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Autore: Julie Darkeh    06/12/2016    1 recensioni
Eleanor Cole, una giovane canadese appassionata di arte e di libri, si ritrova catapultata in un nuovo ambiente quando arriva a Londra dal padre che non vede da due anni. La sua scomoda situazione familiare non l'aiuta a trovare coraggio per affrontare un intero anno nell'umida Inghilterra e l'incontro con Valentin Virtanen, personaggio tenebroso e dall'oscuro passato della William Blake Art School, sconvolgerà tutto. Nella nuova vita di Eleanor c'è anche Gwen Berry, ex ragazza di Valentin, la quale non ha bei rapporti con quest'ultimo, ma lo tiene sott'occhio insieme alla nuova arrivata sin da subito. Inoltre al caos si aggiunge Stacie Peters, direttrice del giornalino scolastico, una ficcanaso combina guai fiancheggiata dai suoi fidati soci Ralph e Melanie. Insieme trovano sempre un modo per creare scompigli con i loro articoli di gossip e dai quali non è facile scamparvi.
Una storia che comincia come tante, ma che finisce come poche.
Intrecci, misteri da svelare, bugie e amori imperfetti.
Questa è "Baciata dalla luna".
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ville Valo
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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3 - La famosa Eleanor







Scesi le scale per andare al piano di sotto poco dopo aver spento il computer in camera mia. Ero felice di aver appena rivisto Andrew e i miei amici su Skype, ma allo stesso tempo mi sentii improvvisamente nostalgica. Mi mancava casa mia, mi mancava la mamma, mi mancava la mia città. Rendermi conto di trovarmi nell’appartamento di mio padre a Londra mi rattristava.

Arrivata in cucina, aprii il frigorifero per vedere cosa ci fosse da sgranocchiare poco prima che tornasse Caroline dal supermercato, ma lo trovai vuoto. Sperai che la compagna di mio padre arrivasse con tanti sacchetti pieni di cibo, altrimenti avrei potuto innervosirmi se avessi visto Caroline entrare in casa con pochi prodotti. Alla fine optai per un tè caldo, così cominciai a prepararlo.

- Che stai facendo? - sentii la voce di mio padre e lo vidi con la mano appoggiata allo stipite dell’arcata che divideva il soggiorno dalla cucina.

- Non lo vedi? Preparo un tè - gli risposi con malavoglia mentre versai dell’acqua in un pentolino e accesi il fornello.

- Faresti una tazza anche per me, per piacere? - mi chiese lui gentilmente ignorando il mio tono svogliato.

- Okay - accettai di fargli il favore e aggiunsi un po’ d’acqua nel tegame. Nell’attesa che essa si scaldasse, mi sedetti al tavolo che stava al centro della stanza e mio padre fece lo stesso. Stavo cominciando a pensare che volesse parlarmi di qualcosa, poiché si posizionò accanto a me e mi guardò.

- Com’è andato il primo giorno di scuola? - mi chiese papà sorridendomi. Dalla prima volta che misi piede a Londra, lui e Caroline facevano di tutto per mostrarsi gentili ai miei occhi, giusto per farmi credere che anche loro fossero capaci di calzare i panni dei genitori perfetti. Come poteva soprattutto mio padre comportarsi in quel modo dopo avermi ignorata per due anni? Come poteva far finta di nulla? Detestavo quell’atteggiamento.

- Bene, non ho fatto niente di che - risposi con lo sguardo dritto verso il tavolo ligneo e le mani che si torturavano.

- Hai conosciuto qualcuno? Hai fatto amicizia? - continuò l’uomo ad interessarsi insolitamente alla mia vita. Lo trovavo patetico.

- Sì, ho parlato con una ragazza del terzo anno - risposi riferendomi a Stacie Peters, ma non volli cadere dei dettagli. In un lampo mi venne in mente anche la figura di Valentin, ma preferii non nominarlo. Dopo quella risposta ci fu qualche attimo di silenzio. Fu imbarazzante avere papà seduto accanto a me senza proferire alcuna parola. Le mie mani non riuscivano proprio a star ferme.

- Sai, quando sorridi non mi sembri davvero felice - si sbloccò mio padre. - Cioè, da quando sei qui non ho mai visto un vero sorriso sul tuo volto - si spiegò lui e aveva ragione. Non gli sorridevo con sincerità. Più che sorrisi, i miei erano regali non meritati.

- Strano che te ne importi - gli dissi con un tocco di rabbia in petto e lui respirò profondamente.

