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Autore: SamuelCostaRica    26/02/2017    0 recensioni
Un nuovo mondo.
Antichi nemici.
Ma il mondo è davvero nuovo e i nemici sono davvero antichi o è il contrario?
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Violenza
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Di solito le riunioni del consiglio degli anziani sul pianeta Bakearen erano una festa.
Gli anziani ci impiegavano giorni per arrivare alla capitale, percorrendo fiumi, strade e valli, circondati dalla popolazione che festeggiava l’evento.
Questa volta gli anziani e i loro seguiti arrivarono con delle navette.
Quella di Kouilo viaggiò il più velocemente possibile, ma ci vollero sempre tre giorni per arrivare.
Tre lunghi e noiosi giorni.
I tre anziani se ne stettero chiusi nei loro alloggi, ognuno a meditare e a mangiare ciò che voleva.
Kouilo, mentre tutti erano a dormire, faceva un giro di controllo per la nave.
Erano delle persone anziane e sagge, ma per il resto sembravano degli esseri agli antipodi dell’umanità.
Henna, quando dormiva, russava così forte che la sua voce rimbombava nelle stanze vicine (senza dirle niente, misero un emettitore di onde con frequenza contraria al suo russare per evitare problemi agli altri).
Huono sembrava che fischiava, quando dormiva.
Aveva il sonno leggero e, se qualcuno camminava nel corridoio, lui rumoreggiava quasi come un maiale, emettendo dei grugniti.
Kouilo arrivò alla stanza di Roulde, ma da dentro non arrivarono alcun rumore.
Voleva entrare, quando sentì la voce di Roulde in fondo al corridoio, da dentro la cucina.
Kouilo ci andò, trovando Roulde che faceva la fuse con una delle sguattere più giovani e, guardandola, anche se vestita di stracci, era certamente la più carina.
Kouilo incrociò le braccia e guardò l’anziano, come quando un padre guarda il figlio che ha rubato la marmellata.
Il vecchio chinò il capo e se ne tornò in stanza, mentre alla ragazza ricevette, dalla cuoca, una severa ramanzina.
La riunione degli anziani durò meno di mezza giornata.
Tutti gli anziani, arrivati da varie parti del pianeta, dissero la loro, così come i capi della varie zone.
La decisione fu subito presa: un loro rappresentante sarebbe andato dal Presidente a parlare della situazione.
Alla fine molti ripartirono per le loro abitazioni.
Kouilo e i suoi tre anziani si fermarono a parlare con altri anziani e i loro rispettivi capi zona.
Le comunicazioni tra gli anziani avevano del ridicolo: sembravano bambini che stavano litigandosi delle caramelle.
Ma se la riunione aveva deciso di procedere, cos’era tutta quella agitazione?
Foriuse, la sguattera con cui Roulde aveva amoreggiato, guardava, da lontano, la strana discussione.
Non poté avvicinarsi, affinché la sua copertura non venisse scoperta, ma altri occhi guardavano lei e controllavano il gruppo.
La discussione, sul caso o no di usare le armi, a cui si erano tanti allenati, coinvolgeva molto gli anziani.
Non avevano mai messo in discussione l’uso di tali armi fuori dal loro confine, se questo fosse stato necessario.
E il governo centrale, pur sapendolo, aveva sempre limitato il loro interventi in varie dispute spaziali con gruppi ribelli o pirati o nemici più o meno conclamati della pace galattica.
Al Presidente, uomo molto colto, la pace galattica gli ricordava molta una pax romana.
Ma sul suo bel pianeta, il Presidente pensava a quella pace, così tanto voluta e così tanta protetta, che rischiava di finire nel nulla, non certo per una democrazia demagogica, che sembrava esistere in quel momento, ma per tutte le sfaccettature che i popoli, presenti nella galassia, esprimevano.
L’uso di popoli, militarmente preparati, per sedare altri popoli, civili e, magari, anche mal armati, non era stato facile per i lui e per i suoi predecessori: i popoli dovevano essere alla pari, sia civilmente che militarmente, ma non sempre così era successo.
