1st November 2013
Non sapeva cosa fare.
Era seduto in macchina, nel parcheggio sotterraneo dell'ospedale, da
più di venti minuti e non riusciva a prendere una
stupidissima decisione: scendere o non scendere da lì. Da
quello dipendeva tutto, il resto sarebbe venuto di conseguenza. O
almeno così sperava Nate dato che, da quando aveva sentito
quella conversazione tra Mia e Hugh, nulla sembrava più
avere un filo logico, come se il suo mondo si fosse rovesciato e
nessuno l'avesse avvertito. Si sentiva come un pesce messo dentro la
centrifuga della lavatrice e tirato fuori, mentre gli occhi di tutti
erano puntati su di lui per capire se fosse sopravvissuto al turbinio
oppure no. Nate era quasi sicuro di non aver superato la prova e che
quella marea di emozioni che l'avevano travolto nell'esatto istante in
cui aveva scoperto che lei era innamorata di Lucas, lo stessero ancora
torturando come un condannato a morte, senza però lasciargli
il via libera per l'aldilà.
Voleva solo che la sua testa smettesse di pulsare talmente forte da non
farlo dormire, nemmeno durante tutte le ore di viaggio in aereo che
aveva affrontato il giorno prima. Come se tutto quello non bastasse, il
jet-leg lo stava tormentando più del solito, tanto che Nate
fu costretto a passarsi più volte le mani sul volto,
cercando di svegliarsi e di prendere una decisione definitiva.
Doveva andare.
In fin dei conti era arrivato fino a lì, nonostante la sua
faccia sembrasse quella di uno che aveva una terribile sbornia da
smaltire, con occhiaie violacee che facevano risaltare in maniera quasi
inquietante il colore cinereo dei suoi occhi. Si sistemò il
cappellino di lana blu che aveva calato sulla testa, si avvolse meglio
nella felpa grigia come il cielo di Londra che l'aveva accolto al suo
risveglio e spense la radio: oramai pure la voce di Nick Grimshaw gli
risultava insopportabile, poiché neppure il suo straparlare
riusciva a distrarlo. Aveva la mente così piena di pensieri,
che nemmeno si era reso conto di essere arrivato di fronte alla
reception del reparto di medicina generale e di aver di fronte proprio
l'ultima persona che aveva il coraggio di affrontare, dopo Lexi, anche
se in quel caso era aiutato dal fatto che lei non potesse rispondergli
e guardarlo negli occhi, rischiando di smentire ogni bugia che ancora
si ostinava a crearsi in testa. Sarah lo stava osservando con uno
sguardo strano, come se lo stesse rimproverando per qualcosa di cui era
quasi certo non avere alcuna colpa, o per lo meno sperava fosse
così. Fece un breve cenno del capo per indicargli che poteva
entrare nella stanza, ma era fredda e distaccata, anche un'idiota se ne
sarebbe accorto, eppure in quel momento non poteva occuparsi dei cambi
di umore dell'infermiera: aveva un piano da portare a termine e non
poteva permettersi ulteriori esitazioni.
Appena mise un piede dentro la stanza numero 224 si rese immediatamente
conto che le cose non erano più come le aveva lasciate un
mese prima. L'aria che vi si respirava sembrava fredda, quasi glaciale,
come se non vedesse un raggio di sole da almeno due ere geologiche;
l'atmosfera era immobile, bloccata in uno stato di quiete surreale che
gli fece venire i brividi, nonostante la felpa pesante che aveva
indosso; i regali che un tempo riempivano ordinatamente la stanza,
regalandole un guizzo di colore, erano ammassati in malo modo sul
tavolo di fronte al letto, lasciando che il bianco asettico
predominasse su tutto. Fece altri tre passi all'interno della stanza ed
il tavolino con sopra il computer e le casse si palesarono davanti a
lui, prima che il mondo si bloccasse per ciò che vide dopo.
