EDIT:
Capitolo revisionato e corretto.
CAP.
19
SCOPERTA
BELLA
Mi ero
barricata in camera e non avevo la minima intenzione di mettere il naso
di fuori.
Quando
tutte le lacrime che mi opprimevano finalmente avevano abbandonato il
mio corpo, mi ero alzata e mi ero vestita. Alice mi aveva procurato dei
jeans e una deliziosa camicia sagomata blu elettrico. Ai piedi un paio
di ballerine argentate, molto simili a quelle che spesso indossava lei,
ma chiaramente nuove di zecca.
L’effetto
d’insieme era davvero gradevole.
Feci
una smorfia osservandomi abbigliata e sospirai. Ah, se avessi avuto un
pizzico della grazia di Alice e dell’avvenenza di Rosalie,
sarei stata uno schianto! E allora sì che sarei stata in
grado di essere all’altezza di Edward Cullen, la persona adatta a lui
… quelle parole avevano colto veramente nel
segno.
Avevo
lasciato intatto il vassoio con la colazione fuori dalla porta, ma non
ero scesa dabbasso. Non volevo rischiare di incontrare Alice, ma
soprattutto Edward.
Della
prima non avrei sopportato le chiacchiere, mentre del secondo
… non avrei resistito a stare nella stessa stanza insieme a
lui, così come due amici, due estranei. Volevo di
più, il mio corpo lo reclamava e il desiderio si mischiava
al dolore per l’incertezza dei suoi sentimenti. Mi aveva
detto che quando sarei stata pronta avremmo parlato, ma sarei mai stata
in grado di sostenere la verità?
Mi
sentivo insicura e fragile, ma mi rendevo conto di essere anche alle
strette. Non potevo certo rimanere chiusa lì dentro in
eterno, dopotutto ero nella camera di Edward, lo stavo privando dei
suoi spazi e limitandone la libertà. Mi guardai intorno,
triste. Le sue cose erano tutte lì, intorno a me, i suoi cd,
il suo sofisticato impianto stereo, i suoi libri. Mi avvicinai un
po’ per leggerne i titoli, alcuni erano vecchissimi, forse
prime edizioni, altri erano in lingua e mi parve di riconoscere il
portoghese, il francese, l’italiano ed altre davvero strane.
Ma quante lingue conosceva? Scossi il capo rimproverandomi mentalmente.
Non erano affari miei. Ma la curiosità prese il sopravvento
e continuai nella mia esplorazione dei volumi in inglese. Classici,
alcuni d’avanguardia, gusti molto eclettici, non
c’è che dire. Ma poteva anche starci, in fondo con
tutto il tempo che aveva avuto a disposizione avrà anche
cambiato preferenze abbastanza spesso.
Improvvisamente
mi bloccai e spalancai gli occhi. Shakespeare, Romeo e Giulietta?
Ma lui non disprezzava Romeo? Passai a fianco, ancora lo stesso autore,
ma erano i Sonetti.
Senza rendermene conto presi il volumetto tra le mani.
Era
consunto, ma in buono stato, conservato benissimo.
Un’edizione rilegata davvero deliziosa. Me lo rigirai
delicatamente tra le mani osservando le incisioni dorate degli angoli
un po’ scurite dal tempo, il rosso della copertina in pelle
un po’ sbiadito. Lo spostai in una sola mano e
automaticamente il libro si aprì in una pagina segnata con
un rametto ormai talmente secco da rendere impossibile risalire alla
pianta d’origine. Ebbi paura di sfiorarlo temendo che potesse
rompersi alla pressione delle mie dita, ma fui attratta dalle parole
che lessi sotto.
Forks, 20 settembre 2000
Vergogna!
Dì che nessuno tu ami
se
così improvvido sei con te stesso,
dì,
se vuoi, che da molti sei adorato
ma amore non
dai tu ad alcuno, è certo.
Tanto odio
assassino ti possiede
che ti sospiri
contro senza posa
ruinare
tentando il tetto splendido
che restaurar
dovresti ad ogni costo.
Cambia
pensiero, e cambierò
sentenza:
l’odio
avrà dunque dimora più dolce
d’amore?
