Eccoci al secondo capitolo. Ringrazio infinitamente per tutti i
commenti e per chi ha messo la storia tra le preferite o le seguite.
Gazie! Spero che i prossimi capitoli non vi deludano!
In questo capitolo l'attrazione tra Federico e Ilaria cresce
pericolosamente e il fatto di non poter cedere al desiderio li rende
frustrati e insofferenti.
Buona lettura!
2 - Attrazione.
Come ho dormito bene! Mi sento così.. Non lo so.
È come se fossi rinata. È bello svegliarsi e
trovare accanto a te una persona che dolcemente ti augura
“Buongiorno”.
“..'giorno.” replico tra uno sbadiglio e l'altro.
“Come sono comoda. Non mi va di alzarmi. Che giorno
è oggi?”
“Temo sia solo mercoledì.” risponde
sorridendo.
“Solo mercoledì? Siamo solo a metà
settimana?” chiedo coprendomi gli occhi con la mano in atto
disperato. “Non voglio andare a lavoro, lo detesto.”
“Dai, fatti coraggio!”
“Va bene, ma tu verrai con me?”
“Certamente.” mi rassicura lui con un sorriso.
Anche se di malavoglia, mi alzo e mi dirigo in bagno. Faccio una doccia
veloce e tonificante. Quando esco dal bagno, lui è di nuovo
di fronte a quella finestra a osservare la città mattiniera.
Non mi fermo e torno in camera mia. Mi tolgo l'accappatoio e comincio a
infilarmi la biancheria. Ho già messo gli slip e sto per
prendere il reggiseno quando alzo lo sguardo e, sulla porta, vedo
Federico sbalordito che mi fissa. Il cuore comincia a battermi
furiosamente e rimango paralizzata a guardarlo. Sono imbarazzata,
però lui mi guarda in un modo... Come potrei definirlo?
Lusinghiero? Piacevole? Il disagio sta sparendo e ora sono fiera del
suo sguardo su di me, leggero come una carezza. Arrossisce, si volta e
se ne va. Come devo comportarmi ora? Lui mi aveva già visto
nuda però... Ora è diverso. Forse dovrei fare
finta di nulla o lo imbarazzerò ancora di più.
È inutile pensarci. Supereremo la cosa. Finisco di vestirmi
e poi vado in cucina, lui è sempre di spalle, inchiodato
alla finestra. Mi preparo la colazione in silenzio, non so cosa dire.
Forse è meglio non dire nulla, o no?
“Mi dispiace.” sussurra senza voltarsi.
“Non importa, sono cose che capitano. Eri lì da
molto?”
“No, ero appena arrivato. Non capiterà
più.” afferma voltandosi finalmente. È
veramente dispiaciuto, glielo leggo negli occhi.
“Non preoccuparti. Non è un problema. E poi, hai
detto tu stesso di avermi già visto.”
“Sì, però... Ora che mi vedi
è imbarazzante..”
Mi metto a ridere. Poveretto! È proprio costernato.
“Lo so, ma non pensiamoci più.”
Fa una strana smorfia. Lo guardo con aria interrogativa. Ho detto
qualcosa di particolare?
“Il fatto è che... Per me non sarà
facile non pensarci.” spiega arrossendo sempre più.
“Devo prenderlo come un complimento?” chiedo
sorridendo.
“Credo di sì.”
“Grazie ma, non credevo che tu potessi avere certi...
Pensieri.”
“E' una novità anche per me. Non lo sapevo sino a
che non ti ho incontrata.” sussurra con sguardo basso. Le
cose si complicano. Bisogna battere in ritirata.
“È meglio che vada o farò
tardi..” concludo per salvarmi dall'imbarazzo.
Anche questo stupido lavoro può essere piacevole. So che
Federico è qui che mi osserva. È
divertente e mi rende di buonumore. Riesco persino a sopportare le
vecchie signore arteriosclerotiche che cambiano idea in continuazione.
Evidentemente la sua vicinanza mi fa bene. Mi sento molto meno sola e
il tempo passa più velocemente quando lo trascorro tentando
di indovinare da che punto mi guarda. Non vedo l'ora di tornare a casa.
Voglio parlare con lui e rivolgergli molte domande. Voglio conoscerlo.
Sono a casa e ho appena chiuso la porta di ingresso alle mie spalle.
Lui è ancora invisibile. Dove sarà? Chiudo gli
occhi concentrandomi, poi a un tratto, sento quella sensazione, quella
che mi fa capire da dove lui mi osserva. Riapro gli occhi e fisso un
angolo alla mia destra. Lui è lì, ne sono sicura.
E poi compare proprio in quel punto, con un immenso sorriso.
“Sei davvero brava. Allora, cosa volevi chiedermi?”
Sussulto. Ancora non sono abituata al fatto che può leggere
i miei pensieri.
“Anche lassù sanno tutto quello che mi passa per
la testa?”
“Non proprio. A loro arrivano solo i pensieri...
Proibiti.”
“Proibiti? Cioè?” domando sedendomi
sulla mia poltrona.
“Ad esempio pensieri d'amore o passione verso... Gli
individui sbagliati.”
“Vuoi dire come te?”
Sorride e si siede nella poltrona accanto alla mia.
