Doc
*Vischio*
{Last
Christmas ima wa mada
Omoide
ni nante dekinai yo
Demo
ai wa mou
Koko
ni wa i nai this year}
Musica
era come la magia suggestiva del Natale.
Per
lei, Natale era sempre stato una gioia condivisa, una dinamica meraviglia, un
calore diffuso che scaldava nonostante l’abbassamento della temperatura e il
cadere lento, ipnotico dei fiocchi di neve.
Da
bambina adorava ascoltare le Christmas carols originarie di altri paesi e
tradotte in lingua giapponese, il fatto che si potesse riadattare un brano per
permettergli la diffusione su larga scala era meraviglioso. Non ne era sicura,
ma forse era stato proprio grazie a queste canzoni orecchiabili e carine che
l’approccio alla musica era venuto spontaneo nella piccola
Kotomi.
Non
c’era niente che la rendesse più felice del fatto di canticchiarle mentre si
rigirava fra le manine un rametto di vischio.
Musica
era come la vita in continuo movimento.
Tutto
nella vita poteva diventare musica, anche il silenzio.
In molti non ci
facevano caso, troppo presi della caotica routine quotidiana, davano per
scontato ogni suono esistente, ogni rumore prodotto dai mezzi che li
circondavano.
Esistevano
musiche basse e dolci come un sussurro, moderate e normali come un’abitudine,
intense e forti come un temporale. Suoni naturali e artificiali, spontanei e
artefatti, lieti e angoscianti.
Talvolta,
al risveglio, la quindicenne rimaneva stesa sotto le coperte apposta per
concedersi un po’ di tempo ad ascoltare tutto quello che riusciva, le piaceva
distinguere le melodie dalle cacofonie, sorrideva dei ragionamenti e degli
abbinamenti che le balenavano nella mente, si sforzava di trattenere alcuni
pensieri per quando si sarebbe seduta a prendere nota per una futura
composizione.
Certe
mattine, canticchiando a labbra chiuse, Kotomi spalancava le imposte della sua
finestra e salutava il nuovo giorno con la luminosità nello sguardo, traboccante
di gioia sincera per tutti i suoni che le avrebbe
regalato.
Con
indosso la vestaglia, agitava le braccia in alto per salutare il solito postino
che passava con la bicicletta e che aveva la gentilezza di risponderle con un
cenno educato della testa coperta dal cappello.
Lo
sfregare delle ruote sulla carreggiata al momento in cui la bicicletta frenava
era il primo suono, poi soggiunse il trillo del campanello sul canestro
attaccato al manubrio.
Dopo
regalava un saluto verbale a Koichi-kun, il bambino che abitava
nell’appartamento accanto e che in quel momento apriva la porta per recarsi a
scuola. Quello arrossiva di rimando e si defilava sbatacchiando di qua e di là
la sua cartella, la sua timidezza la inteneriva davvero e lo scalpiccio delle
sue scarpette era un’armonia infantile, così dolcemente nostalgica perché anche
lei correva molto da bambina.
Musica
era come un intercalare di emozioni.
Felicità,
tristezza, nostalgia, paura, forza, debolezza, gentilezza, sfrontatezza e poi
altre, molte altre sensazioni che non avevano
definizione.
Convergevano
tutte in un unico sentiero, cavalcavano la stessa onda, volavano alto,
sfrecciavano fino al cielo e anche oltre, verso le stelle più lontane,
trascendendo lo spazio e il tempo.
Infine
tornavano giù, entravano in testa e non ti abbandonavano mai, scaldavano il
cuore e vibravano le sue corde più intime, facevano tremare le
gambe.
Musica
era un intreccio di relazioni importanti.
Grazie
alla sua magia, alla sua vitalità, al suo coinvolgimento emotivo, alle
sperimentazioni che si potevano fare con essa, Kotomi aveva conosciuto
tantissime persone che l’avevano consigliata e aiutata durante il suo percorso
di formazione musicale.
