Supercella
-Shin-chan,
secondo me questa volta hai esagerato. Va bene essere superstiziosi, ma
mi pare che la situazione ti stia sfuggendo un po' di mano..- Dissi
perplesso, mentre guardavo quello che doveva essere una sorta di
pupazzo di un dragone cinese rosso e giallo, lungo quasi tre metri,
posto affianco alla panchina della palestra.
-Fa silenzio,
Takao, mi deconcentri. E non chiamarmi "Shin-chan".- Asserì
Shintarou, cercando di risultare più disinteressato di quanto
in realtà fosse.
Io sospirai e
scossi il capo, per poi riprendere la concentrazione sulla nostra
partita di allenamento. Oramai ci eravamo tutti abituati alle sue manie
e infatti commentavamo i suoi modi di fare solo quando oltrepassavano
il limite. Non a caso, tutt'oggi continuo a domandarmi con quale faccia
tosta egli si fosse scarrozzato il pupazzo di un drago di quelle
dimensioni per tutta Tokyo. Rido al solo pensiero. Me lo immagino
mentre forza la solita espressione seria e distaccata, nascondendo la
vergogna, avanzando a testa alta, con un drago sotto braccio.. Anzi,
appoggiato sulle spalle! Aah cosa darei per vederlo! Ma fortunatamente
per voi, non sono quì per raccontarvi degli innumerevoli
disturbi psicologici, che oltrepassano di gran lunga il confine della
sanità mentale di un essere umano comune, posseduti dal
nostro tiratore, anche perchè non basterebbe il tempo che mi
rimane da vivere, bensì una storia molto
più interessante. C'era infatti qualcosa di strano nel
comportamente di Shintarou in quel periodo. Comprava oggetti sempre
più grandi e, nel caso in cui non trovasse la versione
extra-large, acquistava più di un oggetto del giorno
consigliato dall'oroscopo di Oha Asa. "Un pazzo", starete pensando voi,
ma aspettate a dirlo. Non perchè non sia vero, ma
perchè non è ancora il momento giusto per farlo.
Man mano che
passavano i giorni infatti, avvertii anche dei cambiamenti nel suo
comportamento e fu lì che iniziai a preoccuparmi. Mangiava
molto meno, dopo gli allenamenti prendeva sempre la strada
più lunga per tornare a casa nonostante fosse esausto e
aveva iniziato a perdersi nei suoi pensieri. Così mi decisi
a parlargli, gli chiesi cosa avesse, ma in tutta risposta lui mi disse
testuali parole -Takao, dovresti concentrarti sulla partita di
dopodomani invece di pensare a queste fesserie.-. Il bue che da del
cornuto all'asino, insomma. -E poi non so di cosa stai parlando.-
aggiunse come per metter fine al discorso. Tali parole pronunciate con
quel tono duro e freddo avrebbero allontanato chiunque, ma non me
ovviamente. Conoscevo bene quel ragazzo e sapevo benissimo che era
tutto fumo e niente arrosto, così, dopo la vittoria di due
giorni dopo, decisi che lo avrei pedinato al termine degli allenamenti
e così feci. Da lontano vedevo la sua enorme figura
camminare in modo composto, sotto la fioca luce di un lampione, con due
elefanti dorati sotto le braccia. Mi portai le mani davanti la bocca
per soffocare una risata che rischiò di farmi scoprire. Ad
ogni modo, Shintarou non fece nulla di anomalo. Andò diretto
a casa, l'unica sosta fu ad un negozio di oggettistica in cui vendevano
gli strani aggeggi che ogni giorno si portava appresso. Pensate, ho
scoperto che a casa ha una stanza in cui custodisce gelosamente tutte
le cianfrusaglie consigliate dall'oroscopo, poste in ordine di
crescente grandezza. No, non è ancora questo il momento di
dire che è pazzo, anche se so che se vado avanti
così non resisterete ancora per molto. Dell'interno di
quello strano posto si scorgeva ben poco dal di fuori, ma osservai il
mio compagno quanto potei. Lui si guardò intorno e
adocchiò una tazza di dubbio gusto, giallo ocra con sopra
disegnati degli strani volti blu cobalto. Un po' inquietante in
effetti. La prese, la esaminò attentamente, guardandone
anche il sotto e poi la rimise al suo posto.
-Ma che diavolo
sta facendo?- Chiesi a me stesso, mentre fuori dal negozio tremavo dal
freddo.
Rimase dentro un
bel po' a dirla tutta, ma non diedi peso alla cosa dato che si trattava
di Shin-chan. Uscì mentre salutava cordialmente la commessa.
