Scesi
le scale per andare al piano di sotto poco dopo aver spento il
computer in camera mia. Ero felice di aver appena rivisto Andrew e i
miei amici su Skype, ma allo stesso tempo mi sentii improvvisamente
nostalgica. Mi mancava casa mia, mi mancava la mamma, mi mancava la
mia città. Rendermi conto di trovarmi
nell’appartamento di mio
padre a Londra mi rattristava.
Arrivata
in cucina, aprii il frigorifero per vedere cosa ci fosse da
sgranocchiare poco prima che tornasse Caroline dal supermercato, ma
lo trovai vuoto. Sperai che la compagna di mio padre arrivasse con
tanti sacchetti pieni di cibo, altrimenti avrei potuto innervosirmi
se avessi visto Caroline entrare in casa con pochi prodotti. Alla
fine optai per un tè caldo, così cominciai a
prepararlo.
-
Che stai facendo? - sentii la voce di mio padre e lo vidi con la mano
appoggiata allo stipite dell’arcata che divideva il soggiorno
dalla
cucina.
-
Non lo vedi? Preparo un tè - gli risposi con malavoglia
mentre
versai dell’acqua in un pentolino e accesi il fornello.
-
Faresti una tazza anche per me, per piacere? - mi chiese lui
gentilmente ignorando il mio tono svogliato.
-
Okay - accettai di fargli il favore e aggiunsi un po’
d’acqua nel
tegame. Nell’attesa che essa si scaldasse, mi sedetti al
tavolo che
stava al centro della stanza e mio padre fece lo stesso. Stavo
cominciando a pensare che volesse parlarmi di qualcosa,
poiché si
posizionò accanto a me e mi guardò.
-
Com’è andato il primo giorno di scuola? - mi
chiese papà
sorridendomi. Dalla prima volta che misi piede a Londra, lui e
Caroline facevano di tutto per mostrarsi gentili ai miei occhi,
giusto per farmi credere che anche loro fossero capaci di calzare i
panni dei genitori perfetti. Come poteva soprattutto mio padre
comportarsi in quel modo dopo avermi ignorata per due anni? Come
poteva far finta di nulla? Detestavo quell’atteggiamento.
-
Bene, non ho fatto niente di che - risposi con lo sguardo dritto
verso il tavolo ligneo e le mani che si torturavano.
-
Hai conosciuto qualcuno? Hai fatto amicizia? - continuò
l’uomo ad
interessarsi insolitamente alla mia vita. Lo trovavo patetico.
-
Sì, ho parlato con una ragazza del terzo anno - risposi
riferendomi
a Stacie Peters, ma non volli cadere dei dettagli. In un lampo mi
venne in mente anche la figura di Valentin, ma preferii non
nominarlo. Dopo quella risposta ci fu qualche attimo di silenzio. Fu
imbarazzante avere papà seduto accanto a me senza proferire
alcuna
parola. Le mie mani non riuscivano proprio a star ferme.
-
Sai, quando sorridi non mi sembri davvero felice - si
sbloccò mio
padre. - Cioè, da quando sei qui non ho mai visto un vero
sorriso
sul tuo volto - si spiegò lui e aveva ragione. Non gli
sorridevo con
sincerità. Più che sorrisi, i miei erano regali
non meritati.
-
Strano che te ne importi - gli dissi con un tocco di rabbia in petto
e lui respirò profondamente.
-
Mi è sempre importato di te.
-
Non si direbbe, dato che per due anni sei sparito - gli rinfacciai il
suo più grande errore commesso nella vita.
-
Mi sono serviti per riflettere - si giustificò
papà.
-
Riflettere? Su cosa? Su come giocare con il cuore di una figlia? -
sbottai perdendo il controllo della rabbia che crebbe tutto
d’un
tratto dentro di me e mi alzai dalla sedia. Portai nello stomaco per
troppo tempo il peso del rancore che provavo verso mio papà
e in
quel momento non seppi più trattenermi. Le lacrime stavano
sull’orlo
dei miei occhi, ma mi feci forza e non volli cedere ad un pianto.
Tanto quell’uomo non mi avrebbe capita, ne ero sicura.
-
Non alzare la voce, Eleanor! - mi rimproverò voltandosi a
guardarmi,
ma io insistevo a non voler incrociare i miei occhi con i suoi.
