“Coraggio signorine, i Giochi sono già iniziati!
Tutte in cortile, tocca sgombrare gli edifici!”
Luxord finì di redarguire due studentesse che si erano
attardate a chiacchierare e sbuffò: tornare al campus solo
per far rispettare le regole era faticoso, specie per lui che le regole
le rispettava a malapena quando era immatricolato… ma per
Larxene faceva questo e altro.
Sfiorò l’auricolare e si mise in contatto con
Demyx per un aggiornamento.
“Le aule al piano terra sono tutte sgombre. Fortunatamente la
mia reputazione qui conta ancora qualcosa.”
“Amico, se ti danno retta è perché
sanno chi è la tua donna. Spera piuttosto la tua reputazione
sia sempre meno nota… comunque, tutto tranquillo anche qui.
È incredibile rivedere il vecchio Xemnas addomesticato, fa
uno strano effetto.”
“Sono passati anni ormai. Acqua passata.”
“E del nano malefico nessuna traccia?”
“Mio caro Demyx, per cortesia abbassa la voce! Ad ogni modo
Larxene mi ha riferito passerà gran parte del tempo nel suo
ufficio. Probabilmente sta ancora legalizzando qualche
faccenda.”
“Già. Beh, meno lo vedo e meglio mi sento, ma non
so come faccia Larxene a stare nella stessa stanza assieme a lui.
Immagino che poi si sfoghi strapazzando te, eh?”
Ma Luxord non poté né confermare né
contraddire l’amico: aveva appena visto un’ombra
furtiva svoltare l’angolo, come se lo avesse visto e stesse
tornando indietro per evitarlo. Sospirando al pensiero di una matricola
furbetta che voleva disobbedire, il giovane si lanciò
all’inseguimento.
Al campo si respirava un’aria carica di emozione, adrenalina
e anche un bel po’ di sudore: Terra inspirò a
fondo, godendosi l’atmosfera sportiva che da atleta di punta
della sua ex accademia conosceva fin troppo bene. Gli sarebbe piaciuto
partecipare ai famosi Giochi Sportivi della TTU, ma aveva una missione
da compiere: assicurarsi che la competizione attirasse un bel
po’ di persone, per dare agli altri più tempo.
Anche se Roxas non era stato troppo chiaro al riguardo.
“L’ultimo consiglio che posso darvi”
aveva detto, “è di considerarvi liberi. Fate come
ritenete opportuno, e non come gli altri vorrebbero faceste. Vi
garantisco che nulla batte una congrega di persone organizzate che
vogliono tutte la stessa cosa e con libertà di agire a
seconda della situazione. Non mi servono cinque copie di me
stesso.”
Terra avrebbe gradito invece ricevere delle istruzioni dirette: non gli
piaceva improvvisare. Spesso sbagliava, o non coglieva dettagli che ad
altri parevano evidenti. Ma ne era consapevole, e vedeva chi lo guidava
non come un prepotente ma come una persona gentile e altruista. Decise
che avrebbe provato a manomettere qualche impianto, come imparato nelle
operazioni per recuperare Skuld.
“Ma dai che ci divertiamo!”
Una voce vagamente familiare catturò la sua attenzione. In
mezzo alla folla, due ragazzi discutevano animatamente. Terra li
riconobbe e si fermò, in ascolto.
“Non lo so. Gli altri sono indaffarati, dovremmo dare una
mano invece di divertirci.” Riku era scettico.
“Vedrai che se la cavano, fanno questa tiritera da anni!
Segniamoci ai giochi, vedrai che vinceremo tutto!” A Sora
brillavano gli occhi.
“Sora, partecipano ragazzi da ogni dove, anche da sedi
esterne. È gente allenatissima, alcuni col proprio stuolo di
fan appresso.”
“Appunto! Pensa la gloria nel batterli! Uno potrebbe
diventare la star dell’intera giornata!”
Terra si accostò a un muro e rifletté. Quindi si
poteva partecipare anche da fuori, non occorreva essere
studenti…
“Aaaah! Terra,
questo sarebbe il tuo lavoro? È tremendo, perché
sono dovuto capitare in coppia proprio con te? Non voglio prendere un brutto voto per
colpa tua!”
Vincere significava attirare l’attenzione, e lui era una vita
che si allenava, di sicuro poteva batterne molti…
“Professoressa,
Terra ha rotto il vaso! Gliel’avevamo detto di fare come dice
il manuale, ma lui non capisce mai!”
