Il
primo pensiero che venne in mente ad Arianrhod, trovandosi davanti i
due lupi, fu di ucciderli per avere salva la vita; un puro istinto di
sopravvivenza si impadronì di lei. L'istinto che guida
l'animale
messo di fronte ad un pericolo. Sfilò il pugnale dalla
cintura e lo
strinse con dita convulse, mentre con l'altra mano brandiva la canna
dalla punta affilata in direzione dei due animali. Non aveva nessuna
intenzione di soccombere, di lasciarsi sopraffare. Rimase di fronte
ai lupi, i piedi ben piantati a terra, per diversi momenti. Sentiva
la pelle ghiacciata dalla paura, ed una goccia di sudore freddo
colarle lungo il viso. Tutto ciò che udiva erano i battiti
amplificati del suo cuore e il sangue che le martellava nelle
orecchie. La luna fece capolino da dietro le nubi proprio nell'attimo
in cui uno dei due animali si fece sotto. Arianrhod fu pronta a
tenerlo a distanza con la punta del bastone, che piantò nel
petto
del lupo. L'animale emise un guaito straziante. Non lo aveva colpito
con tanta forza da fargli seriamente del male, sarebbe stato
impossibile con un'arma tanto lunga. Ma non poteva fare altro: se
avesse dovuto affrontare un corpo a corpo con il pugnale avrebbe
quasi sicuramente avuto la peggio. Non era un'arma che poteva creare
tanto danno da impedire al lupo di affondarle le zanne nella gola.
Quel guaito di dolore la fece regredire dallo stato ferino di pura
sopravvivenza in cui era precipitata. Ebbe compassione del lupo: egli
era solo, come lo era lei, e cercava solo di sopravvivere, come stava
tentando disperatamente di fare lei. Cosa li rendeva poi
così
diversi?
Approfittando
della sua indecisione l'altro lupo, quello ancora illeso, fece per
balzarle addosso, ben deciso a non concederle spazio per un attacco
come aveva fatto il suo compagno. Proprio in quel momento un sibilo
letale squarciò l'aria e una freccia andò a
piantarsi nella coscia
del lupo.
Arianrhod
non perse tempo a porsi domande superflue, come chi fosse stato a
scagliarla o perché. Afferrò un manciata di rami
secchi che aveva
individuato a poca distanza da lei e ne accese un'estremità
servendosi della fiamma del Piccolo Popolo.
Se
io devo proteggerla, lei potrà anche proteggere me, pensò
con ironia.
Raccogliendo
tutto il suo coraggio si fece sotto e cominciò a scacciare
il primo
lupo, che già si stava preparando per un altro attacco,
dimentico
della lieve ferita al petto. Fece il gesto di attaccarlo con la sua
torcia improvvisata e l'animale, alla vista dell'odiato fuoco,
cominciò a indietreggiare. Sembrava combattuto tra l'impulso
di
fuggire e il desiderio di non abbandonare il suo compagno, rimasto a
terra con l'asta della freccia che gli spuntava dalla coscia. Infine,
con un ultimo ringhio impotente, si voltò e fuggì
di fronte alla
sua paura.
Arianrhod
si avvicinò al lupo ferito, troneggiando su di lui.
L'animale
respirava pesantemente, ma non osava muovere un muscolo. Tuttavia,
anche se ferito, poteva essere ancora pericoloso, poteva ancora
cercare di azzannarla se si fosse avvicinata troppo. Arianrhod si
accucciò accanto a lui, cercando di non compiere movimenti
bruschi.
Guardò negli occhi quel povero animale ferito, e i loro
sguardi
furono per un attimo un tutt'uno: occhi d'oro liquido ed occhi di
ghiaccio. Ma il lupo non fece il minimo movimento. Si limitò
ad
osservare quella strana ragazza ed i suoi gesti. Lei gli
passò una
mano sul bel pelo lucido, partendo dal fianco fino ad arrivare alla
coscia, dove si fermò per qualche secondo. Quando gli
strappò la
freccia dalla coscia cercò di farlo con un movimento rapido
e
brusco, che provocasse il minimo dolore possibile. Il guaito del
lupo, tuttavia, lacerò l'aria. Arianrhod fece alcuni passi
indietro,
rapida, con la freccia insanguinata ancora in mano. Come se
l'incantesimo che lo teneva legato a lei si fosse spezzato quando la
freccia era stata estratta, il lupo balzò in piedi, guaendo
di nuovo
quando istintivamente poggiò il peso del corpo sulla zampa
ferita.