“Sei fin troppo sveglia.”
“Cosa succederebbe se, ipoteticamente parlando, mi
innamorassi di te?”
“Io dovrei andare via.”
“E se tentassi di sedurti?”
“Io sparirei prima che possa accadere qualsiasi
cosa.”
“E per quanto riguarda te? Anche i tuoi pensieri vengono
filtrati?” chiedo sempre più incuriosita.
“Più o meno. L'importante è che se,
ipoteticamente parlando, mi innamorassi di te, tu non lo
sappia.”
“E se lo sapessi?”
Mi fissa per qualche secondo con sguardo dolce.
“Io non mi riscatterei per un bel po'.”
“Ma dovresti andare via?”
“Non lo so. Non credo.”
Rimaniamo entrambi in silenzio per un po'. È troppo
complicato. Non posso pensare perché loro sanno tutto. Non
mi è di molto aiuto.
A proposito di aiuto...
“Dov'eri quando io e Carlo ci siamo lasciati o quando mi
hanno licenziato?” chiedo dopo aver riflettuto per un po'.
A disagio, si alza e comincia a camminare avanti e indietro per il
salotto. Cosa gli prende?
“Ecco...” comincia. “In quei casi... In
realtà è stata colpa mia.”
Ho capito bene? Mi alzo in piedi di scatto e lo raggiungo piazzandomi
esattamente di fronte a lui fissandolo negli occhi.
“Cosa diavolo... Ma che hai fatto??”
“Ilaria, ho dovuto... Carlo ti tradiva da tempo e a lavoro
volevano incastrarti. L'ho fatto per il tuo bene.”
Non riesco a capire. Ma cosa dice? Lo guardo con aria interrogativa.
Vorrei una spiegazione.
“Carlo ti ha sempre tradito. Lui... Non gli importava niente
di te. E a lavoro due colleghi stavano organizzando un furto e tu
saresti stata il capro espiatorio. Ho fatto l'unica cosa che mi
è venuta in mente per aiutarti.”
Caspita! Poteva avere anche un po' più di fantasia! Non
importa. Le intenzioni erano buone. Ha fatto molto più di
quanto non abbia fatto nessun'altro per me. Voleva solo aiutarmi.
È quello che conta.
“Allora, grazie. E così Carlo mi tradiva?
Interessante. Sapevo che era un bastardo, ma non mi aspettavo che...
Meglio averlo scoperto ora. Se l'avessi saputo quando stavamo insieme
l'avrei ucciso. Ora, in fondo, non me ne importa nulla. Uno
così è meglio perderlo che trovarlo. Spero solo
che prima o poi qualcuno gliela faccia pagare. Se lo
meriterebbe!”
Mi risiedo nella poltrona. Che schifo! Andavo a letto con uno che
andava con chissà quante altre. Mi dispiace solo
di essere stata tanto stupida. Come diavolo ho fatto a non capire che
razza di persona era?
Federico si avvicina e mi abbraccia. Non è giusto. Lui
è così carino e gentile, perché non
possono essere tutti così? E invece, a tutti interessa solo
e sempre la stessa cosa.
“Non pensarci più.” mi sussurra
dolcemente.
“Proverò. Come era la storia che volevano
incastrarmi? Chi?”
“Enrico e Marina. Stavano organizzando tutto in modo che la
colpa ricadesse su di te.”
“Che bastardi! E io che credevo fossimo amici!”
esclamo stupita.
“Forse è meglio che cambiamo argomento, non
credi?”
“Va bene. C'erano altre cose che volevo chiederti, ma ora non
mi viene in mente niente. Raccontami tutto di te. Ogni cosa.”
“Sei così curiosa?”
“Sì, ti prego.”
Lui sorride poi chiude gli occhi e fa un profondo sospiro.
“Che posso dirti? Quando ero piccolo, vivevo in campagna. Mio
padre aveva un allevamento di cani. All'epoca aveva ancora del tempo
per me. Un giorno quando avevo 8 anni mi ha detto “Ti regalo
un cucciolo. Scegli quello che vuoi”. Ne aveva una ventina.
Ne ho visto uno completamente bianco, come la neve, un pastore
maremmano. “Diventerà molto grande, come farai a
badargli?” mi ammoniva mio padre. Io però, non
volevo sentire ragioni. Volevo solo lui e l'ho convinto. L'ho chiamato
Hermes, siamo cresciuti insieme. È morto una decina d'anni
fa. Per molto tempo è stato il mio migliore amico.”
“Ti manca?”
“Mi mancava. Ora mi rendo conto che era vecchio e stanco.
Morire per lui è stata una liberazione.”
“Come lo è stato per te?”
Mi guarda per un attimo molto seriamente.
“No, per me è stata solo una cretinata che non
avrei dovuto fare.”
“E tua madre? Che tipo era?” domando cambiando
argomento.