- Mi è sempre importato di te.

- Non si direbbe, dato che per due anni sei sparito - gli rinfacciai il suo più grande errore commesso nella vita.

- Mi sono serviti per riflettere - si giustificò papà.

- Riflettere? Su cosa? Su come giocare con il cuore di una figlia? - sbottai perdendo il controllo della rabbia che crebbe tutto d’un tratto dentro di me e mi alzai dalla sedia. Portai nello stomaco per troppo tempo il peso del rancore che provavo verso mio papà e in quel momento non seppi più trattenermi. Le lacrime stavano sull’orlo dei miei occhi, ma mi feci forza e non volli cedere ad un pianto. Tanto quell’uomo non mi avrebbe capita, ne ero sicura.

- Non alzare la voce, Eleanor! - mi rimproverò voltandosi a guardarmi, ma io insistevo a non voler incrociare i miei occhi con i suoi. Sostenevo che fissare le piastrelle del pavimento fosse più interessante. Non aprii più bocca, mi era passata addirittura la voglia di parlare. Quei pochi attimi di silenzio che si crearono sembravano eterni. L'unico rumore che sentivo in quella cucina era l'acqua nel pentolino che cominciava a bollire. 

- Senti, scusa - ruppe il silenzio papà passandosi una mano in fronte e fissando la superficie del tavolo. Non dissi niente, sbuffai. - Hai ragione ad essere arrabbiata, però ti prego, lascia che io provi a recuperare questi due anni persi - disse lui con tono di voce calmo, in cerca di pace.

- Va bene, provaci - risposi con parole poco sentite. In realtà non approvavo il fatto che lui volesse recuperare quei due anni passati senza di me, poiché lo trovavo impossibile, ma pensai che se gli avessi dato il contentino, lui si sarebbe calmato e la lite sarebbe finita. Non ho mai amato litigare, anche quando mi trovavo dalla parte della ragione. Chissà che avrebbe fatto mio padre per rimediare al danno, mi chiesi.

- Però tu dovrai aiutarmi - arrivò lui ad un compromesso.

- Che dovrei fare? - gli chiesi, finalmente alzando lo sguardo sul suo volto.

- Soltanto una cosa - mi garantì papà. - Devi smetterla di essere acida con me e Caroline, piuttosto dovresti apprezzare il nostro tentativo di andare d'accordo con te - aggiunse infine.

- E' solo questione di tempo - gli dissi. - Lascia che passino altri giorni ed io mi abituerò alla situazione - gli assicurai, ma non ero poi così sicura di quello che ebbi appena detto. Però, come frase per ingannare mio padre, pensai fosse ottima.

- Va bene - concordò papà mentre spensi il fornello e versai l'acqua bollente in due tazze. Dopo aver preso due bustine di tè e aver addolcito l'acqua con un pò di zucchero, servii una tazza a papà e l'altra la tenni io.

- Vado di sopra - dissi uscendo dalla cucina e soffiai sul mio tè per raffreddarlo un pochino. In quel momento tornò Caroline dal supermercato e, vedendomi salire le scale, mi salutò. Ricambiai senza neanche voltarmi a guardarla, ma lei mi obbligò a posare l'attenzione su di sé lamentandosi del peso dei quattro sacchetti di spesa.

- Ellie, verresti gentilmente ad aiutarmi? - mi chiese la donna poggiando a terra la merce.

- Lasciala andare in camera, ti aiuto io - sentii mio padre e lo vidi uscire dalla cucina per raggiungere Caroline all'ingresso. Fu la prima volta, dopo tanto tempo, che ringraziai mentalmente papà.



* * *



I primi sette giorni di scuola furono completamente diversi dal primo. Oserei dire che furono quasi normali. Per tutta la prima settimana non vidi Valentin in giro per i corridoi e il suo parcheggio lo vidi vuoto ogni mattina. Per evitare di avvicinarmi a lui e di parlargli, decisi di stare alla larga da quel posteggio e di parcheggiare altrove, ma ogni giorno non c'era traccia di quell'auto blu. Pensai che fosse meglio così, ma allo stesso tempo continuavo a farmi domande su quella strana e lunga assenza di Valentin. Ipotizzai che si fosse ammalato o che fosse partito per una vacanza, ma mai sarei arrivata a pensare ad una sospensione.

- Non l'hai saputo? Valentin è stato sospeso da scuola per una settimana - mi informò Stacie durante il pranzo del primo mercoledì.

