«Come potete non eliminare
quell'oca di Charlotte!» Esclamò indignata,
spalancando d'un tratto
la bocca e muovendo così freneticamente il cucchiaio che
aveva in
mano che cominciò a schizzare tutto di latte, rivolta alla
tv e ai
giudici di quella stupida competizione fra modelle, che adesso
piangevano falsamente per l'eliminazione di una rossa, dalle labbra,
naso, zigomi e probabilmente anche seno, rifatti.
Dio, si faceva pena da sola.
Finì di mangiare e si alzò
quasi nello stesso istante, di scatto, neanche avesse ricevuto una
scossa da sotto il sedere. Prese la ciotola osservando di sfuggita,
appena schifata, quella sottospecie di pappetta che si era venuta a
creare per via dell'ultimo sorso di latte e le piccole briciole
mollicce dei cereali. Non finiva mai di bere il suo latte se vi aveva
immerso dentro qualcosa, qualsiasi cosa, cereali, biscotti, brioche.
Odiava immensamente il sapore che assumevano quelle briciole
umidicce.
Posò tutto nel lavandino, fece
per allontanarsi ma poi si bloccò, guardò ancora
una volta la pila
di piatti sporchi ed esitò per qualche istante. La parte
responsabile le intimava di pulire tutto e di mettere in ordine,
quella vocina non smetteva mai di darle della sciatta e a lei tutte
quelle accuse davano fastidio, ma l'altra parte proprio non aveva
voglia. Si disse che lei, in tutta la sua vita, non aveva mai seguito
la vocina saggia e con i piedi per terra del suo cervello, quindi
diede le spalle al lavandino e se ne andò in bagno, per
farsi una
doccia.
Prima però accese la radio, le
note dell'ultimo successo radiofonico riempirono il suo piccolo
appartamento facendole storcere il naso. Non amava la musica
commerciale, non amava gli artisti musicali che andavano ultimamente,
quelli che facevano uscire un videoclip ogni settimana, un singolo
ogni venti giorni e un album di inediti all'anno.
Decise di mettere un cd e
scegliere quale non fu per niente difficile: The Dark Side Of
The
Moon, Pink Floyd, era già pronto, doveva solo
premere play,
non lo riponeva mai nella sua custodia perché non sarebbe
mai stata
stanca di ascoltarlo, lo sapeva, lo sentiva nelle vene. A detta sua
era il miglior album della storia musicale, anche se sapeva di essere
ignorante in materia e di saperne veramente poco. Ricordava la prima
volta che aveva ascoltato quella musica, il suo quinto padre adottivo
aveva un antico vinile di cui andava molto fiero e che custodiva
gelosamente, tanto che Emma doveva aspettare che questo andasse a
lavoro per poterlo ascoltare, la sua madre adottiva la assecondava,
ovviamente, e teneva nascosto tutto al marito.
Sorrise a quei ricordi, la
sensazione di essere voluta per la prima volta, a più o meno
dodici
anni, di essere amata da dei genitori, due persone che le avrebbero
dato anche la luna se solo lo avesse chiesto. Poi il padre aveva
perso il lavoro e, come se non bastasse, poco tempo dopo, quello che
lei aveva imparato a chiamare “nonno” si
trasferì da loro, in
seguito ad un ictus. I soldi scarseggiavano, sua madre faceva turni
impossibili per mandare avanti la famiglia, il padre badava al suo
vecchio ed Emma tornò a sentirsi sola. Ora, a quasi
trent'anni,
poteva affermare con tranquillità di averli perdonati, di
aver
capito che se l'avevano riportata in orfanotrofio era solo ed
esclusivamente per il suo bene, che non avrebbero mai voluto
separarsi da lei se avessero avuto una scelta.
Calpestò i vestiti che si era
appena tolta e che aveva buttato vicino la doccia così da
non
scivolare una volta fuori, con tanto di piedi bagnati, si
legò i
lunghi capelli biondi in una specie di chignon alto e disordinato, ed
andò a mettersi sotto il getto caldo dell'acqua.
