CAPITOLO 7:
DUETTO DI LUCE E FUOCO
Il dubbio
mi stava logorando le viscere.
Tre delle
mie migliori amiche erano morte, morte! Non c'erano più.
Dopo che avevo letto
la lettera di Flora, per la prima volta dopo anni, mi concessi di
provare
emozioni umane. Mi concessi di piangere, di urlare, di mettere a
soqquadro la
mia camera, sfogai la mia frustrazione con tutto ciò che mi
capitava a tiro, ma
non senza conseguenze. I sintomi della corruzione si acuirono
notevolmente, ma
non mi pentii di nulla.
Eppure...
quella sensazione di estraneità non voleva andarsene. Mi
ritrovai sul mio balcone
con le gambe penzoloni nel vuoto, partorendo ipotesi alla
velocità della luce;
guardai in basso, tentata come poche volte di fare un passo in avanti.
Quella
follia sarebbe finita? Ero davvero io il virus? Ma, soprattutto: sarei
morta
davvero? Era aria quella che respiravo? Il mondo sembrava la brutta
copia di sé
stesso. Dovevo saperne di più e indagare a fondo: c'era solo
una persona che
poteva aiutarmi.
Abbozzando
la scusa di andare dalla Griffin per vedere in che condizioni si
trovava
Faragonda, partii da Alfea e mi diressi verso Torrenuvola, ove si
trovava anche
la clinica. Saggia decisione posizionarla vicino alla scuola, era una
locazione
puramente strategica. Insomma, tipico della Griffin.
L'odore
dei pini e della foresta mi ricordavano terribilmente Flora: era solita
parlare
con la vegetazione per sapere come se la passavano; se c'erano alberi
da
guarire, lei partiva immediatamente e si inoltrava per chilometri nella
macchia
verde, senza pensarci due volte.
E Musa...
Musa registrava il canto degli uccelli per creare delle melodie
eseguite con
vari strumenti musicali. Aisha adorava fare corse campestri al suo
interno,
sfidando il terreno irregolare, le rocce e la scarsa
visibilità.
Tutto mi
parlava di loro. Sentivo la mia anima lacerata, incompleta. La
sensazione di
sbagliato e anomalo crebbe tantissimo mentre mi avvicinavo alla torre.
Era...
era tutto un grosso errore. Mi fermai di colpo, boccheggiando come un
pesce
fuori l'acqua: il cuore martellava come impazzito, il petto mi doleva.
Soffocai
un conato di vomito e andai avanti.
Non entrai
dalla porta principale: un piccolo sentiero costeggiava la struttura
portando
dietro la scuola, dove un'anonima clinica senza nome né
insegne trasudava
malessere. Feci un profondo, profondissimo respiro ed entrai: l'aura di
follia
che mi arrivò addosso fu tremenda, come un pugno nello
stomaco.
I pazienti
venivano fatti alloggiare nei piani superiori a seconda del caso
clinico,
mentre al piano terra c'erano i ricercatori che studiavano e
progettavano nuove
terapie. La Griffin, però, non c'era.
"Sarà
nel suo ufficio".
Salutai i
presenti, ormai mi conoscevano bene tutti, e andai verso il fondo della
sala di
ricerca, dove una piccola stanza ospitava la preside di Torrenuvola
intenta a
firmare scartoffie.
«La
burocrazia non le dà pace, eh?»
La Griffin
sospirò e alzò gli occhi dai fogli, sorridendomi
leggermente.
«Bloom.
È
un po' che non ti si vede. Beh, per fortuna, aggiungerei».
Abbozzai
un piccolo sorriso anche io, poi tornai seria.
«Avrei
delle cose da chiederle, se non disturbo».
La strega
si alzò stanca e mi fece segno di seguirla; era visibilmente
provata, sembrava
invecchiata di trent'anni in un colpo solo.
«Parliamo
mentre porto la terapia a Faragonda. Sai, sono l'unica da cui accetta
qualcosa... sempre che per te non sia un problema».
Non me la
sentivo molto di incontrare la mia amata preside in quelle condizioni,
ma mi
resi conto che non ero ancora andata a trovarla nemmeno una volta.
«No,
va
bene. Come sta?»