- Perché? - chiesi aggrottando la fronte.

- Non ti ricordi? L'altro ieri Valentin ha fumato dentro l'istituto - mi rinfrescò la memoria la piccola giornalista.

- Non mi sembra un motivo così grave per una sospensione - dissi la mia opinione.

- Qui le regole sono molto rigide - disse Stacie. - E Valentin non le rispetta mai. I professori non sanno più che fare con lui, così ad ogni minima trasgressione lo sospendono per una settimana - mi raccontò infine lei ed io la guardai con due occhi sgranati.

- Quindi non è la prima volta?

- Certo che no, è stato anche per colpa di continue sospensioni che è stato bocciato una volta al terzo anno e un'altra volta al quarto - continuò Stacie a parlarmi della terribile carriera scolastica di Valentin Virtanen. Più mi parlava di lui, più rimanevo a bocca aperta.

- E' stato ammesso al quinto anno per miracolo dopo aver fatto due volte il quarto, adesso voglio proprio vedere come farà ad essere ammesso agli esami!

Quella ragazza seppe darmi un'idea di Valentin assolutamente chiara. Non avrei mai voluto avere a che fare con un ragazzo ribelle e trasgressivo come lui ed ero sempre più convinta che stargli alla larga fosse la cosa più giusta da fare. Per questo pensai che una settimana senza di lui sarebbe stata di certo tranquilla e senza problemi. Peccato, però, che a nuocermi durante quei giorni ci fu Victor, il quale trovava ogni pretesto per parlarmi e provarci con me. Durante le lezioni lo beccavo numerose volte a fissarmi e ogni volta era sempre più imbarazzante. Fare finta di niente era diventato difficile dopo qualche giorno.

- Ehi Ellie, tutto bene? - mi fermò Victor venerdì, poco prima di andare in mensa. Io chiusi gli occhi e gettai un respiro profondo. Stava cominciando a non piacermi quella situazione. Quel ragazzo era assillante. Mi voltai verso di lui e lo guardai svogliata.

- Sì, tutto okay, ma è la terza volta che me lo chiedi, oggi - gli risposi lamentandomi.

- Davvero? - fece lui il finto tonto ed io alzai un sopracciglio.

- Mi prendi in giro?

- No, ti pare? - continuò Victor con la sua messa in scena, ma io non mi sarei mai lasciata prendere per i fondelli da lui.

- Arriva al punto, cosa vuoi da me? - gli chiesi, ormai spazientita, poiché avevo anche fame e sapevo che Stacie mi stava aspettando in mensa al solito tavolo.

- Hai trovato del tempo libero?

- Per cosa? - feci io la finta tonta quella volta.

- Beh, per uscire con me.

- No, non l'ho ancora trovato, mi spiace - gli risposi, sbrigativa, e gli diedi le spalle per raggiungere finalmente la mensa, ma lui mi afferrò per un braccio. In quell'attimo sentii il mio cuore scoppiare per la paura e mi voltai di scatto a guardare quel ragazzo prepotente.

- Mi lasci? - domandai con un filo tremante di voce, ma non volli far trasparire la mia agitazione anche dal mio volto, dunque assunsi un'espressione irritata e dura come la pietra. Dovevo e volevo rimanere forte.

- Perchè non vuoi uscire con me? Guarda che ho capito tutto, è inutile che trovi scuse - mi disse Victor con tono serio e penetrando il suo sguardo nei miei occhi blu.

- Allora, sei hai capito tutto, risponditi da solo! - gli sibilai in faccia strattonando il mio braccio, liberandomi così dalla sua presa, e uscii dall'aula a passi svelti. Pregai in tutte le lingue del mondo che Victor non mi seguisse e che non mi riprendesse un braccio, ma per fortuna le mie suppliche mentali furono ascoltate e arrivai in mensa tutta intera.

Intera, ma con una grandissima agitazione in petto. Quando Stacie mi vide arrivare di fretta al tavolo con il vassoio in mano, mi guardò stranita. Le raccontai di Victor e del suo morboso desiderio di uscire con me.

- Victor Maslow, vero? - si accertò l'occhialuta ed io annuii. - Ho capito chi è, si comporta come un bambino - disse Stacie mentre masticava una forchettata di pasta. - Tra l'altro è un ragazzo molto prepotente, una volta ho scritto anche di lui - aggiunse la ragazza. Non mi sorpresi più di tanto di quella risposta.

