“Mi
mancherai, Viviana”, mormorò Arianrhod prendendo
le mani della sua
amica, appena prima di salire sulla barca che l’avrebbe
portata via
dall’Isola Sacra. “E mi mancherà Avalon.
Tu non puoi immaginare
quanto sia stata felice qui…”
“E
lo sarai ancora”, rispose Viviana baciandola sulle guance.
“Lo
hai visto nel Pozzo Sacro?”
“Non
ho bisogno di scrutare nel pozzo sacro per conoscere ciò che
già
so…”
“Cosa
intendi dire?”, chiese la giovane regina con sguardo
interrogativo.
“Nulla,
non preoccuparti. Le mie sono solo le intuizioni di una donna
saggia... e con saggia intendo non più giovane
ovviamente.”
Arianrhod
sorrise.
“Posso
dirti questo però: la felicità a volte
è a portata di mano. Non
lasciartela sfuggire.”
A
quelle parole Arianrhod arrossì. Sotto lo sguardo intenso di
Viviana
le sembrava di non avere segreti. Era sicura che lei sapesse di lei e
Gareth. Quanto sapesse non poteva dirlo con certezza... e Arianrhod
si augurò che non sapesse proprio tutto.
“Addio,
mia cara bambina” la salutò l'Arcidruido Taliesin.
“Addio
a voi, Arcidruido. Non so come ringraziarvi per avermi accolta ad
Avalon.”
Viviana
rimase ad osservare Arianrhod salire sulla barca, a fianco ai suoi
generali e cavalieri. Si era affezionata a poche persone nella sua
vita – complice anche il suo ruolo che a volte la costringeva
a
prendere decisioni difficili anche per le persone che amava; ma
quella ragazza aveva qualcosa di speciale, e le dispiacque vederla
andare via. In altre circostanze sarebbe stata un'ottima
sacerdotessa.
Poi
la barca sparì nella nebbia e fu così che
Arianrhod lasciò Avalon,
il luogo che le sarebbe rimasto per sempre nel cuore.
***
Il
cammino che intrapresero li avrebbe condotti a Dubris*, dove la loro
piccola flotta li stava aspettando e dove si sarebbero imbarcati alla
volta della Svezia. Avrebbero navigato verso nord, fino ad
attraversare lo stretto di Skagerrak, che divideva la Danimarca dalla
Norvegia e dalla Svezia. O almeno così aveva dedotto
Arianrhod
studiando la cartina fornitale dal generale Vanlande, la sera al lume
di una candela. Scoprì invece con suo grande disappunto che
nessuno
aveva ritenuto utile informarla che la loro prima tappa non era
affatto la Svezia, come lei aveva supposto.
Aveva
dovuto apprenderlo per caso da Gareth e Östen,
mentre tutti e tre cavalcavano vicini a metà della colonna
di uomini
in marcia.
“Credevo
che il duca ti avesse informato”, disse Östen,
sinceramente dispiaciuto. “Dopotutto è
più che normale cercare
l'alleanza della Danimarca per la riconquista del trono: il re
è
vostro zio!”
Arianrhod
lo fissò per qualche attimo, indecisa se infuriarsi o meno.
“Un'altra cosa di cui ero all'oscuro...”
commentò infine, a
labbra strette.
Gareth
notò la sua frustrazione e accostò il cavallo al
suo. Col rischio
concreto di essere notato, le toccò il braccio in segno di
comprensione, guadagnandosi un'occhiataccia da parte di Östen.
Ma Arianrhod gli sorrise, grata per il gesto d'affetto, così
Gareth
decise di ignorare l'indubbia manifestazione di buonsenso dell'amico.
Se lei era felice, non c'era altro che gli importasse.
“E'
così” spiegò in tono gentile.
“Il re Frode è il fratello di
tua madre.”
“Sarà
bello conoscere qualcuno della famiglia, in ogni caso”
commentò
Arianrhod. “Credete che mi concederà il suo
appoggio?”
“Speriamo
proprio di sì” rispose Gareth.
Un
rumore di zoccoli al trotto attirò la loro attenzione. Dalla
testa
della colonna, molto più avanti, stava arrivando Domaldr, in
sella
al suo bel cavallo nero.
“Mia
signora” chiamò frenando il cavallo proprio
davanti a lei, e
lanciando un'occhiata di sufficienza a Gareth e Östen.
