Feelings
- sentimenti
«Diana,
ti prego, fammi questo favore!» esclamò Viviane, a
mani giunte
davanti alla figlia.
«Mamma
anche se volessi aiutarti rimane un problema piuttosto grosso da
risolvere» obiettò la ragazza.
«Ehilà,
di casa, c'è nessuno?» urlò Martin,
entrando dalla porta della
cucina. «Ciao Diana! Viviane, al telefono mi hai detto di
avere
bisogno di un aiuto, di cosa si tratta?»
A
quelle parole Diana lanciò un'occhiataccia alla madre
sentendo la
rabbia invaderla. Sua madre aveva finto di domandarle un favore ma in
realtà aveva già organizzato tutto, certa che lei
avrebbe
accettato.
«Come
vedi avevo già pensato a come risolvere il
problema.» disse la
donna, accennando a Martin.
«Bé
ma non hai ancora la certezza che lui accetterà.»
rimbeccò Diana,
sorridendo soddisfatta mentre Martin, impossibilitato a capire cosa
stesse succedendo, passava con lo sguardo dall'una all'altra.
«Accomodati
Martin, faccio il caffè e ti spiego tutto con
calma.» disse
Viviane, andandosene in cucina.
Il
ragazzo fece come lei gli aveva detto, avrebbe voluto chiedere
spiegazioni alla sua amica ma vedendola abbandonata sul divano con il
braccio sugli occhi desistette anche se cominciava a temere
ciò che
Viviane aveva intenzione di chiedergli.
«Ecco
a te!» disse la donna, qualche minuto dopo, porgendogli una
tazza
fumante e mettendosi a sedere sul divano di fronte a lui.
«Veniamo
al punto. La mia amica Barbara, l'insegnate di tango, mi aveva
chiesto un favore. Domani un famoso maestro di ballo verrà a
visitare la sua scuola. Purtroppo la classe dei principianti
è stata
decimata dall'influenza e così aveva chiesto a me e ad altri
nostri
amici di fingerci allievi così da non far sembrare vuota la
classe.
Proprio domani, però, ho una cena di lavoro con dei colleghi
europei
a cui non posso mancare quindi mi chiedevo se tu e Diana poteste
andare al posto mio.» spiegò.
«Ma
se è una classe di adulti noterà che noi siamo
dei ragazzi.»
obiettò lui.
«Il
problema non si pone perché in occasione della visita
accorperà
tutte le classi secondo il grado di preparazione. Quando eravate
piccoli avete preso qualche lezione con lei. Essendo tra i
principianti nessuno farà caso a eventuali
errori.» rispose la
donna.
Martin
volse lo sguardo su Diana per cercare di capire cosa voleva che
facesse.
«Che
ne dite di un compromesso?» propose. «Voi mi fate
questo favore e,
in cambio, tu Diana riceverai i jeans su cui hai lasciato gli occhi
durante il nostro ultimo giro al centro commerciale e tu, Martin,
avrai pancake a volontà ogni week-end per il prossimo mese.
Allora?»
«Diana,
la scelta spetta a te. Che ne dici?» domandò
Martin.
«Certo,
bravo scarica a me la patata bollente così se non accetto
passo io
per la cattiva!» sbottò, furiosa, togliendosi il
braccio da sopra
gli occhi e fulminandolo con lo sguardo.
«Non
è che voglia farti passare per cattiva, il problema
è che di fronte
all'offerta di pancake a volontà non riesco a ragionare
lucidamente.» confessò, candidamente.
A
quell'uscita, Diana scoppiò in una fragorosa risata.
Martin
era un indagatore del mistero, uno scapestrato, un fallimentare
dongiovanni ma in fondo era sopratutto un bimbo goloso ma a lei
piaceva anche per questo.
Non
sapeva neanche lei quando avesse iniziato a vederlo in modo diverso.
Era
stato un cambiamento graduale, piccoli gesti che ogni giorno
l'affascinavano e l'attraevano verso di lui finché si era
resa conto
di vederlo come qualcosa di più di un semplice amico, anche
se si
era guardata bene dal dirglielo.