Sostenevo che fissare le piastrelle del pavimento fosse più
interessante. Non aprii più bocca, mi era passata
addirittura la
voglia di parlare. Quei pochi attimi di silenzio che si crearono
sembravano eterni. L'unico rumore che sentivo in quella cucina era
l'acqua nel pentolino che cominciava a bollire.
-
Senti, scusa - ruppe il silenzio papà passandosi una mano in
fronte
e fissando la superficie del tavolo. Non dissi niente, sbuffai. - Hai
ragione ad essere arrabbiata, però ti prego, lascia che io
provi a
recuperare questi due anni persi - disse lui con tono di voce calmo,
in cerca di pace.
-
Va bene, provaci - risposi con parole poco sentite. In
realtà non
approvavo il fatto che lui volesse recuperare quei due anni passati
senza di me, poiché lo trovavo impossibile, ma pensai che se
gli
avessi dato il contentino, lui si sarebbe calmato e la lite sarebbe
finita. Non ho mai amato litigare, anche quando mi trovavo dalla
parte della ragione. Chissà che avrebbe fatto mio padre per
rimediare al danno, mi chiesi.
-
Però tu dovrai aiutarmi - arrivò lui ad un
compromesso.
-
Che dovrei fare? - gli chiesi, finalmente alzando lo sguardo sul suo
volto.
-
Soltanto una cosa - mi garantì papà. - Devi
smetterla di essere
acida con me e Caroline, piuttosto dovresti apprezzare il nostro
tentativo di andare d'accordo con te - aggiunse infine.
-
E' solo questione di tempo - gli dissi. - Lascia che passino altri
giorni ed io mi abituerò alla situazione - gli assicurai, ma
non ero
poi così sicura di quello che ebbi appena detto.
Però, come frase
per ingannare mio padre, pensai fosse ottima.
-
Va bene - concordò papà mentre spensi il fornello
e versai l'acqua
bollente in due tazze. Dopo aver preso due bustine di tè e
aver
addolcito l'acqua con un pò di zucchero, servii una tazza a
papà e
l'altra la tenni io.
-
Vado di sopra - dissi uscendo dalla cucina e soffiai sul mio
tè per
raffreddarlo un pochino. In quel momento tornò Caroline dal
supermercato e, vedendomi salire le scale, mi salutò.
Ricambiai
senza neanche voltarmi a guardarla, ma lei mi obbligò a
posare
l'attenzione su di sé lamentandosi del peso dei quattro
sacchetti di
spesa.
-
Ellie, verresti gentilmente ad aiutarmi? - mi chiese la donna
poggiando a terra la merce.
- Lasciala
andare in camera, ti aiuto io - sentii
mio padre e lo vidi uscire dalla cucina per raggiungere Caroline
all'ingresso. Fu la prima volta, dopo tanto tempo, che ringraziai
mentalmente papà.
*
* *
I
primi sette giorni di scuola furono completamente diversi dal primo.
Oserei dire che furono quasi normali. Per tutta la prima settimana
non vidi Valentin in giro per i corridoi e il suo parcheggio lo vidi
vuoto ogni mattina. Per evitare di avvicinarmi a lui e di parlargli,
decisi di stare alla larga da quel posteggio e di parcheggiare
altrove, ma ogni giorno non c'era traccia di quell'auto blu. Pensai
che fosse meglio così, ma allo stesso tempo continuavo a
farmi
domande su quella strana e lunga assenza di Valentin. Ipotizzai che
si fosse ammalato o che fosse partito per una vacanza, ma mai sarei
arrivata a pensare ad una sospensione.
-
Non l'hai saputo? Valentin è stato sospeso da scuola per una
settimana - mi informò Stacie durante il pranzo del primo
mercoledì.
-
Perché? - chiesi aggrottando la fronte.
-
Non ti ricordi? L'altro ieri Valentin ha fumato dentro l'istituto -
mi rinfrescò la memoria la piccola giornalista.
-
Non mi sembra un motivo così grave per una sospensione -
dissi la
mia opinione.
-
Qui le regole sono molto rigide - disse Stacie. - E Valentin non le
rispetta mai. I professori non sanno più che fare con lui,
così ad
ogni minima trasgressione lo sospendono per una settimana - mi
raccontò infine lei ed io la guardai con due occhi sgranati.
-
Quindi non è la prima volta?
