Capitolo 29
Luis
Amare
oltre le Apparenze
Capitolo
VENTINOVESIMO
POV
BELLA
“Sicura
di star bene?”
si accerta Jake per l’ennesima volta. Alzo gli occhi al cielo
e gli sorrido
rassicurante.
“Certo,
tranquillo va
pure” continua a fissarmi incerto
Gli
sorrido divertita
per la sua premura e mentre osservo con tenerezza le sue iridi scure
una
domanda si fa largo nella confusione della mia mente.
“Jake”
lo chiamo guardinga
“TU non avevi un appuntamento?” socchiudo gli
occhi. Lui si irrigidisce e
rivolge lo sguardo altrove, come se la risposta fosse nel colore delle
pareti
della mia camera.
“Ehm….
Vedi…” si umetta
le labbra, sembra combattuto. Passa nervoso le mani tra i capelli
scompigliandoli “ oh al diavolo” dice esasperato
“ era una scusa” rivolge di
nuovo lo sguardo nella mia direzione.
“Eravate
d’accordo?”
chiedo sorpresa “ Come, perché?” non
capisco.
“Me
lo ha chiesto lui”
sospira “ e’ stato piuttosto insistente al
riguardo. Mi ha chiesto di lasciarvi
soli, oggi, durante il nostro incontro studio. Voleva parlare con te
senza
interruzioni, ha detto” si umetta le labbra e continua a
fissarmi.
Non
proferisco parola,
cerco di incamerare quanto mi ha appena detto. Ripenso al suo
atteggiamento di
prima, alle sue parole. Ha cercato di parlarmi della situazione, poi ha
sviato
il discorso sulla festa. Perché tanto interesse per la mia
partecipazione?
Corrugo la fronte.
“Wow”
esordisce il mio
interlocutore. Lo guardo interrogativa. Sorride “Pensavo ti
saresti infuriata,
invece vorrei sapere cosa diamine stai pensando” chiede
perplesso.
“Dovrei.
Essere
infuriata. Sono stanca, però Jake, di arrabbiarmi per i
motivi sbagliati. Se
hai acconsentito avrai avuto le tue ragioni” annuisce alla
mia condiscendenza “Stavo
pensando alle sue domande prima di essere interrotti, al suo interesse
perché
partecipassi o meno alla festa di Halloween” do voce ai miei
pensieri.
Jake
sorride dolce.
“Rifletti, Bella. Cosa ha organizzato di particolare il
diabolico folletto?” mi
spinge in quella direzione. Mi si accende la lampadina
“Vuoi
dire che
parteciperà al concorso?” Jake annuisce.
Alice
ha avuto un’idea
originale e geniale per la festa. Non sarà la solita noiosa
festa di
adolescenti, ha suddiviso la serata in due momenti distinti. La prima
parte
della serata sarà dedicata ad un concorso di
abilità. Chiunque può iscriversi e
partecipare con qualche numero particolare: cantare, ballare, le due
cose
insieme, recitare. Una sorta di talent amatoriale. Ci sarà
anche una
commissione di giudici, dei quali non so nulla. Ha detto che
sarà una sorpresa
per tutti. Edward si è iscritto? Non riesco a crederci.
“Perché?”
Jake alza gli
occhi al cielo. “Avete decisamente bisogno di parlare Bella.
Non devi farle a
me queste domande. Ora devo andare è davvero tardi. Vorrei
passare da Leah
prima di tornare a casa. Ho un invito da fare” Sorride
sornione. Sorrido di
rimando. Da quando Leah ha rotto con il suo ragazzo Sam, Jake sembra un
po’ più
ottimista e non perde neanche un’occasione per mostrarle il
suo interesse.
“Ciao
Jake” lo saluto
con un bacio sulla guancia,
attendo che
metta in moto e si allontani dalla mia visuale per richiudere la porta
di casa.
Poggio le spalle contro di essa e espiro un alito rumoroso di fiato.
Cosa devo
fare, ora? Come posso riavvicinare Edward? Come posso fargli
comprendere quanto
si cela nel mio cuore? L’ho ferito ancora una volta. Sono
proprio un disastro.
Forse dovrei cercare io di parlargli. Sì devo vincere la mia
timidezza. Domani
cercherò un attimo del suo tempo per chiarire questa assurda
situazione.
Domani
arriva, il
nervosismo brulica sotto pelle. Non riesco ad avvicinarlo, dannazione!
L’ho
intravisto prima di andare in mensa, ma non
c’è. Dove può essersi cacciato? Mordo
le
unghie delle dita in modo spasmodico.
“Che
male ti hanno
fatto le tue povere dita?” chiede Alice
“Dove
sono i ragazzi?” glisso
di proposito la sua domanda. Alza uno dei suoi perfetti sopraccigli.
“Avevano
qualcosa da fare” risponde evasiva con una luce
birichina negli occhi. La sua risposta sibillina, conferma
i miei
sospetti. Edward e i ragazzi stanno preparando qualcosa per la festa?!
“Ciao
Bella” lo
stridore di una voce niente affatto amica mi ridesta dalle mie
elucubrazioni.
“Cosa
vuoi?” digrigno
tra i denti e volto lo sguardo nella sua direzione. Devo ammettere che
Kate è
davvero molto bella: fisico da Barbie, bionda occhi chiari come il
cielo di
primavera, i lineamenti perfetti le gote rosee, labbra piene e di un
rosso
naturale, sembrano delle ciliegie mature, succose
e pronte da assaporare. L’incarnazione delle
bambole di porcellana. Come una bambola, però, il suo
sguardo è vuoto, privo di
qualsiasi luce; dal suo atteggiamento traspare solo una sconfinata
boria.
“Stai
alla larga da
Edward, Bella. Prendilo come un avvertimento, per il momento”
assottiglia gli
occhi. È la prima volta che le sento dire parole tanto
dirette dal tono
altrettanto brusco.
“Nonostante
il tuo
tentativo di farci litigare, ieri sera siamo riusciti a
chiarirci” confessa
melliflua, carica di sottintesi. Possibile che Edward dopo quella
telefonata e
dopo averla smascherata sia andato da lei? Assottiglio lo sguardo.
Perché
venirmelo a dire? Perché ora che non
c’è Edward? Per un attimo volgo lo sguardo
verso Alice per cercare di capire se lei sa qualcosa. La sorpresa e il
disgusto
che traspare da lei non mi dice niente di buono. Attenta Bella. Errare
è umano,
perseverare è diabolico. Sei caduta già troppe
volte nelle sue trappole. Di
nuovo l’immagine della festa di Phoenix si fa largo nella mia
testa. Di nuovo
quello sguardo maligno rivolto a Cheryl, di nuovo
quell’atteggiamento da cagna
verso Brian. Perché stavamo guardando loro? Un terribile mal
di testa mi
assale, massaggio una tempia con le dita. Perché proprio ora
questo ricordo?