Non
avrebbe sopportato l'imbarazzo generato da sentimenti non ricambiati.
«E
sia. Ci andremo.» capitolò. «Mi sentirei
troppo in colpa a
privarlo dei suoi pancake.»
«Sii,
che bello!» urlò Martin, balzando in piedi e
iniziando a saltellare
per la stanza.
«Ti
rendi conto che dovrai vestirti elegante e ballare il tango?»
chiese
Diana, vedendolo troppo su di giri.
«Oh
cavolo, a questo non avevo pensato!» ammise lui, fermandosi
di colpo
e grattandosi leggermente una tempia.
Diana
e Viviane non poterono trattenere le risa e presto anche Martin si
unì a loro.
«Dai
facciamo una prova, giusto per essere certi che ricordate almeno
qualche passo.» propose Viviane, appena riuscì a
smettere di
ridere.
I
due si guardarono in faccia con aria perplessa.
Le
uniche lezioni che avevano preso risalivano a quasi dieci anni prima,
impossibile ricordare qualcosa.
«Ho
capito, urge un ripasso.» affermò la donna,
alzandosi in piedi. «Su
Martin, avvicinati.»
Dopo
aver posizionato le mani del ragazzo lo guidò nella sequenza
base,
ripetendola più e più volte finché non
lo vide prendere sicurezza.
Finito
con lui, agguantò la figlia e fece lo stesso.
«Ok,
io adesso devo andare, voi esercitatevi ancora un po'.»
annunciò
Viviane, poco dopo, baciando entrambi sulle guance e correndo via.
«Scattante
come sempre!» commentò Martin, appena la donna si
fu richiusa la
porta alle spalle.
«Un
vulcano in piena eruzione, impossibile starle dietro.»
affermò
Diana, lasciandosi andare sul divano.
«Hey,
ma che fai, non dovevamo esercitarci?» chiese Martin.
«Tu
fai ciò che vuoi. Io ho una ricerca di storia da completare
per
lunedì quindi adesso mi rilasso due minuti e poi vado a
studiare.»
«E
il favore per tua mamma?»
«Andrò
da Barbara e mi dimenerò un po' sulla pista ma nulla di
più. Se
qualcuno mi dirà qualcosa potrò sempre rispondere
che ho iniziato
da poco o che mi ha costretto mia madre ad iscrivermi.»
«Non
temi un eventuale brutta figura?»
«È
una classe di principianti, ci sarà gente messa peggio di
noi. In
fondo i passi base li conosciamo.»
Con
un'alzata di spalle Martin si arrese alla decisione della sua amica e
così, dopo averla salutata, se ne tornò a casa.
Avrebbe
approfittato del pomeriggio libero per recuperare i numeri arretrati
del fumetto che stava leggendo.
«Sei
matta? Io non uscirò mai di casa conciata
così!» urlò Diana,
chiusa in camera sua insieme alla madre.
«Diana,
Viviane, c'è nessuno?» urlò Martin
entrando in casa.
Aveva
suonato diverse volte ma, non ricevendo risposta, aveva deciso di
controllare che fosse tutto ok.
«Oh
Martin, fortuna che sei arrivato!» esclamò
Viviane, uscendo dalla
camera della figlia. «Hai appena il tempo di cambiarti. In
camera
mia troverai il vestito e le scarpe.»
Il
ragazzo cercò di chiedere delucidazioni ma ebbe appena il
tempo di
aprire la bocca che lei era già sparita dietro la porta del
bagno
dopo avergli urlato che doveva sbrigarsi o avrebbe fatto tardi per la
cena di lavoro.
Appena
entrato nella camera padronale vide,poggiato sul letto, un completo
da tango composto da pantaloni lucidi e camicia di pizzo aperta sul
petto entrambi neri e a terra un paio di mocassini lucidati a
specchio.
Pur
se perplesso, si svestì e mise quei vestiti.
A
cambio ultimato si diede un'occhiata nello specchio a figura intera
dell'armadio.