Ora il Presidente, lì, sdraiato sul suo letto, comodo e confortevole, con la sua bellissima moglie, sposata più per necessità politiche che per amore, ripensava a quello che poteva succedere con la Regina tra i piedi e i nemici che, sicuramente, il suo passato aveva creato, poi sedati dalla sua scoperta ed ora riapparsi.
Ma se loro erano solo i loro discendenti, perché la presenza della Regina provocava così tanto fastidio a tutti?
No, qualcosa non quadrava.
E non poteva fidarsi neanche dei suoi sottoposti o dei suoi ministri: se uno solo di loro fosse stato coinvolto nella questione Regina, anche indirettamente, la cosa avrebbe avuto ripercussioni tremende.
Il Presidente si alzò dal letto, con il suo bel pigiama marrone oro di seta, e si diresse verso il suo studio privato.
Si sedesse sulla sedia della sua scrivania e si rimise a leggere i documenti che gli avevano consegnato nel pomeriggio.
La moglie, stranamente, lo raggiunse nello studio e si sedette sul divano, posto alla destra della scrivania.
Indossava una camicia da notte con le spalline, trasparente, ci color azzurro pastello, che non nascondeva nulla del suo atletico corpo, e aveva i piedi nudi.
L’uomo guardò la donna, tenendo a mezzaria la copertina di un cartellina gialla, chiedendosi cosa volesse.
La donna, se chi chiamava Andrea, parlò in modo molto suadente.
«Caro, da un po’ non ottemperi ai tuoi doveri coniugali! Ti sei stancato di me?»
L’uomo chiuse la cartellina e, meravigliato, guardò la donna.
«E ti sembra l’ora di parlare di queste cose, con tutti i problemi che ho?»
La donna inizio a giocare con la gonna, accavallando le gambe e facendo gli occhi languidi all’uomo.
Il Presidente si alzò e si sedette alla destra della donna.
Con un semplice suo sibilo le luci sulla scrivania si spensero e della stanza si affievolirono.
«Non puoi battere la Regina e non puoi battere l’Imperatore, anche se con l’aiuto dei ribelli! (la donna cambiò l’accavallamento delle gambe, mettendo la sinistra sopra la destra) Devi per forza usare i maghi e quelli simili a loro! Non capisco perché ci pensi tanto, caro!» Le ultime parole della donna furono dette con le labbra che sembrava volessero baciarlo.
Il Presidente la squadrò.
«E tu, cara, perché ti interessi a tutto questo?»
La domanda del Presidente non era retorica: la moglie non si era mai interessata di politica: a lei interessavano solo gli uomini e le donne per i suoi privati e insani divertimenti.
«Così!» Disse, con fare indifferente.
Fu un attimo, un lampo che squarciò il buio più profondo.
Il Presidente prese per il collo la donna e la porto a sdraiarsi completamente sul divano.
Sembrava quasi che volesse strozzarla, e la donna si difendeva, come se quello che stava succedendo fosse reale.
Poi si rese conto che l’uomo l’aveva sì presa per il collo, ma l’aveva solo fatta sdraiare e lì la stava tenendo.
«Ti ripeto: tu, in quanto sta succedendo che interesse hai, mia cara?»
La donna iniziò a preoccuparsi: non poteva urlare, non poteva muoversi e qualsiasi sua parola, alle orecchie del Presidente, sarebbero parse false.
Batté tre volte la mano destra sul divano, come i giocatori di lotta quando si arrendono, e l’uomo mollò la presa.
“Sa, sa tutto, ma non vuole che ne parli!”
I pensieri che passarono nel cervello furono molteplici, ma tutti brutti.
Il Presidente si rialzò e si sedette alla scrivania.
Rivolto alla donna gli disse chiaramente:
«Tu domani te ne vai! Sul tuo bel pianeta natale, magari! Hai bisogno di riposarti per motivi di salute! Se parli, anche per puro errore, di quello che io e te sappiamo, non vedi la luce del giorno dopo!»
La donna si alzo, strofinandosi il collo, è uscì dalla stanza incespicando su di un peloso tappeto.
Non attesa il giorno dopo.
Quella stessa notte, mentre il marito controllava i rapporti, fece la valigie e sparì nelle profondità dello spazio, per non fare più ritorno.
   
 
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