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Autore: Sinnheim    02/09/2016    1 recensioni
Versione 2.0, modificata ed arricchita.
Secondo volume della serie "A Dance of Light and Shadow".
Tre anni dopo la pubblicazione del suo primo diario, Bloom si vede costretta a scrivere di getto tutto ciò che è accaduto negli ultimi mesi, non per svago, ma per raccontare quella terribile verità che ha colpito tutti ma che nessuno è stato in grado di capire in tempo. Azioni terribili richiedono terribili provvedimenti e Bloom, ancora una volta, è pronta a pagare il prezzo delle conseguenze delle sue azioni e di quelle degli altri. Questa volta, però, senza essere sicura di cosa ciò comporti. Sequel de Il Canto della Guerra.
Genere: Drammatico, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A Dance of Light and Shadow'
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CAPITOLO 7: DUETTO DI LUCE E FUOCO

 

 

 

Il dubbio mi stava logorando le viscere.

Tre delle mie migliori amiche erano morte, morte! Non c'erano più. Dopo che avevo letto la lettera di Flora, per la prima volta dopo anni, mi concessi di provare emozioni umane. Mi concessi di piangere, di urlare, di mettere a soqquadro la mia camera, sfogai la mia frustrazione con tutto ciò che mi capitava a tiro, ma non senza conseguenze. I sintomi della corruzione si acuirono notevolmente, ma non mi pentii di nulla.

Eppure... quella sensazione di estraneità non voleva andarsene. Mi ritrovai sul mio balcone con le gambe penzoloni nel vuoto, partorendo ipotesi alla velocità della luce; guardai in basso, tentata come poche volte di fare un passo in avanti.

Quella follia sarebbe finita? Ero davvero io il virus? Ma, soprattutto: sarei morta davvero? Era aria quella che respiravo? Il mondo sembrava la brutta copia di sé stesso. Dovevo saperne di più e indagare a fondo: c'era solo una persona che poteva aiutarmi.

Abbozzando la scusa di andare dalla Griffin per vedere in che condizioni si trovava Faragonda, partii da Alfea e mi diressi verso Torrenuvola, ove si trovava anche la clinica. Saggia decisione posizionarla vicino alla scuola, era una locazione puramente strategica. Insomma, tipico della Griffin.

L'odore dei pini e della foresta mi ricordavano terribilmente Flora: era solita parlare con la vegetazione per sapere come se la passavano; se c'erano alberi da guarire, lei partiva immediatamente e si inoltrava per chilometri nella macchia verde, senza pensarci due volte.

E Musa... Musa registrava il canto degli uccelli per creare delle melodie eseguite con vari strumenti musicali. Aisha adorava fare corse campestri al suo interno, sfidando il terreno irregolare, le rocce e la scarsa visibilità.

Tutto mi parlava di loro. Sentivo la mia anima lacerata, incompleta. La sensazione di sbagliato e anomalo crebbe tantissimo mentre mi avvicinavo alla torre. Era... era tutto un grosso errore. Mi fermai di colpo, boccheggiando come un pesce fuori l'acqua: il cuore martellava come impazzito, il petto mi doleva. Soffocai un conato di vomito e andai avanti.

Non entrai dalla porta principale: un piccolo sentiero costeggiava la struttura portando dietro la scuola, dove un'anonima clinica senza nome né insegne trasudava malessere. Feci un profondo, profondissimo respiro ed entrai: l'aura di follia che mi arrivò addosso fu tremenda, come un pugno nello stomaco.

I pazienti venivano fatti alloggiare nei piani superiori a seconda del caso clinico, mentre al piano terra c'erano i ricercatori che studiavano e progettavano nuove terapie. La Griffin, però, non c'era.

"Sarà nel suo ufficio".

Salutai i presenti, ormai mi conoscevano bene tutti, e andai verso il fondo della sala di ricerca, dove una piccola stanza ospitava la preside di Torrenuvola intenta a firmare scartoffie.

«La burocrazia non le dà pace, eh?»

La Griffin sospirò e alzò gli occhi dai fogli, sorridendomi leggermente.

«Bloom. È un po' che non ti si vede. Beh, per fortuna, aggiungerei».