Si
sentiva ridicolo; senza contare che quei pantaloni erano
così
attillati da mettere tutto in mostra.
Se
Billy o Java lo avessero potuto vedere l'avrebbero preso in giro per
il resto dei suoi giorni.
Rassegnato,
uscì dalla stanza proprio nel momento in cui anche Diana
abbandonava
il suo rifugio.
Per
lunghi attimi rimasero immobili a fissarsi l'un l'altra stupiti da
ciò che avevano davanti.
Diana
non riusciva a credere che quel damerino tirato a lucido fosse il
biondo scapestrato che conosceva da una vita e, cosa ancora
più
sconvolgente, quel costume che avrebbe reso molti ridicoli e ambigui
rendeva lui ancora più mascolino ed eccitante.
Martin,
dal canto suo, non riusciva a distogliere gli occhi dallo spettacolo
che si era trovato davanti.
Diana
indossava un vestito da ballo in pizzo nero da cui traspariva il raso
rosso posto al di sotto.
Era
allacciato al collo, cosa che evidenziava la scollatura, ed oltre ad
un vertiginoso spacco sulla coscia sinistra aveva la schiena quasi
completamente scoperta.
Inutile
dire che quell'abito era stato creato per esaltare la
sensualità di
chi lo indossava e che, visto su Diana, ebbe per Martin un effetto
sconvolgente.
«Bene,
vedo che vi siete vestiti!» esclamò Viviane,
sbucando fuori dal
bagno già pronta per la cena di lavoro. «Su, avete
poco tempo per
arrivare alla scuola di ballo.»
«Adesso
potrei sapere perché mi sono dovuto conciare
così?» chiese il
biondo, strattonando un polsino
«Vista
l'importanza della serata, Barbara ha chiesto a tutti di presentarsi
in tenuta da esibizione. Voi naturalmente non avevate l'abbigliamento
adatto così ve lo ha fornito lei.»
spiegò la donna,
tranquillamente.
«Ma
non può pretendere che ce ne andiamo in giro
così!» sbraitò
Diana. «Almeno a Martin sta bene ma io sono
ridicola!»
«A
dire il vero sei stupenda.» si lasciò sfuggire
Martin, pentendosi
di aver parlato appena due paia di occhi, uno sorpreso e l'altro
soddisfatto si posarono su di lui.
«A
quanto pare tra di voi vi trovate carini vestiti così ed
anch'io vi
trovo fantastici, quindi le vostre sono solo paranoie.»
constatò
Viviane, con voce compiaciuta.«Perciò adesso tu
Martin prendi la
giacca che ho lasciato all'ingresso, Diana prende lo scialle e andate
alla serata. Fate finta di star recitando una parte. Su, da
bravi.»
Ancora
in imbarazzo per gli involontari complimenti reciproci, i due non
seppero controbattere e, rassegnati, fecero come la madre di Diana
aveva detto loro.
«Bé,
speriamo che almeno offra un buon rinfresco!»
esclamò d'un tratto
Martin, mentre era alla guida.
«Possibile
che pensi sempre a mangiare?» lo rimproverò
scherzosamente Diana.
«Conduco
una vita molto attiva, brucio moltissime calorie.» si
giustificò
lui.
«Ieri
se mia madre non ti avesse chiesto di venire da noi ti saresti fuso
con l'amaca dove hai passato tutta la giornata insieme ai tuoi
fumetti.» lo smentì lei.
«Innanzitutto
ci tengo a precisare che la mia è una tecnica, accumulo
energie per
quando il Centro ci chiamerà in missione e, secondariamente,
che
fai, mi spii?»
A
quella domanda Diana ringraziò il cielo di trovarsi
all'interno di
una macchina al buio altrimenti lui avrebbe di certo visto il rossore
che le aveva colorito le guance.
«Ma
che dici! Non è colpa mia se ho la scrivania sotto la
finestra e da
lì si vede il tuo giardino!» si
giustificò lei.
Naturalmente
si guardò bene dal dirgli come invece si fosse soffermata
sulla sua
figura stesa in totale relax e sui muscoli tonici e definiti che
aveva ammirato in assenza della maglietta.
