CAPITOLO
DICIOTTO
“The
Wrath of A
(Part II)”
Nathaniel
arrivò davanti
alle porte del suo ristorante, frettoloso; aveva appena scoperto da sua
madre
che suo padre aveva ripreso a bere e che per settimane rientrava tardi
a casa.
Quando le
trovò chiuse, provò
subito a forzarle con violenza, finchè Courtney non
arrivò alla sue spalle a
fermarlo.
“Nat,
basta, così ti farai
male!” lo tirò per un braccio.
“Le
luci sono accese,
dobbiamo entrare!” si agitò.
“Proviamo
ad entrare dal
retro.” suggerì Courtney.
Dopo averlo
fatto, i due
trovarono facile accesso e passarono dalle cucine; arrivati in sala,
poi, si
trovarono davanti Jamie, il loro assistente manager, che, alla svelta,
chiuse
la cassa del ristorante, mentre Kevin era incosciente su uno dei tavoli.
Nathaniel
fulminò
immediatamente Jamie, aggressivo: “Che sta succedendo qui
dentro?”
“Accidenti,
Kevin!” esclamò
Courtney, correndo verso suo cognato con apprensione; accanto alla sua
testa
aveva un bicchiere e una bottiglia di Vodka vuoti.
Jamie, nervoso,
indietreggiò
verso le porte d’ingresso, nascondendo i contanti, che aveva
appena rubato
dalla cassa, dietro la schiena.
“Stavi
rubando, eh? –
Nathaniel avanzò lentamente, serio nel tono - Ti abbiamo
visto, sai? Eri vicino
alla cassa e ora stai nascondendo dietro la schiena i soldi che hai
appena
rubato.”
“Ascolta,
ok, è vero! –
alzò entrambe le mani, stringendo i contanti in una mano
– Facciamo, però, che
io li lascio, me ne vado per sempre e voi non mi denunciate.”
“Non
è la prima volta che
lo fai, vero?” continuò Nathaniel, furioso, che di
tanto in tanto dava
un’occhiata a suo padre e a come era ridotto.
“Tuo
padre non mi ha pagato
questo mese, stavo solo prendendo ciò che mi
spetta.” si giustificò, poco
credibile.
“Il
ristorante va bene,
stai mentendo. – intervenne Courtney –
Perché Kevin non avrebbe dovuto
pagarti?”
“Dovevo
immaginarlo che
c’era qualcosa di strano. - Nathaniel continuò ad
avanzare, mentre l’altro
indietreggiava – Quel giorno, quando sono venuto qui al
ristorante, stavi
parlando al telefono con qualcuno. Ed eri parecchio nervoso.”
FLASHBACK
Dopo aver
chiesto al cuoco dove fosse Jamie, Nathaniel si
diresse sul retro a cercarlo; quando lo trovò, lo vide in
lontananza, impegnato
in una conversazione abbastanza animata.
“Ti
ho detto di darmi
altre due settimane, va bene? Ancora non li ho tutti, dammi solo altre
due
settimane, ok?”
Quando si
accorse della presenza del ragazzo alle sue spalle, si
ricompose, chiudendo in fretta la chiamata.
“Ti
richiamo, ok? – si
grattò il capo, nervoso – Ci sentiamo!”
Rimesso il
telefono in tasca, corse verso Nathaniel, che l’aveva
fissato serio per tutto il tempo; si vestì di un sorriso
imbarazzato, arrivando
accanto a lui con il fiatone.
“Ehi,
tutto bene? Che ci fai qui?”
“Controllo!”
esclamò, cinico.
“Ti
ha mandato tuo padre?”
“A
quanto pare, sì… - mentì, guardandolo
storto - Sai, mio padre
ci tiene a questa attività,
perciò…”
“Beh,
come puoi vedere va tutto bene… - sorrise ancora,
ignorando l’ostilità che percepiva – E
per quanto riguarda quello che hai appena
sentito, beh…Mia sorella! – sollevò le
sopracciglia, marcando il classico
rapporto conflittuale tra fratelli – Colleziona monete
antiche e le ho detto
che da queste parti ci sono molti mercatini delle pulci. Da quando le
ho
mandato le prime due monete, si è fissata con il fatto che
ce ne siano tipo
altre nove per completare la collezione e ora mi ritrovo a girare anche
per i
negozi di antiquariato.”
Nathaniel
annuì, sempre in maniera cinica e disinteressata:
“Interessante… - il silenzio che si
creò lo costrinse a congedarsi – Beh, direi
che la mia supervisione è finita!”
Quello
rimase impalato, annuendo con quel costante sorrisino da
ebete che aveva mantenuto per tutta la conversazione, come se
nascondesse del
nervosismo.
Nathaniel
si voltò per andarsene, quando il suo sguardo si
posò
sulla spazzatura di fianco, che strabordava di qualche bottiglia di
Vodka.
Immediatamente
si voltò di nuovo verso Jamie: “E tutte quelle
bottiglie?”
Jamie
rispose prontamente: “Ehm, ci sono ricette che richiedono
un goccio di Vodka!”
“Un
goccio? – si lasciò sfuggire una piccola risata
nel dirlo –
Sono quattro bottiglie, è una ricetta per alcolizzati, per
caso?”
“Devono
essersi accumulate in cucina con il tempo. Da quando
lavoro qui ho trovato parecchie cose che andavano buttate.”
“Mh
– verseggiò, poco convinto –
ok!” si girò verso la
spazzatura per la medesima volta, poco prima di andarsene per davvero,
turbato
dalla visione di quelle bottiglie; tant’è che gli
tornò a galla un vecchio
ricordo: il periodo di alcolismo di suo padre.
“Non
eri al telefono con
tua sorella, vero? – intuì Nathaniel,
intimidendolo – Forse nemmeno ce l’hai
una sorella. – Jamie deglutì con fatica, sudando
– E quelle bottiglie di Vodka
non servivano per una ricetta, ma per far ubriacare mio padre, mentre
tu ci
rubavi ogni giorno una parte degli incassi.”
“Te
l’ho detto, me ne vado.
– ripetè ancora, vicino alla porta - Non mi
rivedrete mai più.”
“Questo
è poco ma sicuro,
brutto ladro!” esclamò Courtney.
Improvvisamente,
l’uomo si
girò velocemente per fuggire, ma Nathaniel non glielo
permise, correndo contro
di lui.
Courtney
gridò, non appena
lo vide prendere la rincorsa: “Nathaniel, NO!”
Buttandosi su
Jamie con
violenza, i due sbatterono contro le porte, sfondandole.
Finiti
all’esterno del
ristorante, entrambi erano a terra con addosso numerosi frammenti di
vetro;
Jamie si risollevò in fretta, inciampando diverse volte
prima di riuscire a
scappare; Courtney si affacciò fuori, aiutando Nathaniel.
“Oh
mio Dio, stai bene?”
“Non
la farà franca!” si
alzò dolorante, scivolando via dalla presa di sua zia.
“No,
Nathaniel, torna qui!”
gli urlò, mentre quello correva via incallito.
Jamie, intanto,
non arrivò
molto lontano visto che Nathaniel riuscì a raggiungerlo.
“Fermati,
bastardo!” gli
gridò.
A quel punto,
Jamie si
voltò a controllare quanto gli fosse vicino, poco prima di
attraversare la
strada, e quando riportò lo sguardo davanti a sé,
una macchina frenò
bruscamente contro di lui, prendendolo in pieno.
Nathaniel,
sconvolto dalla
scena, si fermò poco prima di scendere dal marciapiedi.
Mentre il conducente
della vettura stava scendendo, Courtney raggiunse il nipote, trovandosi
anch’ella davanti a quella scena.
“Oh
mio Dio…” restò
agghiacciata, portandosi una mano alla bocca.
Scosso,
Nathaniel le spiegò
cos’era appena successo: “Si è girato un
attimo a guardarmi e la macchina è
sbucata fuori dal nulla.”
“Non
è colpa tua.” gli mise
una mano sulla spalla.
“Ehi
voi, aiutatemi! –
gridò loro il conducente dell’auto, chinato di
fianco a Jamie – Non respira,
non sento il battito, chiamate il 911!”
“E’
morto?” sgranò
gli occhi Nathaniel, incredulo, domandando alla zia con un filo di voce.
Courtney recuperò
immediatamente il telefono, incredula quanto lui: “No, non
può essere morto. Mi
rifiuto di crederci.”
“E invece lo
è,
quel signore l’ha appena detto. – Nathaniel
fissò sua zia, rigido per lo choc –
L’ho ucciso io…” pensò,
abbassando lo sguardo.
Quella lo fissò a
lungo, finchè il 911 non rispose, chiendendo quale fosse
l’emergenza.
*
Il giorno dopo,
Nathaniel
era cucina con la sua famiglia: sua zia, sua madre e Pete.
Seduto su uno
sgabello con
la borsa del ghiaccio sulla fronte e numerosi graffi sulla faccia, era
preoccupato.
“La
polizia mi chiamerà per
altre domande?”
“No,
poco fa ero al
telefono con loro. – spiegò Claire, sua madre
– Pare che Jamie avesse molti
debiti e a quanto pare ha preso di mira le persone giuste per saldarli.
– era
furiosa, ma cercò di contenersi – Kevin deve
avergli raccontanto che un tempo
era un alcolista e quel verme l’ha usato a suo
favore.”
Courtney si
avvicinò a lei,
mettendole un braccio intorno alla spalle, consolandola:
“Tranquilla, ora quel
verme salderà i suoi debiti all’inferno.”
“Sono
solo… - Claire tentò
di trattenere le lacrime, distrutta – E’ solo
che… Kevin ha faticato così tanto
per uscirne, mentre ora si ritrova da capo al punto di
partenza.”
“E’
incredibile che la cosa
sia andata avanti per tutto questo tempo. – pensò
Pete, sconcertato - Eppure
Jamie sembrava così un bravo ragazzo quando andavamo a
pranzare al ristorante.”
“Io lo
sapevo che era un
tipo strano. – aggiunse Nathaniel, sprezzante – Non
mi è mai piaciuto.”
Improvvisamente,
Kevin
entrò in cucina, trasandato dopo un discreto sonno. Tutti si
ammutolirono nel
vederlo, mentre quello teneva uno sguardo basso e pieno di vergogna.
“Vedo
che siete tutti qui.
Anche Pete.”
“Ehm,
se vuoi me ne vado,
non c’è problema. – si mossè
Pete, sentendosi di troppo – Capisco perfettamente
che questa è una discussione di famiglia.”
“Oh,
no no! – lo fermò
subito – Puoi restare, Pete. Ci mancherebbe.”
L’uomo
allora restò,
tornando dov’era.
“Allora…
- continuò Kevin –
Penso che ormai sappiate tutti che ho di nuovo quel problema.”
“Kevin,
ascolta…”
intervenne sua moglie, subito bloccata.
“No,
Claire, lasciami
finire. – ci tenne a farlo – Ho di nuovo quel
problema, ma stavolta posso
gestirlo da solo. Jamie mi faceva ubriacare e io il giorno dopo non
ricordavo
nulla; pensavo addirittura di essere uscito durante la notte a spendere
i soldi
chissà dove; a lavoro gli facevo molte domande su dove
potessi essere andato e
le sue risposte non facevano altro che confondermi: mi ha imbrogliato
per
bene!”
Preoccupato,
Nathaniel
volle dire la sua: “Papà, sei sicuro di poter
risolvere i tuoi problemi da
solo? L’ultima volta dicesti così e alla fine ti
abbiamo dovuto portare in
quella clinica.”
“Lo
so, non sono molto
credibile al momento. – cercò di essere rispettato
– Ma vi chiedo di
appoggiarmi, posso farcela. Ora che Jamie è fuori dalla mia
vita, non c’è più
niente che possa tentarmi.”
“Va
bene, tesoro. – annuì
Claire – Ti appoggio, hai tutto il mio sostegno.”
“Ovviamente
hai anche il
mio appoggio, Kevin.” si aggregò Courtney.
Kevin
accennò un sorriso,
per poi spostare lo sguardo su Nathaniel.
“Ho
anche il tuo appoggio,
figliolo?”
“Ma
certo, Papà!” esclamò
con scontatezza, nonostante non ne fosse del tutto convinto; la paura
che non
potesse farcela, aleggiava nella sua mente a macchia d’olio.
*
Intanto, alla
Brahms, Sam
stava raggiungendo la fila di studenti all’ingresso della
scuola; dopo
l’esplosione della Rosewood high school erano state alzate le
misure di
sicurezza in tutte le altre scuole nella zona, e, ogni giorno, gli
studenti
dovevano attraversare un metal detector.