Abbozzai un piccolo sorriso anche io, poi tornai seria.

«Avrei delle cose da chiederle, se non disturbo».

La strega si alzò stanca e mi fece segno di seguirla; era visibilmente provata, sembrava invecchiata di trent'anni in un colpo solo.

«Parliamo mentre porto la terapia a Faragonda. Sai, sono l'unica da cui accetta qualcosa... sempre che per te non sia un problema».

Non me la sentivo molto di incontrare la mia amata preside in quelle condizioni, ma mi resi conto che non ero ancora andata a trovarla nemmeno una volta.

«No, va bene. Come sta?»

«Ha i suoi alti e bassi. Sarà contenta di vederti. Evita di dirle di... beh, lo sai. Farle sapere che tre sue allieve sono morte non può farle che male».

Annuii malinconica ed entrammo nella sua stanza, la più vicina all'ufficio della Griffin. Faragonda era l'unica inquilina: il lusso di essere la migliore amica del capo, suppongo. Seduta nel suo letto intenta a leggere un libro sui glifi magici, nemmeno si accorse della nostra presenza fin quando la strega non la salutò affettuosamente.

Quando mi vide sfoderò un sorriso luminoso, così carico di felicità che il mio cuore esplose. Credetti di svenire per quanto mi sentii male nel vederla lì, con medicinali sparpagliati ovunque, con quelle... cinghie per tenerla ferma a letto, con i miei sorrisi falsi e le mie bugie.

Di nuovo... era davvero reale quello che stavo vedendo? Non era il mio cervello corrotto? Era davvero la merdosa e folle realtà delle cose?

«Preside Faragonda! La trovo... davvero bene!»

«Bloom! Ragazza mia! Oh, sono così felice di vederti! Vieni cara, abbracciami!»

Rimasi interdetta da quella richiesta: solitamente non ci piace essere toccati ma, in condizioni particolarmente emotive, certe cose si fanno e basta.

Al diavolo, avevo un bisogno viscerale di sentire il suo contatto fisico: la strinsi forte, e lei strinse forte me. Quello era giusto. Quello era dannatamente e profondamente giusto, era quello il mio posto, era quella la normalità. Quello era reale.

«Oh... ragazza mia, quanto mi sei mancata... come va ad Alfea? Griselda fa un buon lavoro? E le Winx come stanno?»

Pochi attimi di autenticità in cambio di una serie infinita di falsità. La vita, a volte, fa davvero schifo.

«Sì, Griselda fa un ottimo lavoro. Sa com'è, ha imparato dalla migliore».

Faragonda sorrise come una bambina a cui si fanno i complimenti per il vestitino nuovo, poi continuai: «Le allieve rigano dritto e le lezioni procedono, mentre le ragazze...» dissi cercando disperatamente di sciogliere il groppone che mi bloccava la gola, «...le Winx stanno bene, le mandano i loro saluti».

«Oh bene! Benissimo!»

Voleva continuare il discorso ma, improvvisamente, si bloccò di colpo e iniziò a fissare il muro senza apparente motivo: sicuramente le voci avevano ricominciato a parlare nella sua testa.

«Ok, Bloom, credo che per oggi basta così. Le somministro la terapia e poi parliamo».

Annuii piano, mentre Faragonda distendeva distrattamente il braccio in modo mansueto; la mia cara preside aveva l'aria così vuota da sembrare un bambolotto inanimato, così tanta desolazione intorno alla sua figura. Una volta finito, io e la Griffin ci avviammo di nuovo verso il suo ufficio e le chiesi chiarimenti su ciò che mi frullava in mente da un po' di tempo.

«È possibile che io possa corrompere chi ho intorno?»

La strega ci pensò su qualche minuto, poi scosse la testa.

«No, impossibile ragazza mia. La corruzione non si può diffondere come un raffreddore, ecco. Voi Orphan non emettete 'onde', insomma, mica siete radioattivi. Potete corrompere qualcuno solo come possono fare gli altri e anzi, per voi è anche più difficile. Siete un miscuglio di luce ed oscurità, quindi, per esempio, se tu volessi corrompere una fata, ci metteresti molto più tempo del normale perché la tua parte oscura di strega è solo metà. Il tuo potere dovrebbe essere compromesso quasi del tutto per trasformare in Orphan qualcuno correttamente».