«Invece
di dire sciocchezze pensa a parcheggiare. Lì c'è
un posto libero.»
affermò, indicandolo.
Scesi
dall'auto i due si guardarono l'un l'altra con aria sconsolata.
Il
parcheggio era quasi al completo, il che voleva dire che molte
più
persone di quelle che pensavano avrebbero assistito alla loro
figuraccia.
«Mi
sono lasciato corrompere troppo facilmente, avrei dovuto chiedere
almeno tre mesi di pancake a tua madre.» constatò
Martin,
avviandosi verso l'ingresso.
A
quell'affermazione Diana non riuscì a reprimere una risata.
«Vedremo
di ricattarla al nostro ritorno.» propose Diana, facendogli
l'occhiolino. «Intanto entriamo e, appena possibile ci
dileguiamo
senza farci notare. Ok?»
«Il
continuo frequentarmi ti sta facendo male. Stai diventando una
discolaccia.» la rimproverò scherzosamente.
Recuperato
un po' di buon umore, i due entrarono nella scuola di ballo.
«Diana,
Martin, benvenuti!» esclamò Barbara, andando loro
incontro e
stritolandoli in un abbraccio simultaneo.
Entrambi
non poterono fare a meno di pensare che quella donna piccoletta,
magrolina e dall'aspetto fragile era, in realtà, una forza
della
natura e, a giudicare da come li stava stringendo sarebbe stata
capace di spostare una montagna.
«Ragazzi,
state benissimo.» affermò dopo averli lasciati
andare, squadrandoli
da capo a piedi. «Io rimango ancora un po' all'ingresso a
fare
accoglienza. Voi potete andare nella prima aula a sinistra.»
«Va
bene, grazie Barbara.» risposero i due, educatamente, anche
se
avrebbero voluto strozzarla per la situazione in cui li aveva messi.
Rassegnati,
i due si avviarono verso la loro destinazione.
Appena
ebbero varcata la soglia rimasero stupiti dalla scena che si
presentò
ai loro occhi.
Si
erano aspettati di trovarsi in una aula spoglia con poche sparute
coppie intente ad incerti passi di danza. Invece ciò che
videro fu
una perfetta riproduzione di una sala da ballo con le luci soffuse e
anche alquanto affollata di coppie intente ad eseguire passi semplici
ma aggraziati. Diana si pentì immediatamente di non aver
fatto
qualche altra prova ma ormai era tardi e poteva solo limitare i
danni.
Dopo
aver dato un veloce sguardo intorno, individuò il punto
più buio
della sala e vi si rifugiò trascinandosi dietro anche
Martin,
sperava almeno che così avrebbero notato di meno la loro
impreparazione.
«Che
ne dici, iniziamo a ballare?» propose Martin, qualche minuto
dopo.
«Forse
è meglio, non sarebbe carino farci trovare appoggiati alla
parete.»
Un
po' titubanti, i due si allontanarono dalla parete e si posizionarono
per ballare.
Con
movimenti impacciati iniziarono a muoversi sul posto, sperando che
nessuno li notasse.
Nonostante
il viso impassibile, Martin si sentiva turbato.
Era
strano, lei era sempre Diana ma era anche qualcosa di completamente
diverso.
Con
quel vestito che gli permetteva di accarezzarle la schiena nuda e
quella pettinatura raccolta che metteva in risalto il suo lungo
collo, quasi un invito a baciarlo, emanava una sensualità a
cui non
era per nulla abituato.
«Tutto
bene?» chiese ad un tratto Diana, vedendo che Martin era
alquanto
rigido e teneva lo sguardo fisso davanti a se.
«Si,
cercavo solo di capire se fosse arrivato il famoso maestro.»
mentì
lui, non poteva certo dirle che era colpa di quel vestito se doveva
tenere lo sguardo alto, visto che la sua attenzione era
pericolosamente attratta dalla sua scollatura.