Quando fu in
fila, in
attesa del suo turno, un ragazzo che era davanti a lui, con un brutto
raffreddore, si girò a chiedergli qualcosa.
“Ehi,
non è che per caso
hai un fazzoletto?”
“Certo!”
esclamò Sam,
facendo scivolare lo zaino lungo il braccio, aprendo la cerniera.
Improvvisamente,
mentre
frugava per cercare il pacchetto, toccò qualcosa di duro e
freddo. Stranito,
diede un’occhiata dentro, facendo un’inquietante
scoperta.
A quel punto,
richiuse lo
zaino con nervosismo e gli occhi ancora sgranati, uscendo
immediatamente dalla
fila.
“Scusa,
il fazzoletto?” gli
domandò quel ragazzo, vedendolo andare via.
“Ehm,
scusami, non ce l’ho!
Chiedi a qualcun altro!” gridò fuggendo.
Quando giunse
nel
parcheggio, accanto alla sua auto, Sam si guardò attorno e
nei paraggi non
c’era nessuno. Respirando affannosamente, tirò
fuori l’oggetto che l’aveva tanto
turbato: una chiave inglese; attaccata ad essa c’era una foto
che raffigurava A mettere quella
stessa chiave inglese
in una mano di Sam, mentre dormiva profondamente nel suo letto.
Sconvolto, prese
il
telefono per avvertire i suoi amici, ma sullo schermo si
aprì nuovamente quella
ruota virtuale con le facce dei quattro ragazzo: stavolta
l’indicatore si fermò
su quella di Sam. E come se non bastasse, sopraggiunse anche un
messaggio.
“Posso
rendervi colpevoli
di qualunque crimine io voglia. Consegnatemi il complice o vengo a
riprendermi
quella chiave inglese per mandarla alla polizia.”
-A
Sam
restò a dir poco
spaventato, oltre che intimidito.
*
Wesam
bussò alla porta di
Julie in quel primo mattino; in mano stringeva due bicchieri di
caffè.
“Disturbo?
– esordì non
appena venne aperto – Sono venuto troppo presto?”
“No,
figurati. Sebastian è
uscito prima ancora che mi svegliassi: siamo soli!”
esclamò, mentre si
avviavano verso la postazione computer, in cucina.
“Bene,
cos’hai scoperto dal
telefono di Sam?” domandò, poggiando i
caffè.
Quella
girò il monitor del
computer verso di lui: “Innanzitutto, questi
messaggi!”
“Che
gesto romantico,
non trovi? Forse Nathaniel ti ricompenserà con un
bacio…”
-A
“La
morte è un sogno, stronzetti. E io lo renderò
così oscuro da
trasformarlo in un incubo senza fine. Chi sarà il prossimo a
giocare con me?
Sembra che Nathaniel sia riuscito a sopravvivere al suo turno, voi
farete
altrettanto?”
-A
“Confessare
un segreto che già tutti sospettano non è un vero
segreto, Sam. Rivela a Nathaniel ciò che provi per lui o ti
perseguiterò per
tutto il giorno.”
-A
“Hai
voluto tenere la bocca chiusa? Ora ce l’hai chiusa per
davvero.”
-A
“Prova
a parlare con Chloe e ti faccio esplodere il braccio.”
-A
“Cos’è
un ballo senza un degno finale? Se lo dite a qualcuno, il
tempo si dimezzerà: trovate un altro modo per
salvarli.”
-A
“Mio
il cadavere, mie
le regole: preparate le pale, non prendete impegni. Stanotte si scava,
stronzetti!”
-A
“Jasper
ora è mio.
L’avete fatto accadere voi.”
-A
Pur sapendo ogni
cosa su A, leggere quei messaggi
destabilizzò
Wesam e i suoi occhi divennero lucidi.
“Questi
sono solo alcuni
dei messaggi minacciosi mandati da questa persona. –
spiegò Julie -
Tecnicamente, qui A ammette di
aver
rapito Jasper, fatto esplodere la scuola e aver ucciso
quell’uomo.”
“Sfortunatamente
non
possiamo usarli per andare alla polizia, i ragazzi
l’avrebbero già fatto se
avessero potuto.
“C’è
anche un'altra
cosa. –
cambiò la schermata, rivelando
uno dei giochi di A –
Questo l’hanno
ricevuto di recente, l’ho trovato tra le email di
Sam.”
“Una
ruota virtuale?”
constatò.
“Che
in questo momento è
ferma sulla faccia di Sam. Sopra c’è un comando:
quello di consegnare a lui il
complice di Anthony.”
“Nulla
che già non
sappiamo, solo che… –
mise le braccia
conserte, angosciato – Quella ruota mi preoccupa. Puoi
localizzare la posizione
attuale di Sam?”
“Certo.
- smanettò
subito sul computer – Ehm, è a
Rosewood in questo momento.”
“Rosewood?
– prese
immediatamente il telefono, mettendolo all’orecchio
– Dovrebbe essere a
scuola.” trovò strano.
“Che
stai facendo?”
“Lo
chiamo, ecco cosa
faccio. – finalmente Sam rispose, dopo vari squilli
– Ehi, tutto bene?”
“Sì,
perché? – rispose nervosamente, fingendosi
tranquillo – Lo sai che sono a scuola, non dovresti
chiamarmi.”
“Ah,
sei scuola? - si
guardò con Julie, sapendo che stava mentendo –
Beh, se ti va possiamo vederci a
pranzo. Che dici?”
“Ehm…
- borbottò distrattamente, poco concentrato sulla
telefonata – Senti, ascolta, devo tornare in classe. Ti
richiamo stasera, ok?
Ciao!” chiuse di colpo, senza aspettare una risposta.
“Ok,
sta succedendo
qualcosa! – esclamò Wesam, seriamente preoccupato
- A sta facendo uno dei suoi
giochetti, io devo andare!” si avviò
verso la porta, agguerrito.
Julie lo
rincorse subito, cercando
di fermarlo: “No, Wesam, non puoi! –
cercò di farlo ragionare, vedendolo fuori
di sé – Che fine ha fatto l’anti A-Team???
Possiamo aiutare Sam e gli altri solo restando
nell’ombra.”
“Questa
persona è folle,
dobbiamo toglierla di mezzo!” esclamò furioso.
“E lo
faremo, ma non così.
Non espondendoci!”
Finalmente Wesam
ritrovò la
calma, restando comunque in ansia: “Va bene, rimettiamoci a
lavoro. Dobbiamo
tenere sotto controllo il suo telefono 24 ore su 24, non ci deve
sfuggire
nulla.”
Quella
annuì, poi tornarono
finalmente alla postazione.
*
Nel pomeriggio,
Rider
parcheggiò l’auto nei pressi della biblioteca
pubblica; era al telefono con
Nathaniel, nel pieno di una conversazione delicata.
“L’assistente
manager del
tuo ristorante vi rubava gli incassi e ieri è morto?
– rimase sconvolto da ciò
che Nathaniel gli raccontò, mentre chiudeva la macchina
– Caspita, stai bene?”
“Ho
tutta la faccia e le
braccia piene di graffi, ma sto bene… Per una volta sono
contento che le mie
disgrazie non siano tutte dettate da A.”
“E’
assurdo, non basta
essere già perseguitati da un pazzo omicida? Ora ci si
mettono anche le persone
comuni?”
“Jamie
non era una persona
comune, era un ladro bastardo che ha rigettato mio padre nel tunnel
dell’alcolismo.”
“Sicuro
che A non c’entri nulla
con tutta questa
storia? – domandò, mentre camminava lungo il
marciapiedi – Insomma, come ha
fatto Jamie a scoprire il passato di tuo padre?”
“Rilassati,
gliel’ha
confidato mio padre. E da quel momento è partito il suo
piano diabolico per
sanare i suoi debiti.”
“Quindi
era questo il
motivo?”
“Così
ci ha detto la
polizia.”
“Sei
stato in centrale,
ieri?”
“Sì,
abbiamo spiegato la
dinamica dell’accadduto. A proposito, il detective Costa mi
ha visto, ma
sembrava distratto da altro.”
Rider
sospirò, nervoso:
“Dio, sarà la centesima volta che vede le nostre
facce lì dentro.”
“Tu
dove sei, piuttosto?”
si accorse dei rumori della città.
“Sto
andando in biblioteca:
devo studiare il giusto dosaggio dell’M99 se non voglio
rischiare di uccidere
Clarke e consegnare ad A un
cadavere
con cui non può giocare.”
“Io vi
servo per stasera?”
“No,
resta pure a casa a
riposarti. Ce ne occupiamo io, Eric e Sam.”
“Quindi
avete un piano?”
“Per
rapire Clarke? Beh,
dopo mi vedrò con gli altri e ti metteremo in vivavoce per i
dettagli.”
“Speriamo
che fili tutto
liscio.” sospirò Nathaniel.
“Lo
spero anch’io. Se tutto
va bene, saremo finalmente liberi da A.”
“Allora
vivrò di speranza
finchè non mi direte che è tutto
finito.”
“Sai, chi di speranza vive, disperato muore:
perciò è meglio non sperare
troppo. – preferì non essere eccessivamente
fiducioso – Ehi, sono davanti alla
biblioteca. Ci sentiamo dopo!”
“Ok,
dopo!”
chiuse Nathaniel.
Subito
dopo,
Rider mise il telefono in tasca e iniziò a salire le
gradinate;
improvvisamente, su quella strada, passò un camion dei
pompieri con la sua
assordante sirena. Rider si voltò a guardarlo, mentre
passava; un forte mal di
testa l’ho fece tentennare: quel suono rievocò
qualcosa nella sua mente.
FLASHBACK
Un
piccolo
Rider cercò di riprendersi il suo camion dei pompieri dalle
mani di un bambino;
continuava a suonare, mentre quello cercava di nasconderlo dietro alla
sua
schiena, impedendogli di prenderlo.
Rider
provò a
scagliarsi contro di lui, ma era troppo basso e minuto:
“Lukas, ridammi il mio
camion. Ridammelo!”
“Tu
hai rotto
la mia bicicletta e ora mi prendo il tuo gioco!”
esclamò l’altro, ridendo e
prendendosi gioco di lui.
“Non
te l’ho
rotta io la bici, non è vero!”
“E
invece
l’hai fatto, e ora nasconderò il tuo stupido
camion dei pompieri in un posto
dove non potrai mai trovarlo!” scappò via.
“Noooo,
ridammelo! Ridammelo!” urlò, rincorrendolo,
finchè non caddè per terra
sbucciandosi un ginocchio.
Con
gli occhi
lucidi, Rider restò lì sull’asfalto,
osservando Lukas sparire nel giardino dietro
la sua abitazione.
Riprendendosi
dal quel ricordo appena riaffiorato, Rider trasalì,
rendendosi conto che Lukas
era reale; che era davvero esistito nella sua vita e che, forse, Nolan
non era
del tutto un bugiardo. Tutto ciò lo spaventò, ma
preferì accantonare la cosa,
concentrandosi su Clarke: entrò finalmente in biblioteca.
*
Al Radley,
Lindsey,
accompagnata da sua cugina Tasha, decise di andare a trovare Nolan.
All’ingresso, mentre firmavano il registro,
l’infermiera di turno le ammonì.
“Scusate,
ma Nolan Stuart
può ricevere visite solo dai suoi parenti stretti.”
“Sono
sua sorella!” esclamò
Lindsey, con la penna ancora in mano.
L’infermiera
spostò lo
sguardo su Tasha, che si sentì oppressa.
“Che
c’è? Io sono la
cugina!”
“Solo
parenti stretti, mi
dispiace!” fu categorica.
Tasha rimase
sbigottita,
guardandosi con Lindsey: “Sta scherzando, vero?”
“Ascolta,
faccio subito. –
Lindsey la prese da parte, con toni pacati - Puoi aspettarmi?”
“E’
il colmo, ma almeno lo
sanno chi sono?” si lamentò, lanciando occhiatacce
all’infermiera.
“Tasha,
non sei Naomi
Campbell. Cerca di non litigare con quell’infermiera o
cacceranno entrambe.”
“D’accordo!”
esclamò a
denti stretti, mettendosi a braccia conserte.
Finalmente
Lindsey potè
raggiungere la stanza di Nolan, percorrendo un lungo corridoio,
osservando
quelle mura con angoscia.
Dopo che le
avevano aperto
la porta della stanza, entrò; Nolan fu molto sorpreso di
vederla, non sapendo
cosa dire. La porta si chiuse alle sue spalle, erano soli. Lindsey si
torturò
le dita, scarna di parole.
