Il
duca di Silverdalen era stato abituato dal suo ruolo a svolgere
missioni diplomatiche; a negoziare con nobili, re e uomini potenti.
Era riuscito a mediare molte situazioni in apparenza davvero
intricate. Ora che aveva raggiunto la mezza età, Fjölnir
amava considerarsi sufficientemente realizzato. Aveva rivestito un
ruolo importante in Svezia fino alla morte del suo caro amico
Jörundr,
potendosi
considerare il suo braccio destro senza paura di essere smentito. Il
potere era qualcosa che Fjölnir
teneva nella giusta considerazione, come avrebbe fatto qualsiasi uomo
nella sua posizione, ma non ne era ossessionato. La
lealtà e l'onore venivano prima della spasmodica ricerca del
potere,
ed era con questo spirito che poco tempo dopo aver aiutato Arianrhod
a lasciare la Svezia anche lui aveva preso la decisione di fare
altrettanto. Aveva votato la sua vita, e così quella di
Domaldr, a
riportare sul trono la legittima erede degli Yngling. Era fiero di
esserci riuscito senza mettere in pericolo il proprio potere: la sua
influenza nel nord del paese, dove si trovavano le sue vaste terre,
era rimasta intatta e i suoi possedimenti ben protetti dalla vendetta
dell'usurpatore di turno. Quando la vita a corte si era fatta troppo
pericolosa anche per il suo grande amico l'Arcidruido Sveigder era
stato Fjölnir
a tendergli
una mano e a offrirgli rifugio entro i confini delle proprie terre.
Ed era lì che ancora oggi l'anziano Arcidruido risiedeva, al
sicuro.
I
suoi territori erano amministrati e difesi con saggezza e
abilità da
sua moglie Torunn, la quale aspettava il ritorno del figlio e del
marito in esilio da ben tredici anni.
Domaldr
era un altro paio di maniche: Fjölnir
non sapeva cosa fare con lui. Si era reso conto lentamente, ma
inevitabilmente, che quel ragazzo non era degno di ereditare il
più
importante feudo svedese, né di avere tra le mani un tale
potere.
Era un inetto, uno sciocco. Il duca aveva cercato di non pensare per
anni al fatto che aveva un altro figlio, cedendo al desiderio della
moglie, che male aveva sopportato di scoprire l'esistenza del
ragazzo. Avrebbe potuto anche tollerare il suo tradimento, ma non di
venire umiliata agli occhi di tutti con la presenza di un figlio
illegittimo.
Ma,
ironia della sorte, era stato proprio Gareth a salvare la vita alla
regina e Fjölnir
non aveva
più potuto ignorarlo. Arianrhod stessa lo aveva rimproverato
di
venire meno ai suoi doveri di padre, cosa che lo aveva colpito
più
duramente di quanto lei si fosse resa conto. Soprattutto
perché
avrebbe tanto voluto che Domaldr somigliasse a Gareth. O che fosse
Gareth il suo erede. Ora che aveva ritrovato quel figlio dimenticato
il duca non aveva più intenzione di perderlo, a dispetto di
quali
sarebbero state le reazioni di sua moglie e di Domaldr.
In
ogni caso si riteneva molto migliore come capo della Guardia Bianca
che come padre.
L'unica
pecca nella sua strategia era stata la scoperta da parte di Ale del
luogo in cui si trovava Arianrhod, informazione che la Guardia
Bianca, sotto il suo comando, era riuscita a tenere nascosta per
quattordici anni. Una falla, se così si poteva definire, nei
piani
che aveva così attentamente ideato.
Anche
se se ne attribuiva la colpa e temeva che il traditore che aveva
reso possibile l'assassinio dei genitori adottivi della regina
potesse trovarsi proprio tra le sue fila, Fjölnir
confidava di poter gestire senza troppi problemi qualsiasi cosa re
Frode gli avrebbe proposto di lì a poco.