-
Certo che no, è stato anche per colpa di continue
sospensioni che è
stato bocciato una volta al terzo anno e un'altra volta al quarto -
continuò Stacie a parlarmi della terribile carriera
scolastica di
Valentin Virtanen. Più mi parlava di lui, più
rimanevo a bocca
aperta.
-
E' stato ammesso al quinto anno per miracolo dopo aver fatto due
volte il quarto, adesso voglio proprio vedere come farà ad
essere
ammesso agli esami!
Quella
ragazza seppe darmi un'idea di Valentin assolutamente chiara. Non
avrei mai voluto avere a che fare con un ragazzo ribelle e
trasgressivo come lui ed ero sempre più convinta che stargli
alla
larga fosse la cosa più giusta da fare. Per questo pensai
che una
settimana senza di lui sarebbe stata di certo tranquilla e senza
problemi. Peccato, però, che a nuocermi durante quei giorni
ci fu
Victor, il quale trovava ogni pretesto per parlarmi e provarci con
me. Durante le lezioni lo beccavo numerose volte a fissarmi e ogni
volta era sempre più imbarazzante. Fare finta di niente era
diventato difficile dopo qualche giorno.
-
Ehi Ellie, tutto bene? - mi fermò Victor venerdì,
poco prima di
andare in mensa. Io chiusi gli occhi e gettai un respiro profondo.
Stava cominciando a non piacermi quella situazione. Quel ragazzo era
assillante. Mi voltai verso di lui e lo guardai svogliata.
-
Sì, tutto okay, ma è la terza volta che me lo
chiedi, oggi - gli
risposi lamentandomi.
-
Davvero? - fece lui il finto tonto ed io alzai un sopracciglio.
-
Mi prendi in giro?
-
No, ti pare? - continuò Victor con la sua messa in scena, ma
io non
mi sarei mai lasciata prendere per i fondelli da lui.
-
Arriva al punto, cosa vuoi da me? - gli chiesi, ormai spazientita,
poiché avevo anche fame e sapevo che Stacie mi stava
aspettando in
mensa al solito tavolo.
-
Hai trovato del tempo libero?
-
Per cosa? - feci io la finta tonta quella volta.
-
Beh, per uscire con me.
-
No, non l'ho ancora trovato, mi spiace - gli risposi, sbrigativa, e
gli diedi le spalle per raggiungere finalmente la mensa, ma lui mi
afferrò per un braccio. In quell'attimo sentii il mio cuore
scoppiare per la paura e mi voltai di scatto a guardare quel ragazzo
prepotente.
-
Mi lasci? - domandai con un filo tremante di voce, ma non volli far
trasparire la mia agitazione anche dal mio volto, dunque assunsi
un'espressione irritata e dura come la pietra. Dovevo e volevo
rimanere forte.
-
Perchè non vuoi uscire con me? Guarda che ho capito tutto,
è
inutile che trovi scuse - mi disse Victor con tono serio e penetrando
il suo sguardo nei miei occhi blu.
-
Allora, sei hai capito tutto, risponditi da solo! - gli sibilai in
faccia strattonando il mio braccio, liberandomi così dalla
sua
presa, e uscii dall'aula a passi svelti. Pregai in tutte le lingue
del mondo che Victor non mi seguisse e che non mi riprendesse un
braccio, ma per fortuna le mie suppliche mentali furono ascoltate e
arrivai in mensa tutta intera.
Intera,
ma con una grandissima agitazione in petto. Quando Stacie mi vide
arrivare di fretta al tavolo con il vassoio in mano, mi
guardò
stranita. Le raccontai di Victor e del suo morboso desiderio di
uscire con me.
-
Victor Maslow, vero? - si accertò l'occhialuta ed io annuii.
- Ho capito chi è, si comporta come un bambino - disse
Stacie mentre masticava una forchettata di pasta. - Tra l'altro
è un ragazzo molto prepotente, una volta ho scritto anche di
lui - aggiunse la ragazza. Non mi sorpresi più di tanto di
quella risposta.
Anche se avevo
un minimo di curiosità,
decisi di non chiedere a Stacie cosa avesse scritto di Victor sul
giornalino, ma immaginai da sola l'argomento dell'articolo: "Victor
Maslow importuna una ragazza che non vuole sapere nulla di lui. Vero
innamorato o vero persecutore?". Dopo pochi attimi pensai,
però, che con un articolo simile nessuno avrebbe
più rivolto la parola a Vic, perciò scartai
quell'ipotesi. Anzi, che io sapessi, a Victor non mancavano gli amici.