Finalmente, poi,
Nolan
ruppe il silenzio, dopo aver chiuso il libro che stava leggendo:
“Ciao!”
“Ciao!”
accennò un sorriso,
sedendosi sul letto con molta timidezza.
“Sono
un po’ sorpreso di
vederti qui, non mi aspettavo una tua visita.”
“Sentivo
di doverlo fare.”
disse premurosa.
“Durante
i permessi che ho
avuto nell’ultimo mese, ti ho vista parecchio
distaccata.”
“Lo
so, e ti chiedo scusa
per questo. E’ solo che… scoprire la
verità è stato come beccarsi un fulmine
nel bel mezzo di una spiaggia. – raccontò con
dispiacere - Se è per questo,
anche con Rider sono stata distaccata ultimamente. Soprattutto dopo
aver
scoperto cosa ha fatto al nostro vicino di tanti anni fa.”
“Ti
prego, non escluderlo
solo per questo. Era piccolo quando è successo, e io mi sono
semplicemente
trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato.”
“Sul
serio?? – rimase
sorpresa, pensandolo fuorioso con Rider – E’ colpa
sua se sei finito qui per
più di dieci anni.”
“Sì,
questo è vero. –
replicò risoluto – Ma il vero colpevole
è nostro padre; non mi ha mai creduto
fino a quella notte al lago, nonostante glielo avessi detto per anni.
Rider,
almeno, sta cercando di sistemare le cose: proverà a farmi
uscire di qui.”
“Sì,
lo so. Mio zio Gordon…
- si corresse subito – Ehm, volevo dire, nostro zio
è venuto fin dall’Italia
per fare quelle sedute con Rider. Spero che il giudice ti faccia uscire
di qui
dopo aver esaminato tutto.”
“Lo
spero anch’io. – le
sorrise, apprezzando le sue parole – Grazie.”
Quella sorrise a
sua volta,
molto tenera: “Sai, sono venuta qui per un motivo: un tempo
eravamo molto uniti
io e te, da piccoli, finchè non ti hanno portato via.
– si commosse - Vorrei
poter recuperare quel rapporto che avevamo, perché mi sento
davvero in colpa
per averti dimenticato. – le tremò anche la voce,
ormai fra le lacrime - Ho
avuto tutte queste settimane per riflettere sul mio rapporto
conflittuale con
Rider in tutti questi anni e credo di aver sempre saputo, dentro di me,
che per
colpa sua mi era stato portato via un importante pezzo della mia vita:
e quel
pezzo eri tu.”
Sorpreso da tali
parole,
Nolan reagì sgranando gli occhi, commuovendosi:
“Mi-mi dispiace che sia andata
così.”
“Anche
a me…” non riuscì
più a parlare, abbassando lo sguardo; cercò di
trattenere il pianto, un dolore
interiore che forse voleva esternare.
“Lindsey,
va tutto bene?”
si preoccupò nel vederla così, pensando, appunto,
che ci fosse dell’altro.
“Sono
incinta!” rivelò,
rispondendo subito; sembrò quasi che avesse atteso quella
fatidica domanda per
trovare il coraggio.
Nolan non seppe
cosa dire,
impalato; non si aspettava una risposta di questo tipo:
“Nostro padre lo sa?”
“No.
L’ho detto solo a
Tasha, una nostra cugina. Tu sei il secondo.”
“Ah…
- restò spiazzato – E
come mai?”
“Perché
il bambino è di un
uomo più grande con cui stavo e che mi ha lasciato.
– le lacrime scesero
copiose – Sto per finire il liceo, presto andrò al
college e non so che cosa
fare: non so se tenerlo oppure no, sono disperata… Abortire
sarebbe come
perdere un’altra parte di me e sono stanca di
perdere.”
“Allora
non farlo. Per una
volta, prova a vincere: fai in modo che nessun’altra vita
venga spezzata. – le
suggerì con un accenno di sorriso – E se mai
uscirò da qui, sarò felice di
sostenerti e… di diventare zio!”
esclamò, ridendo per la gioia di quel
pensiero.
Quella rise a
sua volta,
asciugandosi le lacrime: “D’accordo, zio!”
E risero ancora,
iniziando
a legare e a provare ad essere uniti come un tempo.
*
Sam, a casa sua,
andò ad
aprire la porta, dopo che qualcuno aveva suonato: erano Eric e Rider;
quest’ultimo aveva un borsone nero che pendeva dalla spalla.
“Oh
Dio…” borbottò Sam,
angosciato, immaginando cosa potesse contenere.
“Sì,
beh, il fatidico
giorno è arrivato Sam: fattene una ragione!”
replicò Rider alla sua reazione.
“Cosa
c’è lì dentro?”
domandò.
“Siringa,
farmaco, nastro
adesivo per legarlo e altre cosette per eliminare le nostre
imponte.” intervenì
Eric.
Sam
deglutì faticosamente,
pallido e sudato: “Ok, entrate, devo farvi vedere una
cosa.”
Il suo aspetto
non passò
inosservato ai suoi amici, che lo seguirono dentro casa con apprensione.
“Ehi,
stai bene?” fu Rider
a domandarglielo.
Quando giunsero
in cucina,
Sam indicò il tavolo con nervosismo; sopra c’era
una chiave inglese avvolta
dentro un panno bianco.
“No,
non sto bene per niente.”
Eric non
capì, gurdandosi
con Rider: “Ehm, che cos’è?”
“E’
una chiave inglese,
ragazzi! – sottolineò Sam, agitato - QUELLA chiave
inglese!”
Mentre Eric
brancolava
ancora nel buio, Rider afferrò finalmente le sue parole:
“Oh mio Dio, è la
chiave inglese con cui A ha
distrutto i tubi del gas nella nostra scuola. –
sgranò gli occhi, lasciando
cadere la borsa per avvicinarsi a vedere – Te l’ha
mandata lui?”
Sam
tirò fuori la foto che
aveva ricevuto insieme all’arnese: “Ragazzi, ieri
notte, A mi ha messo questa chiave
inglese tra le mani. Mentre dormivo! Se
non gli consegnamo Clarke, incastrerà ognuno di noi su
qualcosa di cui è stato
responsabile lui! – spiegò in una sola emissione
di fiato, spaventato a morte –
Ho passato le ultime ore a immergere quel coso nella candeggina e
strofinarlo
con uno spazzolino da denti, ma non servirà a nulla
cancellare le mie impronte
finchè A può
entrare in casa mia
mentre dormo!”
“Ha
ragione… - constatò
Eric con sconcerto – Prima Nathaniel con il dipinto che
potrebbe incastrarlo
per l’omicidio di Edward, ora Sam con la chiave inglese.
– fissò Rider – Sembra
che se non faremo come dice A, si
laverà le mani di tutti i suoi crimini, scaricandoli su di
noi.”
“Ok,
potete dirmi qual è il
piano? – domandò Sam, nel panico –
E’ chiaro che Clarke va’ catturato stasera,
non possiamo allungare i tempi.”
“Sì,
ok, allora, il piano è
questo: sappiamo che Chloe e Clarke hanno una relazione o quello che
è, no? –
illustrò Rider – Se inviti Chloe a casa tua, puoi
rubarle il telefono senza che
se ne accorga e mandare un messaggio a Clarke dove gli chiedi di
incontrarvi in
un posto: a quel punto lui dovrà raggiungerla per
forza.”
Sam mantenne gli
occhi
sbarrati ad ogni parola: “Stai scherzando, vero?”
“Ammetto
che il piano di
Rider è folle, ma non sappiamo come attirare
Clarke.” aggiunse Eric.
“Ok,
la invito qui, e poi?
Che le dico? Ciao, prestami il telefono
per ordinare la pizza?”
lo trovò
folle, Sam.
“Non
siete più amici da
parecchio tempo, approfittane per riparare il vostro rapporto.
– gli suggerì
Rider – Guardate un telefilm come ai vecchi tempi e
falla… bere tanto! Ma così
tanto che dovrà andare in bagno per forza!”
Senza parole,
Sam si voltò
dall’altra parte a riflettere: “Tutto questo
è assurdo, non vedo l’ora che
questa storia di A finisca!”
“Se
seguiamo il piano,
finirà per davvero questa storia.” lo
incoraggiò ancora una volta, Rider.
Improvvisamente
squillò il
telefono di Sam, che, fissato subito dai ragazzi, si prestò
a rispondere.
“E’
Nat! – disse loro, per
poi ascoltare ciò che l’amico aveva da dirgli
– … Ehm, sì, ok, ora ti metto in
vivavoce. – eseguì – Parla pure, ti
ascoltiamo.”
“Accendete
la televisione! Subito!” tuonò Nathaniel.
I tre si
guardarono l’un
l’altro, lo sguardo impanicato; Sam prese immediatamente il
tecomando e accese
la televisione che c’era lì in cucina, attaccata
alla parete: davano il
notiziario del tardo pomeriggio.
“…Secondo
la polizia, la vittima del presunto omicidio è
Edward Blanc, un noto pittore Newyorkese di trentaquattro anni. Dopo
diverse
ore di ricerche, la polizia sembra non aver ancora trovato il corpo
dell’uomo,
che, secondo una soffiata anonima ricevuta quasi una settimana fa,
sarebbe
sepolto nei boschi di Rosewood; questa mattina, infatti, una squadra ha
trovato
quello che potrebbe essere il luogo in cui l’uomo
è stato sepolto. Pare, però,
che l’assassino sembra aver giocato d’anticipo,
riesumando le sue parti del
corpo e lasciando delle buche vuote. Nulla esclude, ovviamente, che
l’omicidio
possa essere collegato a Jasper Laughlin, di cui non si hanno
più notizie da
più di un mese.”
Sam spense la
televisione,
camminando avanti e indietro, provando una sensazione di paura mai
provata
prima: “Non posso più farcela, non ce la
faccio!”
“Pensate
che sia stato A a fare quella
soffiata anonima?” si
chiese Eric, rimasto di sasso.
“E
chi, sennò? – si voltò a
rispondergli Sam, urlando – Ci vuole incastrare per tutte
queste cose,
sconteremo gli anni di galera fino alla nostra prossima vita!”
Nonostante fosse
spaventato
come il resto dei suoi amici, Rider cercò di restare lucido:
“Ragazzi,
calmiamoci un secondo, la polizia non ha trovato il corpo. A ha recuperato i borsoni:
perché farlo se ci vuole incastrare sul
serio? Sa perfettamente che sulle maniglie ci sono le nostre
impronte.”
“E se
avesse messo i
borsoni nel deposito di Edward? – intervenne Nathaniel,
ancora in vivavoce
-Probabilmente è la seconda tappa della polizia!”
“Nat,
per favore, puoi
smetterla con questo deposito? – si esasperò Rider
- Ne sei ossessionato!”
“Nathaniel
ha ragione, li
ha messi in quel deposito. – si intromise Sam – Se
non prendiamo Clarke,
indirizzerà la polizia in quel deposito e troveranno sia il
dipinto che i
borsoni!”
“E’
malato! – pensò Eric,
sconvolto – A meriterebbe
un posto
al Radley.”
Improvvisamente,
il
telefono di quest’ultimo gli squillò in tasca;
Eric deglutì malamente, pensando
di essere stato ascoltato dal loro persecutore.
“Ok,
forse non dovevo
dirlo…” recuperò il cellulare, fissato
dai suoi compagni con una vena di
terrore nello sguardo.
Il telefono
continuò a
squillare tra sue mani, Rider divenne impaziente.
“Allora?
Chi è?”
“E’
solo Alexis, penso mi
stia chiamando per la serata karaoke. – tirò un
sospiro di sollievo – Devo
andare!”
Mentre Rider
provò a
respirare di nuovo, per lo spavento appena preso, Sam si
sentì sempre più male,
poggiando la testa sulla porta del frigorifero.
“Mi
raccomando, non fare
tardi, dopo. – gli disse Rider, prima che se ne andasse
– Siamo noi due in
prima linea.”
“Tranquillo,
ci sarò. –
spostò lo sguardo su Sam, che dava le spalle –
Ehm, ciao Sam…”
Quello non
rispose,
restando nella medesima posizione, chiuso in se stesso. Eric
andò via.
Rider, invece,
si avvicinò
al telefono di Sam, poggiato sul tavolo: “Ehi, Nat, ci
sei?”
Nathaniel prese
subito
parola: “Ci sono ci sono. È solo che…
ora come faccio a starmene seduto nella
mia camera ad aspettare vostre notizie?”