Nel
liceo che frequentava, Kotomi si era iscritta al club di musica, un raduno di
semplici appassionati, aspiranti musicisti, novelli idol che avevano fatto la
gavetta partecipando a delle selezioni rigidissime, e poi c’erano quelli come
lei, che sognavano di comporre musica.
Inoltre,
in questo luogo pieno di allegria e spensieratezza, di larghe finestre e
variopinte carte da parati sui muri, la giovane aveva concepito un progetto
ispirato proprio a quell’ambiente che le era tanto caro e familiare, ossia il
suo ideale di accademia musicale.
Musica
era amore, un batticuore costante, un crescendo di note, partendo dalle più
basse.
Tra
tutte le sue conoscenze in quel campo, solamente una persona si era mostrata
interessata al suo progetto forse troppo ambizioso e certamente irrealizzabile,
una ragazza non avrebbe mai potuto illudersi di riuscire a creare da sola un
simile istituto.
Mitsuo
Saotome sembrava nato per calcare il palcoscenico, per stupire il pubblico, per
accattivarsi il sostegno di tutti.
Mitsuo
Saotome era bello, sorprendente, sfrontato, esagerato nei modi. Sapeva
esattamente come sfruttare le sue doti canore per colpire nel segno, come
reagire a tutte le provocazioni che gli scagliavano contro, come essere
agguerrito senza in realtà ferire nessuno.
Un
giorno, si erano ritrovati entrambi nell’aula del club, da soli perché gli altri
membri erano in ritardo, e lei si era permessa di contraddirlo quando il
ragazzo, con la sua voce bassa e strascicata, aveva detto che la musica non
poteva rispondere alle esigenze di tutti e che era in verità destinata soltanto
a chi la studiava bene.
E
lei aveva replicato concitatamente tutto quello che aveva sempre pensato, che la
musica è magia, suggestione, vita, emozioni, testa, cuore e relazioni. E che
rinunciare alla musica era come vivere un’esistenza in bianco e nero, senza
nessun altro colore.
«Come
ti sentiresti se improvvisamente tu vedessi soltanto bianco e nero? Non sarebbe
triste e vuota una vita così?».
Infine,
Kotomi aveva realizzato, non era stato altro che un modo per metterla alla
prova. Quel ragazzo impertinente, quel novello idol, si era sfilato lentamente
gli occhiali da sole, fissandola con i suoi penetranti occhi castani, per poi
affermare con aria soddisfatta che gli piaceva il suo modo di pensare e che
dovevano fissare un appuntamento, perché da quel giorno lei sarebbe diventata la
sua compositrice.
E
non si limitarono a un solo incontro, ma ne ebbero molti altri, sia al club, sia
all’agenzia Suzuki per la quale lui aveva iniziato a lavorare come
attore.
E
in seguito, sulle note appassionanti di For Love, il singolo di esordio come
cantante che consentì a Saotome di scalare la vetta della classifica nazionale
con un record di ben venti milioni di dischi venduti, i due si erano innamorati
l’uno dell’altra.
*
{Last
Christmas futari nara
Negai
wa kanau to shinjiteta
Mada
koe rare nai
Kimi
wa ima demo special}
Un
rametto di vischio, una piccola pergamena e un fiocco rosso che li teneva
insieme.
Ecco
ciò che aveva trovato la giovane sulla moquette davanti alla porta della sua
camera.
Incuriosita,
Kotomi si era inchinata per prendere l’insolito dono, per sciogliere il nastro
cremisi e per spiegare il pezzo di carta arrotolato su se
stesso.
«L’appuntamento
è vicino alla Tokyo Tower. Al solito posto, al nostro orario. Non mancherò. Your beloved King», lesse in un mormorio
stupito la ragazza dai lunghi capelli castani, che cadevano ondulati fino a metà
schiena, per poi portarselo al petto e scuotere il capo con un sorriso radioso.
Chissà che cosa le aveva preparato, quale folle e sorprendente piano si era
inventato per stupirla nella serata della Vigilia di
Natale!