Dov'era finita la ragazza che aveva pianto quando gli aveva dedicato
una canzone? Quella che aveva visto per un intero mese tramite la
webcam di un pc e che sperava potesse sentirlo vicino, nonostante la
distanza??
Quella non era la sua Lexi.
Quello era solo l'involucro della ragazza meravigliosa che lui aveva
deciso di aspettare e veder risvegliarsi, per poterla sentir ridere e
sorridere. Quei pensieri non avevano senso eppure erano gli unici che
riuscisse a districare nel caos che era il suo cervello.
Era bloccato a meno di un metro dal letto e Lexi poteva perfettamente
percepire che ci fosse qualcuno nella sua stanza.
“No. Non è qualcuno qualsiasi... E'
lui...”.
Questa sola consapevolezza le fece riattivare improvvisamente e per un
solo breve secondo il cervello, che ebbe un picco ben evidenziato sul
monitor alla sua destra. Nate non poté fare a meno di
trasalire a quel rumore, perché era quasi certo di esser
stato lui a causarlo, solo che non riusciva a capire come lei avesse
fatto a riconoscerlo.
Per Lexi, però, era tutto più semplice. Solo lui
tratteneva il respiro in quella maniera ogni volta che entrava nella
sua camera, ancora come se fosse la prima volta; solo lui strofinava
nervosamente i pollici sui bordi rovinati delle tasche dei jeans,
quando era estremamente nervoso, facendo un rumore tutto particolare;
solo lui si fermava sempre sullo stesso punto, a pochi passi dal suo
letto, come se avesse trovato il suo angolo di osservazione preferito.
Solo lui le faceva sentire qualcosa, pur non facendo nulla.
Era ancora fermo su quella stessa piastrella da qualcosa come cinque
minuti buoni ed improvvisamente gli venne alla mente una delle prime
visite che le aveva fatto, ormai tre mesi prima e si sentì
uno stupido risentendo le parole che Zach gli aveva detto quando aveva
raccontato ai ragazzi come si fosse comportato. Era stato un cretino a
non dirle chi fosse e pure in quel momento si sentiva lo stesso un
emerito imbecille, ma per ben altre motivazioni. Un sorriso dolceamaro
gli increspò le labbra sottili, consapevole di quante cose
fossero successe da quel loro primo “incontro”,
anche se non era sicuro si potesse definire proprio così.
Era veramente sicuro di quello che voleva fare? Era certo che fosse la
scelta giusta e non un'abominevole cazzata?
Su una cosa Hugh aveva ragione: se non ci provava, non avrebbe mai
saputo quale sarebbe stato il risultato.
Nate estrasse l'Iphone dalla tasca dei jeans, collegò il
cavetto delle casse e cercò nervosamente il brano che gli
serviva. I piedi non ne volevano sapere di stare fermi, continuando
imperterriti a battere un ritmo sconosciuto sul pavimento, come se
sapessero che scappare da quella stanza fosse la soluzione migliore.
Finalmente trovò il brano che cercava e schiacciò
play, con le mani che tremavano più del dovuto,
benché sapesse che in quel momento non c'era spazio per
alcun tipo di esitazione. Era la versione completa di Through The Dark,
quella che sarebbe finita anche nell'album e che le aveva dedicato via
Skype qualche settimana prima. Ancora non poteva crederci di aver
scritto una canzone per una ragazza: non l'aveva fatto nemmeno per le
sue fidanzate reali, come poteva esser arrivato a tanto per una
sconosciuta? Ma con Lexi era tutto diverso, tutto nuovo, come se avere
a che fare con lei implicasse uno sforzo e un impegno maggiori del
normale, come se fosse troppo delicata o addirittura importante per
trattarla come una ragazza qualunque. Figurarsi che nella sua testa non
era mai stata nemmeno etichettata nella categoria
“fan”, era passata direttamente in quella...
Già: in che categoria di ragazze rientrava Lexi??