“Mia madre...” comincia sorridendo. “Era
una persona molto dolce e ho preso la vena artistica da lei. Non c'era
nulla che non sapesse fare. Aveva delle mani magiche. Mi ha insegnato a
dipingere e a lavorare la creta. Ma la cosa che più amava
era scrivere libri per bambini. Era veramente brava. Quando avevo 10
anni è rimasta incinta, ma ha avuto un aborto spontaneo. Da
allora non è stata più la stessa. Credo non abbia
mai superato del tutto questo fatto e ha smesso di scrivere. Ha voluto
trasferirsi in città, diceva di voler cambiare aria, ma non
l'ha aiutata. Quando le hanno diagnosticato il cancro non ha avuto la
forza di reagire e la malattia ha progredito sempre più
rapidamente. È morta sei anni fa.”
“E tuo padre?”
Fa una smorfia. Suo padre non doveva essere molto presente neanche
quando stava male la moglie.
“Aveva aperto una fabbrica di cibo per cani. Gli affari gli
sono sempre migliorati sino a che si è ritrovato ad avere
una decina di fabbriche sparse per tutto il paese. Era sempre impegnato
e quando lei è morta era in viaggio d'affari. Non ha versato
nemmeno una lacrima.”
“Magari l'ha fatto in privato...”
“Non l'ha fatto.”
“Come fai a saperlo?”
“Lo so.”
Sembra un po' scosso. Parlare del padre lo turba.
“E tu come l'hai presa?”
“Le ero molto legato. Ho pianto come un bambino. Siamo sempre
stati molto uniti. Lei era un punto fermo nella mia vita. Mi ha sempre
sostenuto e io sono sempre stato sempre al suo fianco sino a che non
è morta. Mi mancava da impazzire. Sai, l'ho rivista al mio
funerale. O meglio, il suo fantasma. È stato strano, aveva
uno sguardo triste e ha detto solo “Non avresti dovuto
arrenderti” mi ha mandato un bacio ed è
scomparsa.”
“Mi dispiace.” dico abbracciandolo con le lacrime
agli occhi.
Ha sofferto molto e mi chiedo come abbia fatto a resistere tanto a
lungo. Io credo che sarei impazzita prima.
“Scusami, non avrei dovuto chiederti di lei.”
“Non importa, ormai è passato.” dice con
un sorriso malinconico.
“Almeno tu hai potuto conoscerla. La mia è morta
quando sono nata. Quante volte, in mezzo ai problemi, avrei voluto
averla vicina. Sono cresciuta con mio padre e mio fratello, avevo
bisogno di una figura femminile. Però quando mio padre si
è risposato non sono riuscita a legare con sua moglie. Lei
non era come mi aspettavo e non ci siamo mai piaciute. Capita no? Non
tutti possono andare d'accordo. Eppure avevo sempre pensato che se mio
padre si fosse risposato avrebbe scelto qualcuno che piaceva anche a
noi. E invece no. Mi è sempre rimasto il desiderio di avere
una madre vicino. È per questo che ti ho chiesto di parlarmi
della tua. Volevo sapere come ci si sente ad averla.”
“Sono sicuro che tua madre ti osserva da lassù e
ti vuole un mondo di bene. Non essere triste. Mi occupo io di
te.” afferma abbracciandomi come se fossi una bimba piccola.
“Grazie.”
Per fortuna c'è lui. Mi tiene fra le braccia per un po'.
È una bella sensazione avere qualcuno che si preoccupa per
te e ti consola.
“Perché non ci siamo conosciuti
prima?”gli domando.
Lui ride e i suoi occhi risplendono.
“Bella domanda. Me la faccio spesso anche io.”
“Saremo stati grandi amici. Veri amici.”
“Lo siamo già. E poi non credo che saremo stati
solo amici...” suggerisce lui con tono allusivo.
“Ehi, signor Modestia!” replico ironica.
“Chi credi di essere? Richard Gere?”
“No, ma spesso penso che io e te insieme saremo potuti essere
felici.”
È passato per la testa anche a me, ma non avrei mai potuto
ammetterlo.
“Un momento! Mi stai prendendo in giro! Sai che l'ho pensato
e lo dici per prenderti gioco di me..” dico irritata.
Si mette a ridere e il suo sorriso illumina la stanza. Poi diventa
serio di nuovo.
“È vero. Ma lo penso anche io, sul
serio.”
Sembra sincero. Rimango qualche istante stupita. Poi mi riavvicino
lentamente a lui.
“Vorresti venire a letto con me?” gli sussurro
all'orecchio maliziosa. “Sai che non reggeresti il
ritmo?”
“Lo so che scherzi.” mi smentisce sorridendo.
“È vero, ma resta il fatto che se facessimo
l'amore, non potresti più lasciarmi.”
“Interessante. Ora la smetti di atteggiarti a porno
star?”
Ora sono io a ridere. Non posso fingere con lui, neanche per scherzo.
“D'accordo.” concludo.
Mi alzo e mi dirigo in cucina. Comincio ad avere un certo appetito e mi
preparo qualcosa da mangiare.
“Comunque, credo che tu abbia ragione.” esclama
qualche minuto dopo osservandomi.
“Riguardo a cosa?”
“Anche io credo che, se venissi a letto con te, poi mi
sarebbe molto difficile lasciarti.”
“Io scherzavo!” replico stupita.
“Io no, sei proprio il mio tipo.”
Abbasso lo sguardo arrossendo. Anche lui è il mio tipo.
“E Janine? Anche lei lo era?”