«Breathe // breathe
in the air // don't be afraid to care»,
si ritrovò a
cantare senza rendersene conto, la mano sulla faccia a mandare via
l'acqua dagli occhi, i capelli che, nonostante tutte le attenzioni,
cominciavano a bagnarsi, come al solito del resto. Prese a
insaponarsi, respirò lentamente, calma, la mente svuotata da
tutto,
da qualsiasi preoccupazione. Era il momento della giornata che
preferiva proprio per questo, il calore sembrava dissolvere ogni
problema, l'acqua sciacquava e mandava via tutto.
«And all you touch and all
you see // is all your life will ever be».
Aprì gli
occhi di scattò e si poggiò contro la parete
bagnata. I capelli
erano ormai fradici, perciò li sciolse, passandoci poi una
mano
lentamente. Restò in quella posizione per un po', lo sguardo
perso
nel vuoto, tanti, troppi pensieri per la testa. Sapeva che sarebbe
andata a finire così, succedeva ogni volta con quella
canzone.
Alla fine fu distratta dal suono
del campanello. Uscì dalla doccia sbuffando, prese un
asciugamano e
se lo legò intorno al corpo, tanto sapeva già chi
poteva essere
alla porta. Difatti, poco dopo rientrò dentro casa
imprecando
sottovoce contro la vicina di casa che si lamentava del volume della
musica. Un classico.
Indossò il pigiama e tornò a
sdraiarsi sul divano. Solo in quel momento parve ricordarsi della
notifica che l'aveva bruscamente svegliata, ormai ore prima.
Afferrò
il telefono, abbandonato a se stesso già da un po', ed
entrò su
Facebook, evento più unico che raro. Con sorpresa
notò la richiesta
di amicizia, non era una cosa che succedeva spesso, non accadeva mai
in verità, così vi cliccò alla svelta,
curiosa.
Leggendo il nome corrugò la
fronte, assorta e, allo stesso tempo, stupita.
Belle French.
Neal.
Un coltello la attraversò da
parte a parte, il cuore cominciò a sanguinare. La mano
sinistra che
reggeva il telefono cominciò a tremare, gli occhi si
inumidirono nel
giro di pochi istanti. Neal Neal Neal Neal Neal Neal. La sua mente
non pensava ad altro, solo quel nome, quegli occhi, quel sorriso,
quell'ultima volta che le aveva spezzato il cuore. Il vestito bianco,
strappato. Neal.
Aveva ingannato se stessa in
quegli ultimi cinque mesi, a tal punto che aveva seriamente
cominciato a credere che lui non significasse più niente.
Pensava
che le fosse passata, non era il primo abbandono che affrontava, si
era detta, aveva imparato ad affrontarli e a superarli. E invece
eccola ancora lì, la stessa sofferenza provata prima di
uscire dal
loro appartamento, prima di salire sulla macchina che l'avrebbe
portata all'altare. “Ti amo, Emma”,
la sua voce si
insinuò prepotentemente nei suoi pensieri “ma
non posso
compiere questo passo”. Un bacio veloce lasciato
sulla fronte
di lei, come se bastasse a farle sciogliere quel nodo alla gola,
questo era l'ultimo ricordo che aveva del suo primo grande amore.
Cercando di accantonare
quell'immagine, cominciò a domandarsi il motivo che aveva
spinto
quella donna a cercarla. Aveva conosciuto Belle, forse, solo un anno
prima, e da all'ora si erano parlate solamente un'altra volta, quando
le aveva portato la partecipazione in vista delle nozze. La ricordava
come una ragazza dolce e mite, una persona che vedeva solamente il
buono che regnava nel cuore di chi le stava intorno e che incantava
tutti con i suoi grandi occhioni blu e il suo viso delicato che
pareva fatto di porcellana. Era molto giovane, forse di una decina
d'anni più grande di lei, ma sicuramente più
giovane del signor
Gold, il padre di Neal.
Belle aveva sempre mostrato dei
modi gentili nei confronti di Emma, aveva provato in continuazione a
farla sentire parte integrante della famiglia, ma la giovane Swan non
era mai riuscita a provare quella sensazione.