Fu come se un macigno si disintegrasse nel mio stomaco: mi sentii leggera e, in qualche modo, pura. Ringraziai profondamente la Griffin e tornai ad Alfea per annunciare a Daphne e Stella la grande notizia, ma quando arrivai le trovai in cortile che litigavano furiosamente.

«Ma sei fuori di testa? Come puoi dire una cosa del genere?!»

Poche volte avevo sentito urlare mia sorella in quel modo.

«È difficile dirlo anche per me, cosa credi! Sono la sua migliore amica!»

«E io sono sua sorella! Quella che si è fatta ammazzare due volte, ricordi? Io ti proibisco anche solo di accennare una cosa del genere! Appunto perché sei la sua migliore amica, come puoi?»

Il sollievo tanto desiderato tornò a essere la solita ansia opprimente. Decisi di mettermi in mezzo e capirci qualcosa.

«Ehi, vi si sente da Torrenuvola! Mi spiegate cosa vi prende?»

Provarono a parlare entrambe nello stesso momento, urlando e sbiascicando parole, ma non capii niente e le fermai.

«Ehi, basta! Prima Daphne, avanti!»

La fata della luce le mollò uno sguardo fulminante, mia sorella iniziò a parlare agitatissima.

«Stella ha fatto supposizioni molto poco opportune circa il motivo per il quale la gente diventa Orphan senza motivo, così le ho intimato di tacere perché è chiaro che dice stronzate!»

«Daphne! Per il Sacro Drago, contieniti!» dissi indignata. Da che pulpito vien la predica, poi. «Stella, ora tocca a te. Cosa hai pensato?»

«Beh, io...» sussurrò abbassando gli occhi.

La voce divenne rauca, come se si vergognasse di quello che stava per dire, poi prese coraggio e respirò a fondo.

«Io penso che la causa sia tu. Sei l'Orphan più potente di questo Universo, hai poteri tali da far impallidire le Tre Antenate. Secondo me sei tu la causa, anche senza volerlo».

Sospirai sollevata, la situazione era facile da risolvere dopo quello che avevo appreso. Spiegai loro tutto quello che mi aveva detto la Griffin, ma ottenni reazioni discordanti: mentre Daphne era al settimo cielo per la gioia, Stella sembrò rabbuiarsi più di prima.

«E se... e se si sbagliasse?»

«La Griffin che sbaglia qualcosa? Prima l'Inferno dovrà congelarsi!» dissi cercando di scherzare, ma la fata non si mosse di un millimetro, così continuai: «Stella, sei la mia migliore amica, perché ti ostini a dubitare di me se non ce n'è motivo?»

Non mi rispose, girò i tacchi e se ne tornò in camera sua, con chissà quali pensieri in testa. Daphne mi baciò sulla fronte e continuò a sorridere, felicissima.

«È una cosa in meno di cui preoccuparsi, tesoro».

Sorrisi di rimando, ma la mia felicità era incompleta senza Stella. La persona a cui dovevo praticamente tutta la mia vita nell'Universo magico mi riteneva una malattia contagiosa, la causa della morte di persone innocenti e delle nostre amiche. Non riusciva più a vedermi per quel che ero. Stavo male... malissimo.

Il giorno dopo pensai che sarebbe andata meglio, invece finì tutto a puttane. Come dicevo, da che pulpito vien la predica sul linguaggio. Stella non ci parlò per tutta la giornata, fin quando non si presentò a noi con le valigie in mano, pronta a partire per Solaria.

«Bloom, io ti voglio bene, ma non abbiamo prove che non sia tu la colpevole. Musa, Aisha, Flora... loro...»

Sentii Daphne accanto a me che tremò di rabbia: la principessa ereditaria di Domino, sempre pacata e riflessiva, stava per eruttare come un vulcano. Non era davvero da lei.

«Te lo dico io qual è il problema: tu hai paura!»

La fata della luce strinse la valigia con forza, sembrava sul punto di svenire.