Immaginò le facce dei suoi amici, che si pietrificavano in
sconcerto e delusione. A loro non sarebbe mai venuto in mente di
partecipare…
Ephemera
sghignazzò. “Sei solo un bruto tutto muscoli e
niente cervello, che ha avuto la fortuna di vincere una borsa di studio
perché più grosso degli altri. Ovunque ti muovi
fai solo danni.”
Ma non era vero... Ventus era sempre stato amichevole con lui. Vanitas
non distoglieva lo sguardo, non era intimorito dalla sua stazza. Aqua
era stata contentissima di partecipare ai Campionati con uno studente
del suo stesso anno.
Il ragazzone annuì fra sé e sé e
marciò dritto verso l’ufficio delle iscrizioni,
poche persone dietro a Riku e Sora.
Aqua invece sostava nei pressi dello stand delle ragazze, che come di
consueto gestiva l’edizione del giornale del campus e delle
ultime novità.
“Signorina! Corsi per apprendisti insegnanti! Ha finito
l’università ma vuole rimanerci? Consideri
l’idea!”
“Grazie, ma non ho ancora deciso cosa voglio fare.”
Però prese comunque un opuscolo, giusto per passare
inosservata. Il suo obiettivo era Larxene, se fosse riuscita a
rallentare o perfino immobilizzare il Presidente in persona tutto
sarebbe filato per il meglio. Per ora sapeva solo che era nel suo
ufficio intenta a sbrigare le ultime pratiche, ma non poteva certo
avvicinarla lì.
Aveva un piano: attendere che Larxene passasse in bagno a rifarsi il
trucco (Roxas aveva domandato se era possibile non lo facesse, dubbio
che solo un ragazzo poteva avere), intrufolarsi con lei approfittando
fosse girata, e usare le sue abilità recitative per non
farsi riconoscere e instaurare una conversazione. Poi, eventualmente,
spostarsi in un luogo appartato per la drammatica rivelazione. Roxas
sarebbe rimasto ammirato dalla sua sagacia, come lo era lei stessa in
quel momento. Nulla poteva andare storto.
Poi tutto andò storto. Una figura minuta e carica di
giornali freschi di stampa si fece largo barcollando.
“Permesso! Permesso! Scusate, permesso!”
Ma non riuscì ad evitare Aqua che la mandò lunga
distesa per terra, fogli svolazzanti ovunque. La ragazza si
seccò: ecco dell’attenzione indesiderata. Tanto
valeva sfruttarla per mostrarsi una straniera gentile. Si
chinò e tese la mano verso la malcapitata.
“Mi dispiace davvero! Lascia che ti aiuti a raccogliere
tutto.”
“No, no, la colpa è mia che ho portato tutto in
una volta! Vai pure e goditi la festa.”
Xion e Aqua si presero per mano e si guardarono dritto negli occhi. Per
un solo istante sembrò come se il tempo si fosse fermato.
Poi Xion si alzò rapidamente, mollò la presa e
iniziò a raccogliere le pagine sparse.
“Bene, puoi andare ora. Grazie.”
Aqua non se lo fece ripetere due volte: il solo essere stata vista era
grave, ora doveva pensare a come ammortizzare i danni…
“Lui non è qui, vero? Non può
presenziare e lo sa. Spero non te lo sia portato dietro.”
Aqua si fermò. Eccolo, il tono di condiscendenza delle
ragazze che vedevano in lei solo una bambola. Odiava essere trattata
così. E poi, che voleva dire “portato
dietro”? Mica era un cane.
“Roxas sta bene, è adulto e capace di giudicare da
solo. Non costringo i ragazzi a seguirmi al guinzaglio.” Poi
aggiunse, ad un tono di voce più basso: “Anche se
forse qualcuno non ha scelta, difettando di altre…
doti.”
Fu il turno di Xion di immobilizzarsi sul posto, con un foglio stretto
fra le dita che iniziò ad accartocciarsi.
Le due donne si fronteggiarono, anche se una non arrivava al mento
dell’altra.
“Non mi piacciono le tue insinuazioni, e mi rattrista molto
vedere che persone così sono capaci solo di venire ad
insultare.”
“Tipico, guardare gli altri dall’alto in basso a
dispetto della tua statura, iniziando subito a pensare male! Dimmi,
Roxas è stato l’unico a scappare a gambe
levate?”
Xion vibrò di indignazione, ma quando parlò la
sua voce era bassa e glaciale.
“Non so se ti è giunta la notizia, ma io conto
qualcosa qui. Perciò ora esigo le tue scuse immediate e che
tu te ne vada il più lontano possibile da me, o ne pagherai
le conseguenze.”