La bionda sbatté le ciglia un
paio di volte, non sapendo cosa fare. Magari quella richiesta di
amicizia non significava nulla, come tutte le altre che riceveva e
che ignorava. Doveva ignorare anche quella? O doveva accettarla?
Era bastato davvero poco
a far tornare quella sofferenza contro cui aveva
lottato per
troppo tempo. Non era pronta a riaffrontare tutto,
non voleva
leggere il nome di Neal nella sua bacheca, non voleva che la donna le
parlasse di lui scrivendole in privato. Ma, d'altro canto, non voleva
voltare le spalle a quella persona dall'animo nobile e gentile, che
magari non si sarebbe mai preso il disturbo di contattarla.
Accettò l'amicizia, alla fine,
poi il suo cellulare morì per colpa della batteria.
Angolo
dell'autrice:
1. Sì,
sono viva e vegeta!
2. Non so perché sto postando questa storia. Davvero non ne
ho idea. L'ultimo capitolo di Hello I Love you(...) è in
fabbricazione, lo giuro, e non credo manchi molto a finirlo. Ho scritto
tanto e dovrò scrivere ancora un pochino, ma farò
di tutto per aggiornare entro la settimana. Ho perso tempo
perché non sapevo ancora come strutturarlo (capirete poi e
spiegherò tutto lì lol), dopo quasi un mese ho
avuto l'illuminazione e ho preso a scrivere. Solo che nel frattempo
stava passando davvero troppo tempo e mi dispiaceva lasciarvi
all'asciutto (?) Pensavo di dedicarmi a questa storia una volta finita
l'altra, ma tanto valeva postarvi il prologo per non farvi sentire
troppo la mia mancanza (?) visto che tanto è pronto da
settimane e settimane.
3. Non so se si può definire un vero e proprio prologo. E'
più un'introduzione al personaggio di Emma e alla situazione
che comincia a crearsi. Si è spiegato un po' quello che
è il passato della nostra Swan e quello che non è
accaduto (matrimonio) e che le ha spezzato il cuore.
4. Come avrete intuito e già letto nell'introduzione, questa
storia sarà completamente AU, quindi non aspettatevi strani
poteri o fagioli magici o galline dalle uova d'oro. Vorrei
però, e spero davvero di riuscire a trasmettervelo nel corso
dei capitoli, mantenere quell'aura di mistero/magia (legata
principalmente al destino che lega i due protagonisti fra loro) che
aleggiava su Storybrooke nella prima stagione.
5. Ho intenzione di strutturare i capitoli alla OUAT/Lost, ovvero
alternare frammenti di presente a pezzi del passato. Mi sembrava
un'idea carina, soprattutto perché essendo un AU le storie
dei personaggi sono state completamente reinventate da me (pur
mantenendo piccoli dettagli della serie) e penso sia il modo migliore
per scoprire dettagli importanti della loro vita. Non so se
riuscirò a inserire flashback in ogni capitolo, io ci
proverò in ogni caso ma non assicuro nulla, non so dirlo con
certezza. Voi, nel frattempo, fatemi sapere cosa pensate dell'idea :)
Okay, ho finito con le precisazioni ^^ Qualcuno della sezione
già mi “conoscerà” o
avrà letto il mio nome in altre storie, per chi non mi
conoscesse: Ehilà, salve, io sono Sà :) Per chi
mi ha seguita nell'altra storia: TRANQUILLE, questa volta non mi
concentrerò solo sull'angst e sul #mainagioia, ve lo
prometto lol Questo è il mio primissimo AU e devo dire che
ci tengo particolarmente, fatemi sapere cosa ne pensate,
perché se non vi incuriosisce nemmeno un minimo lascio
perdere :'D
Btw, cosa ne pensate di questa incasinata vita della nostra cara Swan?
E Belle? Vuole aiutare Emma, ma cosa avrà in mente? Vi dico
subito che Killian comparirà nel 2° capitolo,
abbiate un po' di pazienza.
Con questo è tutto, le note sono LUNGHISSIME quindi grazie
se avete letto fino in fondo :') Aspetto le vostre recensioni
ragasssse, a presto!
Sà
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