“Credevo di sì ma ora so che mi sbagliavo. Siete
molto diverse, anche d'aspetto. È bionda, occhi azzurri. Ti
ho detto che è francese? L'ho incontrata a Parigi, al
Louvre. Io ero incantato a guardare la Monnalisa e poi,
voltandomi, l'ho vista accanto a me. Mi è piaciuta subito,
ma credo che lei si sia messa con me solo per andarsene dalla
Francia.”
“Quanto siete rimasti insieme?”
“Due anni. Sono sicuro che mi ha sempre tradito. Era solo un
caso che non l'avessi ancora colta sul fatto. Per questo quando ho
visto che Carlo si comportava allo stesso modo, ho deciso di fare
qualcosa. Forse ho sbagliato, ma non sapevo cos'altro fare.”
“Hai fatto bene, grazie.” lo rassicuro.
Mi sorride e si siede sul divano rannicchiandosi in un angolo.
“Puoi anche sdraiarti se vuoi.” lo invito.
“Sono più comodo così.”
Strano, solitamente si sta più comodi sdraiati.
Evidentemente lui preferisce stare seduto. Ma allora...
“Sei stato scomodo stanotte?”
“No, anzi.”
“Se non vuoi più dormire con me... Se sei scomodo,
devi solo dirlo.”
“Non preoccuparti. E poi sinché mi vorrai io ti
starò sempre vicino.”
Accidenti, come si fa a resistere a certi frasi così tenere
dette in una maniera così dolce?
“Sei sicuro di non essere un angelo?”
“Sì, certo. Anzi, di questo passo divento un
diavoletto.”
“Perché?” chiedo senza comprendere.
“Per i pensieri che continuo a fare. Gli angeli non
desiderano certe cose.”
“Cioè? Spiegati meglio.”
“Se fossi vivo, vorrei chiudermi con te in una stanza da
letto e non ti farei più uscire per almeno una settimana. Il
resto immaginalo.”
“Effettivamente, non credo che siano pensieri da
angelo.”
Sono stupita, non avrei mai immaginato che lui desiderasse certe cose.
Beh... Siamo in due.
“Chissà che mi prende. Non facevo certi pensieri
neanche da vivo. Sarà perché ti ho sempre
così vicino o forse sarà l'astinenza. Non lo
so.”
“Perché? Lo facevi molto spesso?”
“Con Janine, sì. Poi quando ci siamo lasciati sono
rimasto due mesi senza e poi mi sono suicidato.”
“Allora ti sei ucciso perché eri in
astinenza?” chiedo ironica.
Ridiamo entrambi.
“No, se fosse stato solo per quello non mi sarei mai
suicidato. Mi è capitato di restare senza sesso anche
più a lungo.”
Sesso... Mi ricordo a mala pena cos'è. Sono quattro mesi che
posso solo sognarlo.
“Dovresti trovare qualcuno.” aggiunge Federico
qualche minuto dopo.
“Come se fosse facile! Con chi dovrei provare? Con i
vecchietti che vengono al supermercato?”
“Dovresti uscire più spesso. Svagarti, conoscere
gente nuova.”
“Con chi dovrei svagarmi? Ho perso tutte le mie amiche e sono
sempre sola. Ma adesso ci sei tu.”
Lo vedo cambiare espressione e diventare serio e pensieroso.
“C'è qualcosa che non va?” chiedo
preoccupata.
“Io non resterò a lungo.”
Una doccia gelata o una pugnalata alla schiena mi avrebbero sorpreso
molto meno.
“Cosa? Vuoi dire che mi lascerai? Quando?” domando
con un filo di voce.
“Non lo so esattamente. So solo che prima o poi mi
richiameranno.”
Mi siedo sconvolta. Se ne andrà... E io sarò di
nuovo sola. Gli occhi mi si riempiono di calde lacrime e comincio a
singhiozzare. È possibile che mi sia già
affezionata a lui? Il fatto è che mi sembra di conoscerlo da
sempre. Con lui, dopo tanto tempo, mi sono sentita tranquilla e
allegra. Ho avuto qualcuno con cui confidarmi, ridere e scherzare.
Ormai siamo amici. Non può andarsene così, non
può!
Mi raggiunge e mi prende il viso fra le mani.
“Non piangere piccola.”
“Non voglio che tu te ne vada.”
“Devo, prima o poi. Ma abbiamo ancora tempo.”
“Per cosa? Che fai? Mi porti a ballare?” domando
sarcastica.
“Se potessi, lo farei.” afferma sorridendo prima di
abbracciarmi.
Non è giusto! Sto tanto bene con lui. Perché
è tutto così difficile?
Mi riprendo finalmente e smetto di piangere. La mia cena ormai
è gelata, ma non mi importa. Controvoglia inizio a mangiare
lentamente. Lui continua a starmi accanto osservandomi. Poi fa una
faccia buffa e involontariamente sorrido.
“Devi sorridere più spesso. Sei così
carina.”
“Bugiardo, ma grazie.”
“Non è una bugia.” replica seriamente.
Continuo a mangiare ignorando le mie guance in fiamme.
“Sono stanca, è meglio che mi prepari per andare a
dormire.” esclamo una volta terminato di mangiare.