Arianrhod
avrebbe voluto poter fare di più per lui. Spalmare quella
ferita con
un unguento di erbe la cui ricetta le aveva insegnato sua madre
Gwenael, fasciarla... ma se anche avesse pensato di avvicinarsi
nuovamente, il lupo la mise in guardia con un ringhio. Non sembrava
davvero intenzionato ad attaccarla di nuovo, neanche se la zampa
ferita glielo avesse consentito. Era più un avvertimento.
Ti
sono debitore, sembrava
dirle, ma
io e
te non possiamo essere che nemici. E proprio perché non
voglio farti
del male, non avvicinarti.
E
zoppicando vistosamente, si voltò e scappò via,
seguendo le tracce
del suo compagno che conducevano nel folto del bosco.
Arianrhod
rimase pensierosa per qualche secondo, poi gettò via
l'ingombrante
bastone che aveva portato con sé fino a quel momento e mise
la
freccia misteriosa alla cintola, accanto al pugnale. Ancora poche ore
e l'alba sarebbe sorta.
***
Viviana
osservava speranzosa la linea dell'orizzonte, che cominciava a
colorarsi con le sfumature rossastre del sole che sorgeva. Che
Arianrhod non ce l'avesse fatta? Scacciò immediatamente
quella
paura. Non era possibile. Mantenne la sua abituale compostezza e la
sua aura di maestosità, mentre attendeva con il fiato
sospeso,
circondata da Cynwrig, dal Piccolo Popolo, dai druidi, dalle
sacerdotesse e dai capi della Guardia Bianca. Anche senza guardarlo
riusciva a indovinare chi doveva avere l'animo più
angosciato tra i
presenti. Poteva anche darsi che Gareth riuscisse a nascondere i suoi
sentimenti a tutti, perfino ai suoi superiori, ma non avrebbe mai
potuto farlo con una come lei.
Ad
un tratto, a spezzare il silenzio carico di tensione, fu il grido
soffocato di una donna del Piccolo Popolo; al suo richiamo molte
altre voci si levarono, e mani cominciarono ad indicare con frenesia.
All'orizzonte cominciò a intravedersi una figura che si
avvicinava
lentamente, con passo affaticato. Arianrhod appariva stanca, provata,
pallida. Aveva graffi sulle braccia e sulle gambe, i capelli
arruffati. Ma stringeva ancora con grande dignità il
braciere tra le
mani, e una fiamma guizzante era chiaramente visibile, perfino alla
luce del sole.
Un
coro di acclamazioni festose si levò da tutti i presenti, in
particolar modo dal Piccolo Popolo, che festeggiava il suo nuovo
membro.
Arianrhod
continuò a camminare fino a fermarsi davanti a Cynwrig, che
non si
preoccupava di nascondere il proprio compiacimento. Con un gesto
solenne, ma con mani tremanti, gli porse il braciere. Cynwrig lo
prese, poi fece un gesto ai presenti per chiedere il silenzio.
“Arianrhod,
figlia di Jörundr,
della
stirpe degli Yngling, ora sei un membro del Piccolo Popolo. Ammiriamo
il tuo coraggio e la tua determinazione. Anche se la strada
è stata
impervia e costellata di avversità, il tuo cuore non ha mai
vacillato. Hai superato la prova che ti abbiamo imposto, e hai
dimostrato di poter usare la fiamma con saggezza ed intelligenza, non
solo per uccidere, ma per mostrare clemenza, portare aiuto, agire in
accordo con le leggi della nostra Madre Terra.”
Ariamrhod
rimase sconcertata. Quello che le era successo era stato forse
orchestrato? Quanto sapeva Cynwrig di quello che era accaduto? E
quanto era opera di Avalon e del Piccolo Popolo? Forse non lo avrebbe
mai saputo, ma era comunque probabile che la freccia che l'aveva
salvata fosse stata scoccata da uno dei loro cacciatori incaricati di
proteggerla da lontano.
Alcune
donne del Piccolo Popolo si avvicinarono a lei portando delle ciotole
di terracotta colme di tintura azzurra. Poi procedettero a dipingerle
il corpo con gli stessi simboli rituali usati dalla loro
tribù.