“Trova
il modo, Nat. –
ribattè Rider, grattandosi il capo – Io ho altro a
cui pensare in questo
momento.”
“Tipo
Chloe che si chiederà
dove sarà finito Clarke, domani? – si
voltò Sam, stufo della noncuranza
dell’amico – Solo a me sembra che stiamo
aggiungendo problemi sopra altri
problemi?”
“No,
Sam, stiamo cercando
di eliminarli tutti in un colpo solo, a dire il vero. –
alzò i toni anche Rider
- Ma tanto a te cosa importa, non sei tu quello che deve fare il lavoro
sporco.”
“Basta,
devo uscire di qui.
– si esasperò - Non ti sopporto in questo momento,
non sopporto più nessuno di
voi!” esclamò basito, avviandosi verso
l’uscita della cucina.
Ad un certo
punto, però, si
dovette fermare: “Ma che dico, questa è casa mia!
– si voltò nuovamente verso
Rider, in modo arrogante – Se non ti dispiace, puoi andare!
Devo prepararmi a
rivedere una vecchia amica, mentre voi rapite il suo ragazzo.”
“Tranquillo,
Sam, me ne
stavo giusto per andare. – replicò Rider,
prendendo il suo borsone – Nat, devo
chiudere. – gli disse, tenendo il telefono davanti alla bocca
- Ci sentiamo a
cose fatte.”
“Ok,
ma non litigate. Non è
il momento per farlo, dobbiamo restare uniti.”
suggerì loro, Nathaniel.
Rider e Sam si
scambiarono
un ultimo sguardo fulmineo, dopo aver chiuso la chiamata con
l’amico. Subito
dopo, Rider se ne andò e Sam restò da solo con il
suo malumore.
*
Nel salotto di
casa sua,
Chloe era seduta sul divano a messaggiare con il telefono, poco
interessata al
programma che stavano dando in televisione; la sua sorellastra sedeva
proprio
sulla poltrona lì accanto e la osservava con piccole
occhiate cuoriose.
Chloe:
Sono
preoccupata, hai sentito il notiziario?
Clarke:
Sì,
allora?
Chloe:
Allora?
Come sarebbe, allora? Natalie starà già lavorando
ad un articolo che parla di
questa storia, anziché lavorare a quella che le abbiamo
fornito noi. Non
scopriremo mai se il gemello di Rider è
A, se non sappiamo nulla su di lui.
Clarke:
Aspettiamo
qualche giorno, ok? Conosco Natalie, non si lascerà scappare
questa occasione.
Choe
si accorse di avere addosso lo
sguardo della sua sorellastra, infastidendosi.
Chloe:
Va
bene, aspettiamo. Io, intanto, sono qui con Stacy che mi guarda. La
odio.
Clarke:
Ancora?
Ma non doveva andarsene ieri?
Chloe:
Ma
che ne so, fa come le pare!
“Parli
con il tuo
fidanzato?” le domandò Stacy, smorfiosa.
Chloe
alzò gli occhi dallo
schermo del telefono, voltandosi lentamente verso di lei:
…Scusami?”
“Ti
prego, non fare la
finta tonta. Ieri ti ho vista fuori con quel ragazzo, ero alla
finestra.”
“Non
era il mio ragazzo,
quello.” ribattè.
“Non
sono cieca, sorellina.
– sorrise per indispettirla – Un po’
grandicello, non credi?”
A quel punto,
Chloe decise
di sferrare l’offensiva: “Senti da che pulpito:
almeno io non sono mai
rientrata sbronza, dentro un auto con quattro ragazzi.”
Livida di
rabbia, Stacy si
ammutolì, mentre Chloe godeva di quel momento con un
sorrisino cinico.
Improvvisamente,
arrivò la
madre con indosso il grembiule da cucina.
“Ragazze,
cosa volete che
vi prepari?” domandò con lo stesso spirito di una
casalinga felice e
servizievole.
Stacy
continuò a fulminare
Chloe, per poi alzarsi con irruenza dalla poltrona e lasciare la stanza.
“Grazie,
ma non ho più
fame!” esclamò arrabbiata, passandole accanto.
Sbigottita, la
donna si
voltò verso Chloe: “Ma che cosa è
appena successo?”
“Niente,
mamma. – sbatte
gli occhi, saccente - Tua figlia dovrebbe imparare a farsi gli affari
suoi,
tutto qui.”
“Chloe!
– la rimproverò,
angustiata – Cercate di andare d’accordo almeno
nelle rarissime volte in cui
siete insieme, sono stanca dei vostri litigi.”
“Mamma,
non so se ti è
chiaro, ma io non voglio avere nulla a che fare con la mia sorellastra
e gli
altri tuoi figli! – spiegò per
l’ennesima volta – Per questo sono venuta a
Rosewood a vivere dai miei zii, non sono di certo impazzita tutto
d’un tratto;
avevo le mie motivazioni per farlo e lo sai benissimo.”
Quella
sospirò, scuotendo
la testa, amareggiata. Nel momento in cui se ne andò anche
lei, Chloe ricevette
un messaggio.
Da
Sam:
Ehi,
ciao. So che in questo momento è
strano che io ti scriva, dopo tutto questo tempo, ma ti andrebbe di
fare un
salto a casa mia? Vorrei parlarti.
Chloe
sobbalzò dal divano,
sorpresa di aver ricevuto un messaggio proprio da Sam, così
inaspettato. In
quell’istante, iniziò a riflettere sui motivi che
l’avessero spinto a scriverle
e per questo si preoccupò: poteva solo immaginare a qualcosa
che potesse
avergli fatto A.
*
Al Brew, la
serata karaoke
stava procedendo al meglio; il locale era pieno di persone, i camerieri
circolavano con cocktail e stuzzichini, mentre i vari clienti salivano
sul
palchetto a scatenarsi con il loro cavallo di battaglia.
Intanto, Eric,
assisteva
alla serata, poggiato davanti al bancone con Alexis, aspettando il suo
turno.
“Quella
ragazza è davvero
stonata!” la commentò Alexis, fissandola sul palco.
Eric era
parecchio assente
in quel momento, non faceva altro che controllare l’orologio.
“Non
credi anche tu, Eric?
– si voltò a domandargli, notando il suo distacco
– Eric??”
“Ehm,
sì, canta davvero
malissimo.” rispose distrattamente.
“Va
tutto bene?”
“Sì,
è solo che devo
vedermi con i miei amici fra poco,
perciò…”
“Mmh,
capisco.” tornò a guardare
verso il palco, seccata.
Antonio
salì sul palco alla
fine dell’esibizione, prendendo il microfono; Eric
osservò Alexis cambiare
immediatamente espressione nel momento in cui lo vide; lo guardava come
si
guarda qualcuno da cui si è attratti segretamente.
“Ottimo,
ragazzi, vi voglio
scatenati e talentuosi. – il pubblicò
urlò, entusiasta – Ma adesso, è
arrivato
il momento di accogliere qui sul palco un ragazzo che ormai tutti
conoscete. –
puntò il suo sguardo verso il bancone – Sto
parlando di te, Eric, vieni!”
Tutti si
voltarono verso di
lui, acclamandolo, gridando il suo nome.
Imbarazzato,
Eric si fece
strada fra la folla fino al palco; quando salì, Antonio gli
mise il braccio
intorno alle spalle, stringendolo a sé come un fratello
maggiore.
“Eccolo
qui, Eric adesso ci
canterà Run boy run di Woodkids. – si
girò a chiedergli conferma – Vero, Eric?”
Quello
accennò un sorriso,
annuendo forzatamente; dentro di sé non si fidava del suo
finto buonismo.
A quel punto,
Antonio scese
dal palco, lasciandogli il microfono; la musica partì ed
Eric iniziò a cantare.
“Run boy run! This world is not
made for you. Run boy run! They’re trying to catch you. Run
boy run! Running is
a victory. Run boy run! Beauty lays behind the
hills…”
Quando
posò nuovamente gli
occhi sul gobbo, Eric iniziò a notare qualcosa di strano nel
testo.
Tomorrow
is another day
And
you wAon’t
have to hide away
YoAu’ll
be a man, boy! But for noAw
it’s time to run, it’s time to run!
Run
boy run! This ridAe is
a journey to.
Nonostante ci
fossero delle
A all’interno di alcune
parole, Eric
continuò a cantare, cercando di non far notare a nessuno la
sua inquietudine;
Alexis, però, si accorse che qualcosa non andava, visto il
suo improvviso calo
di voce.
L’esibizione,
dopo qualche
minuto, finì e tutti applaudirono animatamente, mentre Eric
scendeva dal palco
con la testa fra nuvole.
Tornato accanto
ad Alexis,
si riempì un bicchiere d’acqua; quella
notò subito che gli tremava la mano.
“Eric,
va tutto bene?”
“Sì,
perché?”
“Ehm…
non so, sei salito sul
palco con una faccia e ne sei sceso con un’altra. Dimmi
tu.”
“Niente,
è solo che il
testo della canzone scorreva troppo veloce.” si
giustificò, poco convincente.
“Pensavo
fosse una canzone
che conoscessi, non penso ti servisse il gobbo.” insistette,
sospettosa.
Eric
controllò di nuovo
l’orologio, oppresso dalle sue domande: “Senti,
devo andare!” esclamò,
recuperando la sua giacca da dietro il bancone, stufo.
Perplessa e
confusa, Alexis
non ebbe nemmeno il tempo di aggiungere altro che Eric uscì
dal locale in
fretta e furia.
*
Più
tardi, Sam sentì
suonare il campanello. Teso, sapeva già chi poteva essere,
perciò raggiunse la
porta con esitazione e quando la aprì, trovò
Chloe con in mano una bottiglia di
vino e un accenno di sorriso alquanto imbarazzato.
“Sei
venuta!” esclamò con
sorpresa, rigido come il legno.
“Beh,
sì, mi hai scritto
tu, perciò…” ciondolò
davanti alla porta, Chloe.
“Sì
sì, entra!” si spostò
per farla passare.
Quella gli mise
la
bottiglia di vino fra le mani, mentre entrava: “Questa
è per tuo padre; mi
ricordo ancora il suo vino preferito.”
“Oh,
grazie. Lo apprezzerà
molto.” disse, chiudendo la porta.
In salotto,
Chloe poggiò il
suo cappotto sulla poltrona, che Sam iniziò a tenere
d’occhio; in una delle
tasche c’era il telefono che doveva rubare per mandare il
messaggio di incontro
a Clarke.
“Sam,
va tutto bene?” gli
domandò, dopo essersi seduta e aver notato un clima molto
pesante.
“Ehm…
Il fatto è che, non
pensavo saresti venuta. – spiegò, non riuscendo a
reggere i suoi sguardi – Ho
riflettuto su molte cose, tra cui la nostra amicizia; credo di essermi
comportato in modo strano, quindi…”
“…
quindi, vuoi che
torniamo amici?” completò per lui.
“Lo
so, forse ti sto
chiedendo troppo, ma… vorrei iniziare almeno da stasera, a
piccoli passi. Non è
giusto che una bellissima amicizia come è stata la nostra,
venga buttata via
così, senza nemmeno riprovarci.”
Chloe
trovò il suo
comportamento sempre più strano, iniziando a preoccuparsi
che ci fosse dietro
qualcos’altro: “Ehm, è vero, la nostra
è stata una bella amicizia finchè non ti
sei unito molto agli altri, dopo la morte di Anthony. Infatti mi chiedo
se non
sia successo qualcosa con loro…”
“Se
stai insinuando che io
e loro abbiamo litigato, ti rispondo subito di no. – rise,
sudando freddo – Non
ti sto riciclando, Chloe: sei qui perché mi sono reso conto
di non essere stato
un buon amico con te, tutto qui.”
“Su
questo non c’è dubbio!”
sottolineò con le sopracciglia sollevate.
“Quindi
sei disposta a
ricominciare da zero?”
“Sì,
ma a patto che voglio
la più totale sincerita da parte tua. Sei stato strano per
tutto questo tempo e
non ho mai capito perché, non ti sei mai
confidato.”
Sam
iniziò ad agitarsi,
torturandosi le mani: “Io… beh, io… ero
strano perché…”
Quella rimase a
fissarlo,
aspettandosi di sentire ciò che voleva sentire: la
verità su A.
“Sam,
qualcuno ti ha fatto
qualcosa?” lo incentivò
“Eh?
– sussultò quello,
colto di sorpresa – No! – scosse la testa
energicamente, cercando di negarlo –
No no, niente di tutto questo!” mentì, pur sapendo
che Chloe sapeva in qualche
modo dell’esistenza di A.