“Mio padre chiede se volete raggiungerlo in testa
all'esercito. Ha
qualcosa da comunicarvi.”
“Vostro
padre pensa che io debba correre non appena schiocca le dita, ma non
si degna neppure di comunicarmi che siamo diretti in
Danimarca?”
chiese Arianrhod, gelida.
Domaldr
sembrò preso in contropiede, e rimase a boccheggiare in
cerca di una
risposta, senza trovarla.
“Perché
non informate il duca che la regina preferirebbe che fosse lui a
unirsi a noi?” suggerì Östen
non senza una certa soddisfazione personale.
Domaldr
gli lanciò un'occhiataccia. “Certamente”
replicò con perfetta
cortesia, ma a denti stretti. “Ogni desiderio della nostra
regina è
un ordine... purché venga effettivamente da lei.”
Arianrhod
fece un cenno affermativo, dopo il quale Domaldr non poté
esimersi
dall'eseguire l'ordine, allontanandosi di nuovo in tutta fretta verso
la testa del corteo.
Arainrhod
lo seguì con lo sguardo, valutando l'estensione del proprio
esercito. Erano certamente molti uomini, tutti con indosso lo stemma
del drago. Ma erano sufficienti per realizzare quell'impresa? Anche
con le sue scarse conoscenze militari Arianrhod intuiva di no.
Neppure il consistente drappello di guerrieri del Piccolo Popolo, che
marciava in coda all'esercito, era di proporzioni tali da ribaltare
le sorti di una battaglia.
I
suoi alleati sembravano voler restare separati dalla Guardia Bianca,
ed erano stranamente silenziosi. Da parte sua, la Guardia Bianca
sembrava guardare con diffidenza quegli uomini così diversi
da loro,
così selvaggi nell'aspetto. Si vedeva che non se ne fidavano
completamente. In effetti l'unica persona ai cui ordini il Piccolo
Popolo avrebbe obbedito era Arianrhod, l'unica che fosse a tutti gli
effetti una di loro. Era una grossa responsabilità,
pensò lei
toccando il medaglione che portava al collo, e sperò di
essere
capace di far sì che i due contingenti giungessero a fidarsi
l'uno
dell'altro, con il tempo.
I
suoi pensieri gravosi furono interrotti dall'arrivo del duca Fjölnir.
Arianrhod
si accorse che era sinceramente stupito della sua chiamata. Non
riteneva strano che lei non fosse stata informata della loro
destinazione.
E
all'improvviso lei comprese. Non la prendevano sul serio, ed il
motivo era evidente: era una donna, e per di più una donna
giovane.
Se voleva essere considerata seriamente era lei che doveva dimostrare
le sue capacità. Lamentarsi sarebbe stato inutile, agire
molto più
sensato.
Perciò
non si scompose e, sotto lo sguardo ammirato di Gareth, chiese al
duca di organizzare un incontro fra i comandanti per fare il punto
della situazione.
“Ma
certo, nei prossimi giorni sarà sicuramente
possibile...”
“Stasera”
lo interruppe Arianrhod, decisa. “Non appena avremo allestito
le
tende.”
Il
duca la guardò stupito, ma non poté far altro che
acconsentire.
“Un'altra
cosa, duca” lo chiamò Arianrhod, mentre stava per
andarsene.
“Anche i due cavalieri qui presenti parteciperanno.”
Gareth
e Östen
si lanciarono uno
sguardo sbalordito.
“Sono
i migliori amici che ho al mondo.”
E
con questo aveva messo le cose in chiaro.
***
La
luce delle torce rischiarava la tenda sotto la quale si erano riuniti
i capi della Guardia Bianca, il capo del contingente del Piccolo
Popolo, Morcant, e naturalmente, Arianrhod, che teneva decisamente in
mano le redini della situazione.
Al
centro della tenda, sopra il tavolo, una mappa era spiegata e
già
coperta di piccoli segnalini di legno grezzo che servivano ad
evidenziare il percorso da fare, e il numero e la posizione delle
truppe.
Arianrhod
era appoggiata con le mani sul tavolo e fissava il generale Walbur
che le snocciolava una serie di cifre riguardo gli uomini che avevano
a disposizione, e su quelli che avrebbero forse avuto in futuro.