«Ha
i suoi
alti e bassi. Sarà contenta di vederti. Evita di dirle di...
beh, lo sai. Farle
sapere che tre sue allieve sono morte non può farle che
male».
Annuii
malinconica ed entrammo nella sua stanza, la più vicina
all'ufficio della
Griffin. Faragonda era l'unica inquilina: il lusso di essere la
migliore amica
del capo, suppongo. Seduta nel suo letto intenta a leggere un libro sui
glifi
magici, nemmeno si accorse della nostra presenza fin quando la strega
non la
salutò affettuosamente.
Quando mi
vide sfoderò un sorriso luminoso, così carico di
felicità che il mio cuore
esplose. Credetti di svenire per quanto mi sentii male nel vederla
lì, con
medicinali sparpagliati ovunque, con quelle... cinghie per tenerla
ferma a
letto, con i miei sorrisi falsi e le mie bugie.
Di
nuovo... era davvero reale quello che stavo vedendo? Non era il mio
cervello
corrotto? Era davvero la merdosa e folle realtà delle cose?
«Preside
Faragonda! La trovo... davvero bene!»
«Bloom!
Ragazza mia! Oh, sono così felice di vederti! Vieni cara,
abbracciami!»
Rimasi
interdetta da quella richiesta: solitamente non ci piace essere toccati
ma, in
condizioni particolarmente emotive, certe cose si fanno e basta.
Al
diavolo, avevo un bisogno viscerale di sentire il suo contatto fisico:
la
strinsi forte, e lei strinse forte me. Quello era giusto. Quello era
dannatamente e profondamente giusto, era quello il mio posto, era
quella la
normalità. Quello era reale.
«Oh...
ragazza mia, quanto mi sei mancata... come va ad Alfea? Griselda fa un
buon
lavoro? E le Winx come stanno?»
Pochi
attimi di autenticità in cambio di una serie infinita di
falsità. La vita, a
volte, fa davvero schifo.
«Sì,
Griselda fa un ottimo lavoro. Sa com'è, ha imparato dalla
migliore».
Faragonda
sorrise come una bambina a cui si fanno i complimenti per il vestitino
nuovo,
poi continuai: «Le allieve rigano dritto e le lezioni
procedono, mentre le
ragazze...» dissi cercando disperatamente di sciogliere il
groppone che mi
bloccava la gola, «...le Winx stanno bene, le mandano i loro
saluti».
«Oh
bene!
Benissimo!»
Voleva
continuare il discorso ma, improvvisamente, si bloccò di
colpo e iniziò a
fissare il muro senza apparente motivo: sicuramente le voci avevano
ricominciato a parlare nella sua testa.
«Ok,
Bloom, credo che per oggi basta così. Le somministro la
terapia e poi parliamo».
Annuii
piano, mentre Faragonda distendeva distrattamente il braccio in modo
mansueto;
la mia cara preside aveva l'aria così vuota da sembrare un
bambolotto
inanimato, così tanta desolazione intorno alla sua figura.
Una volta finito, io
e la Griffin ci avviammo di nuovo verso il suo ufficio e le chiesi
chiarimenti
su ciò che mi frullava in mente da un po' di tempo.
«È
possibile
che io possa corrompere chi ho intorno?»
La strega
ci pensò su qualche minuto, poi scosse la testa.
«No,
impossibile ragazza mia. La corruzione non si può diffondere
come un
raffreddore, ecco. Voi Orphan non emettete 'onde', insomma, mica siete
radioattivi. Potete corrompere qualcuno solo come possono fare gli
altri e anzi,
per voi è anche più difficile. Siete un miscuglio
di luce ed oscurità, quindi,
per esempio, se tu volessi corrompere una fata, ci metteresti molto
più tempo
del normale perché la tua parte oscura di strega
è solo metà. Il tuo potere
dovrebbe essere compromesso quasi del tutto per trasformare in Orphan
qualcuno
correttamente».
Fu come se
un macigno si disintegrasse nel mio stomaco: mi sentii leggera e, in
qualche
modo, pura. Ringraziai profondamente la Griffin e tornai ad Alfea per
annunciare
a Daphne e Stella la grande notizia, ma quando arrivai le trovai in
cortile che
litigavano furiosamente.