“E
allora che cos’è? –
domandò, delusa – Non posso tornare tua amica se
non mi dici perché hai smesso
di essere mio amico.”
“Ascolta,
vado a prendere
qualcosa da mangiare. Per messaggi mi hai detto che avresti saltato la
cena,
venendo qui da me, perciò…”
cercò di sorvolare quanto più possibile.
“Ehm,
d’accordo… - sospirò,
alzandosi – Vado un secondo in bagno, torno subito.”
“Ok
ok…” annuì, pronto a
cogliere quell’occasione.
Chloe
lasciò la stanza, così
come Sam finse di farlo, tornando subito indietro; iniziò a
tenere d’occhio il
corridoio, mentre sfilava di nascosto il telefono dal cappotto.
*
Riuniti nella
stanza di
Nathaniel, erano quasi le undici di sera; Eric cercò di
spiegare ciò che era accaduto
al Brew.
“A ha manomesso il karaoke? –
Nathaniel rimase basito, spostando lo
sguardo su Rider – Non è umano: prima entra a casa
di Sam, poi disseppellisce
pezzi di cadavere nel bosco e oggi riesce a manomettere un karaoke,
indisturbato?”
“Sì,
beh, abbiamo capito
che A deve aver studiato alla
scuola
per metaumani, non c’è da
meravigliarsi!” esclamò Rider, tenendo le braccia
incrociate.
Eric lo
fissò, non
afferrando l’espressione da lui usata; Rider si accorse
subito del suo sguardo
confuso e opprimente.
“The
flash! – lo illuminò,
pensando di essere finalmente compreso - I metaumani, Barry
Allen… –
spostò lo sguardo fra i due, vedendoli
ancora più disorientati – Niente? Non conoscete
The flash?”
“Rider,
ma di che stai
parlando?” domandò Nathaniel, stufo.
“Se
Sam fosse qui, mi
avrebbe compreso sicuramente, oltre a vergognarsi di voi. –
replicò deluso - E’
uno degli show di punta della CW!”
Nathaniel scosse
la testa,
cambiando discorso: “Eric, cosa è successo al
Brew?” si rivolse a lui.
“Stavo
cantando una
canzone, quando sul gobbo, dove appare il testo, ho visto delle A dentro le parole.”
“Hai
fatto una foto?”
chiese Rider.
“Ovviamente,
no. C’erano
almeno una quarantina di persone, non potevo mettermi a fotografare il
gobbo di
un karaoke.”
“Quindi
come decriptiamo il
messaggio musicale di A? –
si
preoccupò Rider – Dev’essere qualcosa di
importante, magari è legato alla
consegna di Clarke.”
“Non
sappiamo nemmeno se A abbia la
minima idea di cosa stiamo
facendo.” pensò Nathaniel.
“Lo
sa, invece.” ribattè
Rider.
Eric, intanto,
tirò fuori
dalla tasca un foglietto: “Qui ho scritto la parte del testo
con dentro le A. – lo
passò a Rider, facendo un
appunto – La professoressa di biologia dice che ho una
memoria fotografica.”
“Ora
lo vedremo…” disse
Rider, controllando il testo.
Tomorrow
is another day
And
you wAon’t
have to hide away
YoAu’ll
be a man, boy! But for noAw
it’s time to run, it’s time to run!
Run
boy run! This ridAe is
a journey to.
“Visto?
– Eric notò un volto
perplesso in Rider – Non si capisce niente, mette la sua
firma in mezzo alle
parole e non hanno più senso.”
“Credo
che dare un senso
alle parole non sia lo scopo del messaggio. – Rider
sembrò aver decifrato il
testo – Piuttosto, A mette
in luce
l’errore per soffermarci sulle lettere che sono accanto alla
sua firma.”
Nathaniel si
alzò dal
letto, avvicinandosi a lui: “Quindi il messaggio sta nelle
parole che sono
accanto alla A? –
provò a mettere in
pratica la teoria – WOOUOWDE???”
“Mi
prendi in giro? – si
avvicinò anche Eric – Il messaggio sarebbe il
verso di un animale?”
Con il foglio
ancora in
mano, Rider si voltò verso di lui con disappunto:
“Nessun animale fa questo
tipo di verso, Eric.”
“Ok,
ci provo io! – esclamò
Eric – Forse è… OWUOWAWOED???”
Entrambi gli
amici li lanciarono
un’occhiataccia.
“Sei
serio? – commentò
Rider, allibito - Hai solo invertito le lettere che ha appena detto
Nathaniel.
– sospirò, incredulo – Siete entrambi
pessimi come osservatori, lo sapete?
Mentre voi sparavate parole incomprensibili come fanno i bambini di tre
anni,
io ho capito che bisogna prendere tutte le lettere che ci sono prima
della A, quindi la parola
è: Wood!”
Nathaniel si
guardò con
Eric, entrambi a bocca aperta: “Oh mio Dio, il
bosco!”
“Non
voglio azzardare, ma
credo che A voglia che portiamo
Clarke lì, dopo averlo catturato.”
ipotizzò Rider.
“Come
fa A a sapere dove si trova il
bosco?” si
chiese Eric.
Rider rispose
prontamente:
“Lo sa, perché noi lo sappiamo.”
“Ma il
tablet con le
coordinate del bosco ce l’hai tu, no? –
pensò Nathaniel – A meno che…”
“E’
entrato a casa di Sam,
perciò può benissimo essere entrato anche in casa
mia e aver preso le
coordinate. – trovò ovvio, Rider – Mi
vengono i brividi a pensare che cammina
dentro le nostre stanze, mentre dormiamo.”
A Nathaniel
venne la pelle
d’oca: “Già, ora che l’hai
detto, credo che non dormirò mai più.”
“Credo
che per stanotte
sarà più impegnato a riscuotere Clarke che venire
a guardarti dormire.”
aggiunse Eric.
Un messaggio
sopraggiunse
proprio sul telefono di quest’ultimo; i suoi amici lo
fissarono, mentre lo
leggeva.
“Ragazzi,
è Sam! – fece
sapere - Ha mandato il messaggio a Clarke dal telefono di
Chloe.”
Nathaniel era
curioso di
sapere maggiori dettagli: “Di preciso, dove dovete rapire
Clarke?”
“Abbiamo
pensato di fare
questa cosa vicino al Rosewood community park, dove
c’è la fermata dell’autobus
e quella strada poco illuminata e senza telecamere.”
spiegò Rider.
“E
come avete intenzione di
catturarlo, Clarke?”
“Ehm…
- Eric si guardò con
Rider, restando ermetico – Preferiamo non dirti questa parte,
ci prenderesti
per matti! O prenderesti Rider per matto, visto che l’idea
è sua.”
“Già,
tu pensa solo che
abbiamo tutto sotto controllo!” esclamò Rider.
Nathaniel
cercò di dedurre
qualcosa dall’abbigliamento dell’amico:
“C’entra con il fatto che Rider è
vestito da A? Se solleva il
cappuccio in testa, è identico a lui.”
“Più
o meno! – esclamò
Rider con tono frettoloso, controllando l’orologio
– Ora dobbiamo andare,
Clarke non ci metterà molto a raggiungere il posto;
sicuramente si starà già
chiedendo cosa ci faccia Chloe da quelle parti, da sola.”
Insieme ad Eric
si avviò
verso la porta, finalmente. Nathaniel disse loro un ultima cosa,
però.
“State
attenti, quando
porterete Clarke nel bosco per consegnarlo ad A.
Se ha rubato le coordinate, l’avrà fatto diversi
giorni fa,
perciò dev’esserci già stato e aver
preparato qualche trappola.”
“Tranquillo,
faremo
attenzione. – lo rassicurò Eric – Anche
se non c’è da preoccuparsi, penso che A voglia solo avere Clarke, in questo
momento, non noi.”
I due lasciarono
la stanza,
a quel punto. Nathaniel si rimise a letto, in ansia per i suoi amici.
*
Julie, nel
frattempo, era
davanti al suo computer, impegnata a tenere d’occhio Sam.
Improvvisamente
squillò il telefono: era Palmer.
“Pronto,
amore?” rispose.
“Ehi,
tesoro, vuoi che ti
porti qualcosa dal cinese, quando rientro? – le
domandò, coperto dalle voci di
altre persone – O hai già mangiato?”
“E
quando rientrerai,
esattamente? – ribattè, leggermente seccata nel
tono – E che cos’è questo
casino?”
“Sono
in un bar con alcuni
colleghi, Jerome ci ha portati fuori a prendere una birra per
festeggiare il
suo compleanno.”
“Chi,
quello che l’altra
volta mi ha scambiato per tua sorella?” ricordò
con fastidio.
“Oh,
avanti, non sembro
così vecchio, nonostante la carta dica il contrario. Ci
può stare che abbia
fatto quel commento.”
“Tesoro,
non ho nemmeno
trent’anni, mentre tu hai superato i quaranta: per me quella
era un’offesa!”
sottolineò a gran voce.
“Allora,
ti porto qualcosa,
più tardi?”
Quella
sospirò, tralasciando
anche lei quel discorso: “No, ho già mangiato. Fai
il bravo!”
“Sicura?”
“Sì,
divertiti! Torna dai
tuoi anziani amichetti!” lo convinse ancora una volta, il suo
solito tono
sarcastico.
Quando la
chiamata si
chiuse, Julie rimise il telefono sul tavolo; dopo si legò i
capelli, tornando a
fissare il computer, parlando tra sé e sé in
maniera permalosa.
“Col
cazzo che ho già
mangiato, ora chiamo il fattorino della pizza! –
smanettò sul computer con una
mano, mentre con l’altra digitava il numero sul telefono
– Di certo non
aspetterò che Jerome spenga le sue duecento candeline per
mettere del cibo
nello stomaco!”
Qualcosa, poi,
attirò la
sua attenzione sul computer, facendole dimenticare quel piccolo momento
di
irritabilità nei confronti del fidanzato; chiamò
subito Wesam, poi.
“Ehi,
Wesam, mettiti i
pantaloni!”
“Che
succede?”
“Sam
ha appena scritto ai
suoi amici, saranno al Rosewood community park.”
“A far
che?”
“E io
che ne so, il tuo
baby fidanzato non è molto dettagliato nei
messaggi.”
“Ok,
non è molto lontano,
ci vado a piedi!”
“Fai
attenzione, A non deve vederti:
sei tu che devi
vedere lui; poi seguilo.”
“Chi
ti dice che A sarà sul
posto?”
“Non
lo so, tu stai solo
attento!”
“D’accordo,
a dopo! Tienimi
aggiornato.”
“Puoi
scommetterci!”
ribattè, restando in linea.
*
Seduti sul
divano, agli
antipodi, Sam e Chloe stavano guardando un episodio di Dexter con due
buste di
patatine fra le mani e una bibita gassata sul tavolino; entrambi erano
molto
silenziosi, più impegnati a mantenere quel silenzio che a
guardare la
televisione.
“Ne
abbiamo guardate di
serie, insieme; deteniamo un vero e proprio record, ma non capisco
perché non
abbiamo mai visto Dexter: è uno dei serial crime
più conosciuti in tutto il
mondo!” parlò Sam, cercando di smorzare la
tensione.
“Già,
forse non ci
piacciono i serial killer!” si voltò quella, uno
sguardo glaciale.
Sam si
intimidì, a disagio
per quella occhiata ricevuta; continuò a fingere di essere
interessato alla
trama della serie, pur di evitarla.
“Ehm…
adoro questa terza
stagione: Dexter ha finalmente trovato qualcuno che lo capisca e che lo
accetti; per tutto questo tempo è rimasto solo, a combattere
una battaglia che
non ha chiesto di combattere, ma che gli è stata importa da
suo padre.”
“Beh,
è lui che ha scelto
di restare solo. Perché mantenere questo segreto? Avrebbe
potuto raccontarlo
alla sorella, a qualcuno di cui si fida; alla fine salva delle vite
innocenti,
che importa come si libera dei problemi che affliggono questo
mondo?”
Sam
sfociò in un
espressione perplessa: “E’ un mostro, Chloe.
Nessuno convive con i mostri.”
L’altra
abbassò lo sguardo,
lasciando cadere la sua maschera: “…Tu lo fai ogni
giorno, qual è la
differenza?”
A
quell’affermazione, Sam
bloccò l’episodio con il telecomando, restando
immobile per diversi secondi;
Chloe decise di gettare finalmente quel sasso, sperando che lui lo
raccogliesse: era arrivata l’ora di farla finita con i
segreti.