“Stasera
Brian è strepitoso non trovate anche voi? Harvard fa bene a
quel ragazzo”
provocatrice e stronza.
“Siamo
stati tutti vittime…”
la frase di Cheryl. Stringo le mascelle
per non soccombere al dolore della mia mente. Maledizione fa male da
morire! Mi
salgono le lacrime agli occhi.
Kate
si allontana
soddisfatta, deve aver male interpretato le mie reazioni.
“Bella”
chiede
allarmata Alice. Mi sfiora un braccio. “Ti prego Bella non
crederai alle sue
parole?”
“No”
digrigno i denti.
Cerco di respirare. “No Alice, non credo alle sue
insinuazioni, non più” mi
guarda con consapevolezza.
“Edward
ti ha
raccontato ?” Chiedo a fatica. Lei annuisce. “Ho
bisogno di parlare con lui.
Per favore sai dove posso trovarlo?”
“Non
credo sia il
momento giusto, Bella” mi dice dispiaciuta. Cosa? Non
è da Alice, neanche
quello sguardo contrito.
“Edward”
inghiotte a
vuoto “ha bisogno di sbollire la frustrazione al momento.
Credimi non è un buon
momento per i chiarimenti. Fidati di me” mi carezza di nuovo
il braccio. Mi
guarda con una supplica negli occhi. Annuisco. Comprendo, era molto
arrabbiato
ieri. D’altronde anche io quando ho bisogno di riflettere
preferisco
estraniarmi.
“Va
un po’ meglio?”
un’altra fitta. “Bella, forse è il caso
di andare in infermeria” annuisco, ho
bisogno di calmare il dolore. “L’accompagno
io” proferisce una voce maschile
calda e rassicurate.
“Sei
sicuro, Steven?”
chiede Alice. Deve essere seguito un qualche scambio di gesti o
sguardi, ma non
riesco più a seguirli.
Arrendevole
come un
agnello, mi lascio trasportare per i corridoi. Entriamo in infermeria e
mi
adagia su uno dei lettini.
“Vado
a chiamare
l’infermiera” annuisco e chiudo gli occhi.
“Cosa
succede?” chiede
quest’ultima dopo qualche minuto.
“Ho
un terribile mal di
testa” cerco di spiegare tra un ansito e l’altro.
Mi fissa scettica, ma
qualcosa nel mio sguardo deve convincerla che sto davvero male.
Armeggia con
qualcosa che prende dall’armadietto dei medicinali. Mi porge
una pillola e un
bicchiere colmo d’acqua.
“Riesci
a mandarla
giù?”
“Ci
provo” lascio
scivolare la compressa nella gola, subito l’annaffio con una
lunga sorsata
d’acqua. Mi lascio ricadere sui cuscini.
“Resta
ancora qui. Tra
qualche minuto dovrebbe fare effetto. Ti ho dato solo un analgesico, ma
se
dovesse perdurare l’emicrania, ti consiglio di fare un check
up” annuisco.
L’infermiera lascia soli me e Steven
“E’
stata per colpa di
Kate? Ho visto che ti stava parlando”. Scuoto il capo.
“No
lei ha già fatto
abbastanza danni” sospiro affranta.
“Avevi
ragione tu”
continuo “Mi ha mentito su lei e Edward” lo sguardo
eloquente di Steven mi
spinge a raccontargli quanto accaduto il giorno prima. Le lacrime mi
sopraffanno
di nuovo accentuando il dolore alla testa.
"Ora
basta Bella" fissa il suo sguardo nel
mio e sussulto.
"
Devi reagire. Devi vivere, diavolo. Quando lo
capirai che lui è perso quanto te! Reagisci.
Dov'è finita la mia amica, quella
che non si arrendeva mai! Combatti Bella. Vuoi che sia tuo e allora
affila gli
artigli e combatti"
Ha
ragione. Ha maledettamente ragione. Lui è
mio, io gli appartengo e non permetterò mai a nessuna oca di
portarmelo via.
Lui
mi sorride. Il suo sguardo si accende.
" Bene
è così che ti voglio. Ora sì che ti
riconosco, Bella"
Gli
sorrido anch’io.
“Sai
oggi ero decisa a parlargli,
ma Alice mi ha sconsigliato di farlo” annuisce.
“Se
ho imparato a
conoscere un po’ Edward, in questo momento è una
bomba a orologeria. Dagli un
po’ di tempo. Glielo devi. Questo mese non è stato
facile per lui”
“Sai
qualcosa che non
so?” sorride “A tempo debito, Bella. Dovete essere
voi a parlare non a farvi
dire le cose dagli altri. Fiducia”
Di
nuovo quella parola.
Fiducia.
“Steven”
lo chiamo, “a
proposito di fiducia” mi schiarisco la voce “ho
avuto un flash. Un ricordo” lo
fisso seria. Lui sembra irrigidirsi.
“Ah,
sì?” annuisco.
“Continuo
a vedere Kate
che fa la gatta morta con Brian e cerca di provocare Cheryl. Mi spieghi
perché?” assottiglio lo sguardo quando vedo il suo
volto impallidire
“Tu
sai! Tu sai cose
che noi non sappiamo, non è vero?”
“Bella”
mi supplica
contrito “Ho fatto un giuramento”
“Un
giuramento?” sbotto
infuriata “un giuramento? E noi? Io e Cheryl non abbiamo il
diritto di sapere?”
“E
saprete tutto, te lo
giuro” mi prega, mentre stringe le mie mani nella sue
“a tempo debito, Bella
tutta questa storia sarà chiarita” cerca di
convincermi. Cerco di trovare un
motivo, uno solo, perché Steven si stia comportando in
questo modo subdolo.
“Stai
cercando di
proteggere Brian, anche tu!” affermo sicura.
Non
risponde, non ce
n’è bisogno leggo la verità
nel suo mutismo. Avrei dovuto immaginarlo. Per quanto Steven si
discosti molto
e non approvi molte imposizioni della sua famiglia, è
comunque fedele.
Soprattutto nei confronti di suo cugino, Brian. Gli Hartford sono una
famiglia
potente, ricca, stramaledettamente ricca e potente. E come ogni
famiglia di
tale lignaggio hanno un loro codice morale e Steven di certo non ne
è immune. È
un Hartford anche lui seppur da parte di madre.
