22
Due
anni dopo
Una
mano spostò dei capelli biondi da una fronte.
Francesca
era seduta su una sedia bassissima, tutta concentrata, e sulle gambe
teneva una
bambina. Emanuela teneva le mani della mamma fra le sue piccole, seduta
obbediente e si lasciava sistemare. Indossava un vestito che le
arrivava alle
ginocchia, con un motivo scozzese e una maglietta bianca sotto. Lo
scamiciato
lasciava scoperte le gambe, infilate in due collant blu e le scarpe,
nere.
La
ragazza stava sistemando, con un sorriso gentile, i capelli della bimba.
Quella
invano tentava di afferrarle le mani, ridendo sola dei suoi mancati
tentativi.
Emanuela
aveva sul capo tanti bei riccioli biondi, ora sapientemente pettinati
dalla
mamma, e di tanto in tanto diceva
-Mamma...-
-Che?-
domandava allora la ragazza.
-Papà-
-Ora
arriva-
Davide
era stato per due giorni fuori, assieme ai colleghi
dell’azienda che l’aveva
assunto, ad un congresso importante, a quanto pareva. Nei due giorni la
bambina
non aveva fatto altro che chiamarlo per casa, come se sperasse che si
fosse
solamente nascosto.
Lei
la stava preparando perché di lì a poco sarebbe
tornato, e voleva che la
trovasse bellissima. Più cresceva, più
assomigliava a lei e di questo Francesca
era tanto contenta. Guardando la bambina vedeva lei, anche se i capelli
ricciolini provenivano dalla famiglia del ragazzo.
Ad
un certo punto la serratura del portone scattò e si
sentì il rumore di un mazzo
di chiavi.
Subito
Emanuela se ne accorse e scivolò giù dalle gambe
della mamma.
-Papà!-
esclamò storpiando un po’ le parole.
Corse,
tutta contenta, verso il salotto ridendo e si precipitò
contro il ragazzo.
Lui,
di spalle perché stava chiudendo la porta non si accorse del
suo arrivo.
La
bimba si catapultò ridendo buffamente in mezzo alle sue
gambe.
Francesca
si affacciò sulla soglia della cucina sorridendo e
osservando la scena.
-Aiuto!
Attentato!- sorrise lui, girandosi e chinandosi per prenderla in
braccio.
Mentre
lei rideva contenta il ragazzo le diede un bacio sulla guancia,
sollevandola in
alto sulle braccia.
-Ciao
Manu!- le disse abbracciandola e dandole un sonoro bacio sulla testa.
Poi
la poggiò a terra e lei scappò via, con un gran
sorriso sulle piccole labbra.
Davide
prese in mano le valigie ma prima di poter arrivare a posarle in camera
da
letto venne placcato dall’altra bionda.
Francesca
si aggrappò al suo collo, baciandolo sulla bocca con impeto.
Lui nella fretta
di rispondere lasciò cadere per terra quello che aveva in
mano, per abbracciare
anche lei, e si affogò pur di non interrompere il contatto.
Poi si staccarono
ansimanti, e lei sorrise sulle sue labbra.
-Ti
sei tenuto in allenamento eh?-
Il
ragazzo sorrise a sua volta.
-Sì
ma pensavo lo stesso a te-
-Che
bugiardo-
Stavolta
si baciarono più dolcemente. Staccati solo da Emanuela che
fece forza fra le
loro gambe, minacciando di piangere.
-In
b’accio!- protestò e Francesca la
accontentò.
-Lo
sai... oggi le ho messo i calzini blu... allora lei si è
guardata i piedi, c’ha
pensato un momento e si è messa a piangere- sorrise baciando
la tempia della
bimba.
-Tutta
matta come la mamma- commentò lui, aprendo una valigia.
Francesca
poggiò sul letto la bambina, guardando attenta il ragazzo
che cercava qualcosa.
Emanuela disobbediente scivolò giù veloce e
uscì dalla stanza.
Quando
furono soli lei disse
-Allora?
Com’è Roma?-
Davide
si voltò, sorridendole furbo e complice stette al gioco.
-Bellissima.
Ma sai, per tutti e tre i giorni io non ho capito un cavolo di quello
che
dicevano-
-Questo
non mi sorprende- sorrise la bionda e si sedette in braccio a lui come
prima
aveva fatto Emanuela su di lei.
-Tipo,
loro dicevano ‘il bilancio è in rosso e dobbiamo
trovare nuovi
finanziamenti...’ e io sì, sì...-
mimò il gesto di assenso con la testa –oppure
‘Bisogna attuare una nuova strategia di marketing, sfruttando
il feedback
ottimo della campagna...’ e io sì, sì.
O anche ‘Stanotte non posso uscire a
cena con voi, devo andare a trovare la mia amante’ , e io
sì, sì-
La
bionda rise di gusto, tirandogli un pizzico.