Il
re aveva voluto incontrarlo privatamente e il duca ebbe solo un
attimo di esitazione prima di bussare alla porta del suo studio
privato. Frode come al solito lo accolse con estrema
cordialità.
“Prego,
mio caro duca, entrate pure”, disse con il sorriso sulle
labbra.
“Accomodatevi”, aggiunse indicando la sedia di
fronte alla sua.
Alla
luce del caminetto acceso Frode se ne stava sprofondato nella sua
sedia, come se non avesse avuto apparentemente nulla di importante da
fare fino a quel momento. Indossava una folta pelliccia d'orso
drappeggiata sulle spalle e un cerchio di bronzo lavorato intorno
alla testa. Osservò il duca accogliere il suo invito ad
accomodarsi,
lisciandosi pensosamente la lunga barba bionda.
“Vi
parrà bizzarro che vi abbia fatto convocare in privato, ma
ritengo
che sia la cosa migliore. Potrete parlare con mia nipote della mia
proposta nei tempi e nei modi che riterrete più
opportuni.”
“Quale
proposta, sire?”
“Quella
che sto per illustrarvi. Non credo che la rifiuterete.”
***
Gareth
non si stupì di venire convocato da suo padre, nelle sue
stanze.
Ultimamente il duca aveva dimostrato di accorgersi della sua
presenza, e perfino di apprezzarlo. Quello che lo stupì fu
aprire la
porta e trovarsi nel mezzo di un incontro tra le più alte
cariche
della Guardia Bianca. Intorno ad un tavolo erano infatti riuniti il
duca, i comandanti Walbur e Vanlande, Domaldr e qualche altro
ufficiale.
“Vieni,
entra Gareth”, lo invitò Fjölnir
con un cenno del capo.
La
reazione di Domaldr non si fece attendere.
“Padre
perché lo hai invitato?”, protestò,
alzandosi in piedi.
“Per
discutere della proposta di re Frode, per quale altro motivo
altrimenti?” rispose il duca in tono pacato.
“Ma
lui non ha diritto di stare qui. Cosa ti importa della sua
opinione?”
Gareth
continuò a restare in silenzio, notando con disappunto che
il tono
di voce di Domaldr cresceva insieme alla sua rabbia.
“Taci,
figlio!”, disse il duca severamente. “Sono io a
decidere cosa è
meglio o non è meglio fare. E sono io a decidere chi deve
trovarsi
in questa sede e chi no.”
“Ma
è solo un bastardo!”, gridò Domaldr in
collera.
Ma
il duca non aveva vissuto metà della sua vita tra campi di
battaglia
e arene di politica per niente. Lanciò a Domaldr uno sguardo
che
avrebbe incendiato una fascina di legna, se ce ne fosse stata una nei
paraggi.
“Adesso
basta, Domaldr”, disse in tono chiaro, scandendo bene le
parole.
“Gareth è tuo fratello, non ti permetto di parlare
così di lui.”
Il
silenzio scese nella stanza, la tensione era talmente densa da
potersi tagliare con un coltello. Domaldr prese a respirare
affannosamente, nel tentativo di tenere a freno la rabbia. Stringeva
il bordo del tavolo tra le mani come se volesse polverizzarlo.
“Mi
rifiuto di stare nella stessa stanza con lui!”
Lanciò
uno sguardo prima a suo padre, poi a Gareth. Infine spinse indietro
la sedia e uscì dalla stanza, schiumando di rabbia. Non
mancò, nel
passare accanto al fratello, di dargli intenzionalmente una spallata.
Gareth
non reagì, si limitò a guardare Domaldr sbattersi
la porta alle
spalle. I suoi sentimenti erano molto confusi in quel momento:
imbarazzo, perché la loro difficile situazione familiare era
stata
così volgarmente messa in piazza; felicità,
perché suo padre lo
aveva difeso e lo aveva apertamente riconosciuto; ed infine senso di
colpa, perché non avrebbe voluto essere la causa di una
rottura tra
suo padre e suo fratello.
