Avviso: nessuno scopo di
lucro, non conosco i personaggi e i fatti scritti sono totalmente
inventati.
Puzzle Life
Chapter Eight -
- Ottavo: Viaggio
Prese i propri boxer, sperando che fossero davvero i suoi, ma avevano
l’elastico alto sì, erano i suoi, e se l’infilò curando
di non far rumore. C’era una striscia di luce che riusciva a passare
attraverso le tapparelle ed era l’unico modo che aveva per riuscire a
vedere all’interno di quella stanza. Sentì un mugolio
stranamente prolungato venire dal letto e si voltò a guardare
Jepha che dormiva. Anzi che avrebbe dovuto dormire.
“Vederti girare nudo per la mia stanza mi eccita da morire” disse
alzandosi sui gomiti e guardandolo fisso.
Quinn avvampò e velocemente risalì sul letto “Shhh!
Zitto!” gli fece mettendosi l’indice di fronte alla labbra. Jepha lo
sorprese baciandogliele e togliendole dalla bocca del biondo per poi
approfondire il bacio. Quinn si beò della tranquillità di
quella scena: gli unici rumori erano lo schioccare dei loro baci quando
si dividevano, i loro respiri e lo scostare di lenzuola.
Avrebbe voluto stare per sempre lì in quel letto a baciare e a
farsi baciare da Jephree. Ridacchiò nella sua mente, erano
proprio due ragazzini nel pieno di una crisi ormonale, perennemente
arrapati.
Morse il labbro Jepha addentandogli un piercing.
Lo spinse in basso gli si spalmò addosso, poggiando la testa sul
suo petto.
“I tuoi cosa diranno delle lenzuola domani quando tornano?” chiese con
una voce tranquilla mentre con una mano gli carezzava la schiena.
“Le laverò io, cioè le metto in lavatrice fra poco…”
“Uhm… Quinn…”
Quinn intrecciò una gamba con quelle del ragazzo sotto di se.
“Hm?”
L’altro sorrise lievemente, arrotolando una ciocca di fili color del
sole attorno alle sue dita. Prese un attimo di pausa per gustarne la
consistenza morbida, e poi si sporse, verso il viso curioso del
più piccolo, per baciarlo.
**
Lesse più volte il suo biglietto del treno. Non aveva altro da
fare. Lo leggeva una volta, gli orari, i codici, e persino il
regolamento scritto in piccolo dietro. E lo leggeva ancora.
Annoiato sbuffò e alzando il capo vide un gruppo di ragazzi
fissarlo. Aggrottò lo sguardo e rispose all’occhiata. Si
passò una mano fra i capelli e portò una ciocca dietro
l’orecchio, guardando i profili marroni del suo borsone. Poggiato
appena un po’ avanti a lui a terra.
Binario 9.
Dinnanzi a lui. Arrivò la sua corsa e trascinando il bagaglio
per la tracolla entrò mostrando il biglietto e facendo un cenno
al controllore. Prese posto in fondo e accostò la fronte contro
il finestrino. Non l’avrebbe più staccata da lì, ne era
sicuro al 100%.
Guardò il suo riflesso nel vetro sporco, la frangia sempre
spettinata, le iridi blu…
Sospirò chiudendo gli occhi e stringendo i pugni tremanti. Il
braccio gli faceva male e gli prudeva nel punto in cui aveva
rincominciato a bucarsi. Maledì quel giorno in cui aveva deciso
di prendere in mano una siringa.
Brrr…
Estrasse il cellulare quasi distrutto dalla tasca dei pantaloni e lesse
il messaggio.
From: Quinn
Text: Dove
sei?
Leggere quelle due parole gli fece venire quasi il magone, il naso gli
pizzicò leggermente e strizzò gli occhi in un tentativo
di non indebolirsi per un semplice messaggio. Cosa aveva fatto?
Quando Quinn sarebbe passato a casa sua per venirlo a prendere o
l’avrebbe aspettato l’indomani mattina sul ciglio del marciapiede di
fronte al vialetto in ghiaia, non l’avrebbe trovato.
“Robert è partito”, già se la immaginava la voce di sua
madre e gli occhi del biondo spalancarsi.
Lo immaginò correre da Jepha probabilmente piagnucolante, e
farsi consolare dalle sue braccia. Avrebbe voluto avere più
tempo, avrebbe voluto riuscire a lasciar un segno o un saluto, al suo
Quinn e al suo Jepha. Avrebbe voluto esserci lui a consolarli tutte le
volte che si sarebbero sentiti male, avrebbe voluto esserci lui ad
ubriacarsi con loro i sabato sera nei pub.
E invece cosa aveva combinato?
Aveva iniziato a drogarsi, a ridursi peggio di uno straccio, e a
rifiutare l’aiuto di ognuno di loro, dandosi alla scelleratezza,
dandosi al rischio di morire per overdose da un momento all’altro. Per
cosa?
Per fuggire dalla realtà, per finire in un mondo ricco di colori
anormali, psichedelici che lo rilassavano e non gli facevano pensare
all’impotenza che gli veniva ogni volta che girava per quel piccolo
paesino, per il dolore che provava mentre guardava i suoi genitori
litigare, o ancora peggio per non vederli star muti a guardarlo e
disprezzarlo.
Aveva sempre odiato il silenzio.
Quel vuoto di suoni che lo irritava a tal punto da farlo soffrire.
Cercò nel borsone quel che ora lo avrebbe aiutato, ma che fino
ad adesso gli aveva solamente rovinato la vita. Ebbene tanto valeva
farla finita, e mandare giù due pastiglie. Aprì il
piccolo contenitore arancione e ne tirò fuori una manciata di
piccole pillole dalla forma ovale.