Solitamente, quando cominciava a sentire quel tipo di emozioni, quelle
che fanno sudare le mani all'inverosimile e che costringono il cervello
a spegnersi per concentrarsi solo sul proprio battito cardiaco
accelerato, c'aveva almeno scambiato qualche parola con quella ragazza
che gliele causava, ma con Lexi non era stato possibile. Tutto si era
basato su altro: sulle oscillazioni dei suoi battiti cardiaci, sui
brividi che provava ogni volta che le sfiorava una mano, sulla bellezza
che lo travolgeva ogni qualvolta osservasse il suo viso immobile.
Era lì ferma anche quel giorno, eppure a Nate parve che un
terremoto stesse scuotendo quella camera da capo a piedi, rischiando di
farlo cadere da un momento all'altro. Non sapeva nemmeno lui quando gli
fosse balzata in testa quell'idea, era solo certo del fatto che avesse
bisogno di farlo, fosse anche solo per sperare di chiarirsi le idee.
La canzone era quasi arrivata alla fine del primo ritornello e Lexi non
aveva più alcun dubbio su chi ci fosse al suo fianco, fermo
a pochi passi dalla sua mano bloccata sul soffice lenzuolo, quella mano
che avrebbe tanto desiderato muovere e far intrecciare con quella di
Nate, che era andata ora a sfiorarla, come se fosse un prezioso fiore
leggendario. Il suo tocco era esattamente come lei ricordava: delicato,
attento, ma non per questo meno reale e vitale. Ecco: Nate per Lexi era
“vitale”. Era quella parte di gioia di vivere che
lei pensava di aver perso, quel sorriso che raramente aveva visto
spuntare sul suo volto prima dell'incidente, quella
sincerità che non aveva mai avuto il coraggio di usare
né con le persone che aveva accanto, né tanto
meno con sé stessa. E tutto questo Lexi riusciva a
percepirlo da quelle dita sottili che continuavano a tracciare dei
cerchi immaginari sul dorso della sua mano e che improvvisamente la
sollevarono per farla combaciare con un paio di labbra che sembravano
fatte di batuffoli di cotone, tanto erano soffici. Lexi era certa che
le avesse torturate con i denti per tutti i minuti precedenti quella
visita, ma nonostante questo per lei erano la cosa più
perfetta che potesse esistere al mondo.
La musica continuava a riempire l'aria, a farsi materia di sentimenti
che nessuno dei due riusciva ad esprimere: chi per paura, chi per colpa
del destino.
Non riusciva a pensare ad altro che al tocco di Nate che la teneva
legata al presente, stranamente conscia di quello che stava succedendo
al suo corpo, come se le sue labbra fossero state un flauto magico
capace di risvegliarlo.
Nate sentì il battito di Lexi farsi sempre più
veloce ed il fatto che fosse lui a causarle quell'effetto lo
incoraggiò ad arrischiarsi con il passo successivo: c'aveva
pensato e ripensato troppo a lungo per non sapere che cosa fare, una
volta dato avvio a quel piano folle. L'avrebbero anche potuto
denunciare, ma a lui non importava nulla delle conseguenze,
perché in quel momento c'erano solo lui, Lexi e quei
sentimenti che non lo lasciavano più dormire la notte.
Lasciando la sua mano intrecciata a quella di lei, appoggiò
un dolce bacio sull'incavo del braccio, proprio dove le vene erano
più chiare e lasciate scoperte dal camice a maniche corte,
per poi salire lentamente fino alla spalla e posarne un altro anche
lì. Ora veniva la parte più difficile, lo sapeva
benissimo, ma doveva continuare. Con la mano libera spostò
con cura i lunghi capelli di Lexi dietro l'orecchio destro, di modo che
la linea gentile della sua mandibola fosse tutta disponibile ai suoi
occhi ormai assuefatti da tanta bellezza. Quella ragazza gli appariva
meravigliosa proprio per quei piccoli particolari che la rendevano
assolutamente unica e per questo speciale più di ogni altra.
“Io... Io non capisco... Nate che cosa...”.