-Che
cretino che sei. Razza di leccapiedi!-
-Però
sull’ultima ho dato la mia personale consulenza- disse lui,
sornione e apposta
provocante.
-Sarebbe?-
-Ho
consigliato il prodotto. C’era la segretaria
dell’hotel che era una cosa...
madonna...-
-A
letto com’era?- domandò apparentemente non turbata
lei.
-Eh
beh, fantastica. Ci siamo fatti una ripassata tutti quanti-
-Non
sembri propriamente soddisfatto-
-Si
bé, sai era una bionda. Io ne avrei preferito una mora-
Voleva
farla arrabbiare anche se sapeva che le conseguenze sarebbero state
devastanti.
-E
perché io come sono?- si indicò una ciocca di
capelli.
-Tu
non sei bionda. Tu sei castano scolorito, oppure biondo sporco-
Questo
parve offenderla più di qualsiasi altra cosa. Gli
tirò brusca uno schiaffo,
alzandosi immediatamente.
-Ma
vaf******o, va’! Vattene dalla segretaria!-
Indispettita
si alzò da lui, curandosi di tirargli un calcio e si
allontanò verso la cucina.
Sul viso aveva messo quel broncio seccato e incavolato di sempre.
Emanuela,
sentendo gridare la mamma, fece la sua comparsa sulla porta; Davide le
sorrise
colpevole e la invitò a venirle in braccio.
Lei
mormorò qualcosa di incomprensibile, tutta concentrata a
guardare la valigia
aperta sul letto.
-Cosa
hai detto?- domandò con una finta vociona il ragazzo,
alzandosi in piedi e
facendola rovesciare per metà a testa in giù.
Emanuela lanciò una risata
argentina, proprio da bimba e gridò di sorpresa.
Poi
Davide la mise diritta sul letto, inginocchiandosi in modo che fossero
alla
stessa altezza.
Notò
che ai piedi non aveva più le scarpe, così le
domandò, avvicinandosi al suo
viso
-E
le scarpe?-
-Non
c’è le scarpe- pronunciò tutta
contenta, sorridendo dello sguardo furbo del
papà.
Lui
si allontanò di botto, tenendola sempre
sott’occhio per farla ridere, e si
slacciò giacca e camicia.
Una
volta vestito più comodo, infilatesi le scarpe da tennis se
la issò sulle
spalle, tenendola per non farla cadere all’indietro.
Emanuela
rideva e diceva parole incomprensibili, valide solo per lei che le
pronunciava
e con le mani tentava di toccare gli architravi delle porte, senza
riuscirci.
-Manu
mi sa che l’abbiamo fatta arrabbiare alla mamma-
sussurrò sbirciando la cucina.
Francesca
tutta indaffarata armeggiava con pentole, barattoli e sacchi di pasta.
-Ha
deciso di cucinare. Aiuto- scambiò un’occhiata con
la bimba, rovesciandola e
mettendola giù. Lei subito corse dalla mamma e
tirò il jeans che indossava.
-Colori-
comandò, tirando più forte per convincerla.
La
bionda si alzò le maniche della maglietta e stanca la fece
sedere su una sedia.
-Sono
qui i colori amore- le indicò una serie di pastelli e matite
che erano sparse
sul tavolo, in aggiunta a vari fogli scarabocchiati.
-Evviva!-
esclamò con tale enfasi da far sorridere anche la ragazza,
che datole un bacio
sulla testa tornò ad occuparsi del pranzo.
Davide
la osservava con un mezzo sorriso sul volto, appoggiato allo stipite
della
porta, chiedendosi quale fosse il modo migliore per iniziare.
Avanzò
nella cucina, apparentemente ignorato da lei, che proseguì
nel fare da mangiare
come se nulla fosse.
Incerto
si sporse sul tavolo, per osservare la bambina prendere in mano un
pastello
tutto storto; poi concentrata come non mai Emanuela premette sul foglio
e
disegnò uno scarabocchio rosso, una linea discontinua che
svoltava bruscamente,
senza forma. Poi afferrò con la manina il ciuccio e se lo
mise in bocca
tenendolo fra i denti.
-I’
sole!- sorrise al papà, che girando il foglio non poteva
nemmeno con la più
fervida fantasia immaginare che quello fosse un sole. Comunque sorrise
alla
bambina, ridendo per la buffa faccia che aveva fatto.
Gettò
un’occhiata di sbieco a Francesca che non aveva detto una
parola, sperando di
cogliere almeno un abbozzo di sorriso. Se c’era, questo era
ben nascosto.
Francesca
non era più solo una bionda ragazzina. In quei due anni
erano cresciuti tutti,
ma lei ormai era una donna. Non tanto alta di statura, con un viso
bellissimo
in quel momento stanco, più affettuosa ed equilibrata in
quello che faceva, ma
sempre con quel ciuffo biondo che a volte le ricadeva sul davanti,
oscurandole
i bellissimi occhi azzurri.
