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di HarleyGranger98
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Il rumore era diventato assordante e la teneva sveglia come ogni sabato sera. Aveva dormito poco durante tutta la settimana, probabilmente per un effetto collaterale delle pillole, e proprio quando sembrava fosse riuscita a lasciarsi sprofondare nell’oblio delle braccia di Morfeo, le voci dei giovani ubriachi e trasandati, che incuranti sparavano musica a tutta forza, la riportarono prepotentemente nel mondo della realtà. Cercava di ignorarli, di continuare a dormire, era quello di cui aveva bisogno, ma a quanto pare l’universo aveva deciso che non era quello che meritava. Così si alzò iniziando a camminare nervosamente su e giù per la stanza buia, ondeggiando involontariamente al ritmo di quella musica che tanto odiava. Cercò di allontanarsi dal suono rinchiudendosi in cucina, ma la posizione della casa non le permetteva di ignorare niente, figuriamoci la musica. Si diresse in bagno, in cerca di qualche pillola che l’aiutasse a dormire, ma scoprì con gran rammarico che la sua insonnia settimanale le aveva portate via tutte, e questo la rese ancora più nervosa. Non potendo riprendere sonno decise allora di svegliarsi totalmente, si sciacquò il viso con l’acqua fresca del rubinetto, si asciugò distrattamente e velocemente tanto da lasciarlo umido e in parte ancora bagnato. Proprio in quel momento un urlo si propagò in tutta la piazza riuscendo ad entrare anche in casa. Temendo che fosse successo qualcosa di brutto si precipitò fuori, sul balcone che dava proprio sullo spiazzale pieno di pub  e cercò di capire  chi aveva cacciato quell’urlo così assordante, e principalmente perché. Con gli occhi passò in rassegna ogni piccolo sottogruppo di giovani della piazza e poi di nuovo, un altro urlo. Cercando di capire da dove provenisse si girò sul posto e sporgendosi dalla ringhiera vide un branco di ragazzi; si, un branco pensò, perché urlare a quell’ora della notte era proprio da animali e non certo da giovani educati, che facevano a gara per vedere chi riusciva a urlare più forte. Arrabbiata, infastidita e assonnata si voltò dall’altra parte, afferrò la sedia che teneva sempre fuori sul balcone, la portò vicino la ringhiera e si sedette, lasciandosi accarezzare dal vento autunnale della sera, e lasciando vagare i suoi occhi sulla piazza. In uno dei tanti pub una giovane ragazza attirò la sua attenzione, dai capelli castani e l’aria di chi non voleva proprio stare lì. Aveva uno sguardo perso, triste e l’anziana signora non poté fare a meno di chiedersi cosa avrebbe potuto far intristire quegli occhi così giovani che avevano visto ancora così poco del mondo. Pensò che probabilmente era in pena per un povero idiota che aveva preferito trascorrere la serata con qualche bionda dalle gambe chilometriche invece che con lei, o che l’amica del cuore l’aveva allontanata, o che non era soddisfatta della sua vita. Iniziò a costruire storie su storie cercando di indovinare quale delle tante si avvicina di più alla verità. “Che povera e inutile anziana che sono” pensò la signora “intenta a inventare storie su una ragazza sconosciuta invece di preoccuparmi dei miei problemi, come la bolletta della luce, l’affitto e la spesa” ma più cercava di non pensarci, di trovare un modo di conciliare il suo sonno, più l’immagine della ragazza si faceva largo nella sua mente prepotentemente. Non riusciva a capire da dove veniva tutto quell’interesse, e poi, all’improvviso ecco che apparve forte chiara e lucida nella sua mente, una foto di lei di quando era ancora giovane, ricurva sul suo cellulare, con un’aria non proprio allegra, e in un istante capì. Cosí con il cuore ancora amaro e i pensieri della sua testa ancor di piú iniziò, controvoglia, a scendere una scala mentale che la riportò alla magnifica età di 18 anni, quando aveva ancora un futuro meraviglioso che le si proiettava davanti, ancora insicuro e indefinito, certo, ma che sapeva sarebbe stato grandioso. Si lasciò cullare dai ricordi e lasciò che questi le narrassero una storia, non una di quelle terribilmente belle, ma una terribilmente vera, che iniziava con una giovane fanciulla seduta al tavolino di un pub 60 anni fa.




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