“Allora prego, fai pure! Osa! Fammi vedere fin dove
può spingersi la preziosa principessina figlia di
papà!”
“SICUREZZA!”
Due manone la afferrarono per le spalle e la trascinarono fino al
cancello principale, chiudendoglielo in faccia. Poi scattarono una foto
della sua espressione spaesata (trovò il non lasciarla
mettersi in posa assai ingiusto) e filarono presumibilmente a farne
delle copie da distribuire. Aqua rimase a fissare la ringhiera con aria
assente.
“Beh… ha osato.”
Apprendere dell’estromissione di Aqua dal piano (e dal
campus) non fu piacevole, ma Roxas non glielo fece pesare, gli
incidenti erano compresi nel mestiere. Avrebbe preferito
però che la ragazza si fosse messa in disparte o che
cercasse di dimostrare quanto le dispiaceva senza ronzargli
costantemente attorno dato che rendeva il concentrarsi sulla prossima
mossa parecchio difficile. Strano però che Aqua fosse stata
rimossa solo per aver rifiutato un’offerta di volantinaggio:
che Ephemera fosse diventato un simile despota?
Roxas decise di ignorare ciò per il momento e
contattò gli altri. Larxene avrebbe potuto ricevere voce
dell’incidente, cosa che Aqua curiosamente reputava certa.
“Aqua è stata compromessa. La Ninfa è
ancora a piede libero. Uno rimanga con lo Sfidante, l’altro
vada a riparare. Chiudo.”
Ventus recepì e mandò un cenno di intesa a
Chirithy, facendole capire che toccava a lei muoversi. La quattrocchi
si alzò dallo spiazzo erboso dove erano seduti e
girò frettolosamente l’angolo, lasciando Luxord
interdetto.
“Ehi! Dove va la tua silenziosa amica? Stavo per mostrare il
pezzo forte!”
Dopo averli raggiunti nel vicoletto, Luxord si era trovato davanti un
Ventus e una Chirithy che gli avevano confessato, adoranti, di essere
due prestigiatori principianti che smaniavano di vederlo
all’opera. Lui non si era fatto pregare e da una decina di
minuti buoni aveva mostrato buona parte del suo repertorio, dal
semplice gioco delle tre carte fino alla variante “Fungo
Otto” dove faceva rimbalzare in aria una pallina per ben
ottantacinque volte.
“La perdoni Maestro, ma è un po’ timida.
E vedere simili prove di talento deve averle provocato certi movimenti
intestinali che… beh…”
“Non dire altro, giovane apprendista, le signorine hanno
diritto a far passare queste faccende sotto silenzio.”
Ven si rilassò, sia per recita che per davvero: la falla nel
piano era in via di assestamento, e lui avrebbe potuto continuare a
tenere bloccato Luxord e godersi dei più decenti giochi di
prestigio.
“Anche se, bugia a parte, non so se farmi bloccare qui valga
più la pena. Non ora che ci sei solo tu.”
La sensazione di rilassamento cessò all’istante.
“Come dice, prego?”
“Amico mio... beh, un attimo. Non precipitiamo le cose. Mio
caro estraneo,
so che non sei un prestigiatore alle prime armi, e so che siamo qui
perché probabilmente fa comodo a te e ai tuoi compari. Io
non sono un grande tattico, quindi Larx mi dice spesso che se proprio
non so fare altro, dovrei almeno comportarmi da utile sacco di patate
e- aspetta, questo a te non deve interessare. Insomma,
finché eravate in due mi andava bene perché
bloccato io, bloccati voi. Ma ora inizio a pensare che rimuoverti e
andare a cercare la signorina potrebbe essere un approccio
più sensato.”
Si alzò, e Ventus preferì non lo avesse fatto:
accentuava molto la differenza di stazza fra loro due. Ma fece lo
stesso e si preparò allo scontro.
“Sappi comunque che non sarà facile. La mia
piccola taglia non è indice della mia forza.”
“Oh, comprendo appieno. Non puoi essere amico dei miei amici
se discrimini sulla statura.” Luxord si premette un dito
sull’auricolare. “Mio caro Demyx, quando
vuoi.”
“Capisco. Quindi è per questo che ho visto la
sicurezza precipitarsi al cancello.”
“Sì… diciamo che mi sono lasciata un
po’ prendere la mano. Ti prego, non dirlo a
papà.”
“E va bene.” Xemnas e Xion erano soli, adagiati su
due poltroncine nella biblioteca semideserta. Entrambi non erano patiti
delle prove fisiche, quindi ingannavano il tempo nell’attesa
iniziassero le prove di carattere più intellettuale.