Nei giorni
seguenti continuai ad osservarlo attentamente e, quelle poche volte in
cui ne avevo il tempo, a seguirlo, ma niente. Però Shintarou
diveniva gradualmente sempre più distratto, nonostante
cercasse di nasconderlo. Mi balenò in mente l'idea che
avesse problemi in famiglia, quindi posai nuovamente gli occhi su di
lui e lo analizzai. Sedeva al banco con la schiena dritta, nella sua
solita postura impeccabile. Per nulla rigida, ma elegante. Un nostro
compagno di classe si avvicino timidamente a lui.
-M-Midorima..-
Lo chiamò.
Ma Shintarou
sembrava non sentirlo nonostante egli fosse a meno di un metro da lui.
Dunque il ragazzo ritentò, a voce un po' più
alta, ma nulla. A quel punto picchiettò lievemente con
l'indice la spalla del tiratore, che girò di scatto la testa
verso di lui.
-Uh?- Fece
confuso, spostanto poi lo sguardo contrariato nel punto in cui era
stato toccato.
-Cosa vuoi,
Kobayashi?-Fece scostante.
L'altro
impallidì.
-V-veramente io
sarei Yasuragi..- Lo corresse.
-E che ti
cambia?- Domandò torvo, portando il compagno di classe a
deglutire per la paura.
Ma Yasuragi non
si fece bloccare dal nervosismo e fece per parlare, quando un altro
compagno di classe che passava per di là lo urtò
accidentalmente. Il povero malcapitato non poteva atterrare in un posto
peggiore del banco di Shintarou, sul quale era posata solamente una
scatola di legno piena di campanellini, che finì
irrimediabilmente per schiantarsi al suolo. Oh e vi giuro che,
nonostante io non c'entrassi nulla e nonostante non avessi mai avuto
veramente paura di Shintaro, in quel momento ero felice di non essere
al posto di quel poveraccio. Al mio compagno di squadra si fece scuro
come mai avevo visto prima, i suoi occhi presero a brillare di una luce
sinistra, la palpebra destra prese a ballare nervosamente e le mascelle
erano serrate talmente forte da modificargli il contorno del viso. Lo
sfortunato Yasuragi fece per gridare, ma quello che uscì
dalla sua bocca fu solo un tenue lamento strozzato.
-Yasuragi..-Proferì
Shintaro in un sibilo maligno. -E' meglio che ti levi dalle palle.-
Ringhiò infine, mentre l'altro schizzò fuori
dall'aula quasi in lacrime. A quel punto mi alzai e andai da lui.
-Non ti pare di
aver un po' esagerato?-Domandai senza note di rimprovero nel mio tono.
-No.-
Lasciai perdere.
-Quindi
l'oggetto di oggi è una secchiata di campanellini? Che
poesia..- Feci, aiutandolo a raccoglierli.
-No, l'oggetto
di oggi era un solo campanellino.-
Sussultai.
-E
perchè ne hai presi così tanti allora? Devi fare
beneficienza?- Gli chiesi, attonito.
-In questo
periodo una sola copia dell'oggetto non sembra essere efficace.-
Spiegò semplicemente lui.
Fuochino,
pensai. Probabilmente ero sulla buona strada.
-E
perchè mai S..hintaro?- Mi corressi immediatamente. Farlo
innervosire ulteriormente in quel frangente non mi avrebbe portato a
nulla.
Mi
guardò serio mentre posava con dolcezza la scatola sul
banco. L'accuratezza e la meticolosa precisione con cui fece quel gesto
erano tali da risultare insolite anche per lui.
-Credo ci sia
una supercella.- Sospirò amareggiato, risedendosi sulla
sedia.
Io storsi la
bocca allibito, mentre buttavo uno sguardo alla finestra: era sereno.
Stavo per chiedergli spiegazioni, ma il professore arrivò
proprio in quel momento e dovetti rimettermi a posto. Avevo due indizi
per capire: una manciata di campanelli e una supercella. Sì,
sì, ora potete dirlo che è pazzo.