Alla
destra del tavolo erano allineati tre sgabelli, sui quali erano
seduti in silenzio Domaldr, Gareth e Östen.
“Il
punto è: quanti uomini ad oggi Ale ha più di
noi?” lo interruppe
Arianrhod, senza tema di apparire maleducata.
Walbur
lanciò un rapido sguardo al duca e al generale Vanlande, ma
loro
rimasero criptici.
“Ma
vi ho spiegato che la nostra situazione corrente non è
definitiva
e...”
“Per
favore generale, lasciamo da parte i se e i ma. È il caso di
essere
diretti, non credete? Allora, quanti uomini più dei
nostri?”
Walbur
sbuffò prima di decidersi a rispondere. Appariva contrariato.
“Ale
dispone di un esercito regolare di circa sessantamila uomini. La
Guardia Bianca ne conta diecimila. Il contingente del Piccolo Popolo
altri tremila...”
“Dunque
lui ci supera di quasi cinquantamila uomini?”
“E'
così”, intervenne il duca con riluttanza.
“Non
è molto confortante…”,
osservò Arianrhod.
“Contiamo
sul fatto che una parte dell’esercito regolare svedese
abbandoni
Ale passando dalla nostra parte”, disse Fjölnir.
“La nostra rete
di spie vi sta lavorando da anni. Il vostro esercito è
fedele alla
Stirpe del Drago… ha solo bisogno di un legittimo sovrano
sotto il
quale riunirsi, e combatterà dalla vostra parte.”
“Poi
ci sono i ribelli, mia signora”, s'intromise il generale
Vanlande.
“Gli svedesi che combattono l'usurpatore da anni e che non
aspettano altro che il vostro ritorno.”
“E
questi ribelli sono soldati?” chiese Arianrhod.
Acuta
osservazione, pensò
Gareth sentendosi fiero della sua Arianrhod.
“No,
purtroppo. Si tratta di gente comune: fabbri, sarti, contadini e
qualche membro della piccola nobiltà. Persone che hanno
scelto di
abbandonare tutto per combattere. Vivono in clandestinità e
Ale
tenta di stanarli da sempre.”
“E
come mai non ci è ancora riuscito?”
“Perché
si sono dati alla macchia, e nessuno conosce l'esatta ubicazione del
loro covo.”
“Chi
sarebbe il loro capo?”
“Un
uomo di nome Hogne, un membro della nobiltà terriera a cui
Ale ha
confiscato le terre.”
“Credete
che i ribelli si uniranno a noi senza problemi? E in tal caso quanti
uomini in più avremmo?”
“Sicuramente”
disse Walbur. “Sul fatto che si uniranno al nostro esercito
non ci
sono dubbi, non aspettano altro. Non sappiamo con precisione il loro
numero, ma stimiamo che siano intorno ai diecimila.”
“Così
arriveremmo a poco più di ventimila...”
“Vedrete
che vostro zio accetterà di aiutarvi” intervenne
Domaldr alzandosi
baldanzosamente e avvicinandosi al tavolo. “Dopotutto siete
l'unica
figlia di sua sorella, non potrà rimanere indifferente al
legame di
sangue.”
“Ti
ringrazio Domaldr, ma credo che il re ragioni più per
convenienza
che per sentimentalismi. Se avremo qualcosa da offrirgli in cambio
è
probabile che prenderà in considerazione la nostra
offerta... non è
vero, duca?”
“Ne
sono convinto”, disse Fjölnir
guardando il figlio con aria sconsolata, mentre questi andava di
nuovo a sedersi, imbronciato. “Siete molto acuta, mia
signora.”
“Bene,
abbiamo fatto un primo punto della situazione. Avremo modo di farne
altri prima del nostro arrivo in Danimarca, per cui consiglierei di
metterci in viaggio alle prime luci dell'alba. È
tutto.”
Quando
Arianrhod uscì, con passo deciso, tre paia d'occhi la
seguirono
ammirati. Poi Fjölnir,
Vanlande e Walbur si guardarono e compresero che un unico pensiero
attraversava loro la mente in quel momento. Quella che avevano
considerato solo una ragazzina inesperta e manovrabile, peccando di
superficialità, era fatta della stessa pasta di suo padre e
di suo
nonno. Era una vera Yngling e non era da sottovalutare.