“Perché?”
“Anche
se non ci
crederai, Brian non ha colpe per quello che ha fatto a Cheryl.
L’apparenza
spesso inganna” Serra le labbra e distoglie lo sguardo.
Lo
fisso esterrefatta.
Non c’entra niente? La mia indignazione sale alle stelle e
anche il mal di
testa risale. L’immagine del corpo di lui che sovrasta il
fragile corpo della
mia amica. Mi manca il fiato. Lui la stava accarezzando. I suoi occhi
chiusi e
il sorriso estatico di qualcuno che sta realizzando un sogno. Il suono
della
voce di Paul che sogghigna e gli sussurra: prendila, Brian, lei ti sta
aspettando è pronta per te. Non senti come ti chiama con il
suo corpo?
“Bella”
chiama allarmato
Steven, mentre mi scuote dal mio trance.
“Cosa
mi sta
succedendo? Mi sembra di impazzire” mordo tra i denti e mi
stringo forte la
testa.
Una
calda carezza tra i
capelli cerca di rilassarmi.
“Credo
che i tuoi
ricordi stiano tornando a galla. Il puzzle si sta
ricomponendo” sussurra piano.
Lo guardo e lo esorto a continuare.
“La
droga che vi hanno
somministrato quella sera ha annientato la vostra memoria, ma con il
tempo e
probabilmente sollecitata dai vari avvenimenti sta lentamente
tornando” mi spiega
bonario. Mi stende lentamente sul letto dell’infermeria,
chiudo gli occhi
stremata.
“Come
sta?” sento la
voce nell’incoscienza, quella voce che riconoscerei ovunque.
“Ha
avuto una crisi
leggera” spiega Steven.
Un
lungo sospiro.
“Dovete
assolutamente
chiarire Edward” lo rimprovera il mio amico.
“Non
è il momento” dice
mal celando una rabbia repressa nel tono.
“Non
è mai il momento
con voi” sbotta esasperato il biondo. “Questo forse
è il momento più delicato
delle vostre vite e lo state sprecando a evitarvi. Cazzo! Siete
esasperanti”
“Non
c’è nulla che
desideri che rimettere le cose al giusto posto, non ora. Non oggi. Non
capisci
che sono ancora su di giri? Potrei rovinare tutto e non
voglio”
Questo
è un sogno?
Edward è davvero venuto ad accertarsi delle mie condizioni?
Come ha saputo?
Devo svegliarmi, devo parlargli. Apro lentamente gli occhi, ma quando
metto a
fuoco l’unico volto che mi sorride è quello di
Alice. Quanto ho dormito?
Possibile che fosse tutto un sogno? Uno scherzo del mio subconscio?
“Come
ti senti?” chiede
la mia amica con un sorriso dolce e preoccupato.
“Credo,
credo meglio”
rispondo con una voce roca. Mi metto seduta e passo una mano prima
sulla
fronte, poi tra i miei capelli. Ripenso alle voci e alle parole che
ronzano
nelle orecchie. Possibile fosse solo un sogno?
“Quanto
tempo?” chiedo
“da quanto tempo sono qui?”
“Sono
almeno due ore
Bella” risponde mesta Alice “tra poco termineranno
anche gli allenamenti”
continua in un sussurro.
Sgrano
gli occhi. Due
ore? Ho dormito due ore? Alzo lo sguardo inorridito e fisso quello
cristallino
di Alice. Le stringo forte la mano, sono mortificata con la mia amica
che è
rimasta a vegliare il mio sonno tralasciando i suoi impegni.
“No”
scuote il capo
“non scusarti” risponde come se avesse letto i miei
pensieri “sono o no la tua
amica? Il resto può aspettare. E poi ho delegato Angela a
controllare le prove”
sghignazza. Un sorriso sorge sulle mie labbra.
“Perdonami,
Alice”
mormoro afflitta “ sai cosa facciamo ora? Andiamo in palestra
e controlliamo
che sia tutto a posto”. In occasione dei festeggiamenti di
Halloween il preside
ha concesso l’utilizzo della palestra, l’unico
luogo abbastanza ampio per poter
accogliere tutti i partecipanti e allestire un palco per le esibizioni.
I
ragazzi e le cheers hanno dovuto dividersi il campo sportivo con gli
altri
gruppi sportivi. La piccola demone della mia amica ha voluto lanciare
una
piccolissima provocazione alle sgambettate: allenarsi al freddo e sotto
la
pioggia di questo periodo non è molto salutare. Le
scompiglio i capelli e
sorrido divertita.
“Non
facciamoci
attendere allora” mi afferra per un polso e mi trascina via
dall’infermeria, mentre
urliamo all’infermiera che ora sto meglio.
Arrivate
alle porte
della palestra udiamo forte e chiaro la musica e le voci cantare.
Distinguo
chiaramente chi siano e quando la visuale si apre le cheers stanno
provando il
loro numero. Devo dire che sono brave: hanno
messo su un pezzo molto seducente
e ben coordinato. L’unica nota stonata
è che tra Tanya e Kate non si capisce chi
sia la leader, si sovrappongono nel cantare il pezzo da solista
cercando di
emergere l’una sull’altra. Mi acciglio. Come un
flash l’immagine dei riflettori
il loro numero e i loro sguardi languidi che cercano di circuire
l’unico
ragazzo che vorrebbero tutte, Edward. Un sospiro si fa strada nella mia
bocca.
Un sapore amaro serpeggia sulle mie papille. E poi l’immagine
cambia e mi
blocca il respiro. Forse ho capito. Stringo forte la mano di Alice.
“Mi
serve il tuo aiuto”
sussurro. Lei si volta nella mia direzione, annuisce. “Dopo
mi spieghi cosa hai
in mente” mi assicura come se avesse compreso le mie
intenzioni. Rivolgo di
nuovo lo sguardo verso lo spettacolo. Kate si volta nella mia direzione
e
sorride maligna. Le rivolgo un sorriso sarcastico e sicuro. Il suo le
muore
sulle labbra. Mia cara, è giunto il momento di tornare alle
vecchie abitudini.
Non mi farò più sottomettere dalla tua
cattiveria, hai scatenato il mio lato
guerriero e ora ne pagherai le conseguenze. Mi avvicino al palco e
raggiungo
Angela e le sussurro “Ho bisogno di chiederti un grandissimo
favore” lei si
volta a fissarmi e mi sorride, forse illuminata dalla luce che sono
sicura
traspare dal mio sguardo determinato. Le cheers terminano e scendono
dal palco,
prima che escano io e Kate abbiamo l’ultimo scambio di
sguardi, alla fine è lei
a distogliere il suo.