Emanuela
doveva essere molto legata alla mamma; era sempre la ragazza che la
calmava se
piangeva, o che la vestiva. E quello, anche se ad un occhio esterno
poteva
sembrare una cosa indifferente e senza importanza, univa molto la mamma
con la
figlia.
Francesca
sceglieva con molta attenzione cosa far indossare alla bimba, e le
faceva
provare tanti vestiti; le domandava quale le piacesse di
più. Inoltre, a
differenza di Davide conosceva molto bene il suo linguaggio. Sapeva
così che
quei mezzi suoni pronunciati a bassa voce significavano qualcosa di ben
preciso.
Davide
faceva in genere mangiare la bambina, la portava a passeggio quando la
bionda
doveva studiare, la faceva ridere giocando con lei.
Lui
non sopportava di non parlarle, soprattutto dopo quei giorni in cui gli
era
mancata tantissimo.
-Fra?-
chiamò.
La
ragazza non si girò, indifferente.
-Francé?-
riprovò. Rinunciò all’orgoglio,
accettando di umiliarsi purché lei gli
concedesse un sorriso.
-Francesca?-
Si
alzò in piedi e le si avvicinò da dietro.
La
bionda non si voltò, imperterrita voleva vedere fin dove si
sarebbe spinto.
Voleva, come sempre, vincere lei.
-Amore?-
provò divertito, lasciandosi scappare una risata.
A
quel nome lei si girò di poco.
-Che
ca** vuoi?- domandò, irritata ma con un sorriso che tradiva
tutta la
messinscena.
Due
braccia forti la abbracciarono, senza stringerla ma avvolgendola e un
mento si
poggiò sulla sua testa.
Davide
cercò le sue mani per accarezzarle.
-Come
sei bella...-
Francesca
voltò la testa per impedirgli di darle un bacio, e
scansandosi sbuffò
scocciata.
-Lasciami-
intimò.
-Sei
arrabbiata?- domandò divertito lui.
-Sì,
e tanto-
Anche
se il suo tono era minaccioso e sembrava che non volesse essere
seccata, gli
permise di abbracciarla. Il ragazzo chiuse gli occhi e
lasciò che il suo
profumo lo inebriasse e che il proprio corpo godesse delle sue forme
armoniose.
-Quanto ti ha messo
matematica?- domandò,
ancora in estasi.
-Otto
e mezzo. Che poi tra l’altro non avevo sbagliato tutta
l’ultima, ho solo
sbagliato a fare l’ultimo passaggio- precisò
orgogliosa, impegnata a versare il
barattolo del sugo nella pentola.
-Genietta-
le disse all’orecchio, sorridendo.
-Smettila
cretino. Così non riesco a cucinare- ribatté
scontrosa.
Ma
invece di lasciarla Davide si aggrappò ancora di
più al suo corpo.
-Io
ti amo anche se sei testarda come un mulo- e le diede un bacio sulla
tempia.
Francesca
inclinò il capo in modo da guardarlo negli occhi e sorrise
sarcastica.
-Embé?
Io ti amo anche se sei un perfetto imbecille-
Non
c’era nulla da fare.
-Sai
Davide pensavo... magari un giorno di questi potevamo andarcene a mare,
tutti e
tre insieme-
Lei
non sarebbe mai cambiata.
-Da
soli? Ho capito che tu vali per due, amore, ma io non reggo sia te che
Emanuela. Due bionde insieme...-
Così
testarda.
-Rompipa**e
che non sei altro! Invece ho deciso, ho pure scelto i giorni di scuola
che
posso perdere e noi andremo a mare!-
Così
orgogliosa.
-Non
vuoi andare a trovare la tua famiglia? Avevi detto che Damiano si era
trovato
una fidanzata-
Ma
anche tanto ragazzina.
-Sei
tu la mia famiglia-
Quel
che Davide amava di lei non era il corpo, i capelli biondi o gli
stupefacenti
occhi azzurri, no. Quel che l’aveva fatto innamorare era lei.
Lei e i suoi
sbalzi d’umore, lei e quel suo caratteraccio volubile.
Francesca
e il suo orgoglio; Francesca così forte da non piangere mai;
Francesca così
coraggiosa da affrontare a muso duro i problemi; Francesca
così ragazzina da
aver bisogno di qualcuno che la aiutasse; Francesca e il suo sorriso
grato e le
sue lacrime calde e quelle mani piccole che potevano stare comodamente
in una
delle sue.
Semplicemente
Francesca.
Per
questo a Davide non importava di vincere, o perdere, o di mostrarsi un
imbecille con lei.