Durante
quella prima settimana di scuola non furono solo Valentin e Victor ad
intasarmi la testa di pensieri, ma persino una ragazza dai capelli
particolari (mogano alla radice, rossi a metà lunghezza e
biondi
alle punte) e dallo stile ricercato seppe catturare la mia
attenzione, poiché mi accorsi di essere osservata da lei
numerose
volte nei corridoi dell'istituto e nel cortile. Sembrava mi seguisse.
Per sapere qualcosa di lei, feci ovviamente qualche domanda a Stacie,
dato che conosceva tutti gli studenti della scuola, eccetto quelli
del primo anno (che poi, mesi dopo mesi, imparò ad
individuare e
intervistare). Essere direttrice del giornalino di una scuola piccola
aveva i suoi vantaggi.
-
Oh, lei è Gwen Berry ed è del quinto anno - mi
disse Stacie.
Immediatamente mi venne in mente Valentin Virtanen.
-
E' in classe con Valentin?
-
Già - confermò lei. - Quei due sono persino stati
insieme l'anno
scorso - aggiunse la mia amica.
-
Ah, wow - commentai con poche parole. - Sai dirmi perché
continua a
fissarmi? In qualsiasi punto della scuola io mi trovi, scorgo il suo
sguardo puntato su di me! - chiesi poi.
-
Questo non lo so, davvero - disse Stacie scuotendo la testa. - Magari
le piace il tuo stile - ipotizzò lei, ma io non concordai.
Non ho
mai avuto uno stile particolare da ammirare. Piuttosto era Gwen
quella che ne sapeva di abbigliamento, dato che i suoi outfit mi
piacevano davvero un sacco. Avevano qualcosa di rock, indie e grunge
allo stesso tempo. Ogni completo che creava era diverso dall'altro,
sia per colori che per stile.
-
Non credo che le piacciano i miei vestiti - espressi la mia idea
voltandomi verso Gwen per vedere se stesse ancora ferma a fissarmi.
Lei stava appoggiata al muro mentre scriveva qualcosa al cellulare,
probabilmente un messaggio.
-
Mai dire mai, anche tu ti vesti bene - mi fece Stacie i complimenti,
ma non ne vidi il motivo. Una camicia a scacchi, una canottiera e un
paio di jeans potevano essere considerati dei bei capi? Per me erano
solo vestiti comodi ma che allo stesso tempo avessero un po' di
decenza.
-
Grazie, ma non indosso nulla di speciale.
-
Tu sei così bella che staresti bene persino con un sacchetto
della
spazzatura addosso!- continuò la ragazza a complimentarsi
con me ed
io cominciai a sentirmi lusingata.
-
Non dire stupidaggini.
-
Dico davvero, invece! Magari potresti posare per delle foto per il
blog di moda di Gwen - mi propose Stacie, ma io scossi la testa.
-
Non se ne parla - dissi immediatamente. Non avevo mai fatto un
servizio fotografico. Mi vergognavo solo all'idea di posare per
qualcuno, figuriamoci apparire su un blog di moda! La scuola era
cominciata da poco e volevo rimanere ancora nell'anonimato.
-
Ma sei bellissima, ti sei vista? - mi indicò lei ed io mi
misi a
ridere dall'imbarazzo. - Sei alta, bionda, con gli occhi azzurri e
hai un bellissimo sorriso, mi stai prendendo per il culo? -
continuò
Stacie e mi fece ridere ancora di più. Non sono mai stata
una
ragazza con l'autostima sotto i piedi, ma non mi sono neanche mai
vantata per il mio aspetto molto simile a quello di una barbie. Ho
sempre detestato le persone vanitose, perciò non trovavo il
motivo
per cui esserlo anch'io.
Quando
mi accorsi che Gwen sparì dal corridoio, arrivarono due
ragazzi con
un blocnotes ciascuno in mano. Erano un ragazzo e una ragazza: il
primo biondo, occhi neri e naso importante; la seconda alta, molto
magra, mora e occhi piccoli e nocciola.
-
Stacie, abbiamo appena intervistato alcuni ragazzi per il sondaggio
sulla corretta alimentazione, che ne pensi delle domande? - chiese il
tipo all'amica mostrandole ciò che c'era scritto sul suo
blocnotes e
Stacie cominciò a leggere con interesse.