Il cervello di Lexi non riusciva più a tenere il passo con
le emozioni che il suo cuore produceva, lasciando che uno stato di
confusione la sopraffacesse, tanto da renderle praticamente impossibile
qualsiasi tipo di pensiero coerente. Quel piccolo gesto di sistemarle i
capelli dietro un orecchio l'aveva sognato così tante volte
stesa sul suo letto, che fosse nella sua cameretta di quand'era bambina
o in quella che aveva nell'appartamento di Lexington Street, che quasi
le parve di rivivere qualcosa di già accaduto. Ma in tutte
quelle fantasie era stata la mano immaginaria di un Lucas Palmer
qualsiasi a compierlo e non quella premurosa, gentile e reale di Nate.
Era come se ogni cellula del corpo di Lexi si fosse svegliata dal
torpore mortale in cui era caduta per rispondere colpo su colpo a
quelle ondate di emozioni che lui le trasmetteva.
Con una perizia estrema, che non gli era mai appartenuta, Nate scelse
il punto perfetto in cui lasciare un ennesimo bacio, tanto che la
canzone era ormai arrivata alla conclusione del suo secondo ritornello.
Giusto all'inizio di quella linea delicata, appena sotto il lobo
dell'orecchio, Nate stampò quel bacio che fece letteralmente
andare in tilt il cervello di Lexi.
Una scarica elettrica si diffuse per tutta la sua spina dorsale,
lasciandola quasi senza fiato, se non fosse stato per le macchine
artificiali che la tenevano in vita.
Era giunto il momento di trasformare quella malsana esigenza, che era
nata dopo l'ondata di gelosia che l'aveva investito a causa di quella
famosa telefonata, in una realtà. Nate strinse
più forte la presa sulla mano di Lexi, tanto che le sue
nocche divennero quasi bianche per lo sforzo e prese un profondo
respiro, sperando che tutto andasse per il verso giusto, anche se a
dire il vero, non sapeva nemmeno lui quale fosse la giusta direzione di
tutta quell'assurda storia.
Lexi capì subito da quella stretta che qualcosa d'importante
stava per accadere: mai Nate aveva serrato così forte le
dita contro le sue, come a non volerle permettere di scappare da lui,
di andarsene. Ma a Lexi ormai risultava anche solo assurdo pensare di
potersi allontanare da Nate e da tutto ciò che era diventato
per lei.
Quello era il momento.
Ora o mai più.
… And you
don't need... You don't need to worry... And you will see it's easy to
be loved... I know you wanna be loved...
Quando Nate poggiò le sue labbra rosse su quelle rosa
pallido di Lexi un'esplosione si scatenò all'interno della
camera numero 224. Le macchine che controllavano le funzioni vitali di
Lexi impazzirono letteralmente, cominciando ad emettere suoni sempre
più striduli e frequenti. La musica raggiunse il suo apice
massimo, con un sovrapporsi melodioso delle voci di tutti e cinque i
componenti dei The Rush, amplificate dalla potenza degli strumenti che
le accompagnavano. Ma ciò che realmente fece esplodere la
stanza fu la potenza delle emozioni che Nate e Lexi stavano provando
dentro di loro. Ogni singola parte del loro essere era concentrata su
quel minimo contatto di epidermidi e l'intero universo era collassato
su quel piccolo gesto che stava cambiando la vita di due persone.
Era esattamente come Nate l'aveva immaginato durante quelle notti
insonni passate a pensare solo ed esclusivamente a lei.