Quando un quarto d'ora dopo mi infilo sotto le coperte mi sento ancora
così triste! Lui mi raggiunge, si sdraia accanto a me e mi
abbraccia, ma quelle maledette lacrime riprendono a scorrere.
“Ilaria, non piangere, ti prego.”
“Non... Riesco... A... Smettere...” singhiozzo.
“È tutto a posto. Non disperarti.” mi
sussurra dolcemente all'orecchio mentre mi stringe più forte
a sé e mi accarezza i capelli.
“Non è tutto a posto! Che farò? Mi
mancherai da morire...”
Chiudo gli occhi e mi appoggio su di lui, mi fa sentire sicura stare
tra le sue braccia.
È proprio duro svegliarsi quando si è passata una
notte così. Ho dormito come una neonata cullata fra le sue
braccia forti e protettive.
“Dovresti alzarti.” mi sussurra dolcemente.
È passato qualche giorno dalla mia crisi di pianto isterico
e ora sto meglio. Mi rassegno al fatto che la sua presenza è
solo temporanea anche se, ovviamente, non ne sono felice.
“Ti prego, è sabato.”
“Ma tu lavori anche oggi!”
“Mi darò malata!”
“Con quella faccia? Hai l'aspetto più sano che
abbia mai visto!”
Ci mettiamo a ridere entrambi.
“D'accordo, mi alzo.”
Con uno sforzo mi siedo sul letto ma poi mi rituffo sul cuscino con
aria disperata.
“Ti scongiuro, lasciami dormire.” lo imploro.
“Non posso, non puoi perdere il lavoro.”
“E va bene.” acconsento infine.
Mi alzo sbuffando e mi dirigo in bagno. Deve ringraziare di essere
così carino, altrimenti avrei potuto schiaffeggiarlo.
Dormivo così bene!
Poveretto, mi fa certe cortesie e io penso a prenderlo a schiaffi. Sono
proprio maligna.
Esco dal bagno un po' più sveglia e comincio a prepararmi la
colazione.
“Oggi finisci di lavorare prima, vero?” chiede con
noncuranza nonostante sappia già la risposta.
“Sì, faccio solo mezza giornata.
Perché?”
“Dovresti uscire.”
“Per andare dove?”
“Non lo so, ma non puoi stare sempre chiusa in
casa.” dice premurosamente.
“Non ti preoccupare per me.
Sopravviverò.”
Mi guarda in modo strano, poi si alza e si affaccia alla finestra. Mi
preparo per andare a lavoro o farò tardi. Corri Ilaria!
Rientro in casa con un sospiro. Fine settimana! Era ora. Sono esausta.
Mi sdraio sul mio adorato e comodissimo divano. Non mi sembra vero dopo
aver passato tutto il giorno in piedi.
“Pigrona!” mi rimprovera Federico.
“Sono stanca. Raccontami qualcosa, possibilmente di
divertente.” lo imploro.
“Cosa potrei dirti?”
“Non lo so, qualsiasi cosa. So così poco di
te.”
“Mi dispiace, non mi viene in mente niente di
divertente.” replica desolato. “E a te?”
Faccio cenno di no con il capo.
“Siamo proprio messi bene!” esclama ridendo.
Mi alzo e metto su un CD. Sempre meglio del silenzio che spesso
è opprimente.
“Carlo è stato proprio un idiota.”
mormora alle mie spalle.
Mi volto lentamente e mi ritrovo faccia a faccia con lui. Alzo
lievemente il capo per poterlo guardare nei suoi splendidi occhi neri.
“Lo pensi sul serio?”
“Sì, certo. Molte persone non si rendono conto
delle fortune che hanno.”
Lo guardo incredula alzando le sopracciglia.
“Sarei io la fortuna?”
“Naturalmente.”
“Anche Janine ha fatto lo stesso errore. Quei due sono
uguali. Come noi due.”
“Credo che tu abbia ragione.” ammette passando una
mano fra i miei capelli.
Socchiudo gli occhi, è così piacevole sentire le
sue dita giocherellare dolcemente con le mie ciocche castane. Quando
riapro gli occhi, lui mi sta fissando, è vicinissimo. Il
cuore mi batte forte e il respiro si fa affannoso. Lui mi prende fra le
braccia delicatamente e posso appoggiare il capo sulla sua spalla
mentre le sue labbra solleticano la mia fronte.
“Federico... Che ci succede?” chiedo in un momento
di razionalità.
“Non lo so.” sussurra poco prima di fuggire
dall'altro lato della stanza. “Mi spiace Ilaria. Non fuggo da
te, sia chiaro, ma da me stesso. È una situazione assurda.
Non posso fare a meno di desiderarti. Il che, oltre che proibito,
è del tutto innaturale.”
Innaturale per lui, forse. Per me è più che
naturale desiderarlo. Lui è bellissimo, dolcissimo e io non
faccio l'amore da troppo tempo.
“È tutto troppo complicato. Per non parlare dei
famosi pensieri proibiti. Non è colpa mia se penso certe
cose. Il mio subconscio è quello che è. Non posso
farci nulla.” mi giustifico.
“Hai ragione, ma questo non cambia le cose.”
“Lo so.”