“Mi
dispiace che vi troviate in disaccordo per colpa mia, padre”,
disse
avvicinandosi al duca.
Questi
gli sorrise, mettendogli una mano sulla spalla.
“Non
ti preoccupare, figliolo. Vedrai che gli passerà
presto.”
Il
duca si accomodò, invitando i presenti a fare altrettanto.
“Stamattina
ho avuto un incontro con il re, che ha voluto parlarmi a
quattrocchi”, annunciò. “Frode ha
tentennato fin'ora, ma
finalmente ha deciso di mettere in piazza ciò che vuole;
ciò che
pretende in cambio del suo aiuto militare ed economico.”
“Cosa
ha chiesto la vecchia volpe?” domandò Walbur
incuriosito.
Il
duca sospirò. “Vuole la mano di Arianrhod per suo
figlio Hrolf.”
I
presenti si lanciarono occhiate sbalordite, troppo increduli per
essere i primi ad aprire bocca.
Gareth
invece ebbe la sensazione che qualcuno gli avesse dato un pugno nello
stomaco. Si sentiva senza fiato e un dolore sordo gli pulsava nelle
viscere.
“Vuole
il trono di Svezia per suo figlio...” commentò
infine Vanlande.
“Bella mossa da parte sua. Non lo pensavo così
scaltro.”
Fjölnir
annuì. “Ha chiesto il massimo che poteva ottenere.
Un po' d'oro,
che certo non gli manca, e un esercito in cambio di un trono. Non
male, perfino per lui.”
“Ma
perché Hrolf?”, chiese un altro ufficiale.
“Perché proprio quel
ragazzino tra tutti i figli che ha?”
“Perché
Halfdan erediterà il trono di Danimarca”,
spiegò il duca. “
Arnvid e Øybjorn
hanno già
i loro titoli nobiliari e i loro possedimenti. Ma la Danimarca
è un
regno troppo piccolo per trovare una degna sistemazione a quattro
figli maschi. Frode non ha titoli da dare a Hrolf e così
punta a
farlo espatriare. E non solo per un titolo, ma addirittura per un
trono.”
Gareth
non era ancora riuscito a pronunciare un suono. Si sentiva
pietrificato e, sebbene cercasse di ragionare lucidamente, il solo
pensiero che gli turbinava in testa era Arianrhod insieme a un altro
uomo. Per questo quando sentì pronunciare il suo nome venne
colto
completamente alla sprovvista e sussultò visibilmente.
“Cosa...?
Non vi ho sentito padre, scusate...”
Fjölnir
lo guardò interrogativamente prima di ripetere la sua
domanda.
“Ti
stavo chiedendo come pensi che Arianrhod potrebbe prendere una
proposta simile. So che siete molto amici...”
Gareth
sapeva che quel momento sarebbe giunto. Sapeva che Arianrhod non
avrebbe mai potuto essere sua, che avrebbe sposato un uomo
importante. Addirittura un re o un principe, aveva predetto. Ed ora
stava accadendo.
Diverse
paia d'occhi erano fisse su di lui e sapeva che non poteva
mostrare ciò che stava provando in quel momento. Dentro di
sé
urlava, si sentiva strappare l'anima a brandelli. Ma fuori
cercò di
apparire neutrale, indifferente, distaccato. Ma non per se stesso e
neppure per gli uomini che lo guardavano. Per Arianrhod e solo per
lei. Perché se desiderava il suo bene, doveva convincerla a
sposare
un uomo degno di lei, che avrebbe potuto aiutarla a riconquistare il
trono. Se non lo avesse fatto lei sarebbe rimasta per sempre una
principessa in esilio, senza un trono, senza sudditi; solo un'ospite
indesiderata in casa d'altri.
In
quel momento fu contento che Domaldr non fosse lì. Era
l'unico che
sapeva. L'unico che, nonostante la sua ottusità, avrebbe
potuto
smascherarlo.