- Sono perfette, però eliminerei l'ultima - gli
consigliò l'occhialuta. - Oh, ragazzi, vi presento Eleanor!
Ellie, loro sono Ralph e Melanie, scrivono con me per il giornalino -
infine fece le presentazioni ed io strinsi la mano ed entrambi i
giornalisti con piacere.
Trovai piuttosto
strano il fatto di non averli mai
visti prima di allora, dato che erano colleghi di Stacie. Nemmeno
durante la pausa pranzo si erano mai fatti vivi al tavolo con noi.
-
Tu saresti la famosa Eleanor? - mi chiese Melanie ed io aggrottai la
fronte.
Io
ero famosa? C'era qualcosa che non mi tornava.
-
Ma sì, tu sei quella che ha saputo tenere testa a Valentin
Virtanen
il primo giorno di scuola ai parcheggi! - si ricordò Ralph
indicandomi. All'improvviso crebbe in me un enorme imbarazzo e senza
dubbio arrossii.
-
Ehm.. non potreste dimenticarvi di quella scena? - proposi ai ragazzi
grattandomi la nuca e strinsi le labbra.
-
Come possiamo dimenticarcene? E' stato epico - disse Melanie,
esaltata.
-
Esatto, abbiamo persino già scritto l'articolo che
pubblicheremo per
il primo numero di quest'anno che uscirà all'inizio di
ottobre! - si
unì Ralph all'euforia della ragazza e Stacie rise. L'unica
ad essere
seria ero io.
-
Scusatemi, ma io avevo già detto a Stacie che non voglio
apparire
tra le pagine del giornalino - confessai ai due amici deludendoli.
-
Prima o poi ci finirai lo stesso, cara mia - mi disse Stacie dandomi
una pacca sulla spalla.
-
Se lo fai, giuro che ti uccido - la minacciai guardandola dritta
negli occhi, ma lei non si intimorì nemmeno un pò.
-
Tu dovresti per forza apparire nell'inserto dei gossip insieme a
Valentin, così il giornalino verrebbe seguito e letto da
più
persone! - propose Ralph, ma io continuavo a non essere d'accordo.
Non potevo e non volevo apparire su quel giornale solo
perchè avevo
parcheggiato nel posto riservato di Valentin. Lo trovavo assurdo, non
era una notizia così sconvolgente.
Per
quanto mi fossi imposta di stare alla larga da quel ragazzo, io mi
ritrovavo spesso a pensarlo e a ripropormi la sua immagine davanti
agli occhi. Da quando il suo sguardo glaciale mi guardò per
la prima
volta, esso rimase impresso nella mia mente.
E
la sua voce grave e pacata fece lo stesso. Era strano come Valentin
potesse sia spaventarmi sia affascinarmi. "Devi sapere,
Eleanor, che le ragazze di questa scuola si suddividono in due tipi:
quelle affascinate da Valentin e quelle spaventate da Valentin".
Quella frase che mi disse Stacie il primo giorno di scuola mi
rimbombava nella mente ogni giorno. Io le risposi che non facevo
parte di nessuna schiera, ma la verità era che io, invece,
mi
sentivo parte di entrambe le suddivisioni.
Era
la mia testa a suggerirmi di stare lontana da Valentin. Invece, il
cuore, stupido com'era, mi diceva che forse quel ragazzo meritava un
pò d'attenzione da parte mia. Ed io, in balia dei miei
pensieri
contrastanti, morivo d'ansia ogni volta che pensavo alla seconda
settimana di scuola, quando Valentin sarebbe tornato a girare per
l'istituto e a lanciarmi occhiatine maliziose.
----------
Angolo
autrice.
Buonasera
himsters e non, quello che avete appena letto (se siete arrivati fin
qui) è il terzo capitolo della storia ed è
entrato in scena un nuovo personaggio: Gwen Berry. Lei è la
mia preferita, le sono affezionata e ho deciso di darle il volto di
Luanna Perez, la mia fashion blogger preferita.
C'è
anche un piccolo squarcio della situazione familiare di Eleanor e
l'apparizione di altri personaggi, alcuni già conosciuti e
altri nuovi, come ad esempio i soci di Stacie. Persone di cui fidarsi?
E
Victor cosa combinerà nei prossimi capitoli? Le risposte
verranno svelate prossimamente, quindi stay tuned!
Valentin
sta per tornare, non mollate.
Kisses
and heartgrams,
Julie
Darkeh.