Anche se avevo un minimo di curiosità, decisi di non chiedere a Stacie cosa avesse scritto di Victor sul giornalino, ma immaginai da sola l'argomento dell'articolo: "Victor Maslow importuna una ragazza che non vuole sapere nulla di lui. Vero innamorato o vero persecutore?". Dopo pochi attimi pensai, però, che con un articolo simile nessuno avrebbe più rivolto la parola a Vic, perciò scartai quell'ipotesi. Anzi, che io sapessi, a Victor non mancavano gli amici.

Durante quella prima settimana di scuola non furono solo Valentin e Victor ad intasarmi la testa di pensieri, ma persino una ragazza dai capelli particolari (mogano alla radice, rossi a metà lunghezza e biondi alle punte) e dallo stile ricercato seppe catturare la mia attenzione, poiché mi accorsi di essere osservata da lei numerose volte nei corridoi dell'istituto e nel cortile. Sembrava mi seguisse. Per sapere qualcosa di lei, feci ovviamente qualche domanda a Stacie, dato che conosceva tutti gli studenti della scuola, eccetto quelli del primo anno (che poi, mesi dopo mesi, imparò ad individuare e intervistare). Essere direttrice del giornalino di una scuola piccola aveva i suoi vantaggi.

- Oh, lei è Gwen Berry ed è del quinto anno - mi disse Stacie. Immediatamente mi venne in mente Valentin Virtanen.

- E' in classe con Valentin?

- Già - confermò lei. - Quei due sono persino stati insieme l'anno scorso - aggiunse la mia amica.

- Ah, wow - commentai con poche parole. - Sai dirmi perché continua a fissarmi? In qualsiasi punto della scuola io mi trovi, scorgo il suo sguardo puntato su di me! - chiesi poi.

- Questo non lo so, davvero - disse Stacie scuotendo la testa. - Magari le piace il tuo stile - ipotizzò lei, ma io non concordai. Non ho mai avuto uno stile particolare da ammirare. Piuttosto era Gwen quella che ne sapeva di abbigliamento, dato che i suoi outfit mi piacevano davvero un sacco. Avevano qualcosa di rock, indie e grunge allo stesso tempo. Ogni completo che creava era diverso dall'altro, sia per colori che per stile.

- Non credo che le piacciano i miei vestiti - espressi la mia idea voltandomi verso Gwen per vedere se stesse ancora ferma a fissarmi. Lei stava appoggiata al muro mentre scriveva qualcosa al cellulare, probabilmente un messaggio.

- Mai dire mai, anche tu ti vesti bene - mi fece Stacie i complimenti, ma non ne vidi il motivo. Una camicia a scacchi, una canottiera e un paio di jeans potevano essere considerati dei bei capi? Per me erano solo vestiti comodi ma che allo stesso tempo avessero un po' di decenza.

- Grazie, ma non indosso nulla di speciale.

- Tu sei così bella che staresti bene persino con un sacchetto della spazzatura addosso!- continuò la ragazza a complimentarsi con me ed io cominciai a sentirmi lusingata.

- Non dire stupidaggini.

- Dico davvero, invece! Magari potresti posare per delle foto per il blog di moda di Gwen - mi propose Stacie, ma io scossi la testa.

- Non se ne parla - dissi immediatamente. Non avevo mai fatto un servizio fotografico. Mi vergognavo solo all'idea di posare per qualcuno, figuriamoci apparire su un blog di moda! La scuola era cominciata da poco e volevo rimanere ancora nell'anonimato.

- Ma sei bellissima, ti sei vista? - mi indicò lei ed io mi misi a ridere dall'imbarazzo. - Sei alta, bionda, con gli occhi azzurri e hai un bellissimo sorriso, mi stai prendendo per il culo? - continuò Stacie e mi fece ridere ancora di più. Non sono mai stata una ragazza con l'autostima sotto i piedi, ma non mi sono neanche mai vantata per il mio aspetto molto simile a quello di una barbie. Ho sempre detestato le persone vanitose, perciò non trovavo il motivo per cui esserlo anch'io.

Quando mi accorsi che Gwen sparì dal corridoio, arrivarono due ragazzi con un blocnotes ciascuno in mano. Erano un ragazzo e una ragazza: il primo biondo, occhi neri e naso importante; la seconda alta, molto magra, mora e occhi piccoli e nocciola.

