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track 10
Lunedì
15 Novembre,
Clinica Kurokawa ore 08:00
I
ricordi dell’incidente erano troppo vividi nella mente
di Ichigo e per
tutta la notte il giovane non
era riuscito a
riprendere sonno tormentato da quelle immagini atroci.
Perché
dopo tutti quegli anni n’era
ancora perseguitato? Cercava di darsi una spiegazione ma
era inutile, per
quanto tempo passasse mai
era riuscito a dimenticarsi di quel
lontano e tragico giorno. Suo padre e le sue sorelle gli erano
stati vicini
aiutandolo a
superare quei momenti in cui
credeva di sprofondate una
disperazione senza fondo, ma lui non
era mai stato il tipo da
condividere il proprio dolore con gli altri e mai prima
di all’ora era riuscito ad aprirsi completamente con loro. Non
voleva assolutamente
che i tre notassero quei
momenti di debolezza, non voleva ferirli più di quanto non
avesse già
fatto fino a quell’istante, per questo motivo preferiva
tenere
tutte le sue angosce dentro di sé anche
se alla
lunga andare avrebbero finito con il devastarlo sempre di
più.
«Ichigo-kun è permesso?»
Il
vocalist quasi sussultò: in
quell’istante era troppo perso in quei
ricordi che continuavano
a straziare la sua mente e il suo debole cuore.
«Kurosawa-sensei entri
pure»
«Ti
senti meglio oggi?»
Ichigo riusciva
a vedere la preoccupazione negli occhi del suo medico, non era la
prima volte che si mostrava così allarmato
per lui, si conoscevano da così tanti anni che erano finiti con
l’affezionarsi l'uno all'altro.
«Mi
sento molto meglio Sensei.» Non
è che non si sentisse bene, in effetti da
quand’era stato ricoverato sentiva un netto
miglioramento fisico, ma
era la sua psiche a non essere nella forma migliore e non
se la sentiva di parlarne con
il medico, non voleva farlo
agitare di
più di
quanto già non fosse.
“Se
non vuoi parlare me ne vado… ma ricorda non
si può sopravvivere da soli”
Perché
quelle parole dovevano ancora ritornargli in
mente? La voce
di Grimmjow gli
risuonava in
testa come una delle orribili canzoni che rimangano
impresse risuonando
all’infinito nella testa.
In
fondo sapeva che le parole
di Jaegerjaques avessero
un fondo di verità: non
poteva andare avanti senza fidarsi
di più delle persone che lo circondavano e
doveva incominciare proprio dal chi gli
era stato più
vicine in quegli anni, compreso l’uomo che gli si trovava di
fronte
che aveva fatto davvero tanto per lui.
Lunedì 15
novembre, Casa Kurosaki ore
16:00
Era
la prima volta in vita loro che le due adolescenti andavano
a trovare il fratello senza che il padre potesse loro
accompagnarle, non
era che non volessero farlo ma il genitore era
sempre stato un
po’ troppo apprensivo trattandole
ancora come
se fossero
belle bambine indifese, ma era arrivato il
tempo di mostrargli
quanto fossero
diventate mature e
responsabili.
Dovevano
ammettere che non vedevano l’ora di rivedere
loro fratello: la
loro presenza avrebbe fatto bene ad Ichigo che
sarebbe rimasto
chiuso per troppo giorni
e sicuramente delle facce
familiari avrebbe fatto
bene al maggiore.
Le
due sapevano che il fratello sarebbe rimasto chiuso per troppi giorni
in quella clinica, proprio per questo motivo stavano
portando al ragazzo
un po’ di vestiti di ricambio che gli sarebbero stati
indispensabili, oltre al fatto che avessero intenzione di
recapitargli anche la sua vecchia amica, la sua prima chitarra che
aveva comprato con i soldi del suo par-time.
«Papà
noi andiamo!»
«Fate
attenzione agli conosciuti»
Perché quel
vecchio doveva preoccuparsi così
tanto? Erano
quelli i pensieri che giravano nella mente di Karin che irritata
guardò l’uomo con
un’occhiataccia, di quelle che sembravano voler fulminare le
persone con gli
occhi.
«Non
siamo più bambine:
abbiamo sedici anni non cinque!»
Non
avrebbe mai capito quell’uomo, sì erano loro
figlie ma ormai quel
comportamento iperprotettivo
sembrava agli occhi della ragazza una
cosa totalmente ridicola.
Era
vero che avevano perso loro madre e che le
condizioni di Ichigo fossero
troppo gravi, ma incominciava
seriamente ad esagerare.
«Voi
resterete per sempre le mie bambine!»
Quel
bambine era di troppo, la mora proprio non riusciva a sopportare quel
lato del genitore e
prese la mano della gemella andando via
prima che fosse troppo tardi.
«Ciao
papà »
«Ci vediamo
vecchio!»
«Non
date retta agli sconosciuti e
guardate prima di attraversare»
Karin e Yuzu mai
sarebbero state in grado di capire
quanto temesse per
loro, gli erano rimaste solo loro assieme al primogenito che
si
trovava in una situazione talmente critica da
fargli temere che da un giorno all’altro sarebbe potuto
morire.
Isshin sapeva benissimo
che Karin e Yuzu mai sarebbero
state in grado di capire quanto
si preoccupasse per loro
due, alla fine erano le uniche donne della famiglia che gli fossero
rimaste e non avrebbe mai voluto che succedesse qualcosa
alle sue adorate gemelle. Era
vero che forse stava esagerando, ma temeva sul
serio per la
loro sorte, almeno non dopo tutto
quello che era successo a sua moglie e Ichigo,
che sarebbe potuto morire
da un giorno all'altro.
Grazie
alle sue conoscenze, era riuscito a trovare il miglior
cardiochirurgo dell’intera asia e aveva
addirittura perso il conto
di quanti soldi avesse speso per la
salute del figlio,
ma erano stati l'unico compromesso per permettergli di
vivere il più a lungo possibile, ma ormai la situazione
era sempre più cripta da
fargli temere che potesse non
farcela a superare quell'anno.
Il solo pensiero di perderlo gli procurava delle
ferite che nessuno avrebbe potuto capire se non Masaki che
da lassù vegliava sul suo bambino.
«I
nostri figli stanno diventando davvero grandi» Come sempre
non
riusciva a distogliere gli occhi dall’enorme poster che
irradiava quella cucina rendendo quel luogo uno
dei più caldi e
accoglienti di tutta l'abitazione «Scommetto
che sei fiera di loro.»
Era
orgoglioso di Karin e Yuzu che
si prendevano cura
di lui e del fratello nonostante la loro giovane età, e
soprattutto
lo era dello stesso Ichigo che
aveva lottato duramente per lunghi anni arrivando fino a quel
giorno e sperava che
avrebbe continuato a lottare contro la
sua patologia «Ti prego Masaki veglia
su di loro»
Isshin non
riuscì a trattenere le lacrime in quell’istante,
tutto era così
duro aveva già perso la moglie provando un dolore straziante
e non
voleva perdere anche il figlio che avrebbe finito per lacerare
ancora più a fondo quella ferita che mai si era rimarginata.
NOTE
Dopo
anni finalmente sono riuscita a correggere la
prima parte del decimo capitolo che ho decido di dividere a
metà
come sempre, era l’ultimo che mi mancava e non l’ho
più continuata per definire alcuni dettagli.
Spero
vi piaccia.
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