“Fammi
capire bene”
chiede un’incredula Angela “vuoi partecipare al
concorso e stai chiedendo a me
e Rosalie di aiutarti?” annuisco. Io, Rosalie, Angela e Alice
siamo riunite nel
salotto di casa mia. Ho convocato le mie amiche quella sera e ho
esposto loro
le mie intenzioni.
“Esatto.
Ho intenzione
di partecipare al concorso e vorrei presentare un numero che stavamo
preparando
nella mia vecchia scuola. Si tratta di realizzare una coreografia e di
cantare,
anche” Angela mi fissa a bocca aperta, Rosalie con uno
sguardo luccicante.
“Sono
con te, Bella.
Spiegaci in cosa consiste” risponde entusiasta
quest’ultima. Angela annuisce,
Alice mi fissa mortificata.
“Mi
dispiace Bella io
non posso partecipare, sono l’organizzatrice non è
etico” si morde il labbro.
“Non
preoccuparti” la
consolo con una mano sulla spalla “avevo messo in preventivo
questa
eventualità, tu potresti aiutarci comunque come
osservatrice” annuisce
entusiasta.
“Allora
Bella mostraci
la coreografia”
Provo
ad aprire bocca
per i chiarimenti, ma vengo interrotta dal suono del campanello.
“Non
sarà necessario,
sono arrivati i rinforzi” sghignazzo mentre mi avvio ad
aprire.
“Prima
o poi mi
renderai questo favore con gli interessi, mia cara”
proferisce un irritato
Steven nel varcare la soglia della mia casa e dirigersi verso il
salone. Prima
di rientrare a casa ho chiesto a Steven se poteva darci una mano, dato
che a
Phoenix era il nostro supporter per questo numero.
“Lo
sai che pago sempre
i miei debiti” gli rispondo alzando gli occhi al cielo.
Le
ragazze salutano
sgomente il biondo, e sono sicura che stiano cercando di capire cosa ci
faccia
lui qui.
“Ho
chiesto a Steven di
darci una mano per lo spettacolo.
A Phoenix è stato il nostro supporter” spiego
sorridente. Il ricordo di quel
periodo prende possesso della mia mente. Stavamo preparando uno
spettacolo di
beneficienza promosso dal gruppo Hartford, ovviamente, i proventi
sarebbero
andati ad una delle associazioni benefiche supportate dal gruppo. Noi
quattro
ci eravamo separate dal resto delle cheers e stavamo mettendo su questo
pezzo
completamente ideato da Cheryl. Lei è bravissima e ha sempre
avuta una
grandissima creatività. Ha studiato danza da bambina e
sognava di entrare alla
Juliard, purtroppo l’incidente stradale che
all’età di 12 anni le ha portato
via il padre, le ha portato via anche il suo sogno. Non si è
lasciata
scoraggiare e incoraggiata anche dalla capitano Vanessa Gilmore, che ha
fin da
subito fiutato il suo talento, ha messo a frutto la sua esperienza e la
sua
creatività allestendo le coreografie della squadra delle
cheers. Questo
affronto alla neo capitano Kate all’inizio del terzo anno non
è andato giù.
Ricordo anche che in quel breve periodo lo stesso Brian Hartford
è rientrato da
Harvard per supportarci. Scuoto il capo ritornando con la mente al
presente.
“Ho
fatto di meglio mia
cara” sogghigna il mio amico “Tadan”
canticchia mentre sventola nella mano destra
un cd “Ho trovato le vecchie registrazioni”
“Oh”
rispondo a bocca aperta.
“Riprendevo
sempre le
prove” spiega alle ragazze presenti “ peccato che
questo numero non abbia mai
visto i riflettori” digrigna i denti sul finale.
Già avremmo dovuto eseguirlo
dopo la maledetta festa, ma eravamo impossibilitate. Prendo il cd dalle
mani
del ragazzo e lo infilo nel lettore. Prendo posto insieme a tutti sul
divano.
La musica di Love
me like you do si diffonde nella sala e le immagini
cominciano a scorrere dinanzi i nostri occhi.
Al
termine del video,
asciugo una lacrima solitaria dal viso. Rivedere quelle immagini mi ha
catapultata indietro nel tempo e alle sensazioni di spensieratezza di
quel
periodo, prima di tutto. I miei occhi sono stati rapiti dalle movenze
delicate
e leggiadre di Cheryl e dalla sua voce d’angelo. Era
così diversa in quel
periodo, così viva e solare, come non la ricordavo.
Irradiava gioia, serenità e
voglia di vivere in tutte noi.
Il
suono rauco di un
raschiare di gola arriva alle mie orecchie e sposto lo sguardo in
direzione di
Steven seduto al mio fianco. Sono sicura che anche lui ha volato con la
mente
in quel periodo felice. Gli stringo forte la mano e lui ricambia.
Inchioda i
suoi occhi arrossati nei miei. Non abbiamo bisogno di parole le nostre
anime
comunicano da sole.
“E’
meraviglioso,
Bella” esordisce Rosalie, eccitata
“Sì
veramente molto
bello “ ribadisce una sognante Angela.
Mi
volto verso l’unica
persona che non ha detto nulla. Lo sguardo di Alice fissa ancora il
monitor ma
i suoi occhi sono assenti, come se la sua mente fosse proiettata in
un’altra
dimensione. Non ho mai visto Alice così profondamente
assorta nei suoi
pensieri. Un barlume di consapevolezza mi illumina.
Le
circondo la spalle
in un abbraccio “Non devi essere gelosa” le
sussurro. Sobbalza
alle mie parole e mi fissa seria,
poi mi sorride mesta e annuisce.
“Bella”
mi chiama
Rosalie “chi era il ragazzo del video quello che vi
applaudiva alla fine?”
“Oh”
la domanda mi trova sorpresa, decisamente.
“Quel
ragazzo è mio
cugino, Brian” le spiega Steven “Bel fustaccio
vero?” e le fa l’occhiolino.
Rosalie diviene paonazza per la schiettezza del mio amico.
“Buon
sangue non mente”
e scoppia in una sonora risata, seguito a ruota dalle ragazze. Tutte
tranne
una. Alice fissa Steven in modo criptico. Quando si rende conto che la
sto
osservando cerca di dissimulare in una risatina davvero poco sincera.
Cosa
frulla nella testa di Alice Cullen?
“Bella”
richiama la mia
attenzione Angela “E’ davvero un numero molto
bello, però noi siamo in tre, non
credo che avrebbe lo stesso effetto con un numero inferiore rispetto il
vostro.