«Certo che ho paura! Le nostre compagne sono morte!»

«E per la tua codardia sei disposta a girare le spalle alla tua migliore amica?»

«S-sì. Sì, ok? Ho paura di Bloom! Ho paura di impazzire!»

Stella iniziò a piangere per il nervosismo, completamente consumata da quella situazione. Mi fece uno strano effetto: da una parte mi fece male, male come raramente mi è capitato di stare, ma dall'altra la capivo.

Mi stava tradendo, ci stava tradendo, ma non riuscii a fargliene una colpa fino in fondo. Mia sorella, invece... per il Sacro Drago, come si può far incattivire un animo gentile come il suo?

«Sei senza spina dorsale» replicò a denti stretti Daphne, accecata ormai da un furore che non le apparteneva minimamente. Stella fece per andarsene, poi continuò a parlare.

«Comunque sia, ne ho parlato con Sky ieri sera. Sta venendo qui».

Sgranai completamente gli occhi, non potevo credere alle mie orecchie.

«Tu... cosa? Adesso mio marito pensa che io sia una portatrice di morte ambulante?»

Il mio nervosismo si fece tale da farmi sentire di nuovo le voci: quello non doveva farlo, non doveva proprio farlo.

«Era la cosa giusta! Lui saprà cosa fare, non possiamo sapere quali effetti hai sulle persone!»

Strinsi gli occhi e abbassai la testa per tenere a bada la rabbia, mia sorella, invece, non ci riuscì: caricò una sfera di fuoco con la velocità di un battito di ciglia e gliela schiantò addosso, facendola ruzzolare per qualche metro e bruciacchiandole il vestito.

Volevo urlare di non farlo, di calmarsi, ma... la mia parte oscura godeva tantissimo nel vedere quella scena. Mi stava voltando le spalle e mi aveva messo contro l'amore della mia vita, non potevo passarci sopra come se nulla fosse. Quel benessere si fece largo nel mio corpo come sangue marcio: lasciai correre.

“Se... se intervengo potrei non controllarmi” cercai invano di giustificarmi.

Stella perse completamente il controllo e si trasformò; il suo potere Sirenix non era assolutamente all'altezza della Fiamma del Drago di Daphne, ma tanto era il terrore nel suo cuore che la attaccò furiosamente comunque.

Mia sorella si trasformò a sua volta e iniziarono a combattere. La fata della luce iniziò a lanciare sfere di energia senza mirare precisamente l'avversaria, come a volerla tenere lontana da lei a qualunque costo, mentre Daphne si destreggiò alla perfezione tra di esse per poterla raggiungere, con una certa strafottenza, devo ammettere.

Invece di schiantarsi a terra, le bolle rimasero ferme in aria, gelatinose, come se fossero fatte di luce liquida: al minimo tocco delle ali di mia sorella, quei globi luminosi esplosero vigorosamente, creando molte deflagrazioni a catena che investirono Daphne, facendomi pensare al peggio.

Dopo che l'alone accecante si fu diradato, intravidi il drago di fuoco che avvolgeva il suo corpo e che aveva assorbito l'intero attacco, lasciandola indenne.

Alla vista dell'avversaria sana e salva, Stella diede fondo alle sue energie e sfoderò il suo attacco più potente: manipolò la luce e creò una decina di spade possenti che si misero a fluttuare intorno a lei, perfino in entrambe le sue mani ne impugnava una.

Non aveva mai usato quella tecnica, era la prima volta che gliela vedevo fare. Qualche anno dopo l'acquisizione del Bloomix, Stella scoprì di possedere parte dell'antico retaggio dei Cavalieri Arcani. Questo leggendario gruppo di guerrieri era natio di Solaria: sfruttavano la magia della luce per impiegarla nel combattimento all'arma bianca. I requisiti per farne parte erano davvero molto rigidi, difatti l'ordine è estinto da secoli.

Stella è una fata pura con un potere magico pienamente sviluppato: non poteva ereditare il titolo di Cavaliere, ma si impegnò a fondo per padroneggiarne le tecniche base. Ci teneva davvero tanto, così tanto che non si azzardò mai ad utilizzarle fin quando non ne avesse un controllo perfetto. Usare quello stile in quel momento... era davvero disperata.