***
Gareth
e Östen
se ne stavano un po' in disparte rispetto ai loro compagni, non
troppo lontani però perché il fuoco non li
scaldasse. Parlavano di
quello che era successo quella sera, ed erano entrambi fieri di come
Arianrhod avesse preso la situazione in mano.
“Non
so te” stava dicendo Östen,
“ma io penso che abbia fatto ciò che era
necessario per mettere in
chiaro che è lei a comandare. È la prima volta
che i generali e il
duca vengono zittiti da una donna e non credo gli abbia fatto troppo
piacere.”
Gareth
rise. “No, credo proprio di no. Ma vedrai che la prossima
volta che
mediteranno di prendere decisioni per lei ci penseranno due volte.
Hai visto la faccia di Domaldr quando Arianrhod lo ha rimesso al suo
posto? Sembrava fosse stato costretto a inghiottire del
fiele...”
Come
se fosse stato chiamato proprio in quel momento dal buio emerse la
voce di Domaldr, e il ragazzo sbucò alle spalle di Gareth e Östen
come un infido serpente.
“Gareth!”
esclamò con affettata cordialità, dandogli una pacca
sulle spalle.
Quest'ultimo
lo guardò gelido. “Cosa vuoi?” chiese
senza preamboli.
Domaldr
continuava a ostentare un sorriso più falso di un sasso
spacciato
per una pietra preziosa.
“Ti
dispiace se parlo un momento da solo con mio fratello?”
chiese,
rivolgendosi a Östen.
Chiaramente non gli faceva piacere il modo in cui questi spalleggiava
Gareth.
Östen
esitò, ma Gareth gli fece un cenno d'assenso e il ragazzo si
allontanò con riluttanza.
“Te
lo ripeto: cosa vuoi?” chiese di nuovo Gareth quando lui e
Domaldr
furono soli.
“Ehi,
quanto fuoco! È questo il modo di trattare il tuo unico
fratello?”
Gareth
non rispose. Avrebbe potuto commentare che Domaldr tirava fuori la
loro parentela solo quando gli faceva comodo, ma sarebbe stato fiato
sprecato.
“Bene,
allora andrò dritto al punto” continuò
Domaldr. “Ho notato come
guardi la regina.”
“Di
cosa stai parlando?”
“Non
sono cieco, Gareth. Ma non so come tu faccia a non renderti conto che
lei non è per te.”
“E
sarebbe per te, invece?” sibilò Gareth, furioso.
“Forse”
disse il fratello con noncuranza. “Perché no? Hai
notato che sarei
un buon partito per lei? Tu cosa potresti offrirle?”
Gareth
tacque. Sapeva che Domaldr aveva ragione su questo punto.
“In
ogni caso, anche se non fossi io a sposarla, sarà qualcun
altro di
pari rango. Non certo tu.”
“Se
non mi temi perché sei venuto a dirmi questo?”
“Solo
perché tu non ti faccia illusioni o ti renda ridicolo,
fratello,
tutto qui. Non hai possibilità con lei”, disse
voltandogli le
spalle e scomparendo nel buio.
Gareth
era incerto se arrabbiarsi o mettersi a ridere.
Se
tu solo sapessi.
*L'attuale
Dover
Nota
dell'Autrice: Ciao
a tutti! In questo capitolo ho avuto un grande dilemma: ero indecisa
sul ruolo che ha il duca, tant'è che ho pensato anche di
riscriverlo
completamente perché so che probabilmente
continuerà a non piacere
molto come personaggio, e non era davvero nelle mie intenzioni.
Però
ho deciso di lasciarlo così, prima di tutto
perché la sua
complessità e le sue zone d'ombra sono qualcosa che mi
intriga; e
poi perché mi sembrava molto più realistico e
consono all'epoca che
stiamo trattando il mostrare come Arianrhod venga sottovalutata a
causa del suo sesso. La ragazza dovrà lottare per farsi
valere,
perfino da coloro che sono dalla sua parte!
Una
piccola curiosità: lo zio di Arianrhod, il re di Danimarca
Frode, è
colui da cui Tolkien – ebbene sì!^^ - ha preso il
nome per il suo
protagonista Frodo.
E
niente, spero che il capitolo vi piaccia e vi mando un grande
abbraccio!
Eilan
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