Pian
piano che la serata andava avanti, i due riuscirono a rilassarsi, al
punto da provare anche qualche passo più difficile e ridere
dei loro
immancabili errori anche se il fatto di divertirsi non li distraeva
dal chiedersi che fine avesse fatto l'ospite d'onore.
«Buonasera
a tutti!» disse ad un tratto un uomo bassino e parzialmente
pelato,
venendo fuori da una zona in ombra della sala e portandosi al centro
della pista con passo fiero. «Sono Josè Sandoval e
sono felice di
essere qui a conoscere tutti voi e ad ammirare il lavoro della cara
Barbara.» spiegò, lasciando tutti sgomenti.
«Vi
chiedo scusa, ma il maestro ci teneva a vedervi quando siete
spontanei, senza la pressione di qualcuno che vi osserva.»
intervenne Barbara, avvicinandosi all'uomo.
«E
ciò che ho visto mi è molto piaciuto, ti faccio i
miei
complimenti.» riprese lui, stringendole le mani, soddisfatto.
«Grazie
maestro Sandoval!» esclamò Barbara, commossa,
rivolgendo uno
sguardo fiero e soddisfatto ai suoi allievi. «Adesso ci
sposteremo
tutti nel salone centrale dove il maestro ci darà una
piccolo
assaggio della sua bravura prima del banchetto.»
Tutti
seguirono Barbara ed il maestro commentando a bassa voce quanto
accaduto.
Arrivati
al salone, il maestro Sandoval prese per mano una donna attempata dal
fisico asciutto e la portò con se sul palco.
Appena
fece un cenno a qualcuno in fondo alla sala, una musica calda e
sensuale si diffuse nell'aria.
Incredibilmente
fu come se i due sul palco si trasformassero sotto i loro occhi.
Non
erano più una coppia di mezz'età, erano
sensualità e fascino allo
stato puro. Distogliere lo sguardo dalle loro evoluzioni era
praticamente impossibile.
Appena
l'esibizione ebbe termine, un applauso scrosciante riempì la
sala
per diversi minuti.
La
coppia s'inchinò, sorridente.
«Vi
presento Carmen, mia compagna nel ballo e nella vita.» disse,
portando avanti la donna che fece un secondo inchino e che gli
allievi accolsero con un altro applauso.
«Ho
apprezzato molto ciò che ho visto stasera nelle diverse
classi ma
c'è una cosa che mi preme spiegarvi.»
continuò, appena l'applauso
ebbe termine. «Oggi, anche a causa della
competitività durante le
gare, si dà sempre maggior peso alla tecnica, ai passi,
dimenticando
l'origine di questo ballo. Il suo nome deriva dal verbo latino
tangere che significa toccare e in origine era mal visto proprio per
la sua prorompente sensualità. Fare tango davvero vuol dire
sprigionare il proprio eros sulla pista da ballo. Quando si danza il
tango con cuore e passione autentica non ci si limita ad eseguire i
passi ma si fa l'amore con il proprio partner. Ogni gesto, ogni
figura, ogni sfioramento è come un preliminare, deve dire
“io ti
desidero”.» spiegò, infervorandosi ad
ogni parola.
«Per
spiegarvi meglio il concetto vi ho ripreso con una telecamera
nascosta nella speranza di trovare una coppia che rendesse chiaro il
mio concetto e, per fortuna, la mia ricerca ha dato i suoi frutti.
Non ho scelto qualcuno dell'ultimo anno ma due allievi del primo
livello proprio perché ancora inesperti di passi e tecniche
e quindi
più spontanei.»
«Robert,
puoi partire col filmato.» ordinò in direzione del
fondo della
sala.
Subito
tutte le luci si spensero e le immagini apparirono sul pannello
dietro di lui.
«Osservate
come la trattiene alla vita, con delicatezza ma anche con
possessività.» spiegò Sandoval,
commentando la scena che stavano
vedendo in cui era visibile solo una porzione della schiena della
donna e la mano del suo compagno che la cingeva.
«E
adesso guardate la dolcezza con cui lei allontana la mano dalla nuca
di lui. Più che un passo di danza è una
carezza.»