Ci servirebbe un quarto componente” annuisco. Angela ha
ragione. Ricordo che
non volevo partecipare, ma alla fine ho dovuto perché il
numero rendeva meglio
in quattro e per amore di Cheryl ho dovuto vincere contro me stessa e
la mia
dannata timidezza. Il sospiro frustrato di Alice mi stringe il cuore.
“Cerchiamo
di pensare a
chi potrebbe darci una mano” ci sediamo concentrate a
riflettere quando di
nuovo il suono del campanello ci distrae. Volo ad aprire allo
scocciatore di
turno, del quale non ho proprio idea di chi sia.
“Ce
l’ho fatta, Bells”
esclama euforico Jacob che irrompe in casa e mi solleva come fossi una
piuma,
mentre mi trascina in salone. “Leah mi ha detto
sìììììììììììì”
mi investe con
la sua gioia e il suo sorriso luminoso. Lo stringo forte felice.
“Scusa
piccola, non
sapevo avessi visite” dice imbarazzato
“Tranquillo
Jake. Ho
riunito tutti, e sono felice che anche tu stia qui. Stiamo organizzando
lo
spettacolo per la festa di Halloween” mi guarda come se fossi
un mostro a tre
teste.
“Stai
bene Bells?”
chiede preoccupato e mi rimette giù per vedermi bene in
faccia. Annuisco
sorridente. Poi l’illuminazione.
“Jake,
hai detto che
Leah ti ha detto sì’” chiedo di nuovo.
“Sì.
Beh” si gratta la
nuca imbarazzato “ha accettato il mio invito alla festa a
dire il vero”
“E’
già un inizio” lo
rassicuro e cerco con lo sguardo una risposta affermativa da parte dei
presenti.
“Già,
Black, quando una
donna acconsente ad uscire con un ragazzo ci sono buone
possibilità che il lui
in questione non le sia indifferente” conferma Steven.
“E
tu ne hai da vendere
di queste esperienze” gli risponde infastidito. Alzo gli
occhi al cielo. Perché
questi due devono sempre litigare?
“Puoi
dirlo forte,
Black” ribadisce il biondo e incrocia le braccia al petto
“mi risulta che anche
tu abbia collezionato un bel numero, o sbaglio?” cazzo, Jake
te la sei voluta.
Il chiamato in causa incassa il colpo.
“Dateci
un taglio voi
due” sbotto.
“Penso
che per stasera
possiamo anche chiudere qui” continuo “credo di
aver trovato il quarto componente”
sorrido in direzione della mie amiche perplesse.
“Che
ne dite di cominciare
domani?” chiedi speranzosa.
“Domani,
Bella? C’è la
partita di campionato, mi dispiace” risponde mortificata
Rosalie.
“Non
importa faremo un
altro giorno” la rassicuro.
“Bella,
io scappo ho
appuntamento con Emmet, dobbiamo tornare a Seattle. Rosie vuoi un
passaggio?”
chiede sbrigativo Steven dopo aver dopo un’occhiata
all’ora
“Grazie
Steve” gli
sorride la bionda “Così posso salutare il mio
scimmione prima che andiate via.
Ciao Bella ci vediamo presto” mi saluta con un bacio sulla
guancia.
“Vado
anche io, Bella.
Accompagno prima Angie a casa. Devo ancora terminare i
compiti” mi saluta un
po’ giù di corda Alice. La stringo in un forte
abbraccio e accompagno tutti
alla porta.
“Verrai
domani?” chiede
Jake alle mie spalle. L’unico che ancora non è
andato via.
Scuoto
il capo in senso
di diniego.
“Ho
intenzione di
parlare con Leah, domani. Vorrei chiederle se è disponibile
per darci una mano
per lo spettacolo” continuo senza guardarlo negli occhi.
“Bella”
mi rimprovera “Ricordi
la promessa?”“Puoi venire
anche dopo”
continua.
Fisso
gli occhi
speranzosi di Jake. Da quando è arrivato non sono andata a
nessuna partita per incoraggiarlo.
Non che lo abbiano fatto giocare. La squadra è
già equilibrata come è composta
ora e Jake è in esubero. Mi ha spiegato che per il momento
è una riserva, però
lo hanno fatto allenare, nell’ultimo periodo, anche con la
squadra titolare e
se ho inteso bene è stato proprio Edward a caldeggiare il
suo inserimento con
il mister Clapp. Domani potrebbe essere il suo esordio, o quanto meno
potrebbero farlo giocare qualche minuto. Annuisco
“D’accordo,
cercherò di
essere presente” gli sorrido. Non posso voltargli le spalle,
quando lui per me
c’è sempre stato. E poi ho voglia di vedere
Edward. È strano, ma non l’ho mai
visto giocare.
“Non
so davvero, Bella”
risponde una riluttante Leah alla proposta che le ho posto qualche
minuto fa.
Fisso le mie mani intrecciate in una muta preghiera. Sono arrivata a
casa della
mia quasi sorella con il cuore colmo di speranza, mi ha
accolto con il solito calore. A causa della
distanza tra la mia abitazione e la riserva non ci vediamo spesso.
Appena
posso, però ho sempre piacere di farle visita. In questo
ultimo mese ci siamo
incontrate più spesso. Leah non ha molte amiche qui alla
riserva e dopo la
rottura con il suo ragazzo la evitano in molti, probabilmente per il
fatto che
è divenuta più chiusa e scontrosa del solito.
Come biasimarla! Trovare il tuo
lui in atteggiamenti inequivocabilmente intimi con la tua migliore
amica,
nonché cugina sarebbe uno shock che manderebbe in tilt il
cervello a chiunque,
figuriamoci una persona tanto riservata come Leah.
“Magari
puoi pensarci”
le chiedo speranzosa e alzo lo sguardo per fissarla in volto. Le
rivolgo un
sorriso mesto. Mi stringe la mani.
“Non
fraintendermi, non
è che non voglia aiutarti” si umetta le labbra e
le sue gote si tingono di un
leggero rossore.
“Non
sono molto brava
in queste cose, non vorrei alla fine che rovinassi la prova. Dal tuo
sguardo
comprendo che per te è importante e non vorrei
deluderti” mi sorride
imbarazzata.
“Non
potresti mai
deludermi” le sorrido incoraggiante.
“Hai
davvero così tanta
fiducia in me? Domanda perplessa.
Annuisco
“Certo che sì.
Non devi sminuirti. Anche io non sono brava ma con l’aiuto
giusto sono riuscita
a cavarmela” le stringo ancora le mani.
