Di solito le riunioni del
consiglio degli anziani sul pianeta Bakearen erano una festa.
Gli anziani ci impiegavano giorni
per arrivare alla capitale, percorrendo fiumi, strade e valli,
circondati dalla
popolazione che festeggiava l’evento.
Questa volta gli anziani e i loro
seguiti arrivarono con delle navette.
Quella di Kouilo viaggiò il più
velocemente possibile, ma ci vollero sempre tre giorni per arrivare.
Tre lunghi e noiosi giorni.
I tre anziani se ne stettero
chiusi nei loro alloggi, ognuno a meditare e a mangiare ciò
che voleva.
Kouilo, mentre tutti erano a
dormire, faceva un giro di controllo per la nave.
Erano delle persone anziane e
sagge, ma per il resto sembravano degli esseri agli antipodi
dell’umanità.
Henna, quando dormiva, russava
così forte che la sua voce rimbombava nelle stanze vicine
(senza dirle niente,
misero un emettitore di onde con frequenza contraria al suo russare per
evitare
problemi agli altri).
Huono sembrava che fischiava,
quando dormiva.
Aveva il sonno leggero e, se
qualcuno camminava nel corridoio, lui rumoreggiava quasi come un
maiale,
emettendo dei grugniti.
Kouilo arrivò alla stanza di
Roulde, ma da dentro non arrivarono alcun rumore.
Voleva entrare, quando sentì la
voce di Roulde in fondo al corridoio, da dentro la cucina.
Kouilo ci andò, trovando Roulde
che faceva la fuse con una delle sguattere più giovani e,
guardandola, anche se
vestita di stracci, era certamente la più carina.
Kouilo incrociò le braccia e
guardò l’anziano, come quando un padre guarda il
figlio che ha rubato la
marmellata.
Il vecchio chinò il capo e se ne
tornò in stanza, mentre alla ragazza ricevette, dalla cuoca,
una severa
ramanzina.
La riunione degli anziani durò
meno di mezza giornata.
Tutti gli anziani, arrivati da varie
parti del pianeta, dissero la loro, così come i capi della
varie zone.
La decisione fu subito presa: un
loro rappresentante sarebbe andato dal Presidente a parlare della
situazione.
Alla fine molti ripartirono per
le loro abitazioni.
Kouilo e i suoi tre anziani si
fermarono a parlare con altri anziani e i loro rispettivi capi zona.
Le comunicazioni tra gli anziani
avevano del ridicolo: sembravano bambini che stavano litigandosi delle
caramelle.
Ma se la riunione aveva deciso di
procedere, cos’era tutta quella agitazione?
Foriuse, la sguattera con cui
Roulde aveva amoreggiato, guardava, da lontano, la strana discussione.
Non poté avvicinarsi, affinché la
sua copertura non venisse scoperta, ma altri occhi guardavano lei e
controllavano il gruppo.
La discussione, sul caso o no di
usare le armi, a cui si erano tanti allenati, coinvolgeva molto gli
anziani.
Non avevano mai messo in
discussione l’uso di tali armi fuori dal loro confine, se
questo fosse stato
necessario.
E il governo centrale, pur
sapendolo, aveva sempre limitato il loro interventi in varie dispute
spaziali
con gruppi ribelli o pirati o nemici più o meno conclamati
della pace
galattica.
Al Presidente, uomo molto colto,
la pace galattica gli ricordava molta una pax romana.
Ma sul suo bel pianeta, il
Presidente pensava a quella pace, così tanto voluta e
così tanta protetta, che
rischiava di finire nel nulla, non certo per una democrazia demagogica,
che
sembrava esistere in quel momento, ma per tutte le sfaccettature che i
popoli,
presenti nella galassia, esprimevano.
L’uso di popoli, militarmente
preparati, per sedare altri popoli, civili e, magari, anche mal armati,
non era
stato facile per i lui e per i suoi predecessori: i popoli dovevano
essere alla
pari, sia civilmente che militarmente, ma non sempre così
era successo.
Ora il Presidente, lì, sdraiato
sul suo letto, comodo e confortevole, con la sua bellissima moglie,
sposata più
per necessità politiche che per amore, ripensava a quello
che poteva succedere
con la Regina tra i piedi e i nemici che, sicuramente, il suo passato
aveva
creato, poi sedati dalla sua scoperta ed ora riapparsi.