“Direi
di essere cauti...”, cominciò Gareth, in un tono
che gli parve
sufficientemente neutro. “Lei sa essere molto testarda se
presa per
il verso sbagliato. Ha una grande volontà e
indipendenza...”
“Ce
ne siamo accorti”, intervenne Vanlande con un sogghigno. Ma
c'era
ammirazione nel suo tono, non fastidio.
“Mio
figlio ha ragione”, disse il duca, “la nostra
regina non prenderà
bene questa proposta... all'inizio. Ma noi dobbiamo cercare di farle
capire che è nel suo migliore interesse sposare
Hrolf.”
“Allora
perché non lasciamo che sia Gareth a parlare con lei per
convincerla?” propose Walbur. “Forse solo lui, o il
suo amico...
come si chiama?”
“Östen...”,
gli ricordò Gareth.
“Sì,
giusto. Forse solo uno di loro potrebbe convincerla. Gareth, vuoi
essere tu a parlarle? Che ne dite, duca... è una buona
idea?”
Fjölnir
rifletté qualche istante. “Sì... credo
che, se vogliamo avere una
speranza che accetti in fretta, è la nostra unica
opzione”, disse
lentamente.
“Ma,
padre... volete che sia io a convincerla?”, chiese Gareth,
completamente annichilito.
Il
duca gli mise una mano sul braccio.
“La
nostra regina ci ha stupito positivamente, Gareth. Credo di parlare a
nome di tutti i presenti quando dico questo. È tenace,
coraggiosa,
intelligente... ma ha una volontà di ferro e nessuno di noi
riuscirà
a convincerla che questa soluzione è la migliore per lei.
Solo tu
puoi riuscirci.”
Poi
si alzò, accompagnandolo alla porta.
Quando
fu fuori portata d'orecchio degli altri gli sussurrò:
“E' stata
lei ad aprirmi gli occhi su di te, figlio mio. Le sarò
sempre
riconoscente per questo. Quella ragazza ha davvero tante
qualità.”
“Lo
so, padre”, gli rispose Gareth. “Credimi, lo so
bene.”
***
“Cosa
vogliono che faccia?” Arianrhod saltò su, quasi
urlando.
Gareth,
che aveva previsto la sua reazione, tentò di calmarla.
Sapeva che
non c'erano mezzi termini per comunicare una simile notizia,
perciò
non ne aveva usati.
“Ascoltami”,
le disse dolcemente, prendendola per le spalle. “Tuo zio ha
preso
la sua decisione e se vuoi il suo aiuto i termini dell'accordo sono
questi.”
“Benissimo,
allora non accetterò il suo aiuto!”
“Devi
farlo, non c'è altra scelta. Lui è l'unico che
abbia i mezzi per
sostenerti, l'unico che possa farti riconquistare il trono. Se non
accetterai non avrai una seconda possibilità.”
Arianrhod
si staccò bruscamente da lui e prese a passeggiare
nervosamente su e
giù per la stanza. Gareth continuò a seguirla con
lo sguardo finché
non si fermò davanti al focolare, dandogli le spalle e
poggiando le
mani sulla spalliera di una poltrona.
“E'
questo che vuoi?” disse improvvisamente a voce bassa.
“Vuoi che
sposi un altro? Tutto quello che c'è stato tra noi, ogni tua
parola... era tutto vuoto?”
Gareth
deglutì, ferito. Ma si aspettava che lei glielo chiedesse e
su
questo non poteva mentire, nemmeno per il suo bene.
“Io
ti amo. Ti amo più di me stesso, Arianrhod, ma dobbiamo
guardare in
faccia la realtà. Io non potrò mai darti niente,
niente di quello
di cui tu hai bisogno...”
“Io
ho bisogno solo di te.”