“D’accordo,
Bella. Ti
aiuterò, magari riuscirò anche a distrarmi dai
miei pensieri cupi” il tono
monocorde la dice lunga sul suo stato d’animo.
“Sembri
stare meglio. Rispetto
l’inizio, intendo. Sbaglio?” chiedo cercando il suo
sguardo sfuggente.
“Non
ti sfugge niente”
mugugna. Non comprendo se il tono sia perplesso o infastidito.
“No
mia cara, non mi
sfugge niente” la rimbecca testarda.
Risponde
con un cenno
del capo e un sospiro rassegnato. Non chiedo particolari. So
perfettamente che
la sua medicina alla malinconia ha un nome e cognome. Per lei
è troppo presto
legarsi a qualcun altro dopo la sua intensa relazione con Sam, ma sono
sicura
che a tempo debito ritroverà la felicità.
Involontariamente
la
sguardo si posa sull’orologio al mio polso.
“E’
tardi” quasi urlo e
mi alzo di scatto dalla sedia.
“Scusa
Leah, devo
scappare ho promesso a Jake di andare a fare il tifo. Oggi giocano una
importante partita di campionato a Port Angeles” annuisce.
“Lo
so. Jacob ha
chiesto anche a me di partecipare”
“Vieni
con me?” chiedo
speranzosa. Jacob sarebbe al settimo cielo. Diniega con il capo.
“Mi spiace,
Seth sarà di ritorno a breve e devo occuparmi di
lui”
“Sarà
per la prossima
volta” la rassicuro. La saluto con un frettoloso bacio sulla
guancia e corro
verso il pick up.
La
partita inizierà a
minuti e il tragitto per Port Angeles è lungo. Schiaccio
l’acceleratore. “Non
abbandonarmi proprio ora” prego il mio pick up di riuscire a
resistere fino al
traguardo.
Avrei
dovuto accordarmi
con Alice e invece no sempre di testa mia. Sbuffo mentalmente mentre
corro a
perdifiato lungo il parcheggio della scuola superiore di Port Angeles,
almeno
ho avuto il buonsenso, una volta giunta in città, di
chiamare Alice e farmi
spiegare la strada per arrivare in quella scuola.
Davanti
le porte della palestra
trovo una contrariata Alice a attendermi.
“Avresti
potuto dirmelo
che avevi intenzione di venire ti avrei aspettata” mi
rimprovera.
“Perdonami
Alice
possiamo rimandare a dopo i chiarimenti?” le chiedo
supplichevole. Non ho
intenzione di impelagarmi in una discussione con la mia amica, sarebbe
fiato e
soprattutto tempo perso.
“D’accordo
solo perché
sei decisamente in ritardo” mi afferra per un polso e mi fa
strada lungo le
gradinate, si muove con maestria in quell’intrico di corpi.
Giunti a
destinazione mi fa accomodare in uno dei posti accanto al suo. Mi
guardo
intorno spaesata. “Come fa ad essere
libero questo posto?”, mi chiedo.
“Ringrazia
il mio sesto
senso, mia cara. Non chiedermelo, sapevo che avrei dovuto tenere un
posto
libero” risponde alla muta domanda dipinta sul mio viso.
Alice e le sue
premonizioni, fa davvero paura la ragazza.
“Ciao
Bella” mi saluta
Angela dalla sua postazione subito dopo Alice. Allungo lo sguardo mi
guardo
intorno.
“Ehi,
bella
addormentata se cercavi l’uomo più affascinante
dell’universo sono qui” ghigna
Emmet nella mia direzione dal posto davanti il mio. Sorrido e scuoto il
capo,
Emmet e le sue battute.
“Ciao
Bella” saluta
Steven seduto accanto al mio amico nerobuto.
“Ciao
ragazzi, ci siete
tutti” sorrido felice di essere circondata da tutti loro.
Un
boato proveniente
dagli spalti ci distoglie dai saluti e dalla formalità di
rito. Rivolgiamo
l’attenzione al campo.
“Corri
Ben, vola” sento
gridare Emmet in direzione del giocatore della nostra squadra in
possesso di
palla. Ben corre e palleggia in modo impeccabile ha un ottimo controllo
. È
braccato da tre giocatori della squadra avversaria. Non riesce a
scrollarseli
di dosso. Sento il mio corpo invaso dalla sensazione vibrante
dell’adrenalina
che entra in circolo. Sgrano gli occhi e le mie labbra si socchiudono.
Lancio
uno sguardo agli altri componenti la squadra. Dove diamine sono finiti?
Non
termino neanche questo pensiero che Una figura bionda e che riconosco
come
Jasper si libera dei suoi marcatori e cerca di attirare
l’attenzione di Ben. È
un attimo: la palla vola in direzione di Jasper che prontamente
l’afferra e
un’altra figura rapida, decisa e fluida sguscia verso la zona
canestro. Dopo un
paio di postazioni conquistate Jasper è di nuovo bloccato,
ma prima di farsi
serrare in una gabbia riesce a passare la palla alla figura di poco
prima,
questa vola letteralmente lungo il percorso dribbla con armonia e
grande
maestria i suoi avversari, ancora fuori zona, come avesse intuito gli
avversari
pronto ad accerchiarlo lancia con uno spettacolare colpo di gomito e
braccio la
palla verso il canestro. È un tiro difficilissimo, anche i
giocatori
professionisti hanno difficoltà a realizzare canestro da
quella distanza. La
palla vola e disegna la traiettoria parabolica che termina proprio sul
bordo
del canestro rimbalza
sui due lati
opposti e poi ruota per due volte introno la circonferenza, due giri
interminabili
che interrompono la loro corsa fuori del canestro.
“Maledizione”
il coro
dei miei due amici mi fa tornare alla realtà solo in quel
momento mi rendo
conto di essermi alzata in piedi e di aver trattenuto il fiato per
tutto il
tempo di quell’azione incredibile. Torno a fissare i
giocatori e finalmente lo
riconosco: Edward l’esecutore del tiro sorprendente
è stato lui, il mio Edward.
Il cuore comincia a pompare furioso nel petto: meraviglioso!
È l’unica parola,
aggettivo che invade la mia mente. Meraviglioso nella sua divisa che ne
mette in
risalto la muscolatura discreta e allungata, meraviglioso il suo viso
imperlato
di goccioline di sudore che gli solcano i tratti marcati del viso
mascolino e
fiero. Meravigliosi i suoi capelli completamente informi e impazziti
più del
solito a cosa delle sue stupende e lunghe dita che li tirano con forza.
Da
questa distanza posso ammirare davvero tutti questi dettagli o sono
frutto della
mia fantasia? La presenza di Jasper al suo fianco che gli stringe una
spalla in
gesto di conforto, incoraggiamento?