“A
cosa ti riferisci?”
deglutì a fatica, aspettando una risposta.
“Alla
cosa che hai tentato
di nascondermi fino ad avermi allontanata.”
A quel punto,
Sam lasciò
cadere anche la sua maschera; non sarebbe riuscito a portare avanti
un’altra
serie di bugie, così si rilassò e decise di
confessare.
“Cosa
sai?”
“So
che il mostro di cui
stiamo parlando è A.”
Sam ne ebbe
finalmente la
conferma, ora che era uscita quella lettera dalla sua bocca:
“Come l’hai
scoperto?”
“Credo
di saperlo dal
giorno in cui mi hai accompagnata alla Hollis; ti è arrivato
un messaggio da A e ti chiedeva di
guardare il
notiziario.”
“Ah,
quello… - Sam si voltò
dall’altra parte, ripensando con gli occhi lucidi a quante ne
aveva passate da
quel momento – Sembra passato un secolo…”
Chloe
capì che la
situazione era più tragica di quanto immaginasse:
“…Cosa vi ha fatto?”
L’altro
sorrise in maniera
malinconica, guardandola negli occhi come un condannato a morte:
“Non saprei
nemmeno da dove cominciare. – una lacrima gli scese lungo il
viso, mostrando la
sua sofferenza – Non potevamo dirlo a nessuno, non potevo
dirlo a te o a mio
padre o alla polizia.”
Coinvolta
emotivamente,
Chloe gli mise una mano sulla spalla, cercando di essere di conforto:
“Mi stai
spaventando, non sembra averti minacciato solo con dei
messaggi…”
“Come
sai che ci minaccia?
– Sam si pulì le lacrime, cercando di estirpare
alcuni suoi dubbi – Insomma,
hai pensato che qualcuno mi minacciasse solo da quel semplice messaggio
che hai
visto sul mio telefono? E poi perché lo sa anche la sorella
di Rider?”
“Come
sai che Lindsey lo
sa?” domandò sbigottita.
“L’ha
scoperto Rider quando
era rinchiuso al Radley; in pratica nella sua cucina c’era
una cimice nascosta
e lui vi ha ascoltate attraverso una bambola di pezza.”
“Un
secondo, Rider era al
Radley?”
“A l’ha scambiato con suo
fratello gemello. A proposito: Rider ha un
fratello pazzoide di cui lui e sua sorella non sapevano
nulla.”
“Ok,
io lo so che Rider ha
un fratello; cioè, l’ho scoperto qualche giorno fa
e Clarke pensa che sia A, ma io non
ne sono così tanto
convinta e… ” parlò a raffica,
disorientata da tutte quelle informazioni.
Sam
sgranò gli occhi, bloccandola:
“Lo sa anche Clarke?”
“E’
una lunga storia, ma
Lindsey non ne sa quanto me e lui. Ha solo ricevuto un messaggio
intimidatorio
da A, che insinuava una sua
gravidanza.”
“E
pensa di averlo ricevuto
da Alexis, lo so! – Chloe sbigottì nuovamente e
lui le spiegò subito – Ehm,
sempre Rider che vi ha ascoltate dal Radley.”
“Ok,
Clarke pensa che sia
stato il fratello di Rider ad uccidere Anthony e suo padre, ma non
sappiamo
nulla di quel ragazzo, quindi ha voluto indagare.”
“No,
siete fuori strada, Nolan
non c’entra nulla con tutto questo, te lo posso confermare; e
poi è rinchiuso
al Radley, come vi è venuto in mente?”
“Appunto,
gliel’ho detto
anch’io, ma insisteva col dire che anni fa c’erano
dei problemi di sicurezza al
Radley e che poteva essere riuscito a fuggire indisturbato e compiere
gli
omicidi.”
“Mi
dispiace per Clarke, ma
suo padre è stato ucciso da Anthony; quella sera ci
chiamò per aiutarlo a
lasciare Rosewood, finchè non abbiamo investito Albert
durante il tragitto.”
Chloe si
portò una mano
sulla bocca, sconvolta: “Oh mio Dio… E Anthony
come ci è finito nell’incendio?”
Sam si
ammutolì in seguito
a quella domanda, ma decise di non mentire più:
“Ehm… dopo che abbiamo
investito Albert, l’abbiamo portato a casa di Anthony e messo
accanto a suo
padre. – ricordò con vergogna - Poi abbiamo
appiccato l’incendio: il piano di
Anthony era quello di far credere a tutti che fosse morto.”
“Chi
era alla guida?”
chiese ancora, sempre più sconcertata.
“Era
Anthony; quella notte
uscì fuori di testa, sembrava un matto. L’ultima
volta che l’abbiamo visto è
stato quando l’abbiamo accompagnato alla stazione. Poi A ci ha mandato un video dove sembrava
che l’avesse ucciso, invece
l’aveva solo rapito.”
“Aspetta,
se Albert è stato
ritrovato più di un mese fa, chi hanno seppellito
all’inizio?”
“Chloe
è complicato, nella
bara di Anthony c’è sempre stato qualcuno che non
conosciamo. Noi pensavamo ci
fosse Albert prima del funerale di Anthony, poi A
ci ha fatto credere che l’avesse scambiato con
Anthony, invece ci
ha solo presi in giro.”
“Ma
Anthony è morto,
giusto?”
Sam face sempre
più fatica
a rispondere: “Ehm, a dir la verità…
non lo sappiamo con certezza; però
sappiamo che Anthony è riuscito a fuggire da A
e che è rimasto nascosto a Rosewood per almeno una
settimana, mentre
tutti lo credevamo morto.”
Chloe non sapeva
come
reagire, incredula: “Come sapere tutte queste cose?”
“Le
abbiamo scoperte per
caso, Chloe; ci sono tante cose che non sai e che ci metterei una vita
a
raccontarti.”
“E’
assurdo, perché non
dite nulla alla polizia? A avrà
ucciso qualcuno per riempire la bara di Anthony, perciò non
capisco!”
“Tu
non capisci, A possiede dei
filmati su noi: quella
notte era con Albert, prima che lo investissimo.”
“Albert
era con Lindsey e
Brakner, li ho visti. Non c’era
nessun’altro.”
“Beh,
dev’essere salito
sulla macchina di A dopo essere
sceso da quella di Brakner. Per quanto tempo sei rimasta
lì?”
“Non
molto, sono andata via
subito.”
“E non
hai fatto caso alle
macchine parcheggiate lì vicino?”
“No,
per niente.”
Entrambi
sospirarono,
mentre Chloe metabolizzava ogni cosa. Sam cercò di metterla
in guardia.
“Ascolta,
A ci odia con tutte le sue forze
perché
abbiamo ucciso Albert. Ma ci odia anche per un’altra cosa...
solo che, di
questa cosa, noi ne siamo responsabili.”
Chloe si
voltò verso di
lui, gli occhi leggermente sgranati: sapeva di cosa stesse parlando.
“Ehm…
- temè nel dire la
verità – Quindi A è
una persona
legata ad Albert?”
“Noi
sospettavamo di
Brakner, ma a questo punto non sappiamo chi sia.”
Il suo cuore
battè sempre
più forte, Chloe faticava quasi a respirare: “Sam,
io devo dirti una cosa… - lo
fissò negli occhi con timore – So per che
cos’altro A vi sta
perseguitando…”
Sam
sussultò, perlesso:
“No, non puoi saperlo. Non te l’ho ancora
detto.”
“E
invece lo so.” ribattè
con gli occhi lucidi.
“Oh
mio Dio, Clarke te l’ha
detto? Ti ha detto del bosco?” intuì.
“Lo
sapete, allora…”
abbassò lo sguardo, sentendosi ancora più in
colpa.
“Certo
che lo sappiamo, A ci sta
perseguitando per questo
motivo e ce l’ha detto forte e chiaro; in tutti questi mesi
abbiamo cercato di
fargli capire che eravamo innocenti, finchè non abbiamo
scoperto che era Clarke
il complice di Anthony in quel bosco. – la giudicò
– Se sai di Clarke, come hai
potuto continuare a frequentarlo dopo quello che hai saputo su di
lui?”
Quella scosse la
testa:
“Non è Clarke il complice di Anthony, lui non
c’entra nulla… - non riuscì a
trattenere le lacrime, la voce soffocata – Sono io la
complice di Anthony!”
rivelò.
Sconvolto, Sam
si alzò dal
sofà in un solo scatto, sgranando gli occhi e restando a
bocca aperta; quasi
vollè svenire: “No, non può
essere… Ti prego, non tu…”
“Invece
è così!”
riconfermò, devastata.
L'atmosfera si
congelò
all'istante.
*
Clarke, intanto,
arrivò nei
pressi del Rosewood community park, scendendo dalla sua macchina; non
c’era
anima viva lì intorno.
Aspettò
diversi minuti,
controllando continuamente il telefono. Improvvisamente, vide qualcuno
camminare dall’altra parte della strada; portava un cappuccio
nero in testa,
non si scorgeva il volto. Clarke restò a fissarlo, mentre
quello era fermo
davanti alla fermata dell’autobus con la testa bassa.
Una macchina
arrivò proprio
in quell’istate, ad una certa velocità,
abbagliando la stradina;
l’incapucciato, sotto gli occhi di Clarke, iniziò
ad attraversare la strada.
Immaginando il
peggio,
Clarke avanzò di un passo e urlò al ragazzo:
“EHI! – ma quello non si fermò,
mentre la macchina andava spedita – EHI, STAI
ATTENTO!”
Ma
l’incappucciato continuò
a camminare, colpito da quell’auto, che sfrecciò
via senza fermarsi: il ragazzo
rimase steso sull’asfalto.
Clarke,
sconvolto,
attraversò la strada di corsa, raggiungendolo.
“Ehi,
mi senti? – si
inginocchiò a sincerarsi delle sue condizione, pigiando due
dita sulla
giugulare – Tranquillo, ora chiamo
un’ambulanza!” e prese il telefono,
iniziando a digitare il numero.
In quel momento
di
distrazione, l’incappucciato si sollevò di scatto
e infilò l’ago di una siringa
nel collo di Clarke: si trattava di Rider.
Quello
sgranò gli occhi,
riuscendo a dire qualcosa poco prima di perdere i sensi: “Ma
che…???”
Rider
frugò nelle sue
tasche, recuperando le chiavi della macchina; Eric tornò
indietro a piedi, dopo
aver investito l’amico qualche attimo prima.
“Potevi
andarci piano, per
poco non mi investivi sul serio!” gli lanciò le
chiavi, guardando entrambi i
lati delle strade per assicurarsi che non stesse arrivando nessuno.
“Scusa
tanto se non ho mai
investito qualcuno per finta!” esclamò Eric con la
voce tremolante, aiutando
Rider a portare Clarke fino al bagagliaio della macchina.
“L’importante
è che sia
andata bene, è stato facile!” ribattè
Rider con l’affanno, dopo che l'avevano
caricato.
“Lo
dobbiamo legare?”
domandò, mentre lo osservavano a sportello aperto.
“Non
abbiamo tempo,
potrebbe arrivare qualcuno. Lo faremo nel bosco, tanto
dormirà per un bel po’
di ore; non c’è pericolo che si svegli
all’improvviso. – suggerì, chiudendo il
bagagliaio – Avvisa Sam e Nat!”
Eric prese
subito il
telefono, mentre aprivano i rispettivi sportelli per entrare in
macchina e
partire.
Non molto
lontano da loro,
Wesam vide tutta la scena, con il telefono all’orecchio.
“Tu
non immagini cosa ho
appena visto…” riferì a Julie,
sconvolto.
*
Nel frattempo,
Sam era
ancora in piedi davanti a Chloe, facendo avanti e indietro con
nervosismo.
“No,
ti prego, dimmi che
stai scherzando. Ti prego, Chloe.”
“Anthony
mi ha fregata, non
avrei mai acconsentito a stare dietro a quella telecamera a riprendere
ciò che
stava facendo a quelle persone.”
“Dimmi
che Albert non è
stato in quel bosco…” volle saperlo, terrorizzato
dalla risposta.
Chloe
anticipò quella
risposta con un’espressione ormai pallida:
“L-lui… - balbettò, spaventata
– Sì,
lui c’è stato.”
Sam si mise le
mani nei
capelli: “Oh mio Dio… - subito la prese per le
spalle, facendola alzare in piedi
– Chloe, non possiamo più restare qui. Devo
portarti via. ORA!”
“C-che
vuoi dire?”
“A ti ucciderà, ok?