**
Salirono sul bus che era piuttosto presto rispetto al solito orario,
non c’era nessuno a bordo, completamente vuoto. Si misero in fondo, da
poter rannicchiarsi l’uno sull’altro e tenersi al caldo. La leggera
frescura dell’alba, li aveva infreddoliti, e più sarebbero stati
vicini, più avrebbero risolto il problema dei brividi che li
scuotevano.
Quinn si sistemò appoggiandosi al petto di Jepha, in modo da
accostare la guancia al suo cuore, l’altro lo strinse a sé,
impacciato dal giubbotto.
Era una mattina fredda, e buia, e loro poco prima stavano solamente a
guardarsi attraverso lo specchio mentre si lavavano i denti nel bagno
di Jepha. Poi erano corsi fuori dalla casa, inseguendosi, per non
perdere il mezzo, ridendo. E poi, ancora una volta, a toccarsi
lievemente, intrecciando le dita alla fermata dell’autobus, sfiorandosi
i jeans spostando la gamba, solo per potergli stare più vicino.
Forse una cotta adolescenziale, forse più avanti si sarebbe
tramuto in qualcosa di più importante, ma lo stavano vivendo, e
non ne avevano mai abbastanza uno dell’altro. Sentivano il bisogno di
scambiarsi uno sguardo, imbarazzato, dolce, d’intesa.
Il suono della campanella li fece staccare, e guardare negli occhi,
ancora affannati dalle effusioni appena scambiate al freddo, nascosti
nel retro della scuola.
Jepha sfregò le braccia contro quelle di Quinn, fasciate dal
giubbotto blu leggero, per fargli un po’ di calore, necessario a farlo
stare meglio.
Sorridendo, facendo muovere i due piercing, gli mise i palmi sulle gote
rosse dal vento freddo, e le carezzò.
Ancora un attimo, silenziosamente si dissero.
Dopo qualche altro bacio Quinn si staccò quasi malamente, Jepha
ne rimase sorpreso. Lo osservò, e dentro di sé
ridacchiò per il colore insolito delle sue guance. Quinn era una
di quelle persone, con la pelle chiara, che diventavano subito rosse,
al mare, sicuramente lui non si abbronzava, si scottava solamente.
“Jepha?” la voce del biondo lo ridestò dai suoi piacevoli
pensieri. “Non credi sarebbe meglio andare, ora?” sussurrò.
Annuì, di buon umore e s’incamminò verso l’ingresso,
dalla parte opposta dell’edificio.
Quinn era ancora lì, quando si volse a guardarlo, lo vide
indugiare.
“Quinn… Ehi, cosa c’è?” mormorò cauto, con quel tono che
infondeva fiducia.
L’altro alzò gli occhi e li puntò nei suoi scuri, “E’…
è giusto… è giusto quel che stiamo facendo, Jepha?”
O sguardo che aveva presentava delle incertezze, non sapeva se esserne
sicuro, esser certo di spogliarsi davanti a lui, di baciarlo, esser
certo di fare simili cose.
“Vuoi farlo, tu?” chiese il moro avvicinandosi e prendendogli le mani.
“Con me?”
Sorrise felice e innamorato quando il biondo con un cenno del capo
annuì, convinto, con gli occhi sgranati. Lo abbracciò di
slancio, stringendolo nel kway e inspirando il suo profumo, dolce e
leggero.
“Non vedo quindi che problema ci sia.”
**
Arrivò alla stazione dopo che ebbe avuto la possibilità
di addormentarsi, dormire, e anche risvegliarsi. Si annoiava a casa,
figuriamoci seduto su di un sedile scomodo in un treno lentissimo.
Scese dal treno e si guardò intorno, cercando il tizio che sua
zia gli aveva descritto e che lo sarebbe venuto a prendere. Volse lo
sguardo verso la poca gente che c’era e ripensò alle descrizioni.
“Alto, capelli mediamente lunghi, castani, sui venticinque anni,
vestito con una camicia beige e un paio di jeans”
Vide l’uomo che cercava poggiato ad una colonna in cemento, l’aria
annoiata, e una sigaretta scadente in bocca. Bert lo guardò
accigliato. Si cominciava bene.
.
°°°
Sweetcurry's Time!!
Genteeee, scoop! Bertie parte davvero! Non è uno scherzo! E chi
cacchio è quel tipo lì che lo viene a prendere?
Come reagiranno gli altri alla notizia della sua partenza? Faranno
qualcosa? Ma soprattutto vi è piaciuto? xD (non c'entra nulla
XDXD)....
Questa fictuon, a rilento, continua, credo sia una delle mie preferite,
nonostante tutto mi viene sempre la voglia di scriverla, anche se
lentamente, perchè ho davvero poco tempo per dedicarmici. E poi
qui, ci vuole roba sugli Usati. Per la Patria!!
Lasciandomi perdere xD...
Allora qui su EFP da ieri si è scatenato il pandemonio
(senza citare la Vale xP), e non so se voi, lettrici spaventate da
tutto questo trambusto leggerete ancora la mia inutile ficcy.
Eppoi, Deo! Dove siete tutte! Qui si ha bisogno di aggiornamenti! Di
recensioni! Di roba, insomma!!
Spero davvero che con l'arrivo delle vacanze, e con quindi la fine di
questa settimana troverete più tempo per tutto. E che la
Sory riesca a finire una long xP.
Ringrazio chi ha recensito, e spero ci sia più gente questa
volta ç_ç (Xx_ImJustAKid grazie mille! Non credevo ti
piacesse così tanto! Addirittura! Mi fai arrossire... baci)...
Un abbraccio a tutti quelli che leggono, mettono fra i preferiti e le
ff seguite.
Vi adoro,
Curry
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