Senza lasciare il tempo a Daphne di elaborare un piano, si scagliò su di lei a lame spiegate: con una destrezza incredibile, la mia cara amica menava fendenti con entrambe le mani, oltre a controllare le spade che le fluttuavano intorno.

Con mia immensa sorpresa, tutto diventò improvvisamente un gioco di luce in movimento, una danza mortale dove l'oro delle armi di Stella si fondeva con il cremisi delle fiamme di Daphne.

Mia sorella si muoveva convulsamente in ogni direzione, schivando quel che poteva e parando i colpi con il corpo del drago che le scivolava addosso come un serpente; se la conoscevo bene, stava aspettando che la fata della luce si stancasse quel tanto che bastava per poter ribaltare la situazione.

D'altronde, era l'unica cosa che poteva fare visto che, alla minima distrazione, le spade potevano farla letteralmente pezzi, ma era anche vero che Stella non poteva menare fendenti perfetti per sempre.

Diventò una battaglia di logoramento in piena regola. Daphne rischiava davvero di soccombere: Stella si rilevò essere senza dubbio la Winx più forte dopo la sottoscritta. Onestamente, non mi sarei mai aspettata un simile potere.

Come c'era da aspettarselo, dopo alcuni minuti il ritmo della mia amica diminuì, ormai esausta, e mia sorella se ne approfittò. Temporeggiare e temere la terrificante potenza d'attacco di Stella non era segno di paura, ma di saggezza: l'unico modo per spuntarla era minare le sue capacità di base, come abbattere un edificio dalle fondamenta.

Il famiglio draconico riuscì a bloccare tra le sue fauci la lama impugnata nella mano destra della fata, strappandola dalla presa e lanciandola lontano; con un possente colpo di coda la allontanò da Daphne, la quale poté finalmente avere una visuale tattica della situazione.

Con una lingua di fuoco veloce come una saetta, colpì l'ala sinistra dell'avversaria facendola incendiare: Stella urlò di dolore e perse la concentrazione, facendo svanire le spade luminose. Liberata ormai dall'assedio delle armi d'oro e costringendo la fata della luce ad abbassarsi di quota, colpì con una sfera di fuoco anche l'altra ala, facendola precipitare a terra da molti metri.

Al momento dell'impatto, la sua trasformazione Sirenix si sciolse. Ansimante e dolorante, anche con qualche costola rotta, fece per rialzarsi, ma Daphne piombò su di lei, forse per infierire. Tuttavia, non le diedi il tempo: tornata in me la parte buona e coerente di me stessa, mi misi tra loro e intimai a mia sorella di smetterla subito, dicendole che non era il caso di continuare.

Lei si fece da parte irritata, furibonda, come non lo era mai stata. Eravamo stanche e al limite: ecco come la paura può cambiare la nostra natura.

«Stella... soffro terribilmente per quello che hai fatto ma, se non riesci proprio a far prevalere l'amore per me alla paura e all'incertezza, beh... allora vattene. Torna su Solaria e guarda l'Universo sgretolarsi sotto il tuo naso. Questa è l'ultima volta che ti chiamerò 'amica'. Vai. Grazie a te, ora devo aspettare mio marito che sta venendo qui a controllare se sua moglie è un pericolo mortale da abbattere».

Così, tra un insulto e l'altro, Stella partì per il suo pianeta, ma non fu l'unica: infatti, anche Daphne decise di tornare su Domino. Disse che ad Alfea non c'era più niente per noi e che, se volevano combinare qualcosa, l'idea migliore era quella di tornare a casa e continuare le ricerche lì. La salutai dicendole che l'avrei raggiunta non appena avessi chiarito la situazione con Sky, così rimasi sola nella scuola deserta.

Ero davvero in ansia, ma ero convinta che con mio marito le cose sarebbero andate diversamente: lui mi avrebbe capito. Ne ero certa, ne ero assolutamente sicura.

Dopo alcune ore arrivò... con l'intera flotta da combattimento di Eraklyon al seguito.

 

  
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