– tremò la voce anche a lui, terrorizzato
– Devi
sparire, ti aiuterò.”
“Ma
non posso sparire, sei
impazzito?”
“Ha
ucciso una persona,
Chloe! – la scosse, sperando di aprirle gli occhi –
L’ha fatta a pezzi e ci ha
chiesto di seppellirla nel bosco, d’accordo? Lui ha capito
che il complice di
Anthony non è nessuno di noi e ci sta torturando da
settimane affinchè glielo
consegnassimo.”
L’altra
continuò ad inorridirsi,
la mano nuovamente davanti alla bocca: “Oh mio Dio, non dirmi
che l’omicidio
annunciato oggi al notiziario è…???”
“Sì,
parlavano dell’uomo
che abbiamo seppellito. Tu non hai idea di quanto siamo fottuti; ti ho
tenuta
distante anche per questo, la mia vita è una totale follia!
“Sam,
voglio spiegarti!” si
sentì in dovere di farlo, visto che non sapeva cosa pensasse
l’amico di lei;
non voleva essere considerata uguale ad Anthony.
“Non
adesso, vado a
prendere le chiavi della macchina. A potrebbe
aver messo dei microfoni in casa mia, dobbiamo andarcene!”
“Ma
dove andiamo?” lo
rincorse, mentre quello cercava le chiavi in cucina, facendo cadere
delle cose.
“Lontani
da quel mostro,
fidati di me!”
Arresa e
spaventata, Chloe
annuì ripetutamente. Trovate le chiavi, poi, lasciarono
l’abitazione in fretta
e furia.
*
Alla guida della
sua auto,
Wesam stava seguendo Eric e Rider lungo l’autostrada fuori
Rosewood; a debita
distanza per non farsi beccare, era ancora al telefono con Julie.
“Pensano
che il fratello di
Anthony sia suo complice, Sam non mi ha mai accennato niente di lui. E
nemmeno
di questo piano folle.”
“Forse
non te l’ha detto,
proprio perché è folle. Sono così
disperati da rapire una persona e drogarla?”
“Devo
stargli addosso,
prima che facciano una sciocchezza.”
“Tipo
farlo a pezzi?”
“N-non
credo, Julie… - lo
trovò troppo azzardato ed inquietante - Sam e gli altri
volevano scoprire chi
fosse il complice ed indicarlo ad A,
ma non avevo idea che avessero intenzione di rapirlo.”
“Dove
credi che stiano
andando?”
“Non
lo so, ma non mi
piace…” continuò a tenere
d’occhio la loro auto.
“Oh
oh! – tuonò Julie, dopo
essere rimasta in silenzio per diversi secondi – Non ti
piacerà nemmeno
questo!”
“Cosa?
Che succede?”
“Sam
sta lasciando la
città, sto ancora monitorando il suo telefono.”
“Sta
arrivando dietro di
me? Forse sta raggiungendo i suoi amici…”
“Veramente
sta andando
dalla parte opposta alla vostra, ha imboccato l’autostrada
est!”
“Cosa?”
sussultò, frenando
bruscamente; fece immediatamente inversione.
“Cos’era
quel rumore?”
“Si
sta muovendo
velocemente?” domandò, accellerando
progressivamente per raggiungerlo.
“A
giudicare da come si
muove il puntino sul monitor, direi che ha una gran fretta.”
Wesam era in
pensiero: “Sta
succedendo qualcosa…”
*
Contemporaneamente,
sull’autostrada est, Sam stava quasi superando i limiti di
velocità pur di
allontanarsi da A e proteggere la
sua amica.
Chloe stringeva
la cintura
che le passava in mezzo al seno, rigida per la paura: “Sam,
stai andando troppo
veloce.”
“Lo
so, ma dobbiamo
allontanarci il più possibile!”
“Ma
dove andiamo?”
“Ovunque,
tranne che qui… -
lanciò un’occhiata al suo telefono, sul cruscotto,
che prese – Buttalo! –
ordinò a Chloe – Butta anche il tuo telefono, lui
può fare delle cose, può
rintracciarci.”
“Sei
serio?”
“Chloe,
ti ho detto di
buttarli! – urlò – So di cosa
è capace, tu non hai idea.”
Ansimando, Chloe
abbassò il
finestrino e gettò fuori i loro telefoni.
“Sto
iniziando ad avere
paura, Sam… - fece fatica a deglutire – A
vuole uccidermi, ma io non ho fatto niente.”
“Perché?
– le domandò –
Perché ti sei unita ad Anthony?”
“Te
l’ho detto, mi ha
fregata. Solo che… era troppo tardi, quando me ne sono
accorta.”
FLASHBACK
“Ci
siamo conosciuti per la prima volta,
tre anni fa. Era quasi settembre, l’estate era agli
sgoccioli; quella volta ero
venuta qui con mia madre per passare qualche settimana di vacanza dai
miei zii.
C’era anche Stacy, la mia sorellastra. Non la sopportavo
più, così sono stata
fuori casa per quasi tutto il pomeriggio; sono andata al Brew, ed
è stato lì
che l’ho conosciuto.
Lui
era al computer, seduto ad uno dei
tavoli; io ero seduta al tavolo di fianco: ci lanciammo una serie di
sguardi,
fin da subito, finchè non venne a sedersi davanti a
me.”
“Sei
nuova,
non ti ho mai vista qui.” esordì con un sorriso
cordiale.
Chloe
rimase
assai sbigottita: “Non pensavo che mi avresti rivolto la
parola, sono
sorpresa.”
“Pensavi
che
fossi uno di quei ragazzi che ti lancia quattro occhiate e poi non
trova il
coraggio di venirti a parlare?
“A
dir la
verità, no. Sei un bellissimo ragazzo, pensavo solo che
avessi standard più
alti.” rise per sdrammatizzare, dimostrando di avere una
scarsa autostima di sé
stessa.
“Stai
per
caso dicendo che non sei al mio stesso livello?”
“No,
lo dice
la legge universale per il quale un ragazzo perfetto nota solo le
ragazze
perfette.”
Anthony
si
fece più avanti, risoluto: “Lascia che ti sveli un
segreto… - sussurrò, a pochi
centimetri dal suo viso – Qui a Rosewood, le cose funzionano
diversamente: a
volte, il ragazzo perfetto può notare la ragazza che si
sente imperfetta… ma
che è perfetta per lui.”
Chloe
arrossì, sudò, quasi le mancava il fiato:
“Ehm… immagino che Rosewood sia un
bel posto dove vivere, se le cose funzionano in modo diverso da come
funzionano
nel mondo reale.”
“Ha
i suoi
difetti, ma non si lascia dimenticare così
facilmente.”
“Vorrei
poterci vivere…”
“Quindi
non
sei di queste parti?”
“South
Dakota! Sono qui in vacanza dai miei zii con mia madre e… -
assunse un
espressione ripugnata – la mia sorellastra!”
“Non
andate
d’accordo, eh?”
“Diciamo
che
se la casa andasse a fuoco e io fossi priva di sensi, mi lascerebbe
lì senza
nemmeno chiamare aiuto; sarebbe capace persino di scattarsi un selfie
davanti
alla casa in fiamme: non so se rendo l’idea!”
“L’ha
avuta
con il suo nuovo marito?”
“Ehm,
no, lei
è solo figlia del nuovo marito e del suo precedente
matrimonio. Oltre lei, ci
sono Kevin e Sophia; nemmeno loro sono miei grandi fan…
– si ammutolì,
improvvisamente triste – Ovviamente non ci ho potuto fare
nulla; dopo che mio
padre ci ha lasciate, ho dovuto seguire mia madre in questa follia che
lei
chiama amore.”
Anthony
annuì: “Capisco…”
“Fortuna
che
Stacy andrà al college l’anno prossimo: meno uno
che mi odia!”
“Ma
gli altri
due restano, no? Ti toccherà subire loro, ancora.
– pensò, per poi interessarsi
a ciò che stava facendo – Cosa
c’è sul computer? Ho notato che eri molto
indaffarata.”
Quella,
entusiasta del suo interessamento, girò il computer verso di
lui: “Niente, sto
montando alcuni video che ho girato. Mi piace filmare.”
svelò, orgogliosa del
suo passatempo.
Anthony
avviò
uno dei suoi filmati, che mostrava 365 albe in sei minuti. Chloe
spiegò subito
di cosa si trattasse.
“Ogni
giorno,
per un anno, ho filmato il sole che sorgeva; poi ho montato tutto
insieme ed è
venuto fuori che… nessuna alba è mai uguale
all’altra. – ne parlò con un
sorriso genuino – Tutte così diverse e tutte
così uniche.”
“Qui
ci sono
molti video, vorrei vederli tutti; sembri una ragazza in
gamba!” esclamò,
sorridendole.
“Se
lo dici
tu!” sorrise a sua volta, piacevolmente colpita dai suoi
complimenti.
Improvvisamente,
Anthony si mostrò riflessivo: “Hai mai pensato di
dire a tua madre che quella
vita che si è scelta, non è la vita che vuoi
tu?”
“Sempre,
a
dire il vero. La verità è che non ho un altro
posto dove andare, sono
minorenne.”
“Potresti
vivere dai tuoi zii!” le suggerì.
“La
mia vita
è nel South dakota, mia madre non farà mai questo
passo.”
“Lei
sa
perfettamente che tu e tuoi fratellastri non vi piacete, no?
– quella annuì, ascoltandolo
– Beh, forse ha bisogno di una spinta in più per
capire che c’è davvero un
problema che va risolto.”
“E’
stato in quel momento
che Anthony mi ha fatto un favore. – raccontò
– Grazie a lui, mia madre ha
deciso di farmi vivere qui a Rosewood… - si
mostrò affranta - Non avrei mai
immaginato che un giorno me ne sarei pentita.”
“Che
favore ti ha fatto?”
domandò Sam, mentre guidava.
“Ha
conosciuto Stacy, in
qualche modo, poi l’ha invitata ad una mega festa di qualche
suo amico;
ovviamente lei non rifiutò, non vedeva l’ora di
riempire i social e far morire
d’invidia chiunque la seguisse su Instagram o Facebook.
– spiegò – Quel giorno
ero con lei, quindi invitò anche me, fingendo di non
conoscermi; Stacy non potè
aprire bocca, malgrado non mi volesse tra i piedi, ma quel giorno fece
buon
viso a cattivo gioco pur di partecipare a quella festa. – poi
fece una
considerazione – Non avevo ancora capito quanto Anthony fosse
scaltro e
macchinatore, finchè non chiese a dei suoi amici di far
ubriacare Stacy fino al
limite.”
“Poi
che è successo?”
“Senza
che io sapessi nulla
dei suoi piani, sono uscita da quella casa e ho scoperto che Stacy se
n’era
andata via con quei ragazzi senza di me; aveva promesso a mia madre che
non mi
avrebbe mai persa di vista, dato che lei è più
grande di me… A quel punto mi
sono avvicinata alla strada, cercando di contattare mia madre, e
all’improvviso
una macchina ha frenato accanto a me; dalla vettura è sceso
un tizio con il
passamontagna che mi ha afferrata e addormentata con il
cloroformio… - lo
rivisse come se stesse accadendo in quel momento, un espressione
terrorizzata –
Quando mi sono risvegliata, sdraiata sui sedili posteriori di
quell’auto, il
mio rapitore era seduto sul sedile accanto al guidatore, con il
passamontagna
fra le mani: era Anthony. Mi aveva fissata per tutto il
tempo.”
FLASHBACK
Chloe
si
risvegliò lentamente, stordita. Solo quando vide il volto di
Anthony, tornò
lucida, sollevandosi con uno scatto; lui la osservò con un
sorriso cinico,
quasi divertito, ma, soprattutto, era calmo.
“Dove
siamo?
– reagì con nervosismo e distacco – Sei
stato tu a rapirmi?”
“Non
si vede,
Chloe?” sottolineò con un sollevamento delle
sopracciglia, invitandola a
guardare con attenzione la situazione.
“Sei
impazzito? Mi hai drogata!” urlò.
“Direi
che
addormentata è la parola più adatta per questo
contesto, Chloe: vieni drogata
quando ti stuprano, non quando ti rapiscono per finta.”
Chloe
si
guardò subito la parte inferiore del corpo, abbassandosi
meglio la gonna; non
sapeva a cosa credere.
Anthony
roteò
subito gli occhi, seccato da quel comportamento diffidente:
“Oh Dio, pensi
davvero che ti abbia stuprata? Dovresti capirlo da sola se è
successo qualcosa,
oppure no…” insinuò che fosse vergine.