Riflettei per
giorni e giorni e continuai a seguirlo ogni tanto, ma nulla. Tuttavia
potete star tranquilli, ogni tunnel che si rispetti ha un'uscita e io
finalmente riuscii a scorgerla quando realizzai che il segreto era
proprio nel negozio di oggetti per i maniaci di Oha Asa. Dopotutto,
Shintarou allungava la strada del ritorno solo per entrarvi, un motivo
doveva esserci. Preso dall'euforia mi ci recai di corsa. Era piuttosto
grande e vendeva roba di ogni tipo, dalle monete colorate con tinte
metallizzate a pupazzi a forma di mostri con più teste. Ebbi
un brivido di terrore quando adocchiai un burattino di un diavolo con
gli occhi gialli fuori dalle orbite e una gamba di capra, ma tornai
subito alla realtà non appena mi accorsi che Shintarou era
all'interno del negozio, intento a pagare una scatola di legno verde
brillante. E fu in quel momento che capii. Il problema di Shin-chan,
nonostante lo manifestasse a modo suo, era forse ciò che di
più normale esiste al mondo, ma mi calò comunque
la mascella quando lo realizzai. Prendeva impacciato i soldi dal
portafoglio e li porgeva alla commessa con mani tremanti, mentre a
fatica tentava di sostenere una conversazione con lei. Era una ragazza
carina, con i capelli rossastri fino alle spalle e gli occhi verdi. Il
volto radioso inondato da lentiggini. Non pensavo potesse essere il suo
tipo. Lei gli sorrideva spesso dolcemente, ma lui spostava sempre lo
sguardo altrove. Facendo così però
finì per notarmi. Dev'esser stata buffa come scena; da una
parte c'ero io con un'espressione basita stampata in faccia e
dall'altra il tiratore dei Miracoli con il volto contorto in una
smorfia di terrore per essere stato scoperto.
-T-Takao?-
Smascellò cercando di non cadere in preda al panico. Io in
risposta risi nervosamente per diminuire la tensione.
-Ehylà
Shintaro! Anche tu da queste parti, eh?- Feci il vago, sollevando
rigidamente la mano a mò di saluto.
Lui
avvampò come mai avevo visto prima, finchè una
risata non ruppe il silenzio.
-In
realtà lui viene quì ogni giorno.- Fece la
commessa con un sorriso divertito, mentre il mio compagno di squadra
divenne quasi viola.
-A te invece non
ti ho mai visto, sei un suo amico?- Mi domandò poi.
-Sì e
sono anche un suo compagno di squadra, giochiamo a basket insieme.- Le
spiegai, cercando di fornirle più informazioni possibili su
Shin-chan.
-Ah
però, giochi a basket, non me lo avevi detto! Dev'essere
divertente.- Fece poi rivolta al mio amico, mentre io ghignavo
soddisfatto.
-B-bhe,
sì.-
Iniziò
una conversazione praticamente a senso unico, in cui Shintarou
pronunciava solo monosillabi e poi lei si presentò. Yumi
Murakami era il suo nome. Mi sorprese che lo disse solo a me,
probabilmente Shintarou già lo sapeva. Scoprii che infatti si
conoscevano parecchio e che, escludendo il particolare del basket, lei
sapeva molte cose di lui e viceversa. Era una studentessa del liceo e
sognava di fare l'architetto. Le piaceva viaggiare e scoprire cose
nuove. Di sicuro Shin-chan andava spesso a trovarla.
-Una supercella,
eh?- Sospirai poi rassegnato, quando fummo fuori dal negozio pochi
minuti prima dell'orario di chiusura.
-Fa silenzio!-
Esclamò Shintaro ancora in imbarazzo.
Aveva iniziato a
piovere, ma lui sembrava non curarsene e continuava a camminare piano
mentre i capelli verdi venivano inzuppati sempre di più.
Sospirò.
-Lei
è diversa dalle altre, Takao.- Disse, sorprendendomi non
poco.
-Come fai a
dirlo?-
-Le ho parlato
tante volte. Anche il discorso più stupido, pronunciato da
lei diventa improvvisamente interessante. Le parole che escono dalla
sua bocca mi catturano, mi sento prigioniero di ciò che
racconta, dei suoi gesti. Dietro ognuno di essi io percepisco la forza
di una tempesta, indipendentemente dalla sua esile corporatura.-
Potete
immaginare la mia espressione quando udii quelle frasi. Mi colsero
talmente impreparato da ammutolirmi per un po'. Eppure avevo capito
cosa gli piacesse di lei: la semplicità. La
capacità di rendere un'azione comune qualcosa di
davvero unico. Il suo essere acqua e sapone gli dava un senso di
purezza, di candore.
-Non credi che
dovresti chiederle di uscire?- Gli consigliai.
Ma lui si
fermò tutto d'un tratto, guardando i suoi piedi con
un'espressione furibonda.
-E come potrei?-
Sibilò rabbioso e mortificato.
-Che vuoi dire?-
-Lascia stare.-
M'irritai.
-Oh non sia mai
che tu usi la tua spina dorsale fuori dal campo da gioco!- Sbraitai.
-Ma cosa ne vuoi
sapere tu?!- Mi rispose lui a tono, avvicinandosi pericolosamente a me.