“Forse non dovremmo pensarci, o almeno provarci, non
credi?” domanda con un sorriso forzato. “Ehi! Tu
non hai ancora mangiato!” aggiunge subito dopo.
Mi metto a ridere. Si preoccupa sinceramente per me ed è
quasi commovente. Mi dirigo in cucina per prepararmi qualcosa di
veloce, ho voglia di dormire, sono troppo stanca..
“Mi è venuta in mente una cosa
divertente.” esclama mentre mi siedo a tavola. “Un
anno e mezzo fa io e Janine siamo andati allo zoo. Sai lei è
una vegetariana convinta e non faceva che parlare di gruppi animalisti.
Ci siamo fermati alla gabbia delle scimmie e lei non faceva altro che
ripetere “Guarda come sono carine!”, sino a quando
una scimmia non l'ha sputata in faccia. È andata via
esponendo il suo dizionario di imprecazioni in francese. Da quel giorno
non ha più parlato di gruppi animalisti!”
“Quella scimmia ha fatto bene!” commento ridendo.
Riprendo a mangiare immaginando la bellissima e perfettissima Janine
che viene sputata da una scimmia.. Questo sì che
è divertente.
“Hai avuto altre storie importanti prima di lei?”
domando tornando seria. Si siede accanto a me con aria pensierosa.
“Sì, due. La prima quando avevo 21 anni. Si
chiamava Angela. Pensavamo di sposarci, ma poi mia madre è
peggiorata e io stavo perennemente al suo capezzale. Mi sono reso conto
che stavo trascurando Angela. Le ho spiegato le mie motivazioni e l'ho
lasciata.”
“L'hai più rivista?”
“Sì. È sposata e ha un paio di
bambini.”
Chissà perché mi si affaccia alla mente
l'immagine di due bimbi che somigliano in maniera impressionante a
Federico. Sarebbe stato carino come papà...
“E la seconda?”
“Si chiamava Laura. Siamo stati insieme quasi 3 anni, poi lei
si è resa conto di essere lesbica.”
“Sul serio?”
“Sì, certo. Doveva per forza accorgersene solo
dopo essere stata con il sottoscritto!” esclama sarcastico.
Poveretto! Non gliene è andata una dritta! Lo capisco, anche
io ho avuto una serie di ragazzi disastrosi. Uno voleva portarmi in
Amazzonia, un altro pregava Dio di perdonarlo ogni volta che facevamo
l'amore, e un altro a cui piaceva insultarmi nell'intimità.
E poi, ovviamente, c'è stato Carlo. Che posso farci? La
sfortuna fa parte della mia vita.
“Quante donne hai avuto?” continuo a domandargli.
“Come sei curiosa!” mi rimprovera.
“E dai! Tu lo sai quanti uomini ho avuto io.”
“Una decina, mi pare..”
“Solo?” mi stupisco. Ma si è visto?
“In quanto tempo?”
“12 anni. Perché dici solo? Ho avuto storie
abbastanza lunghe e sono un tipo fedele..”
“E sei anche romantico?” chiedo sempre
più curiosa.
“Sì, certo. Quanto è
necessario.”
Faccio un profondo sospiro melodrammatico.
“Ragazzi come te non ne esistono più. Eri l'ultimo
della specie.”
“Se dici così mi fai sentire un panda del
WWF!”
Ridiamo e mi scappa uno sbadiglio. Come sono stanca! Mi alzo e mi
dirigo in camera da letto. Mi sdraio e affondo la testa sul mio morbido
cuscino.
“Riposati piccola.” mi sussurra Federico
all'orecchio.
“Sei gentile.” lo ringrazio con un sorriso.
Mi accoccolo fra le sue braccia come un gattino mentre lui mi accarezza
dolcemente una guancia.
Mi sento scuotere debolmente. A fatica, spalanco gli occhi. Federico
è accanto a me con una strana espressione.
“Che succede?”
“Suonano alla porta.”
“Chi è?”
“Veramente... È Carlo.”
“Che diavolo vuole? Lascialo suonare.”
Mi rituffo nel cuscino, ma il campanello continua a suonare in maniera
irritante. Quel bastardo sa che sono a casa, avrà visto la
mia macchina parcheggiata. Accidenti a lui! Mi alzo sbuffando, quanto
lo odio! Guardo dallo spioncino. È proprio lui, non
è cambiato di una virgola, con i suoi occhi blu che avevo
adorato al primo sguardo, il fisico atletico e le sue pose che fanno
capire a chiunque quanta sfrontata fiducia abbia in se stesso.
Apro la porta solo di pochi centimetri, il tanto necessario per vederlo
in viso. Quanto è disgustoso, ha il coraggio di sorridermi!
“Che vuoi?” domando astiosa.
“Ciao come stai? Posso entrare?”
“No. Te lo ripeto: Che vuoi?”
“Parlarti.”
“Io no. Addio.”
Tento di chiudere la porta, ma lui mi blocca.
“Ti prego Ilaria! Sono qui per chiederti scusa!”
“Davvero? Che è successo? Le tue amichette ti
hanno piantato?”
Sbianca facendo una smorfia. Non poteva immaginare che io sapessi. La
sua espressione è comica, ci vorrebbe una foto.