Quella
abbassò lo sguardo, a disagio; sembrò credergli,
più calma: “Perché l’hai
fatto?”
“Beh,
a tua
madre serviva una spinta, no? Eccola, è questa! Tua madre
farà in modo che tu e
Stacy non viviate più sotto lo stesso tetto, se te la giochi
bene. Ora torniamo
a Rosewood, ti porto alla centrale e racconteremo di come ti ho
seguita, dopo
aver visto che ti rapivano, e di come sei saltata giù
dall’auto del tuo
rapitore e io ti ho salvata. – spiegò come si
spiega un gioco da nulla –
Ovviamente dirai che non hai visto il volto di chi ti ha rapita e bla
bla bla,
la cosa verrà archiviata come tutte le altre cose che la
polizia di Rosewood
non è capace di risolvere.”
Chloe,
totalmente senza parole, si limitò a spalancare la bocca,
sconvolta: “Ma fai
sul serio?”
“Ti
consiglio
di uscire dalla macchina e rotolarti un po’
nell’erba: scompigliati un pochino,
altrimenti non sembrerà credibile la tua caduta
dall’auto. – le sorrise,
fancendole ancora un appunto – Ah, prego! E benvenuta a
Rosewood!” continuò a
sorriderle, indifferente a quella follia che aveva macchinato, mentre
l’altra
aveva un espressione letteralmente scioccata.
“Non
immaginavo fosse
malato fino a quel punto…” pensò Sam,
profondamente turbato e incredulo.
“Nemmeno
io, ma quello era
niente a confronto di quello che ha fatto in quel bosco.”
“So di
Rosewood-riservato, A ci ha
accennato qualcosa. Siamo
riusciti a parlare anche con un ragazzo di nome Quentin, è
stato nel bosco dove
Anthony l’ha portato e ci ha raccontato tutto.”
“Ha
detto qualcosa su di
me? – entrò nel panico - Sa che ero
lì?”
“Se lo
sapesse, non sarei
così tanto sorpreso che tu fossi la complice, non credi? Me
l’avrebbe detto di
una biondina con i capelli corti che regge una telecamera.”
“Te
l’ho detto, io e Clarke
pensiamo che A sia qualcuno che
Anthony ha portato in quel bosco, o magari un amico o un parente di chi
ci è
stato e che è in cerca vendetta. – condivise le
sue ipotesi – Il giorno in cui
ho letto quel messaggio sul tuo telefono e ho visto la firma di A, ho pensato che foste minacciati
perché l’unico che si firmava così era
Anthony; scriveva dei messaggi a quelle
persone, firmandosi con la sua iniziale, poi le attirava in una
macchina, le
drogava e le portava nel bosco.”
“Sì,
Quentin me l’ha
raccontato.”
“Il
punto è che non
sospettavo di Anthony perché era morto, ma adesso mi viene
da pensare che…
possa essere lui A, visto che
è
vivo.” pensò, nonostante fosse confusa.
“No,
non è lui. Quando io e
miei amici abbiamo scoperto che era vivo, abbiamo ipotizzato che
potesse essere
A, ma molte cose non coincidevano:
sarà malato, ma non ai livelli di A,
credimi.”
“Ma
allora chi è?”
“Non
lo so, ma per il
momento dobbiamo allontanarci da questa città.”
Sam
osservò il suo
telefono, poggiato sul cruscotto; i suoi amici erano alle prese con il
rapimento di Clarke e ancora non avevano dato loro notizie. Nonostante,
però,
avesse scoperto che in realtà è Chloe la
complice, Sam decise di non avvertirli
dell’errore, sperando di guadagnare più tempo
possibile per salvare la sua
amica.
Improvvisamente,
alle loro
spalle, comparì un auto misteriosa, che iniziò a
giocare con gli abbaglianti.
Chloe si
voltò, era
impossibile non notare ciò che quell’auto stava
facendo: “Ma che diavolo...???”
Quella
accellerò,
allarmando anche Sam: “Non può essere…
- osservò attraverso lo specchietto
retrovisore – Credo sia A!”
“Ma
come ha fatto a
scoprire che stavamo lasciando la città??” non si
spiegò Chloe.
“A sa sempre tutto, è sempre
un passo avanti a noi. – iniziò ad
accellerare anche lui – Dobbiamo seminarlo.”
L’altra
continuò ad
osservare l’auto, terrorizzata, mentre A
era intento a fare qualcosa.
“Sam,
ha appena abbassato
il finestrino, sta facendo uscire qualcosa!” lo
avvertì.
“Sto
andando il più veloce
possibile, ma anche lui è veloce.”
I due non
poterono
aggiungere un'altra parola, una
serie di proiettili iniziò a colpire la loro auto.
“Chloe,
sta giù!” le urlò
Sam, abbassando lui stesso la testa.
“Oh
mio Dio, ma ci sta
sparando!”
Sam
cercò di mantenere la
calma, spostando lo sguardo fra ciò che aveva davanti e lo
specchietto
retrovisore: “C’è un’uscita
alla fine di questa strada, prendo quella e provo a
seminarlo. Tu resta giù!”
“D’accordo!”
esclamò
quella, comprendosi la testa con le mani e tenendo gli occhi chiusi per
la
paura.
Sfortunatamente
per loro,
la seconda serie di colpi andò a segno su una delle ruote;
Sam frenò
bruscamente, finendo per ribaltarsi più volte
sull’asfalto, distruggendo
l’auto.
*
Intanto, Eric e
Rider erano
giunti nel bosco, trasportando Clarke sopra un piccolo carretto.
Osservando la
posizione esatta dell’ex covo di Anthony sul tablet, Rider
non dovette fare un
passo in più: di fronte a loro si poteva benissimo scorgere
la recinzione di
cui parlò Quentin.
“Siamo
arrivati, dobbiamo
entrare lì dentro…” disse ad Eric,
cercando con gli occhi un ingresso.
“Facciamo
in fretta, non
vorrei che si svegliasse.” si preoccupò
l’atro, affannato dal peso che stava
trascinando.
Rider
iniziò a camminare
per conto suo, seguendo la recinzione per tutto il suo perimetro. Eric
lo
seguì, tirando il carretto, pieno di perplessità.
“Credi
che A sia già
arrivato?”
“Francamente,
non ne ho
idea. Questo posto è sconfinato.”
“Io ho
freddo… -
rabbrividì, osservando un gufo svolazzare al chiaro di luna
– Dovremmo essere a
casa nostra a scrivere una brillante lettera per il college, non
qui.”
Rider si
trovò perfettamente
d'accordo, cedendo ad un attimo di tristezza: “A proposito,
come va?”
“Sono
stato rifiutato dalla
maggior parte dei college a cui ho fatto domanda, tranne alla
Dartmouth; quelli
mi hanno ammesso con riserva, solo che non verrò mai amesso
totalmente se la
mia media dei voti continua a crollare vertiginosamente.”
spiegò amareggiato.
Triste per lui,
Rider cercò
di dargli una parola di conforto: “Dai, ancora uno sforzo e
saremo liberi di
studiare, di dormire, di fare tutto quello che vogliamo. Solo un ultimo
sforzo.”
Eric
contemplò loro stessi
in quella situazione così assurda, perdendo quel poco di
fiducia che aveva:
"Come andremo avanti dopo tutto questo? Nonostante sapremo che
è finita,
una parte di noi continuerà a credere che tutto possa
ricominciare di nuovo. -
scosse la testa, impaurito - Non voglio vivere per sempre
così, aspettando che
accada qualcosa da un momento all'altro."
L'altro
sospirò; dentro di
sé, condivideva perfettamente quei timori: "Non abbiamo
alcuni tipo di
scelta, Eric. O accettiamo che questa sarà la nostra vita o
tanto vale prendere
una stanza al Radley... - cercò di dargli coraggio -
Dobbiamo conviverci,
Eric... sperando che la storia non si ripeta da capo."
Eric
annuì, estirpando le
sue preoccupazioni una volta per tutte. Quando si voltò a
guardare verso la
recinzione, gli sembrò di notare un ingresso; subito
sollevò la torcia,
mostrando a Rider ciò che stava guardando.
"Quella mi
sembra
un'entrata!"
Rider
puntò la sua torcia
nella medesima direzione, trovandosi d'accordo: "Lo sembra anche a
me."
I due iniziarono
a tirare
insieme il carretto per fare più in fretta. Quando
raggiunsero l'entrata, si
trovarono davanti ad un catenaccio arrugginito.
"Il lucchetto
è
aperto..." notò Rider, toccandolo con mano.
"A
l'avrà lasciato aperto per noi. - pensò
Eric, nuovamente
irrequieto - E se Nat avesse ragione? E se fosse una trappola?"
"Non dobbiamo
per
forza inoltrarci in questo posto. Lasciamo Clarke e filiamo via."
"Magari uno di
noi
dovrebbe rimanere qui di guardia..." suggerì Eric,
diffidente.
"Sì,
forse hai
ragione. - Rider si sentì diffidente allo stesso modo - Allora vado io, mentre tu
resti qui a fare il
palo."
L'altro
annuì, mentre Rider
prendeva le redini del carretto, varcando con cautela la porta che
l'avrebbe
condotto all'interno di quel posto lugubre e misterioso.
~
Lungo
l'autostrada ad est
di Rosewood, l'auto di Sam era capovolta sull'asfalto, mentre il fumo
si
sollevava dalla vettura e i frammenti di vetro continuavano a staccarsi
dai
finestrini ormai distrutti.
A testa in
giù, con le
cinture di sicurezza che li teneva ancorati ai sedili, entrambi i
ragazzi erano
privi di sensi e il sangue colava dalle loro fronti.
Sam fu il primo
a riaprire
gli occhi, guardandosi attorno, realizzando dove si trovasse in quel
momento;
il panico lo assalì quando noto l'auto di A
ferma a pochi passi da loro. L'uomo non tardò a
scendere dalla vettura,
avvicinandosi a piccoli passi; il respiro di Sam si fece sempre
più rumoroso,
terrorizzato.
A
si
fermò, ad un
certo punto; Sam riusciva a vedere solo le sue gambe, da dove si
trovava.
Sempre più nel panico, provò a liberarsi,
finché una luce non li investì
entrambi, da lontano: stava arrivando un auto.
A, forse per
paura,
tornò in fretta alla sua auto, partendo a tavoletta. Qualche
secondo più tardi,
l'altra auto parcheggiò esattamente dove era parcheggiato A; il conducente scese e fece sentire la
sua voce: era Wesam.
"Sam??"
urlò,
correndo in suo aiuto.
Riconoscendo la
sua voce,
Sam scoppiò in un pianto liberatorio, continuando a
liberarsi dalla cintura che
lo bloccava: "Wesam, tira fuori Chloe, sento odore di benzina!
Aiutaci!" gli gridò.
Wesam si
abbassò a terra,
dov'era il finestrino di Sam; nel contempo notò la benzina
che fuoriusciva
veloce: "Adesso ti tiro fuori, stai calmo!"
"No, prima
Chloe,
VAI!" si oppose.
Wesam,
però, non gli diede
ascolto: "Chiudi la bocca, sto cercando di fare in fretta!" e si
concentrò a liberarlo, entrando dalle portiere posteriori.
Nel giro di un
minuto,
Wesam riuscì a sganciare Sam, che sgattaiolò
immediatamente fuori dalla
macchina, accasciandosi a qualche metro di distanza, tossendo
ripetutamente.
L'altro,
intanto, aveva
difficoltà a liberare Chloe, mentre il tempo stringeva.
In pensiero, Sam
cercò di
scorgere qualcosa, ma il fumo iniziò ad essere
così ingombrante da
compromettere la visuale.
"Wesam, dovete
uscire!
Dove sei? - urlò, in ansia - Dove se-"
Ma non
poté completare la
frase, che l'auto esplose in maniera clamorosa.
Sam fu
letteralmente
folgorato da un'ondata di calore, oltre che da una pioggia di vetri e
pezzi di
metallo. Quando si risollevò, aveva gli occhi letteralmente
sbarrati dallo
choc, convinto che Wesam e Chloe fossero morti; non riuscì
quasi a respirare.
Scena finale
Due ore
più tardi, A stava
camminando nel bosco, di fianco
alla recinzione. Raggiunse l'ingresso del covo di Anthony, dove non
c'era
nessuno; la porta, però, era aperta e il catenaccio era
scivolato a terra; A lo raccolse,
lo infilò nuovamente
attraverso i due fori che c'erano e chiuse il lucchetto.
CONTINUA NEL
DICIANNOVESIMO CAPITOLO
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