“E'
l’ennesima che non
va a segno sempre che quelle macchine da guerra facciano qualche passo
falso e
ti permettano di prendere palla” sbotta Emmet. A
quell’affermazione oso
lanciare uno sguardo al tabellone dei punteggi.
“Siamo
davvero così
indietro?!” do voce alla domanda che nasce spontanea. Siamo
indietro di
parecchi punti e il time scorre inesorabile. Ci sarebbe ancora tempo
per poter
recuperare, però. Stringo forte i pugni. Mi siedo accanto le
mie amiche e cerco
di prestare attenzione alla partita. Non ho mai assistito alle partite
della
squadra della mia scuola e non conosco la loro disposizione e i loro
ruoli.
Prima che inizi una nuova azione studio interessata la
disposizione dei nostri. Mike Newton e Tyler
Crowley sono in difesa, Ben Jasper E Edward in attacco, altri ragazzi
che non
conosco al centro campo. Osservo i loro movimenti e riesco a decifrare
il loro
schema di gioco: Jasper e Ben sono le ali tornanti e Edward
l’attaccante. In
genere tutti una volta recuperato palla cercano di passarla a Edward
che è il
più marcato di tutti al momento. Jasper
e Ben sono soliti effettuare finte: se uno finta a destra
l’altro finta
a sinistra con movimento particolare del braccio. Gli avversari
riescono a
prendere palla, proprio dopo aver intercettato una della suddetta
finte, e
corrono imperturbabili e liberi verso la zona canestro dove la difesa
fa
cilecca da tutti i punti di vista, inevitabilmente vanno di nuovo a
segno. La
nostra squadra è sgomenta, il mister passa entrambe le mani
a voler cacciare
via qualcosa di fastidioso dal viso, Jake batte un pugno contro la
panchina
dove è seduto. E’ come se gli avversari sapessero
esattamente dove trovare
falle e attaccare.
“Se
continuiamo di
questo passo perderemo sicuramente e non possiamo
permettercelo” illustra Emmet
“abbiamo già perso una partita qualche settimana
fa e un’altra sconfitta ci
farebbe slittare troppo in basso nella classifica per poter passare al
girone
nazionale”. Resto basita non sapevo avessimo già
perso una partita. Ricordo, lo
scorso anno che Alice e suo fratello maggiore erano entusiasti di non
aver mai
perso.
“Edward
ha la testa da tutt’altra
parte ultimamente è completamente disorientato, non riesce
ad essere lucido e
conosco bene il problema” digrigna tra i denti. Mi sento
estremamente colpevole
per questo, alzo il capo con uno sguardo di scuse rivolto a Emmet conscia che la
frecciatina sia diretta
alla sottoscritta, ma con profonda sorpresa noto il suo sguardo furioso
in una
zona del campo, lo seguo e mi rendo conto stia osservando
l’angolo dedicato
alle cheers. Il volto di Kate si alza e per caso incrocia il mio. Il
suo bel
viso diviene una maschera di sorpresa, poi duro e torna a fissare
altrove.
“Non
ci voleva proprio
il ritorno di quella vipera nella vita di mio fratello”
mormora tra sé e sé ma
lo sento comunque. Quindi i turbamenti di Edward sono dovuti alla
presenza di
Kate? Un altro boato e ritorno alla partita. I nostri sono di nuovo
riusciti a
prendere palla e ora stanno cercando di chiudere l’azione, ma
ancora una volta
il gioco viene intercettato e bloccato, ancora una volta presi in
contro piede
la squadra resta inerme e gli avversari corrono alla zona canestro, un
gioco
veloce e preciso atto a confondere. La palla è lanciata: non voglio guardare non voglio guardare!
Mi ripeto eppure non posso
fare a meno di tenere gli occhi aperti. Una figura e una mano
interrompono la
traiettoria della sfera. Edward con un balzo è riuscito
intercettare e bloccare
il lancio. In un attimo di distrazione deve essere riuscito a eludere i
suoi
marcatori e tornare indietro. Gli avversari sono disorientati, il
nostro
capitano non perde lucidità prende a lanciare direttive agli
altri e inizia una
corsa verso la meta, gli avversari presi in contro piede reagiscono in
ritardo.
Contro ogni previsione Edward invece di passare palla alle sue ali
passa palla
ai compagni smarcati del centro campo, è come se i ruoli si
fossero invertiti,
la retroguardia avversaria è in difficoltà non
sanno su chi concentrarsi e uno
dei ragazzi di cui non conosco il nome tira al canestro. Il tiro
però va a
vuoto. Il mister Clapp chiama il time out. Ho già visto
questo tipo di gioco.
Mi alzo e senza dire una parola e incurante delle voci che mi chiamano
comincio
una lunga discesa dagli spalti. Devo assolutamente parlare con Edward.
Arrivata
a bordo campo
le guardie del servizio d’ordine mi impediscono di passare.
“Edward”
chiamo
forsennata sperando mi senta, ma niente tutti i giocatori sono a capo
chino a
sentire la strigliata del mister.
“Edward”
chiamo di
nuovo più forte.
“Mi
dispiace signorina
non può passare, non
può stare qui”
continua una della guardie
“E’
tutto apposto è con
la squadra” una voce profonda e calda.
“Edward”
sussurro
mentre, finalmente, mi viene concesso l’ingresso in campo.
“Cosa
ci fai qui?” mi
chiede duro
Inarco
un sopracciglio.
Non avevo di certo previsto baci e abbracci ma un minimo di gentilezza.
“Non
ha importanza. Si
può sapere cosa diamine state combinando?” gli
ribatto infuriata.
“Non
sono affari tuoi e
ora vattene prima che il mister mi richiami per l’ennesima
volta per colpa tua”
quelle parole sono come uno schiaffo in pieno viso. Uno schiaffo parte,
non sul
mio viso. La mia mano destra mossa da volontà propria
schiaffeggia Edward che
ora mi fissa furente, mentre tiene una mano sul punto leso.
“Smettila
di fare il
bambino” gli restituisco le stesse parole con cui ha ferito
me giorni fa “Metti
da parte le tue rimostranze e ascoltami bene, capitano”
rimarco con le mani ai
fianchi e continuo senza dargli modo di replicare, perché
sono sicura non me ne
darebbe modo “vuoi vincere o no la partita? Vuoi concentrarti
una buona volta
sul gioco e sui tuoi avversari? Non ti azzardare a dirmi che lo stai
facendo
perché non è così” blocco
anticipatamente la replica che stava per propinarmi
“Se fossi stato realmente attento ti saresti accorto di
quello che sta
accadendo in campo. Diamine, me ne sono resa conto io dagli spalti in
poche
azioni, come puoi tu con la tua intelligenza non essertene accorto.