“Di che parli?” chiede perdendo gran parte della
sua odiosa sicurezza.
“Di quelle con cui mi tradivi.”
“Ma che dici? Io non...” tenta di negare.
“È inutile che menti. Lo so da fonte certa. Ora
sparisci.”
“Chi te l'ha detto?”
“Non importa. L'unica cosa che conta è che non ti
voglio vedere. Non volevo farlo quattro mesi fa, figurati ora! Inoltre
mi hai disturbato, dormivo.”
“Con chi? Scommetto che hai un altro. È per questo
vero?”
La sua insinuazione è così tipica di lui. Vuole
rivoltare la frittata cercando di far ricadere ogni colpa su di me.
Viscido verme. È così nauseante.
“No, e anche se fosse non sarei tenuta a risponderti.
Addio.”
Riesco a chiudere la porta velocemente e questa volta non riesce a
bloccarmi. Dall'altro lato, lui comincia a insultarmi. Lo ignoro e mi
tuffo nuovamente nel mio letto. Finalmente sento i suoi passi
allontanarsi giù per le scale. Federico mi raggiunge subito
dopo.
“Come ti senti?” domanda dolcemente.
“Nauseata. Come facevo a non accorgermi che è
così... Rivoltante! Sono stata una vera idiota a stare con
lui.”
“Capita a tutti di sbagliare.” cerca di consolarmi.
Lo abbraccio, ho bisogno di sentirmi protetta, rassicurata. Federico mi
accarezza lentamente la schiena con la sua grande mano delicata.
“Perché non sono tutti come te?”
sussurro al suo orecchio.
“Sarebbe una vera noia.” replica sorridendo.
“Tu non sei noioso.”
“Ma se fossimo tutti uguali sarebbe davvero molto noioso. La
varietà rende la vita più interessante.”
“Ma sarebbe meglio avere qualcosa su cui contare. Invece
così... È come giocare alla roulette.”
“Lo so.”
“Federico...” mormoro facendo le fusa come una
gatta. “Sai dove vorrei essere ora? In un isola tropicale,
sotto un sole caldo e avvolgente. E tu?”
“Anche a me piacerebbe, ovviamente da vivo.”
Mi stringo più forte a lui poggiando la mia guancia sulla
sua.
“Come avrei voluto incontrarti prima. Non è
giusto!” esclamo seccata.
“Che vuoi farci? Frequentavamo ambienti molto diversi. Forse
era destino.”
Lo guardo sconcertata.
“Tu credi nel destino?”
“Sto cominciando a farlo.”
“Non capisco come puoi. Cioè, se mi investono
è perché non ho guardato bene prima di
attraversare, non perché il destino voleva farmi arrivare al
pronto soccorso per farmi innamorare di un medico.”
Mi sorride con condiscendenza.
“Può darsi. Ma se Janine non mi avesse tradito, io
non mi sarei suicidato e non ci saremmo mai conosciuti.”
“È solo un caso.” insisto testardamente.
“È destino. Ci sono cose che non sempre hanno una
spiegazione. Devi solo crederci.”
“Ma...” tento di protestare.
“Dopotutto sino a pochissimo tempo fa non credevi neanche ai
fantasmi. Ora invece sì.”
“Ma ora ne ho le prove!” esclamo infervorandomi.
Federico comincia a ridere. Che fa? Mi prende in giro? Lo guardo con
aria interrogativa e lievemente irritata. Come si permette?
“Perché ridi?”
“Perché anche io la pensavo come te. Prove, solo
prove. Poi, mio malgrado, ho capito che le prove non sono altro che
punti di vista. Se per te una cosa è ovvia e certa, non lo
è necessariamente per qualcun altro.”
Lo fisso per qualche istante. Ha una sua logica, come sempre. Detesto
ammettere di avere torto ma con lui non posso fare altro. Legge nei
miei pensieri e ha sempre ragione, accidenti!
“Ma tu sei un pittore o un filosofo?” chiedo con
ironia.
“Un po' tutti e due. Tu invece sei un infedele.”
Ci fissiamo seriamente negli occhi per qualche secondo e poi,
contemporaneamente, scoppiamo a ridere come due pazzi.
“Certo che ne abbiamo detto di sproloqui!” commento
quando mi riprendo dalle risate.
Solo ora mi rendo conto di essere letteralmente addosso a lui. Siamo
più appiccicati di una busta e un francobollo. Appoggio il
capo sul suo petto così forte e perfetto e socchiudo gli
occhi. Sento le sue braccia stringermi con dolcezza. Il cuore mi batte
sempre più velocemente, non capisco più nulla.
L'unica cosa che riesco a identificare sono le sue mani che mi
accarezzano la schiena. Come sto bene con lui! Non mi importa nulla di
nient'altro, di nessun'altro. Mi sento come se una musica silenziosa ci
spingesse l'una nelle braccia dell'altro. Alzo leggermente la testa e
vengo catturata dal suo sguardo profondo. Il suo viso, le sue labbra...
Cosa c'è di più bello?
Improvvisamente, lui mi lascia e si allontana dall'altro capo della
stanza. Mi sento invadere da un freddo odioso. Lo guardo con aria
interrogativa. Che gli prende?