All’ex Presidente quella chiacchierata non dispiacque: negli
anni di forzato isolamento aveva riscoperto un legame familiare da
tempo sopito, e proprio ora ascoltava di come la sorellina che aveva
fatto di tutto per mandare all’aria i suoi progetti di
dominio della massa aveva abusato della sua posizione per cacciare una
ragazza solo perché le era antipatica.
Xemnas era convinto ci fosse dell’ironia in tutto
ciò, ma ancora non era abilissimo a coglierla.
“Devo dire che sarò contenta se questo mio
incidente sarà la nostra unica preoccupazione. Questa
edizione dei Giochi ha creato grandi aspettative dopo i Campionati e il
tuo arrivo ha fatto mormorare che potrebbero verificarsi tafferugli
come l’altra volta… oh, senza offesa.”
“Tranquilla.” ‘Anche
se ci sei andata fin troppo vicina senza volerlo.’
Xion non sospettava che Aqua era lì proprio per creare
tafferugli simili, e forse era meglio così.
‘L’importante
è che Roxas e gli altri abbiano sistemato tutto. Se Larxene
verrà trattenuta come stabilito e non ci
raggiungerà, non c’è niente di cui
preoccuparsi.’
“Ah! La nanerottola ci ha portato il fratello dritto dritto
dal manicomio, vedo!” Urlò Larxene spalancando la
porta.
Xemnas non era mai stato tipo da lasciarsi andare a manifestazioni
emotive, ma in quel momento sentiva il bisogno di ribaltare il tavolo
più vicino con le mani. Larxene era arrivata così
presto? Che avesse seguito un itinerario diverso?
“Larxene, questo sarebbe
un luogo dove parlare a bassa voce.” Le ricordò
Xion, scioccata dal pensare che lo stava rammentando al Presidente del
Consiglio. “E usa un po’ più di tatto,
te ne prego. Sei qui per unirti a noi?”
“Già! Ho dato un veloce colpo di ricevitore a
tutti per vedere se c’erano problemi, ma solo Luxord e Demyx
riferiscono di attività sospette. E quindi ho deciso che non
mi importava e che se ne possono benissimo occupare da soli.”
“Oh! S-Solo lì, quindi?” La voce di Xion
si era fatta un po’ tremula. “Sei passata anche
allo stand delle ragazze?”
“Già! Tutto in regola anche
lì!”
Xemnas si rimise sull’attenti. Dunque ci era andata!
Perché Chirithy non l’aveva trattenuta? Era stata
scoperta e liquidata, e ora Larxene fingeva ignoranza per testarlo? O
forse era stata intercettata da terzi? E Demyx e Luxord avevano trovato
qualcun altro…
“Ah, e pensa te: c’era questa specie di nano da
giardino con gli occhiali, proprio poco fuori dai bagni! Un
po’ pacchiano, ma l’importante è che
chiunque l’abbia messo lì poi lo riprenda a
festeggiamenti finiti.”
Il tavolinetto da caffè in mezzo a loro non era mai sembrato
così pronto ad essere ribaltato prima d’ora.
Xemnas aveva paventato a lungo questa possibilità: doveva
dimenticare il piano prestabilito e agire d’impulso per vie
ignote e non comprovate. Anche per lui era ora di gettarsi in mare
aperto e imparare a nuotare, come avrebbe detto Xigbar. Si
alzò di scatto e marciò dritto verso il gigante
seduto nell’angolo, così assorto nella lettura da
sembrare una statua che inneggiava allo studio.
“Lexaeus.” A sentire il suo nome questi
staccò gli occhi dal libro, domandandosi se era
già arrivato il momento di scortare i VIP. A parte che gli
sembrava troppo presto, capì subito guardando il suo
interlocutore che c’era qualcosa che non andava.
“Sì?”
“Ho saputo che in mia assenza hai finalmente aperto quel club
di lettura che sognavi. Lodevole, ma io non sono ancora disposto ad
accettare che vi siano luoghi di cultura all’infuori del mio
controllo. Ti sfido per la presidenza, a scacchi ovviamente!”
Xemnas poteva praticamente sentire gli occhi di Larxene ridursi a due
fessure dal sospetto e quelli di Xion dilagarsi
dall’improvvisa comprensione, ma non poteva evitarlo. Stava
volutamente dando luogo ad una scenata patetica per motivi ridicoli, e
tutto dipendeva dalla risposta del colosso. Sì o no, nero o
bianco, testa o croce. Quasi a voler enfatizzare il momento Lexaeus si
prese tutto il tempo per chinare il capo, riflettere sulla proposta e
infine chiudere il libro con deliberata lentezza.