Ma se loro erano solo i loro
discendenti, perché la presenza della Regina provocava
così tanto fastidio a
tutti?
No, qualcosa non quadrava.
E non poteva fidarsi neanche dei
suoi sottoposti o dei suoi ministri: se uno solo di loro fosse stato
coinvolto
nella questione Regina, anche indirettamente, la cosa avrebbe avuto
ripercussioni
tremende.
Il Presidente si alzò dal letto,
con il suo bel pigiama marrone oro di seta, e si diresse verso il suo
studio
privato.
Si sedesse sulla sedia della sua
scrivania e si rimise a leggere i documenti che gli avevano consegnato
nel
pomeriggio.
La moglie, stranamente, lo
raggiunse nello studio e si sedette sul divano, posto alla destra della
scrivania.
Indossava una camicia da notte
con le spalline, trasparente, ci color azzurro pastello, che non
nascondeva
nulla del suo atletico corpo, e aveva i piedi nudi.
L’uomo guardò la donna, tenendo a
mezzaria la copertina di un cartellina gialla, chiedendosi cosa volesse.
La donna, se chi chiamava Andrea,
parlò in modo molto suadente.
«Caro, da un po’ non ottemperi ai
tuoi doveri coniugali! Ti sei stancato di me?»
L’uomo chiuse la cartellina e,
meravigliato, guardò la donna.
«E ti sembra l’ora di parlare di
queste cose, con tutti i problemi che ho?»
La donna inizio a giocare con la
gonna, accavallando le gambe e facendo gli occhi languidi
all’uomo.
Il Presidente si alzò e si
sedette alla destra della donna.
Con un semplice suo sibilo le
luci sulla scrivania si spensero e della stanza si affievolirono.
«Non puoi battere la Regina e non
puoi battere l’Imperatore, anche se con l’aiuto dei
ribelli! (la donna cambiò
l’accavallamento delle gambe, mettendo la sinistra sopra la
destra) Devi per
forza usare i maghi e quelli simili a loro! Non capisco
perché ci pensi tanto,
caro!» Le ultime parole della donna furono dette con le
labbra che sembrava
volessero baciarlo.
Il Presidente la squadrò.
«E tu, cara, perché ti interessi
a tutto questo?»
La domanda del Presidente non era
retorica: la moglie non si era mai interessata di politica: a lei
interessavano
solo gli uomini e le donne per i suoi privati e insani divertimenti.
«Così!» Disse, con fare
indifferente.
Fu un attimo, un lampo che
squarciò il buio più profondo.
Il Presidente prese per il collo
la donna e la porto a sdraiarsi completamente sul divano.
Sembrava quasi che volesse
strozzarla, e la donna si difendeva, come se quello che stava
succedendo fosse
reale.
Poi si rese conto che l’uomo
l’aveva sì presa per il collo, ma
l’aveva solo fatta sdraiare e lì la stava
tenendo.
«Ti ripeto: tu, in quanto sta
succedendo che interesse hai, mia cara?»
La donna iniziò a preoccuparsi:
non poteva urlare, non poteva muoversi e qualsiasi sua parola, alle
orecchie
del Presidente, sarebbero parse false.
Batté tre volte la mano destra
sul divano, come i giocatori di lotta quando si arrendono, e
l’uomo mollò la
presa.
“Sa, sa tutto, ma non vuole che
ne parli!”
I pensieri che passarono nel
cervello furono molteplici, ma tutti brutti.
Il Presidente si rialzò e si
sedette alla scrivania.
Rivolto alla donna gli disse
chiaramente:
«Tu domani te ne vai! Sul tuo bel
pianeta natale, magari! Hai bisogno di riposarti per motivi di salute!
Se
parli, anche per puro errore, di quello che io e te sappiamo, non vedi
la luce
del giorno dopo!»
La donna si alzo, strofinandosi
il collo, è uscì dalla stanza incespicando su di
un peloso tappeto.
Non attesa il giorno dopo.
Quella stessa notte, mentre il
marito controllava i rapporti, fece la valigie e sparì nelle
profondità dello
spazio, per non fare più ritorno.
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