Quando
ebbero finito, Cynwrig proclamò: “Ora sei a tutti
gli effetti una
di noi, e noi qui giuriamo di unirci alla tua causa e di mostrarti
sempre lealtà e dedizione”. Attese che le
acclamazioni cessassero,
poi le mise al collo un medaglione di bronzo, decorato con un motivo
intrecciato in modo che fosse una linea continua, senza inizio e
senza fine. Non sembrava un oggetto del Piccolo Popolo, ed appariva
anche molto antico.
Come
leggendole nel pensiero, Cynwrig rispose ai suoi dubbi:
“Questo
medaglione fu regalato secoli fa al nostro popolo da una grande
sacerdotessa, in segno di alleanza e amicizia. Ora è giusto
che
venga portato da un membro del nostro popolo che sia anche una
regina.”
I
festeggiamenti furono brevi, ma festosi; Arianrhod ricevette le
congratulazioni di Viviana, di Taliesin, del duca e dei suoi
comandanti. E quando fu chiaro che non era quasi più in
grado di
reggersi sulle proprie gambe, Östen
si offrì di riaccompagnarla nel viaggio di ritorno verso
Avalon.
Gareth ancora si teneva a distanza.
***
Östen
non conosceva Arianrhod da molto, ma aveva imparato a comprendere
quando non era serena. E, seduta accanto a lui nella barca che
scivolava placida sulle acque silenziose, lei appariva apatica,
disinteressata a ciò che la circondava. Certo, poteva
trattarsi di
semplice stanchezza, ma il cavaliere percepiva che c'era dell'altro.
“Tutto
bene mia signora?” chiese infine cercando lo sguardo che lei
teneva
basso, fisso sulle tavole di legno dell'imbarcazione.
Arianrhod
alzò il capo repentinamente, come ricordandosi solo in
quell'attimo
di non essere sola.
“Sì
grazie, Östen,
sei gentile a
preoccuparti per me.”
Lui
non la bevve.
“Se
c'è qualcosa di cui volete parlare...”
“Non
ne sono sicura, sai?” disse lei con un sorriso stanco.
“E' tanto
che non parlo con un vero amico, e sono davvero felice di averti
conosciuto. Tutti gli amici che avevo sono perduti ormai...
appartengono a un mondo talmente lontano...”
Arianrhod
non pensava ad Enid, ad Owainn, a tutti coloro che aveva conosciuto e
amato, da settimane. Ma improvvisamente le tornarono alla mente, e
con loro tutto il carico di dolore e rimpianto che recavano.
“Voi
mi fate onore” rispose Östen, con un leggero
imbarazzo. “Ma oggi
dovreste essere felice. Il rituale è riuscito e abbiamo
ottenuto
l'alleanza del Piccolo Popolo. Questo dovrebbe essere un giorno
fausto.”
“E'
che non capisco perché Gareth mi eviti...” si
sfogò finalmente
Arianrhod. “Il duca è suo padre non è
vero?”
“Io
non posso...”
“Ti
prego, dimmelo! Non voglio essere costretta a ordinartelo.”
Östen
sospirò, sconfitto. “Come lo avete
capito?”
“Sono
identici! Mi stupisce che non se ne siano accorti tutti gli altri.
Cosa sono, ciechi forse?”
“Può
darsi che se ne siano accorti, o può darsi di no”
spiegò il
cavaliere. “Ma non è una parentela di cui Gareth
vada fiero.”
“E'
per questo che non mi ha detto niente?”
“Lui
ne soffre, capite? Si vergogna della sua nascita, e allo stesso tempo
si affligge perché vorrebbe che il padre lo considerasse
allo stesso
modo in cui considera i figli legittimi.”
“Davvero?
È per questo?”
“Gareth
vi è molto devoto, e a dire il vero non capisco nemmeno io
perché
all'improvviso abbia cominciato a starvi lontano...”
Ma
io sì, penso
Arianrhod con amarezza e una punta di rimorso. Forse non avrebbe
dovuto mettere Gareth alle strette con il proprio comportamento
sconsiderato.
“...
ma, vi prego, non siate troppo dura con lui.”