“Lo
sappiamo entrambi che non è vero... sì certo,
all'inizio saresti
felice ma con il tempo mi odieresti perché resteresti
bloccata in
un ruolo scomodo a causa mia. Per colpa mia saresti sempre una regina
senza corona, un'ospite di tuo zio che, nonostante la sua gentilezza,
presto o tardi non mancherà di fartelo pesare.”
“Potrei
sempre tornare al mio villaggio, alla mia vita di prima... e tu
potresti venire con me...” azzardò Arianrhod,
tentando di suonare
convincente.
Si
avvicinò a lui e lo guardò negli occhi.
Gareth
sorrise tristemente, alzando una mano per carezzarle la guancia.
“Amore
mio, mia vita, mia unica gioia... sai anche tu che non è
possibile.
Prima o poi riuscirebbero a trovarti e a portare a termine il loro
compito. Sai che Ale, o qualsiasi altro usurpatore venga dopo di lui,
non ti lasceranno mai vivere in pace. Continueranno a darti la caccia
fino alla fine dei tuoi giorni. Davvero vuoi vivere così?
Nell'eterna paura del domani, arresa al tuo destino, quando invece
potresti esserne l'artefice?”
“Farei
qualsiasi cosa per stare con te”, mormorò infine
lei con gli occhi
lucidi di lacrime. “Non mi importa niente del trono, della
gloria,
della mia stirpe...”
Gareth
si sentì sopraffare dall'emozione e di scatto
l'attirò a sé e la
strinse contro il suo petto. La tenne stretta come se volesse
diventare una cosa sola con lei.
“Questa
è la cosa più bella che tu mi abbia mai
detto” le disse,
posandole un bacio sui capelli. “Ma non posso permetterti di
prendere una decisione simile. Se davvero mi ami devi sposare
Hrolf... e riconquistare il trono di tuo padre.”
Arianrhod
si staccò di nuovo da lui senza dire una parola e
ricominciò a
vagare senza meta per la stanza. Sembrava distratta, preoccupata e
ansiosa. Gareth non l'aveva mai vista così. Dopo un primo
prevedibile guizzo di tempra si era calmata in fretta. Il cavaliere
si sarebbe aspettato rabbia, sgomento, frustrazione da parte sua. Si
era preparato a che lei sfogasse il suo sdegno, che si opponesse, che
lottasse con fierezza come aveva sempre fatto. Che manifestasse la
sua sofferenza con la sua solita impulsività. Ma non si
sarebbe mai
aspettato di vederla così... vulnerabile. Cosa le stava
accadendo?
Decise
di lasciarla stare e vedere questo a cosa avrebbe portato. Ma dopo
un'interminabile momento di silenzio, Gareth cominciò a
sentirsi a
disagio con quel nuovo aspetto di Arianrhod che non conosceva.
“Arianrhod,
stai bene?” gli chiese avvicinandosi e prendendole la mano.
“Vuoi
davvero che sposi Hrolf allora?” ribatté lei senza
guardarlo.
“E'
la cosa più difficile che abbia mai dovuto dire in vita mia,
ma
sì... per il tuo bene devi farlo.”
“Anche
se ti dicessi che aspetto un figlio?”
Nota
dell'autrice: Ciao
a tutt* carissim*! Innanzitutto auguro Buone Feste di cuore a tutti
voi, anche se scandalosamente in ritardo ^^'. Sono in ritardo anche
sull'aggiornamento e chiedo venia, ma l'ultima volta non avevo
calcolato che ci sarebbero state le feste di mezzo. Comunque eccoci
qui, con un capitolo denso di colpi di scena... chi di voi si
aspettava che la nostra Ari fosse in dolce attesa? Sicuramente non
Gareth, che fra un po', tra una rivelazione e l'altra, rischia
l'infarto :D. Sono proprio curiosa di sapere se vi è
piaciuto!
Vi
anticipo che probabilmente anche con il prossimo aggiornamento
sforerò un pochino i tempi, sempre causa feste e annessi e
connessi!
Un abbraccio!
Eilan
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