Ad
ogni nuova immagine la coppia era sempre più riconoscibile
facendo
aumentare in maniera esponenziale un dubbio che si era andato
formando nella mente di Martin e Diana.
Quando
un paio di occhi castani e uno verdi apparvero sullo schermo il
dubbio divenne un'allarmante certezza; quelli sullo schermo erano
loro due.
«Notate
ora il loro sguardo. Anche se la bocca non è inquadrata si
intuisce
perfettamente che stanno sorridendo ed è altrettanto
visibile il
desiderio che hanno l'uno dell'altra.» continuò
l'uomo imperterrito
mentre i diretti interessati lanciavano sguardi di fuoco in direzione
di Barbara che con gli occhi chiedeva loro di perdonarla.
«Direi
che è il momento di fare salire sul palco questa splendida
coppia!»
esclamò nel momento in cui sullo schermo appariva la loro
immagine a
figura intera e lo sguardo di tutti veniva calamitato su di loro.
Istintivamente
Diana si fece più vicina a Martin che, per farle coraggio,
le prese
la mano e, mentre lei giurava a se stessa che sua madre avrebbe
dovuto comprarle ben più di un paio di jeans nuovi per
ripagarla
della serata da incubo, insieme si avviarono verso il palco; anche se
dalla faccia che avevano avrebbero potuto tranquillamente essere
diretti al patibolo.
«Posso
sapere i vostri nomi?»
«Io
sono Martin e lei è Diana.»
«E
da quanto state insieme?»
A
quella domanda il viso di Diana si tinse di un rosso acceso.
«Veramente
non stiamo insieme. Siamo molto legati ma siamo solo amici.»
rispose
Martin, iniziando ad innervosirsi.
«Davvero?»
disse il maestro, scettico. «Il feeling fra voi è
così forte che
ero certo che foste una coppia.»
Vedendo
la mano di Martin stringersi convulsamente a pugno Barbara si decise
ad intervenire, non voleva certo che la serata venisse rovinata da
uno stupido battibecco.
«Bé,
ciò che conta è che il concetto si sia capito.
Ragazzi, potete
scendere.» disse, portandosi tra Sandoval e i due ragazzi.
Senza
farselo ripetere, Martin trascinò Diana giù dal
palco inveendo a
mezza bocca in direzione dell'uomo.
«Signore
e signori, ringraziamo il maestro Sandoval per i suoi preziosi
consigli.» incitò Barbara, sollecitando un
applauso. «E adesso
continuiamo la serata al buffet. Buon divertimento!»
Appena
l'applauso fu scemato tutti si accalcarono verso i tavoli del
rinfresco ridendo e ciarlando.
Approfittando
della distrazione di tutti, Martin e Diana scivolarono fuori dalla
sala per poi correre in direzione del parcheggio alla massima
velocità consentita dai tacchi di lei.
Entrati
in macchina tirarono un sospiro di sollievo e si lasciarono andare
sui sedili.
«Quello
è tutto matto!» esclamò Martin, ridendo
mentre avviava il motore.
«Puoi
dirlo forte!» rispose Diana, ridacchiando a sua volta ma
appena ebbe
alzato lo sguardo il suo sorriso annegò nel mare di emozioni
che
sentiva dentro nel guardare il suo amico e ricordare la serata appena
trascorsa.
Non
voleva e non poteva ammetterlo, almeno non con lui, ma ballare
insieme l'aveva emozionata, sentire le sue mani che la sfioravano le
aveva fatto scorrere dei brividi caldi lungo la schiena e temeva che
adesso non sarebbe più riuscita a guardarlo come prima.
Per
sua fortuna in quel momento Martin era concentrato ad immettersi nel
traffico e non notò il lieve rossore che le aveva colorito
le
guance.
Da
quel momento decise di rimanere zitta, temeva che la sua voce potesse
tradire la confusione che provava nel cuore e nella mente.
Sentendola
così silenziosa, Martin le lanciò uno sguardo.