Era esattamente come Lexi si era sempre immaginata dovesse essere il
bacio del Principe Azzurro. Era ciò che aveva sperato tutto
quel tempo, era ciò per cui aveva donato il suo cuore alla
persona sbagliata ma che ora era stato rapito dal miglior essere umano
che lei avesse mai incontrato. Era come esser entrata nel mondo di
favole e racconti incantanti che sua madre le leggeva da bambina,
facendo tutte le voci più strane per rendere i personaggi il
più reali possibili, pur di farla addormentare con un
sorriso sulle sue piccole labbra. Per anni aveva sperato che quelle
figure splendenti e leggiadre che riempivano i suoi sogni di bambina
potessero entrare nella sua vita, accompagnarla a scuola e renderla
bella ed interessante agli occhi dell'unico bambino che aveva catturato
il suo cuore. Ma presto aveva capito che nemmeno quella magia l'avrebbe
aiutata nell'ottenere le sue attenzioni e gli anni le avevano insegnato
che difficilmente i sogni si realizzavano, così Lexi aveva
smesso di sognare per sé stessa, per il suo futuro, per il
suo cuore da donare a qualcuno. Aveva pensato di essere innamorata, ma
nulla, assolutamente nulla, avrebbe mai eguagliato ciò che
stava provando in quel preciso istante. Dal profondo del suo corpo
poteva sentire un calore bruciante espandersi in ogni parte di lei,
tanto che credette di essere sul punto di svegliarsi, perché
più di ogni altra cosa avrebbe voluto poter ricambiare quel
bacio. Il bacio dell'unica persona che era stata al suo fianco senza
nemmeno conoscerla; il bacio di colui che si era presentato ai piedi
del suo letto ad ore improponibili solo per vederla; il bacio di chi
l'aveva chiamata, benché fosse dall'altra parte del mondo,
tutti i giorni; il bacio di colui che le aveva scritto la
più bella canzone di sempre; il bacio di quell'unico ragazzo
che le aveva cambiato la vita. Voleva che quel calore diventasse
energia motrice per il suo corpo, capace di farle aprire gli occhi e
vedere quelli di colui che continuava a tenere appoggiate le labbra
sulle sue, in un modo così delicato ed attento da farla
sentire semplicemente speciale. Ecco, Nate era capace di farla sentire
come nessun'altra ragazza sulla faccia della terra, come se lei avesse
un qualcosa di tanto prezioso e raro dentro di sé da poter
meritare le sue attenzioni e la sua dolcezza.
“Fammi svegliare... Ti prego: fammi svegliare
ora!!!”.
Le macchine erano letteralmente impazzite, tanto che Sarah
entrò quasi correndo all'interno della stanza e rimase
bloccata a pochi passi dal letto, vedendo quella scena decisamente
surreale. Non poteva credere ai propri occhi, soprattutto quando Nate
si allontanò dal volto della sua Lexi con un'espressione
sconvolta a tramutargli il volto perfetto, come se il suo mondo fosse
appena collassato in quel gesto sconsiderato che aveva compiuto. Non
riuscì a dire nulla, perché Nate
scappò dalla stanza di tutta fretta, come se l'unica
soluzione per quell'immensa confusione che gli stava azzerando il
cervello fosse allontanarsi dalla fonte che la causava, senza aver
ancora capito che la sorgente di tutto quello stava nel suo cuore ed in
quello che, nonostante i suoi sforzi per non ammetterlo, provava per
Lexi.
Sarah si affrettò ad iniettare un sedativo nella flebo della
ragazza, di modo che i battiti cardiaci rallentassero e nessun altro si
allarmasse e volesse sapere che cosa stesse accadendo dentro la camera
224: era già troppo che lei avesse visto quella scena,
figurarsi se qualcuno come il Dottor Lawson lo fosse venuto a sapere.
Quando finalmente il farmaco fece effetto, si sedette sulla poltrona
accanto a Lexi e le prese la mano sinistra tra le sue, per cercare di
rassicurarla su quello che le stava succedendo.
- Che cosa state combinando voi due?? Me lo volete spiegare?! E' una
settimana che vi comportate tutti in maniera strana! Prima tutte quelle
urla su una fantomatica chiamata che avrebbe rovinato tutto; poi Mia
che ogni volta che si presenta qui sembra aver appena pianto l'intero
Oceano Atlantico e non si degna di rispondere che per monosillabi; poi
il signorino irlandese che non si fa sentire per giorni e tu che cadi
in uno stato catatonico, dopo l'ennesimo collasso cardiaco... Ed ora mi
ritrovo a correre in camera tua, per imbottirti di sedativi,
perché lui ti sta baciando?! Ma dico: che cosa avete nella
testa voi?!?! Sei in coma signorina, non in un centro vacanze, dovresti
andarci piano con le emozioni...