“Una sfida, per determinare la direzione del club
del libro, tra un ex studente e uno al suo ultimo anno di
Magistrale… ci sto. Ho sempre voluto misurarmi con te senza
che ci fossero botte di mezzo. Scelgo i neri.”
Già a metà frase Larxene aveva praticamente
trascinato di peso Xion fuori dalla biblioteca, diretta probabilmente
ovunque la sua amica gli avrebbe riferito di aver notato
attività sospette.
Meglio di così non poteva andare: conformemente al suo
carattere Xemnas si rilassò e delegando mentalmente agli
altri il resto del lavoro si accinse a giocare al suo passatempo
preferito.
Dentro al furgoncino Roxas teneva d’occhio la schermata con
la planimetria del campus e la barra dei contatti che gli diceva chi
dei suoi teneva acceso il ricevitore. Quello di Xemnas si era appena
spento con poche probabilità di riattivarsi presto, pareva.
Aqua, che aveva consumato i pollici a furia di rigirarseli, si
azzardò a fare un’osservazione diversa dalla
solita sfilza di scuse: “Anche Terra è da un
po’ che non si sente. Starà bene?”
“Oh, penso che stia partecipando alle gare, ora come
ora” fu la risposta tranquilla del biondino.
“Cosa? E questo va bene?”
“Direi di sì. Sono contento ci abbia pensato da
solo: avrei potuto consigliarglielo, ma più intraprendenza
gli farà bene. Non mi aspettavo ci fossero anche Sora e
Riku, però. Interessante.”
La voce di Skuld si fece sentire da oltre il suo videogioco.
“Vorresti che mandasse Riku con la faccia nel fango e il
sedere per aria.”
“Non ho detto nulla di simile.”
“Ma l’hai pensato.”
“Mh.”
Aqua stava ancora cercando di capire il piano nella sua interezza, ma
senza risultato. Il giorno pima avevano solo studiato la piantina del
campus e il programma degli eventi, e memorizzato i personaggi
importanti: era ovvio Roxas aveva anche bene in testa cosa fare, ma non
lo aveva comunicato a nessuno. E a lei servivano più
dettagli.
“Quindi: Terra sta facendo clamore, Ventus e Chir- ehm, il
servizio d’ordine è impegnato, e ora Larxene
è sul chi vive. Perdonami, ma anche senza la mia gaffe non
so come farai a intrufolarti.”
“Ma intrufolarmi non è mai stato parte del piano.
Io non posso mettere piede nella zona e quella è una legge
seria, non una regola scolastica: infrangerla sarebbe una pessima
idea.”
La cerulea era ormai completamente persa. “Ma
quindi… che stiamo facendo?”
Roxas smise di fissare gli schermi e girò la sedia verso di
lei. “Esattamente ciò che dovevate e sapete:
distrarre, bloccare e intrattenere. Larxene e Xion hanno mangiato la
foglia un po’ prima di quanto mi sarebbe piaciuto, ma ce lo
faremo andare bene.”
Sorrideva, notò Aqua. E non era il sorriso manipolatore di
Ephemera che guardava un essere inferiore, ma di un amico che racconta
al suo compare una notte brava o una furbata fatta in classe. Un
sorriso complice e rassicurante al tempo stesso, di quelli che ti
facevano apprezzare anche i soggetti più scatenati di una
comitiva, perché potevano portare allegria a tutti quanti.
Aqua decise di fidarsi di quel sorriso e si fece bastare le
informazioni.
“Spero solo che per me ci sia ancora una particina. Voglio
farti vedere ciò di cui sono capace... anche se a ben
pensarci non è più necessario il piano per
quello.”
“Volete che esca per un po’?” Skuld era
ancora presa dal giochino.
In imbarazzo, Roxas tornò a controllare la situazione. Tutto
procedeva (per quanto poteva desumerne da lì) bene, tranne
Vanitas che era entrato in silenzio radio fin da subito. Non aveva
paura di chissà che tradimento, ma le incognite erano anche
più difficili da accettare e correggere degli incidenti
già verificatisi: come al solito, tutto si riduceva alla
fiducia. E parlando di fiducia, Roxas decise era ora di aprire il
canale segreto e impartire gli ordini alla persona che gli aveva
conservato una fedeltà incrollabile.
“La Ninfa si è mossa, è il tuo momento.
Non per farti eccessive pressioni, ma tutto dipende da te ora: fagli
vedere che sai fare.”
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