- Stacie, abbiamo appena intervistato alcuni ragazzi per il sondaggio sulla corretta alimentazione, che ne pensi delle domande? - chiese il tipo all'amica mostrandole ciò che c'era scritto sul suo blocnotes e Stacie cominciò a leggere con interesse.

- Sono perfette, però eliminerei l'ultima - gli consigliò l'occhialuta. - Oh, ragazzi, vi presento Eleanor! Ellie, loro sono Ralph e Melanie, scrivono con me per il giornalino - infine fece le presentazioni ed io strinsi la mano ed entrambi i giornalisti con piacere.

Trovai piuttosto strano il fatto di non averli mai visti prima di allora, dato che erano colleghi di Stacie. Nemmeno durante la pausa pranzo si erano mai fatti vivi al tavolo con noi.

- Tu saresti la famosa Eleanor? - mi chiese Melanie ed io aggrottai la fronte.

Io ero famosa? C'era qualcosa che non mi tornava.

- Ma sì, tu sei quella che ha saputo tenere testa a Valentin Virtanen il primo giorno di scuola ai parcheggi! - si ricordò Ralph indicandomi. All'improvviso crebbe in me un enorme imbarazzo e senza dubbio arrossii.

- Ehm.. non potreste dimenticarvi di quella scena? - proposi ai ragazzi grattandomi la nuca e strinsi le labbra.

- Come possiamo dimenticarcene? E' stato epico - disse Melanie, esaltata.

- Esatto, abbiamo persino già scritto l'articolo che pubblicheremo per il primo numero di quest'anno che uscirà all'inizio di ottobre! - si unì Ralph all'euforia della ragazza e Stacie rise. L'unica ad essere seria ero io.

- Scusatemi, ma io avevo già detto a Stacie che non voglio apparire tra le pagine del giornalino - confessai ai due amici deludendoli.

- Prima o poi ci finirai lo stesso, cara mia - mi disse Stacie dandomi una pacca sulla spalla.

- Se lo fai, giuro che ti uccido - la minacciai guardandola dritta negli occhi, ma lei non si intimorì nemmeno un pò.

- Tu dovresti per forza apparire nell'inserto dei gossip insieme a Valentin, così il giornalino verrebbe seguito e letto da più persone! - propose Ralph, ma io continuavo a non essere d'accordo. Non potevo e non volevo apparire su quel giornale solo perchè avevo parcheggiato nel posto riservato di Valentin. Lo trovavo assurdo, non era una notizia così sconvolgente.

Per quanto mi fossi imposta di stare alla larga da quel ragazzo, io mi ritrovavo spesso a pensarlo e a ripropormi la sua immagine davanti agli occhi. Da quando il suo sguardo glaciale mi guardò per la prima volta, esso rimase impresso nella mia mente.

E la sua voce grave e pacata fece lo stesso. Era strano come Valentin potesse sia spaventarmi sia affascinarmi. "Devi sapere, Eleanor, che le ragazze di questa scuola si suddividono in due tipi: quelle affascinate da Valentin e quelle spaventate da Valentin". Quella frase che mi disse Stacie il primo giorno di scuola mi rimbombava nella mente ogni giorno. Io le risposi che non facevo parte di nessuna schiera, ma la verità era che io, invece, mi sentivo parte di entrambe le suddivisioni.

Era la mia testa a suggerirmi di stare lontana da Valentin. Invece, il cuore, stupido com'era, mi diceva che forse quel ragazzo meritava un pò d'attenzione da parte mia. Ed io, in balia dei miei pensieri contrastanti, morivo d'ansia ogni volta che pensavo alla seconda settimana di scuola, quando Valentin sarebbe tornato a girare per l'istituto e a lanciarmi occhiatine maliziose.


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Angolo autrice.

Buonasera himsters e non, quello che avete appena letto (se siete arrivati fin qui) è il terzo capitolo della storia ed è entrato in scena un nuovo personaggio: Gwen Berry. Lei è la mia preferita, le sono affezionata e ho deciso di darle il volto di Luanna Perez, la mia fashion blogger preferita. 

C'è anche un piccolo squarcio della situazione familiare di Eleanor e l'apparizione di altri personaggi, alcuni già conosciuti e altri nuovi, come ad esempio i soci di Stacie. Persone di cui fidarsi?

E Victor cosa combinerà nei prossimi capitoli? Le risposte verranno svelate prossimamente, quindi stay tuned!

Valentin sta per tornare, non mollate.

Kisses and heartgrams, 

Julie Darkeh.


   
 
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