«Ma
sei
fuori di testa? Come puoi dire una cosa del genere?!»
Poche
volte avevo sentito urlare mia sorella in quel modo.
«È
difficile
dirlo anche per me, cosa credi! Sono la sua migliore amica!»
«E
io sono
sua sorella! Quella che si è fatta ammazzare due volte,
ricordi? Io ti
proibisco anche solo di accennare una cosa del genere! Appunto
perché sei la
sua migliore amica, come puoi?»
Il sollievo
tanto desiderato tornò a essere la solita ansia opprimente.
Decisi di mettermi
in mezzo e capirci qualcosa.
«Ehi,
vi
si sente da Torrenuvola! Mi spiegate cosa vi prende?»
Provarono
a parlare entrambe nello stesso momento, urlando e sbiascicando parole,
ma non
capii niente e le fermai.
«Ehi,
basta! Prima Daphne, avanti!»
La fata
della luce le mollò uno sguardo fulminante, mia sorella
iniziò a parlare
agitatissima.
«Stella
ha
fatto supposizioni molto poco opportune circa il motivo per il quale la
gente
diventa Orphan senza motivo, così le ho intimato di tacere
perché è chiaro che
dice stronzate!»
«Daphne!
Per il Sacro Drago, contieniti!» dissi indignata. Da che
pulpito vien la
predica, poi. «Stella, ora tocca a te. Cosa hai
pensato?»
«Beh,
io...» sussurrò abbassando gli occhi.
La voce
divenne rauca, come se si vergognasse di quello che stava per dire, poi
prese
coraggio e respirò a fondo.
«Io
penso
che la causa sia tu. Sei l'Orphan più potente di questo
Universo, hai poteri
tali da far impallidire le Tre Antenate. Secondo me sei tu la causa,
anche
senza volerlo».
Sospirai
sollevata, la situazione era facile da risolvere dopo quello che avevo
appreso.
Spiegai loro tutto quello che mi aveva detto la Griffin, ma ottenni
reazioni
discordanti: mentre Daphne era al settimo cielo per la gioia, Stella
sembrò
rabbuiarsi più di prima.
«E
se... e
se si sbagliasse?»
«La
Griffin che sbaglia qualcosa? Prima l'Inferno dovrà
congelarsi!» dissi cercando
di scherzare, ma la fata non si mosse di un millimetro, così
continuai: «Stella,
sei la mia migliore amica, perché ti ostini a dubitare di me
se non ce n'è
motivo?»
Non mi
rispose, girò i tacchi e se ne tornò in camera
sua, con chissà quali pensieri
in testa. Daphne mi baciò sulla fronte e continuò
a sorridere, felicissima.
«È
una
cosa in meno di cui preoccuparsi, tesoro».
Sorrisi di
rimando, ma la mia felicità era incompleta senza Stella. La
persona a cui
dovevo praticamente tutta la mia vita nell'Universo magico mi riteneva
una
malattia contagiosa, la causa della morte di persone innocenti e delle
nostre
amiche. Non riusciva più a vedermi per quel che ero. Stavo
male... malissimo.
Il giorno
dopo pensai che sarebbe andata meglio, invece finì tutto a
puttane. Come
dicevo, da che pulpito vien la predica sul linguaggio. Stella non ci
parlò per
tutta la giornata, fin quando non si presentò a noi con le
valigie in mano,
pronta a partire per Solaria.
«Bloom,
io
ti voglio bene, ma non abbiamo prove che non sia tu la colpevole. Musa,
Aisha,
Flora... loro...»
Sentii Daphne
accanto a me che tremò di rabbia: la principessa ereditaria
di Domino, sempre
pacata e riflessiva, stava per eruttare come un vulcano. Non era
davvero da
lei.
«Te
lo
dico io qual è il problema: tu hai paura!»
La fata
della luce strinse la valigia con forza, sembrava sul punto di svenire.
«Certo
che
ho paura! Le nostre compagne sono morte!»
«E
per la
tua codardia sei disposta a girare le spalle alla tua migliore
amica?»
«S-sì.
Sì,
ok? Ho paura di Bloom! Ho paura di impazzire!»