Tutti
quei problemi passati, tutte quelle litigate, quelle serate buie e i
silenzi
che non finivano mai. Tutte quelle lacrime, quelle confessioni tenute
dentro
per troppo, quel suo essere fragile solo con chi si fidava.
Tutta
la sua forza nel dimostrare al mondo intero che poteva farcela da sola.
Il
coraggio di tenere con sé Emanuela. La gioia mai provata di
avere una mamma.
Tutto
ciò ora aveva un senso, un risultato ottenuto faticosamente
che ora più
sfavillante che mai faceva morir d’invidia gli altri.
Lei,
timida e modesta, arrossiva e negava di esser stata lei a fare tutto
quello.
Sosteneva che una buona parte fosse di Davide.
Ma
Davide sapeva, perché la conosceva meglio degli altri, che
in quel corpicino
esile e dietro quegli occhi azzurri si nascondeva una donna bellissima
e forte,
una mamma bella e affettuosa, una ragazzina carina e testarda.
Lei
era così.
E
non c’era nient’altro da dire.
Suppongo che, arrivato alla fine, sarebbe educato fare un po' di
ringraziamenti.
Dunque, grazie mille ai 71 che hanno messo la storia nei preferiti,
ai 35 che la seguono
e anche ai lettori di cui non conosco il nome.
Grazie anche alle lettrici che mi hanno recensito solo per un capitolo,
clodina
85, fruminella89, olimpia93, Aletta92, Mary___02, Rebellious_Angel,
thatsamore, _diable_, Anomis, ambris, Oasis, Maghetta25, _Laura_.
(e perdonatemi se ho scordato qualcuno).
A OOgloOO,
bribry85, marghepepe, che m'hanno lasciato a
metà strada e ringrazio lo stesso tanto, e a MissQueen
(ovvero Valentina) che anche se non mi ha più recensito
volevo
ringraziare perchè mi ha fatto uno dei complimenti
più
belli che io abbia mai ricevuto "Scrivi incredibilmente bene, per tutto
il tempo ho creduto di star leggendo un libro"; per cui grazie pure a
lei.
Poi dunque, andiamo avanti, grazie ...
A Valentina78,
che ringrazio dei complimenti per il precedente capitolo.
A Nor, cui
ho procurato una notte di sonno tranquillo (ne sono felice)
e che ha sovrapposto i caratteri di Davide e Francesca a sue due
conoscenze .
A FeFeRoNzA,
che ha tentato di sposarmi e purtroppo a causa della mia
paura del volo non ha realizzato il suo desiderio (peccato
pechè
un matrimonio a Las Vegas sarebbe stato forte). Grazie per i
complimenti sulla scena nel letto del capitolo precedente, e sono
contento che non la trovi volgare.
A Marty McGonagall,
ovvero Martina, che ha inventato una nuova parola e
mi ha dato il permesso di usarla, e a cui tra l'altro volevo chiedere
di 'betare' un'altra mia storia(ma non so se leggi anche storie
omosessuali). In realtà mi è mancato il tuo
parere sul
capitolo 20, ma non importa. Grazie di dirmi che sono cresciuto
'letteriamente parlando', mi fa molto piacere. Spero che il tuo
silenzio sulla scena di sesso sia un silenzio... come dire, non
indignato, insomma. Un saluto grande grande anche a te.
A wanda nessie,
a cui devo dire di non essere assolutamente uno
scrittore, nè piccolo nè grande. E che mi
ringrazia di
questo regalo, ma non sa che sono io a dovervi ringraziare.
A vero15star,
che si ritrova nel carattere di Francesca (o sbaglio?), e
che non deve preoccuparsi di avermi scritto un'autobiografia. Non la
userei mai a scopi malvagi. Ti ringrazio di ogni singolo commento che
mi hai lasciato.
A Vale728,
ovvero Valentina, che può star sicura che
scriverò ancora, (indole seccata e accidiosa permettendo) e
spero che la fine ti abbia soddisfatto.
A Urdi, con
cui mi scuso ancora
per non averle risposto nel precedente capitolo, che ringrazio di tutte
le recensioni che mi ha lasciato. E meno male, sono felice di essere il
tuo antidoto allo stress.
A Devilgirl89,
ovvero Domizia,
che fra cinque anni incontrò in ospedale, nella sala parto.
Beh,
forse è esagerato dire che è il capitolo
più bello
ed emozionante che tu abbia mai letto. Mhm, mi fa piacere che i tuoi
genitori si amino ancora tanto, ma io per scrivere questo non mi sono
affatto ispirato ai miei. Argh, che pensieri orrendi che mi vengono in
mente, non dovevi dirlo...
A lilly95lilly,
che ringrazio dei complimenti anche sul titolo, e spero che il capitolo
finale ti sia piaciuto.
A Emily Doyle,
caspita, spero di non aver deluso le tue aspettative sull'ultimo.
A Jiuliet,
che capisce sempre ciò che voglio comunicare.
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