-Hai solo paura!
Lo trovo ridicolo!-
Divenne
minaccioso. Gli occhi si assottigliarono e le sopracciglia si strinsero
tanto da farli quasi sparire.
-Vorrei vedere
te al mio posto, Takao! Prova tu a presentarti davanti a ciò
che più ti attira con..- Si calmò improvvisamente
e sospirò chiudendo gli occhi.
-Come potrebbe
mai interessarsi a me, visto il concentrato di nevrosi che sono?-
E lì
mi si strinse il cuore in una morsa tagliente. Mai avrei voluto
cavargli quella frase di bocca e non sapevo cosa dire se non chiedergli
ripetutamente scusa con gli occhi. Oramai eravamo zuppi e zitti sotto
una pioggia che sembrava non aver neanche lontanamente voglia di
cessare. Eppure tutti i mali vengono per nuocere, giusto? A Shintarou
infatti, stupì profondamente che quella era proprio una di
quelle volte. Murakami era dietro di lui e, stando a ciò che
accadde dopo, era evidente che avesse sentito tutto.
-Ti senti
così speciale da essere non-amabile?- Domandò
poi, facendoci sobbalzare. Shintaro si girò di scatto.
-M-Murakami..-
-Respiri la
nostra stessa aria, giusto?- Gli chiese poi interrompendolo.
-Sì..-
Fece lui, confuso.
-Mangi il nostro
stesso cibo?- Proseguì.
Lui
annuì.
-Oh bhe, magari
hai anche il nostro stesso modo di parlare, di camminare, hai due
braccia, due gambe, due occhi.. Oh tu guarda, quello deve essere
proprio un naso! Che coincidenza ne ho uno anche io!!-
Esclamò con ironia, nonostante fosse parecchio stizzita.
-..Già.-
Sussurrò appena Shintarou.
-Oh bene, dunque
stando ai miei calcoli non sei molto diverso da me o sbaglio?!-
Aveva alzato la
voce e lui si era fatto piccolo piccolo.
-Non prendere
decisioni al mio posto. Nessuno può dirmi cosa devo
mangiare, dove devo andare, cosa devo fare e.. Chi mi deve piacere.
Nemmeno tu.- Aggiunse infine.
Non fu difficile
capire per quale ragione Shin-chan avesse parlato di una supercella
tempo addietro. Murakami aveva davvero un'energia travolgente
nonostante il suo aspetto angelico.
Io dal canto mio
capii che l'ora del momento di defilarsi per me era passata da un bel
pezzo, quindi soddisfatto girai i tacchi di soppiatto. L'ultima cosa
che vidi, con la coda dell'occhio, fu che lui con una sorta di piccolo
sprazzo di determinazione le prese la mano senza dire nulla. Mi
dileguai in fretta sotto la fitta pioggia e vi sparii all'interno.
Il giorno
seguente, sotto il mio banco, trovai un gomitolo di lana blu notte e
con dei fili luccicanti del medesimo colore che si
combinavano. Era l'oggetto del giorno dello scorpione, il mio
segno, secondo l'oroscopo di Oha Asa. Scoppiai a ridere incurante di
sembrare pazzo agli occhi dei miei compagni di classe. Nel caso
qualcuno di voi non lo avesse capito, cosa del tutto comprensibile,
nella lingua di Shintarou quello era un ringraziamento, al quale trovai
anche allegato un microscopico biglietto con su scritto "non osare mai
più pedinarmi". Ad ogni modo ero confuso. Non avevo fatto
nulla di particolare per farlo avvicinare a Murakami. Solo dopo capii
che mi stava ringraziando per essermi preoccupatoper lui. Ah Shin-chan
è fatto così, vi garantisco che è
impossibile da interpretare correttamente al primo tentativo, ma se ci
fate l'abitudine poi è tutto in discesa. Di certo non ci si
annoia mai.
Come tutti
avevamo previsto, Shintaro entrò presto a giocare nella
nazionale di basket giapponese e, per quanto riguarda Murakami, dopo
che si fu laureata, lui le chiese addirittura di sposarlo. Ma questa
è un'altra storia.
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Ciao a tutti! Ogni tanto riemergo dal nulla con storie così,
random, che schiaffo quì e quindi niente. Spero di
non avervi annoiati, nel caso contrario chiedo scusa uhuh.
Come più o meno al solito ringrazio chi è
arrivato fin quì a leggere, indipendentemente dall'idea con
la quale abbandonerà questa pagina. Sì, proprio
tu.. Sei un/a grande! Ora vi lascio andare alle vostre cose, le quali
sono sicuramente più interessanti di queste righe, per cui,
a presto!!
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