Stella
iniziò a piangere per il nervosismo, completamente consumata
da quella
situazione. Mi fece uno strano effetto: da una parte mi fece male, male
come
raramente mi è capitato di stare, ma dall'altra la capivo.
Mi stava
tradendo, ci stava tradendo, ma non
riuscii a fargliene una colpa fino in fondo. Mia sorella, invece... per
il
Sacro Drago, come si può far incattivire un animo gentile
come il suo?
«Sei
senza
spina dorsale» replicò a denti stretti Daphne,
accecata ormai da un furore che
non le apparteneva minimamente. Stella fece per andarsene, poi
continuò a
parlare.
«Comunque
sia, ne ho parlato con Sky ieri sera. Sta venendo qui».
Sgranai
completamente gli occhi, non potevo credere alle mie orecchie.
«Tu...
cosa? Adesso mio marito pensa che io sia una portatrice di morte
ambulante?»
Il mio
nervosismo si fece tale da farmi sentire di nuovo le voci: quello non
doveva
farlo, non doveva proprio farlo.
«Era
la
cosa giusta! Lui saprà cosa fare, non possiamo sapere quali
effetti hai sulle
persone!»
Strinsi
gli occhi e abbassai la testa per tenere a bada la rabbia, mia sorella,
invece,
non ci riuscì: caricò una sfera di fuoco con la
velocità di un battito di
ciglia e gliela schiantò addosso, facendola ruzzolare per
qualche metro e
bruciacchiandole il vestito.
Volevo
urlare di non farlo, di calmarsi, ma... la mia parte oscura godeva
tantissimo
nel vedere quella scena. Mi stava voltando le spalle e mi aveva messo
contro
l'amore della mia vita, non potevo passarci sopra come se nulla fosse.
Quel
benessere si fece largo nel mio corpo come sangue marcio: lasciai
correre.
“Se...
se
intervengo potrei non controllarmi” cercai invano di
giustificarmi.
Stella
perse completamente il controllo e si trasformò; il suo
potere Sirenix non era
assolutamente all'altezza della Fiamma del Drago di Daphne, ma tanto
era il
terrore nel suo cuore che la attaccò furiosamente comunque.
Mia
sorella si trasformò a sua volta e iniziarono a combattere.
La fata della luce
iniziò a lanciare sfere di energia senza mirare precisamente
l'avversaria, come
a volerla tenere lontana da lei a qualunque costo, mentre Daphne si
destreggiò
alla perfezione tra di esse per poterla raggiungere, con una certa
strafottenza,
devo ammettere.
Invece di
schiantarsi a terra, le bolle rimasero ferme in aria, gelatinose, come
se
fossero fatte di luce liquida: al minimo tocco delle ali di mia
sorella, quei
globi luminosi esplosero vigorosamente, creando molte deflagrazioni a
catena
che investirono Daphne, facendomi pensare al peggio.
Dopo che
l'alone accecante si fu diradato, intravidi il drago di fuoco che
avvolgeva il
suo corpo e che aveva assorbito l'intero attacco, lasciandola indenne.
Alla vista
dell'avversaria sana e salva, Stella diede fondo alle sue energie e
sfoderò il
suo attacco più potente: manipolò la luce e
creò una decina di spade possenti
che si misero a fluttuare intorno a lei, perfino in entrambe le sue
mani ne
impugnava una.
Non aveva
mai usato quella tecnica, era la prima volta che gliela vedevo fare.
Qualche
anno dopo l'acquisizione del Bloomix, Stella scoprì di
possedere parte
dell'antico retaggio dei Cavalieri Arcani. Questo leggendario gruppo di
guerrieri era natio di Solaria: sfruttavano la magia della luce per
impiegarla
nel combattimento all'arma bianca. I requisiti per farne parte erano
davvero
molto rigidi, difatti l'ordine è estinto da secoli.
Stella
è
una fata pura con un potere magico pienamente sviluppato: non poteva
ereditare
il titolo di Cavaliere, ma si impegnò a fondo per
padroneggiarne le tecniche base.
Ci teneva davvero tanto, così tanto che non si
azzardò mai ad utilizzarle fin
quando non ne avesse un controllo perfetto. Usare quello stile in quel
momento... era davvero disperata.