Kotomi
volse lo sguardo indirizzandolo verso il tondo orologio appeso alla parete
laterale e i suoi occhi blu si sgranarono, perché accidenti, se non si sbrigava
avrebbe fatto tardi per il servizio di volontariato all’ospizio per anziani.
Aveva promesso loro che per l’ora di pranzo li avrebbe intrattenuti suonando
prima il pianoforte e poi la chitarra, si sarebbe sentita profondamente in colpa
se li avesse delusi in qualche modo.
Inoltre,
l’aspettava sua sorella maggiore che non era affatto male come truccatrice,
sarebbe stato più consigliabile affidarsi a lei piuttosto che impiastricciarsi
da sola. A quel punto sarebbe tornata di corsa a casa per scegliere i vestiti
adatti, in modo da non sfigurare… Occielo!
Chiuse
velocemente la porta per darsi una mossa. Una mossa in tutti i
sensi.
Assolvere
a tutti gli impegni della giornata e arrivare in tempo all’appuntamento era
stato davvero faticoso, ma ce l’aveva fatta per miracolo.
Alla
fine non aveva intrattenuto soltanto quei gentili, saggi e adorabili vecchietti,
distesi e sereni nonostante la ragnatela di rughe che tracciava i loro volti
segnati dal tempo, ma anche alcuni nipotini in visita all’ospizio; la presenza
allegra dei bambini le aveva veramente scaldato il cuore, com’erano felici nel
sentirla suonare e cantare! E come la incoraggiavano!
Dopo
essersi preparata adeguatamente per il suo appuntamento con Mitsuo, Kotomi volle
portare con sé un ricordo di quelle ore trascorse piacevolmente, era il cappello
natalizio -un cono rosso con una stellina attaccata alla punta- piazzato sul suo
capo.
Percorse
il tragitto senza mai toglierlo, la ragazza dai capelli castani e dagli occhi
blu, che inoltre aveva scelto di indossare per l’occasione un pullover dello
stesso colore del cappello, un poncho
color argento e una gonna lunga fino alle ginocchia con le pieghe, tinta di un
rosso più tenue, per finire con dei collant grigi e degli stivaletti ai
piedi.
Si
fermò davanti a un albero sempreverde ricoperto da una ragnatela di lucine
scintillanti e attese il suo arrivo, scorgendo tutti i volti che passavano nella
speranza che non tardasse troppo. Nella borsetta conservava un presente per lui,
un cappello di lana fatto con le sue mani, intrecciato con i ferri del mestiere.
Ovviamente, era di colore rosso.
Se
volgeva lo sguardo a destra, poteva vedere la Tokyo Tower che si stagliava
imponente fino al cielo notturno, illuminata a festa.
Appena
lo vide arrivare, perché lei era ormai in grado di riconoscerlo anche se si
camuffava con mascherine stravaganti per passare inosservato, gli corse incontro
e venne subito accolta dalle sue braccia, rifugiandosi in un abbraccio che tanto
le era mancato. Caldo, rassicurante, tangibile. La rilassava incredibilmente
accostare l’orecchio al suo petto e sentire i battiti regolari del cuore, tutti
gli altri suoni si annullavano anche per una come lei, una che prestava
particolare attenzione a tutto ciò che le orecchie captavano. Quello però era un
ritmo che amava, le donava il sentore che non se lo stava immaginando, che lui
si era realmente liberato da tutti gli impegni con l’agenzia ed era lì, tutto
per lei.
Lui
sussurrò piano il suo nome all’orecchio e lei annuì, stringendo maggiormente la
presa.
Quello
che ormai il Giappone conosceva come Shining Saotome, per Kotomi sarebbe stato
sempre Mitsuo-san. Quando le sollevò il mento, lei si perse nei suoi occhi, che
quella sera sembravano davvero brillare di una luce propria simile all’argento del suo poncho, e attese
fiduciosa, schiudendo le labbra.