Lexi avrebbe forse riso per la confusione e l'apprensione
dell'infermiera, se la sua mente non fosse stata completamente
concentrata su quel bacio che le aveva sconvolto la vita e che aveva
fatto scappare da lei l'unica persona di cui ormai le interessasse
veramente. Solo quando aveva sentito le labbra di Nate appoggiarsi alle
sue aveva capito quanto fosse intenso e scalpitante, dentro di lei, il
desiderio di risvegliarsi e tornare a vivere, perché quella
sensazione di pura elettricità che l'aveva sconvolta da capo
a piedi le aveva fatto capire il valore della vita.
“Sono sempre stata convinta che vivere volesse dire
respirare, mangiare, pensare, ogni tanto sorridere e sognare... Ma
ora... Ora ho seriamente capito che cosa significhi essere vivi... Quel
bacio è stato come una pillola di concentrato di
vitalità, che ha messo in ombra qualsiasi cosa io abbia
fatto o sperimentato prima... Qualcosa di simile l'avevo vissuto solo
ascoltando le loro voci cantare dal vivo, con quel brivido di star a
cogliere il momento presente e la volontà di non lasciarlo
mai fuggire via... Ma quel bacio... Wow... Io credo di non aver mai
provato nulla del genere... Anzi, io non ho mai provato qualcosa di
così forte e travolgente... Mi sento come se fossi appena
stata sulle montagne russe in mezzo allo spazio e senza ossigeno da
respirare... Assurdo... Ed io... Io avrei voluto così tanto
poter rispondere a quel bacio... Io...”.
I pensieri di Lexi si dissolsero in due lacrime pesanti che si fecero
largo tra le palpebre chiuse, subito accompagnate da altrettante
compagne, ugualmente pesanti e cariche di frustrazione ed emozione.
Voleva svegliarsi come mai prima da quando tutto quel disastro era
successo, ma il suo corpo sembra essere insensibile anche ad un
sentimento potente come quello che provava per Nate. Ormai non aveva la
più pallida idea di chi invocare per aver un minimo segno di
miglioramento delle sue condizioni, tanto che l'insidioso pensiero che
le cose non sarebbero mai più cambiate cominciò a
strisciare sul fondo della sua coscienza, ma Lexi lo
schiacciò immediatamente con una brillante immagine degli
occhi e del sorriso di Nate, capaci oramai di risollevarla in qualsiasi
occasione. Si accorse, allora, che non voleva riaprire gli occhi
solamente per poter osservare dal vivo quel celeste angelico che si
ricordava essere il colore delle sue iridi, ma soprattutto per dirgli
grazie. Per esserle stato accanto durante tutto quel tempo. Per averle
mostrato che cosa fosse la vera vita. Per averle regalo emozioni
impagabili che si erano impresse a fuoco nella sua memoria. Per averla
fatta ridere e sorridere. Per averle stretto la mano quando tutto
sembrava irreparabile. Per aver asciugato le sue lacrime incontrollate.
Anche solo per aver scelto una delle sue canzoni preferite, la prima
volta che le aveva fatto visita da solo. Voleva semplicemente dirgli
grazie. Ma quello stupido ematoma glielo impediva e Lexi stava
cominciando a sentire sempre di più il peso dela sua
situazione schiacciarle il petto. Ma avrebbe combattuto per lui e per
quegli occhi che ancora riempivano la sua testa in flash splendenti.
Hi sweethearts!
E niente: sto
piangendo troppo per buttare giù qualsiasi cosa.
Vi lascio con una
delle frasi che a me stanno più a cuore: "Per credere
nell'amore, bisogna scriverne".
Spero di avervi
lasciato un po' di amore con questo capitolo: sarebbe il regalo
più prezioso **
Grazie per essere
arrivate fino a questo punto
Always:
Lots Of
Love xx
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