***
Il
luogo in cui Arianrhod preferiva rifugiarsi per sfuggire alla
pressante presenza di Domaldr era la collina del Tor. Amava
arrampicarsi su per il sentiero scosceso che conduceva fino in cima,
e sedersi con la schiena poggiata su uno dei grandi monoliti del
cerchio di pietre ad osservare dall'alto il lago e la bruma
all'orizzonte. Soprattutto quando, come ora, il sole cominciava a
tramontare in lontananza.
Era
trascorso un giorno da quando la prova a cui era stata sottoposta si
era conclusa, dopo la quale Arianrhod aveva dormito dieci ore filate
di un sonno di piombo.
Era
immersa nei suoi pensieri, rigirandosi un oggetto tra le mani, quando
un rumore di passi la fece voltare bruscamente. Possibile che Domaldr
l'avesse seguita fin lì? Forse che le parole con cui il
padre lo
aveva ammonito di lasciarla in pace non avessero sortito alcun
effetto?
Ma
con sollievo misto a sgomento lei si accorse che non era la figura di
Domaldr quella che le si stava avvicinando. Si trattava di Gareth.
Il
cavaliere si fermò a pochi passi da lei e attese. Arianrhod
non si
voltò a guardarlo. Disse solo: “Perché
mi hai evitato fino a
questo momento ed ora sei qui?”
“Non
ti ho evitata...”
“Sei
venuto meno alla promessa di proteggermi.”
“Mai!”
il tono di Gareth rasentava l'indignazione. “Questo mai! Ti
ho
sempre protetta, anche da lontano.”
Arianrhod
allora si alzò in piedi e lo fronteggiò.
“Stai parlando di
questa?” chiese gettandogli ai piedi la freccia che aveva
trafitto
il lupo nella foresta.
Gareth
deglutì. “Come lo hai capito?”
“Mi
sembrava di aver già visto questa freccia da qualche parte,
ma
all'inizio non riuscivo a ricordare. È per questo che l'ho
tenuta,
speravo che prima o poi mi sarebbe tornato in mente. Ed è
successo:
questa è una delle tue frecce. Osi negarlo?”
“Non
lo nego. Ho fatto quello che dovevo per proteggerti.”
“Hai
violato il rituale”, gli fece notare lei.
“Non
ha la minima importanza per me.”
“Perché
non mi hai detto che il duca è tuo padre?”
“Non
lo è.”
“Non
raccontarmi fandonie!” gridò Arianrhod, arrabbiata.
Gareth
sembrò perdere un po' del suo sangue freddo. Si
passò le mani sul
viso, a disagio.
“Cosa
vuoi che ti dica, Arianrhod? Non sono fiero di ciò che sono,
chiaro?” le rispose, frustrato ed arrabbiato a sua volta.
“Sono
solo un bastardo, ecco cosa sono!”
“Ma
questo non ha...”
“Importanza,
forse?” la interruppe lui, secco. “Oh, certo che ha
importanza.
Io non sono e non sarò mai abbastanza per te. Non vedi come
mio
fratello si pavoneggia convinto di poterti avere? Convinto di essere
già il prossimo re di Svezia? Cosa vuoi, dimmi?”
“Voglio
te!” gridò Arianrhod con gli occhi pieni di
lacrime, di rabbia e
di dolore.
Il
silenzio che seguì fu talmente carico di tensione da essere
quasi
insopportabile. Arianrhod poté vedere chiaramente la rabbia
abbandonare d'improvviso il corpo di Gareth. Le sue spalle tese si
rilassarono di colpo. Così le sue braccia, che scivolarono
inerti ai
suoi fianchi. I suoi lineamenti si addolcirono, e i suoi occhi si
riempirono di un sentimento nuovo.
Senza
aver lasciato presagire le sue intenzioni, si avvicinò a
lei, la
prese tra le braccia e la baciò con tutta la passione di cui
era
capace.
Nota
dell'Autrice: Ed
eccoci al momento fatidico! ù_ù Siamo ad una
sorta di svolta nel
rapporto tra Arianrhod e Gareth, aiutati anche un po' da Osten, il
loro “Galeotto” :)
Credo
già dal prossimo capitolo i nostri lasceranno Avalon per
imbarcarsi
nella grande impresa della riconquista del trono... e ci saranno
alcune sorprese. Bene, spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Ringrazio tutti voi che recensite/leggete/seguite.
Alla
prossima
Eilan
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