Allora
lui si scostò e le mostrò un altro rametto di vischio, indietreggiò di un passo,
nascose le mani dietro la schiena.
«Sai
che hai qualcosa nell’orecchio, my
darling?» le fece sapere, in tono teatrale.
«No.
Cosa?» stette al gioco, sorridendo radiosa.
Lui
ghignò, eseguì un piccolo trucco di prestigio e lei finse di credere che quel
rametto fosse finito magicamente tra l’orecchio e il cappello natalizio,
applaudendolo per tre volte.
«Bravo,
bravo. Adesso però tocca a me fare una magia. Chiudi gli occhi, Mitsuo-san, e
aprili soltanto quando te lo dico io, non prima!» stabilì lei, con voce
melodiosa.
Dopo
essersi assicurata che gli occhi che adorava fossero ben chiusi, estrasse il
regalo dalla borsa e lo sistemò tra i capelli ribelli del ragazzo, che erano di
un castano ramato.
«Aprili.
Non avevi nulla di rosso, bisognava rimediare», chiarì, senza smettere di
sorridere.
«L’hai
fatto con le tue mani, vero? For me?»
mormorò con un filo di emozione Saotome, tastando il suo
regalo.
«Yes!» rispose in inglese, dato che a lui
faceva piacere.
E
finalmente lui le prese il viso fra le mani, mentre quelle di lei si
aggrappavano alle sue spalle, sollevandosi in punta di piedi, e si scambiarono
un dolce e intimo bacio, lo sfondo imponente e luminoso della Tokyo Tower alle
spalle e l’augurio silenzioso di poter rendere speciale e indimenticabile ogni
loro momento nell’avvenire, di sorprendersi a vicenda e di amarsi con tenerezza
e passione finché sarebbe stato possibile.
Consapevoli
del fatto che non esisteva regalo più bello del forte legame che li univa e che
risuonava come musica nell’aria.
Si
staccarono sorridenti, unendo le loro fronti e intrecciando rispettivamente la
mano destra sopra lo stesso rametto di vischio, dalle intense foglie verdi e
dalle bacche cremisi.
«Merry
Christmas, my darling».
«Merry
Christmas, my beloved King».
E
la loro serata speciale non era ancora finita, anzi era appena cominciata nel
modo più romantico e perfetto possibile.
___
Iniziativa: Questa
storia partecipa al contest “Christmas Game – Puzzle Time” a cura
di Fanwriter.it! Numero
Parole: 1999 (esclusi i versi della canzone) Prompt: 45.
Vischio
Note: Perché
stavolta la mia scelta è caduta su Kotomi?
Mi dispiace che
non esista alcuna storia con lei protagonista, ho controllato anche su
fanfiction.net, e così ho tentato di rimediare inventando qualcosa a
riguardo.
Non è
semplicemente adorabile? *-* Dite che è la mia visione è coerente con quel poco
che si sa su di lei?
Non volevo che
somigliasse ad Haruka, una protagonista che mi annoia tantissimo, anche se non
la odio -in fondo nella prima serie mi
piaceva, si rendeva più utile secondo me.
Giuro che dopo
questo capitolo fluff sulla coppia Kotomi/Saotome ho smesso con le storielle
ambientate nel passato, i prossimi capitoli della raccolta riguarderanno i
protagonisti ^^
Chiedo scusa se
non vado tanto a braccetto con il romanticismo, per questo mi stavo concentrando
più sull’amicizia e sui rapporti fraterni, ultimamente mi sento impacciata con
le coppie di personaggi xD
Ah, quasi
dimenticavo: le citazioni tra virgolette appartengono alla versione giapponese
di Last Christmas, mi sembrava giusto
rendere un piccolo omaggio a questa canzone per la recente scomparsa di George
Michael. Immaginatela canticchiata da Kotomi ^^ ecco il video da dove l’ho
presa: https://www.youtube.com/watch?v=zC8o1gv_Jy4
Alla
prossima!
Rina
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