Vedendola
mollemente abbandonata sul sedile con il viso rivolto al finestrino
pensò che si fosse addormentata ed un sorriso intenerito gli
solcò
le labbra almeno finché non notò l'abbondante
porzione di pelle che
lo spacco dell'abito lasciava scoperta.
Si
ritrovò a deglutire a vuoto ripensando a quanto era stato
bello ed
eccitante stringerla a se senza dover fuggire da nessun mostro,
potendo assaporare la morbidezza della sua pelle e il profumo dei
suoi capelli.
Istintivamente
strinse più forte il volante tra le mani mentre malediceva
quel
ballerino da strapazzo e le sue assurde teorie anche se una parte di
lui si chiedeva se davvero erano state le parole di quell'uomo a
suggestionarlo o se semplicemente avevano portato a galla qualcosa
che già c'era.
Il
resto del viaggio, per altro breve, proseguì in silenzio.
Arrivato
davanti casa, Martin parcheggiò l'auto nel suo vialetto.
Visto
che Diana non si muoveva si sporse leggermente verso di lei per
chiamarla ma prima che potesse anche solo sfiorarla lei si era
già
alzata a sedere incrociando il suo sguardo che sperò non
fosse
troppo famelico.
«Pensavo
dormissi.» si giustificò, tornando al suo posto.
«Mi
stavo solo rilassando un po'.» spiegò lei.
«Ti auguro buonanotte e
grazie di tutto.» aggiunse, scendendo dall'auto.
«Ti
accompagno.» propose lui, raggiungendola.
«Abito
nella casa a fianco, non c'è bisogno.»
«Un
cavaliere accompagna sempre la propria dama a casa dopo una serata.
Non vuoi mica che il maestro Sandoval mi rimproveri!»
esclamò
Martin per stemperare l'atmosfera tesa che si era creata.
Fortunatamente
Diana reagì alla battuta regalandogli uno di quei sorrisi
che lui
adorava.
Con
un lieve batticuore, Martin l'accompagnò sulla porta.
«Buonanotte
Diana.» sussurrò, sentendosi stranamente teso.
«Buonanotte
Martin e grazie di tutto.» rispose Diana, recuperando le
chiavi
dalla borsa ma lasciandole cadere a causa del lieve tremolio alle
mani.
Istintivamente
entrambi si chinarono a raccoglierle così, quando alzarono
lo
sguardo, i loro visi si ritrovarono a pochi centimetri l'uno
dall'altra.
Incapace
di resistere ancora all'impulso che sentiva crescergli dentro, Martin
portò una mano alla guancia di Diana e l'attrasse a se.
Le
loro labbra stavano quasi per sfiorarsi quando la luce sul portico si
accese.
Ebbero
appena il tempo di rialzarsi prima che il portone si spalancasse.
«Ragazzi,
mi era sembrato di sentire la vostra macchina!»
esclamò Viviane,
sorridente, ignara di ciò che aveva interrotto.
«Andata bene la
serata?»
Martin
volse lo sguardo su Diana, in cerca di un indizio su cosa doveva
rispondere.
«Diciamo
di si, a parte il fatto che il maestro di Barbara è un
pazzo.»
rispose lei per entrambi.
«Martin
allora ci vediamo domani mattina per i pancake. Buonanotte e
grazie.»
lo salutò la donna, facendosi di lato per far passare la
figlia.
«Ah
si, ok!» rispose lui, un po' distratto.
«Buonanotte.»
«Ciao.»
mormorò Diana, sparendo dietro la porta.
Mentre
i due si allontanavano, una per andare in camera sua, l'altro per
raggiungere la sua casa, non potevano fare a meno di chiedersi cosa
sarebbe successo se quella luce non si fosse accesa, se quel portone
non si fosse aperto e, a quel pensiero, sentivano il cuore battere
più forte, mille confusi pensieri attraversagli la testa e
una
flebile speranza crescere e farsi spazio nei loro cuori.
Fine
Angolo
dell'autrice:
Con questa One-shot si
conclude la mia Dartin Week. Spero che
le
mie storie vi siano piaciute.
Un
abbraccio.
Notteinfinita.
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