Quelli” e
faccio platealmente segno agli avversari “vi hanno studiati
alla grande. Il
vostro gioco ormai è una carta geografica studiata,
memorizzata e annientata.
Ho già visto questo sistema di gioco in una partita a
Phoenix e ti posso
assicurare che la squadra avversaria ci ha rimandato a casa con la coda
tra le
gambe” il suo sguardo si apre e la sua bocca meravigliosa si
schiude, segno
evidente che sta ponderando quanto gli ho appena detto “manda
in campo Jake”
gli lancio “Jake non ha mai giocato finora, è
un’incognita, cambia disposizione
della squadra. La difesa è il vostro tallone
d’Achille rinforzatela, insomma
parola d’ordine sorprendere” lo guardo eloquente in
attesa che dia segno di
aver compreso. Il suo sguardo vaga in varie direzioni, non credo stia
evitando
il mio sembra più stia vagliando, pensando. Infine inchioda
il suo sguardo
verde nel mio e lo stomaco si chiude. I suoi occhi sono caldi e
luminosi,
potrei annegare in quel mare.
“Torna
a posto” faccio
per replicare, ma mi zittisce alzando una mano “vai al tuo
posto prima che le
guardie si spazientiscano ulteriormente” lancio uno sguardo
verso le transenne
ed effettivamente le povere guardie stanno cercando di tenere a bada un
gruppo
di ragazzine stizzite che lanciano segnali di fumo nella mia direzione.
“Vado
anche io prima
che anche il mister venga a tirarmi per le orecchie. Abbiamo una
partita da
vincere” sfiora il mio naso con l’indice e mi
sorride gentile. Annuisco
“Vai e
fagli il culo capitano” segna
nessun preavviso mi alzo sulle punte e sfioro la guancia che prima ho
colpito
con un leggero bacio, sorprendendo lui e anche me per questo gesto
istintivo.
Volto le spalle e corro via, non oso guardarlo dopo
quest’azione avventata. Con
un cenno del capo chiedo scusa alle guardie e mi arrampico di nuovo
sugli
spalti dai miei amici.
“Qualunque
cosa tu gli
abbia detto, Bellina, prega che abbia ridato il senno a mio
fratello” bofonchia
Emmet quando prendo posto. Steven mi rivolge un sorriso amichevole e mi
rivolge
soddisfatto un pollice alzato. Alzo gli occhi al cielo.
Il
fischio dell’arbitro
richiama le squadre in campo. Un lampo di orgoglio si accende nei miei
occhi.
La squadra è stata completamente stravolta: Edward e Ben
sono stati collocati
in difesa, Jake Jasper in attacco Mike e Tyler in panchina e altri
ragazzi hanno
preso il posto dei titolari: una squadra nuova, insomma. Per qualche
secondo lo
sguardo di Edward vaga lungo gli spalti, si ferma sulla mia figura,
alza
leggermente il labbro nel suo sorriso sghembo che mi fa impazzire e mi
strizza
l’occhio. Un battito di ciglia rapido, ma che ho colto
perfettamente.
“Cazzo
stanno
combinando? Hanno messo in campo mezza squadra delle riserve”
osserva sgomento
Emmet
“Ottima
mossa, amico.
Con questi avversari l’effetto sorpresa è
l’arma vincente, d’altro canto le
azioni migliori siamo riuscite a ottenerle uscendo fuori dagli
schemi” espone
il suo punto di vista Steven, lancia uno sguardo sottecchi alla
sottoscritta,
gli sorrido serafica. “Sei un
piccolo
demonio” mima con
le labbra.
Un
secondo fischio dell’arbitro
da inizio ad un nuova partita che vede decisamente i nostri annientare
gli avversari.
Ad ogni punto segnato un tuffo al cuore e l’adrenalina
invadere i miei sensi. Questa
sensazione l’avevo del tutto dimenticata, avevo dimenticato
quanto potesse
essere eccitante incoraggiare e prendere parte a tutta quella
competizione. Siamo
alle fasi conclusive della partita e abbiamo bisogno di almeno un altro
canestro per vincere. Gli avversari si sono stretti in una tattica
difensiva di
successo, dato che dopo il clamoroso recupero non siamo riusciti a
portarci in
vantaggio. Con uno scatto degno di un puma Edward scatta dalla sua
posizione,
ormai completamente ignorato è uno dei pochi completamente
smarcato. Jake in
possesso palla e ormai accerchiato da diversi avversari risponde
all’ordine del
suo capitano passando palla. Quest’ultimo tenta il tutto per
tutto e con la
classe che lo contraddistingue corre e dribbla gli avversari, si porta
in zone
canestro, assesta un colpo da maestro un colpo da ben 4 punti. Quando
la palla
entra un boato esplode tra gli spalti, il tabellone segna i nostri 4
punti. I
punti della vittoria dopo che l’arbitro fischia il termine
della competizione.
Edward e i suoi compagni festeggiano in un abbraccio di squadra. Noi
siamo in
piedi sugli spalti ad applaudire. Alice e Angela sono al settimo cielo
e
saltellano sul posto. Io resto inchiodata allo sguardo di Edward
rivolto nella
mia direzione e al bacio volante che ha lanciato con le due dita del
simbolo
della vittoria. Ricambio lo stesso gesto che per noi ormai ha il sapore
di una
vittoria ben più profonda. La vittoria sui nostri errori, la
vittoria di aver
finalmente preso consapevolezza di quello che vogliamo. Siamo ancora
lontani e
abbiamo ancora bisogno di chiarire tante cose, ma una certezza ormai
è
assodata: Io e Edward abbiamo abbattuto i nostri muri e vinto contro le
barriere che impedivano il percorso l’uno verso
l’altra. Almeno io finalmente
riesco a vedere la luce in fondo questo cammino e non vedo
l’ora di
percorrerlo.
$$$$$$%%%%%%%%&&&&&&&%%%%%%%%&&&&&&&$$$$$$$$$
Note Autore:
Un
ringraziamento di cuore a tutti voi lettori vecchi e nuovi e tutti voi
che avete inserito la storia nei preferiti, rcìicordate,
seguite. Grazie per il vs sostegno!!!
P.S.:
le frasi sottolineate ed evidenziate in blu segnalano il collegamento
al video che dovrebbe rappresentare il numero che presenteranno al
concorso. se siete curiosi basta un semplice click!!!
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