ani13
Le montagne Nebbiose si stagliavano
nitide al tramonto. La vetta di Caradhras svettava rossastra,
incendiata dai riflessi degli ultimi raggi del sole. Elladan
attizzò il fuoco, prendendo una piccola brace per accendere la
pipa. La foresta era avvolta nel silenzio, interrotto dagli ultimi
cinguettii degli uccelli diurni. Una lunghissima boccata di fumo.
Chiuse gli occhi e appoggiò la schiena contro il tronco
massiccio che aveva alle spalle. La mente corse a quando lui ed Elrhoir
erano riusciti a soccorrere e a salvare la madre dagli orchi.
Sentì ancora le sue grida di dolore trapassargli le orecchie,
mentre la stavano torturando, la rabbia repressa nel dover attendere il
momento giusto per attaccare e infine la gioia indicibile mentre
affondava la lama nella gola oscena di quel dannato orco. Era passato
un anno, ma né l’amore di suo padre, né quello suo
e dei suoi fratelli aveva riportato il sorriso sulle labbra di
Celebrian di Lorien. Sarebbe partita, partita per Aman e non avrebbe
più fatto ritorno alla Terra di Mezzo.
- A cosa stai pensando?- Laurel guardò Daniel, improvvisamente perso nei suoi pensieri.
Lui la guardò.
- Pensavo a mia madre.-
- Solo?-
Laurel si sedette sul bordo del letto, mentre con una mano dolcemente
sfiorava il viso del mezzoelfo. Daniel non disse nulla, richiuse gli
occhi e si lasciò cullare dalle carezze.
- Laurel dobbiamo prepararci al ritorno a Lorien-.
- Mia Signora…-
Laurel infilò dei piccoli fiori nelle chiome intrecciate di Galdriel. La bianca dama sospirò.
- Mia signora?-
- Non ci sono
riuscita, Laurel, non ci sono riuscita. Mia figlia partirà e non
so quando la rivedrò e se la rivedrò.-
Galadriel si rivide nelle stanze
della figlia, mentre cercava inutilmente di convincerla a rimanere, ad
aspettare che Gemma Elfica compisse il suo destino. Ma per quanto
dicesse, sua figlia sorrideva e le rispondeva “L’Ombra
è qui, Madre, è qui. Ed io non posso più
sopportarla.”
Nemmeno il potere di Nenya e Vilya
erano serviti. E invocare le potenze di Aman. Celebrian aveva deciso di
partire. Aveva perso la speranza. Non c’era più nulla per
lei nella Terra di Mezzo.
Non c’erano canti e fiori
intrecciati. Percepiva l’Ombra e il dolore. E nel suo cuore,
l’occhio dell’Oscuro Signore scavava incessantemente,
trovando la porta sempre sbarrata. Sapeva che non avrebbe potuto
resistere, sapeva che l’unico posto dove il Male non
l’avrebbe raggiunta erano le bianche spiagge di perle, di
là dal Mare.
Galadriel l’aveva intuito e
anche il suo sposo. Non potevano comprendere quanto profondamente la
lama Morgul era penetrata nel suo cuore. La bellezza intatta di
Imladris, la primavera in Lorien non erano sufficenti. Sarebbe partita
e così forse l’Ombra non avrebbe toccato la sua casa.
Galadriel guardò il calendario. Mancavano solo due giorni alla
scadenza e poi sarebbe ripartita per Aman. Aveva invocato le Potenze
per avere questa possibilità.
- Mio nipote e la mia ancella, sono soli, sperduti e si sono ritrovati. Non meritano forse una seconda possibilità?-.
- La sofferenza dei
Priminati c’è nota, e molto dolore ha portato anche qui.
Il tempo è passato. Ti concediamo quello che chiedi Bianca Dama di
Lorien.-.
I Vala avevano imposto le mani verso il cielo e una stella si era
staccata, splendente di luce. Era Vingilot, che mai Galadriel aveva
vista, la candida nave che aveva portato sulle spiagge eterne
Eärendil, alla ricerca di aiuto.
Elrond l’aveva messa in guardia.
- Mia Signora, voi
stessa avete sempre detto che lo Specchio non sempre mostra la
realtà e le cose come sono. Potreste non trovare quello che
cercate. -
- Elrond, non vuoi forse rivedere tuo figlio? O temi che il tempo abbia mutato il suo sangue?-.
Nessuno dei due aveva detto altro.
Lei era partita, sperando che lo Specchio le avesse rivelato quello che il suo cuore desiderava da tempo.
Laurel si strinse nello scialle di lana. Daniel si era addormentato. Il
suo pensiero volò leggero a Barbara, al suo vecchio professore
di storia, ai suoi allievi che la aspettavano al ritorno dalle vacanze.
Poteva andarsene, rivedere la sua gente e sentire la dolcezza dei canti
di sera. In silenzio uscì dalla camera e scese le scale. Il
piccolo albergo era tranquillo e lei si sedette vicino al camino
acceso, nella stanza adibita a ristorante per gli ospiti.
- Una tazza di the, Laurel?-
- Grazie Maria, la prendo volentieri. -
L’anziana padrona dell’albergo tornò con un vassoio
con la teiera, due tazze e dei biscotti appena usciti dal forno per la
colazione del giorno seguente.
- Vi faccio compagnia, mia cara, così mi date
un giudizio sui biscotti che ho fatto. È bello sapere che ogni
anno tornate da noi. E poi quest’anno siete in compagnia, proprio
una bella compagnia!-
La donna sorrise mentre porgeva il piattino con la tazza. Laurel
sorrise a sua volta. Poi un pensiero, doloroso come una fitta, la
colpì.
Non ci sarebbe stato un altro anno.
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