“Mi spiace. Non ce la faccio. Finirò per fare una
sciocchezza.”
“Una sciocchezza?” ripeto senza capire.
“Vedi quando ti abbraccio vorrei tanto essere vivo per...
Oddio, ma come si può? Sono morto eppure non mi sono mai
sentito così vivo.”
È nervoso. Non riesce a stare fermo e cammina inutilmente
avanti e indietro.
“Sai, se tu avessi realmente fatto una sciocchezza io... Io
ti avrei lasciato fare.”
“Forse è proprio perché so che anche tu
vorresti... Oppure... Non lo so. Accidenti! Non posso neanche farmi una
doccia fredda!”
Mi viene da sorridere. Chissà come è carino sotto
la doccia. Ma che vado a pensare? Lui mi guarda imbarazzato mentre io
arrossisco. Beccata in pieno in pensieri proibiti.
“Che possiamo fare?” domando senza alzare lo
sguardo.
“Non lo so.” risponde sconsolato uscendo dalla
stanza.
Io mi sdraio nuovamente sul letto esasperata. Che situazione! Entrambi
ci sentiamo così attratti l'uno dall'altra, ma ci sono delle
barriere insormontabili che non potremo mai superare o abbattere.
È davvero frustrante. Non c'è nulla che
possiamo fare. Mi perdo nei pensieri non riuscendo a collegarli
logicamente, sinché le palpebre mi si chiudono pesantemente.
Mi sveglio lentamente con uno sbadiglio. Dalla finestra non filtra
nessuna luce, è buio. Quanto avrò dormito? Mi
alzo e mi dirigo in cucina. Federico è lì, seduto
su una sedia, con aria assorta fissa il pavimento.
“Ben svegliata..” esordisce senza neanche alzare lo
sguardo.
Non ha un tono di voce molto allegro.
“Come va?” chiedo a bassa voce.
“Come deve andare? Sono morto! Forse non l'ho ancora
accettato del tutto. Devo rassegnarmi.”
È così triste. Mi dispiace molto per lui.
È tutta colpa mia, non gli rendo facile il suo compito.
Forse dovrei...
“Non è colpa tua. Ma perché diavolo mi
sono suicidato? Sono proprio un idiota!”
“Tu non sei un idiota.”
“Certo! È stato geniale suicidarmi!”
replica sarcastico alzando finalmente il suo bellissimo e triste
sguardo.
“Non dire così. Avevi ragione tu, è
stato destino.”
“No! Io ho deciso di suicidarmi. Il destino è solo
una stupidaggine come dicevi tu..”
Mi fa male vederlo in questo stato. È disperato. Lo capisco,
ma deve tirarsi su.
“Federico, tu stavi male! Non è stata una
decisione presa lucidamente. Quando si è depressi non si
riesce a pensare in maniera chiara.”
“Questo non mi giustifica.” dice con estrema
amarezza.
“Sì, invece. Infatti ora che ragioni con
lucidità ti rendi conto che non avresti dovuto.”
Si passa le mani fra i capelli in atto disperato.
“Ilaria... Mi sento un fallito!”
“Non lo sei.” replico facendo qualche passo nella
sua direzione.
“Sì, invece. Cosa ho concluso nella mia vita?
Nulla, al primo ostacolo mi sono arreso.”
Mi avvicino ancora sino ad essere proprio di fronte a lui.
“Non devi dire così.”
Alza lo sguardo verso di me come a cercare conferma nel mio viso.
Allunga lentamente le braccia e mi attira più vicino a
sé e poi appoggia il capo sul mio ventre, abbracciandomi
come un bambino.
Rimaniamo fermi in quella posizione per diverso tempo e io non posso
fare a meno di passare le mani fra i suoi capelli corvini per
consolarlo. Lui deve aiutare me, ma io devo aiutare lui.
Quando finalmente alza il viso e mi guarda, sembra molto più
tranquillo e rilassato.
“Ti senti meglio?”
“Sì, grazie.” afferma sorridendo.
“Sei la mia salvatrice.”
Ricambio il sorriso. È così carino! Sembra un
bimbo. Ho quasi voglia di morderlo! Mi siedo accanto a lui e lo prendo
per mano.
“Non voglio più vederti triste. Sei
così carino quando sorridi.”
“Tenterò. Tu mi fai la stessa promessa?”
“Tenterò anch'io.”
Mi abbraccia passandomi il braccio attorno alle spalle.
“Come ho fatto senza di te?”
“Vale anche per me.”
Sorride mentre giocherella con una ciocca dei miei capelli.
“Federico... Siamo due disgraziati.” aggiungo.
“Niente nella nostra vita è andato come sarebbe
dovuto andare, ma non è colpa nostra. Chiamalo destino o
caso, resta il fatto che noi non ne abbiamo colpa. È inutile
esasperarci non credi?”
“Hai ragione. È solo che... Vorrei che ci fossimo
incontrati in una situazione diversa.”
“Lo so. Anche io.”
Appoggio il capo sulla sua spalla e socchiudo gli occhi lasciandomi
trasportare dall'immaginazione. Se lui fosse il mio ragazzo. Se questo,
se quello...
CONTINUA
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