Senza
lasciare il tempo a Daphne di elaborare un piano, si scagliò
su di lei a lame
spiegate: con una destrezza incredibile, la mia cara amica menava
fendenti con
entrambe le mani, oltre a controllare le spade che le fluttuavano
intorno.
Con mia
immensa sorpresa, tutto diventò improvvisamente un gioco di
luce in movimento,
una danza mortale dove l'oro delle armi di Stella si fondeva con il
cremisi
delle fiamme di Daphne.
Mia
sorella si muoveva convulsamente in ogni direzione, schivando quel che
poteva e
parando i colpi con il corpo del drago che le scivolava addosso come un
serpente; se la conoscevo bene, stava aspettando che la fata della luce
si
stancasse quel tanto che bastava per poter ribaltare la situazione.
D'altronde,
era l'unica cosa che poteva fare visto che, alla minima distrazione, le
spade
potevano farla letteralmente pezzi, ma era anche vero che Stella non
poteva
menare fendenti perfetti per sempre.
Diventò
una battaglia di logoramento in piena regola. Daphne rischiava davvero
di
soccombere: Stella si rilevò essere senza dubbio la Winx
più forte dopo la
sottoscritta. Onestamente, non mi sarei mai aspettata un simile potere.
Come c'era
da aspettarselo, dopo alcuni minuti il ritmo della mia amica
diminuì, ormai
esausta, e mia sorella se ne approfittò. Temporeggiare e
temere la terrificante
potenza d'attacco di Stella non era segno di paura, ma di saggezza:
l'unico
modo per spuntarla era minare le sue capacità di base, come
abbattere un
edificio dalle fondamenta.
Il
famiglio draconico riuscì a bloccare tra le sue fauci la
lama impugnata nella
mano destra della fata, strappandola dalla presa e lanciandola lontano;
con un
possente colpo di coda la allontanò da Daphne, la quale
poté finalmente avere
una visuale tattica della situazione.
Con una
lingua di fuoco veloce come una saetta, colpì l'ala sinistra
dell'avversaria
facendola incendiare: Stella urlò di dolore e perse la
concentrazione, facendo
svanire le spade luminose. Liberata ormai dall'assedio delle armi d'oro
e
costringendo la fata della luce ad abbassarsi di quota,
colpì con una sfera di
fuoco anche l'altra ala, facendola precipitare a terra da molti metri.
Al momento
dell'impatto, la sua trasformazione Sirenix si sciolse. Ansimante e
dolorante, anche
con qualche costola rotta, fece per rialzarsi, ma Daphne
piombò su di lei,
forse per infierire. Tuttavia, non le diedi il tempo: tornata in me la
parte
buona e coerente di me stessa, mi misi tra loro e intimai a mia sorella
di
smetterla subito, dicendole che non era il caso di continuare.
Lei si
fece da parte irritata, furibonda, come non lo era mai stata. Eravamo
stanche e
al limite: ecco come la paura può cambiare la nostra natura.
«Stella...
soffro terribilmente per quello che hai fatto ma, se non riesci proprio
a far
prevalere l'amore per me alla paura e all'incertezza, beh... allora
vattene.
Torna su Solaria e guarda l'Universo sgretolarsi sotto il tuo naso.
Questa è
l'ultima volta che ti chiamerò 'amica'. Vai. Grazie a te,
ora devo aspettare
mio marito che sta venendo qui a controllare se sua moglie è
un pericolo
mortale da abbattere».
Così,
tra
un insulto e l'altro, Stella partì per il suo pianeta, ma
non fu l'unica: infatti,
anche Daphne decise di tornare su Domino. Disse che ad Alfea non c'era
più
niente per noi e che, se volevano combinare qualcosa, l'idea migliore
era
quella di tornare a casa e continuare le ricerche lì. La
salutai dicendole che
l'avrei raggiunta non appena avessi chiarito la situazione con Sky,
così rimasi
sola nella scuola deserta.
Ero
davvero in ansia, ma ero convinta che con mio marito le cose sarebbero
andate
diversamente: lui mi avrebbe capito. Ne ero certa, ne ero assolutamente
sicura.
Dopo
alcune ore arrivò... con l'intera flotta da combattimento di
Eraklyon al
seguito.
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