Sii generoso qual sembri,
o per te almeno
generoso mòstrati.
Fà
di te un doppio per amore mio,
che in te o in
un tuo beltà sopravviva.
sonetto 10
Lessi la data vergata nella bella grafia di Edward. Era il giorno in
cui aveva deciso di andarsene da Forks, di lasciarmi. Deglutii e cercai
l’appoggio del divano dietro di me. Presi a sfogliare
delicatamente il volume. Altri sonetti recavano delle date in
intestazione, tutte seguenti a quella della partenza da Forks, ma con
la trascrizione Rio.
Era a
Rio che Edward aveva trascorso tutti quei mesi di lontananza?
Leggevo
le date cercando di rammentare cosa stessi facendo io in quei giorni.
Era tutto avvolto nella nebbia, non riuscivo ad isolare un giorno
dall’altro. Mi colpì la data del 20 gennaio,
quattro mesi esatti dalla partenza, sembrava quasi che avesse voluto
ricordare un anniversario.
Lessi
avidamente.
Rio, 20 gennaio 2001
Quanto
pesante percorro il cammino
e
quel che cerco – la fine del viaggio,
quando
riposerò – mi farà dire:
«Di
tante miglia il mio amico è lontano».
La
bestia che mi porta, stanca della
mia
pena, arranca piegando al mio carico,
quasi
d’istinto sapesse che fretta
non
posso avere, se di te son fatto.
Neppure
lo sprone sanguigno lo pungola,
che
la rabbia talor le ficca in fianco:
con
un lamento mi risponde, crudo
per
me più che il ferro alle sue carni:
entrare
in mente mi fa quel
lamento
che
innanzi ho doglia, e la mia gioia è
indietro.
sonetto 50
Rilessi perplessa due volte. Quei versi parlavano di nostalgia,
sofferenza per la mancanza di un amore lontano, lasciato indietro,
unica gioia nel faticoso percorso del viandante.
I conti
non mi tornavano. Quello che stavo leggendo non combaciava con il
ricordo di quello che Edward mi aveva detto andandosene. Non erano
questi i sentimenti di un uomo che ha voglia di cambiare, di cercare
distrazioni. Questi erano i versi di un uomo che soffriva per amore.
Beh,
forse per lui non era stato facile come non lo era stato per me. Forse,
non era stata solo illusione il nostro amore, una mia illusione, per
essere precisi. Tuttavia, questo poteva significare che mi aveva amato,
ma adesso? Sfogliai ancora le pagine cercando le più
recenti, una fiammella si accese nel mio cuore.
Mi
sbalordì leggere la data del giorno prima su un sonetto. Il
mio cuore prese a battere all’impazzata.
Forks, 23 maggio 2001
Come
il cibo alla mia vita sei per me,
come alla terra
acquazzoni di maggio,
e per tuo amore
così mi tormento
come per
l’oro suo pena l’avaro
che del
possesso ora esulta, ma già
teme che i suoi
tesori involi il tempo:
e ora bramo di
starti unico accanto
ora che il
mondo ammiri il mio piacere,
sazio talor
solo del vederti,
poi subito
affamato di uno sguardo;
e non
v’è gioia ch’io tenga o insegua,
se da te non
l’attendo o non m’avanza.
Così
divoro e languo ognor, vorace
tutto
afferrando o morendo di fame.
sonetto 75
Chiusi il libro di scatto, il respiro affannoso come dopo una lunga
corsa.
Sobbalzai
allorchè mi accorsi che qualcuno bussava alla porta. Il
libro mi scivolò di mano e cadde a terra con un tonfo.
«Bella,
cara, è tutto a posto? Se desideri qualcosa posso cucinare
altro, che ne dici?» La voce preoccupata di Esme mi fece
salire le lacrime agli occhi. Quanto era dolce con me!
«Ehm
sì, non avevo appetito prima, ma ora scendo giù
in cucina. Mi è venuta una certa fame
…» e riponendo il libro con cura al suo posto, mi
ravvivai i capelli, lisciai la camicia sui fianchi e mi voltai pronta
finalmente ad uscire.
NOTA DELL'AUTRICE: Le
poesie riportate sono tratte da “I Sonetti” di
William Shakespeare”.
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