Under a paper moon- capitolo 40
40. Adam
Osservare
è il miglior modo per imparare oltre a essere il più
affascinante. Per quattro giorni ebbi la possibilità di vedere
da vicino le abitudini e i modi di vivere di una comunità di
licantropi impegnata a organizzarsi per fronteggiare i loro più
grandi nemici, i cacciatori. Imparai a riconoscere le dinamiche
all’interno di quel nostro branco improvvisato, a intuire chi era
più scettico e chi credeva con tutto se stesso in ciò che
stavamo facendo, a capire come i lupi mannari mostravano rispetto senza
abbassare lo sguardo con fare impaurito.
Mi picchiettai il tappo della penna sulle labbra, sovrappensiero.
Davanti a me, almeno una ventina di lupi chiacchierava, discuteva e
rideva sorseggiando caffè e cioccolata calda per far fronte
all’umidità che quel pomeriggio piovoso si era portato
dietro. Riempivano il Luna di Carta
con le loro voci così diverse tra loro, erano un incontro di
differenze e punti in comune chiassoso ma unito.
Occupavo un tavolo in un angolo, proprio accanto a una riproduzione
molto fedele di un quadro di Monet. Srotolata sul legno c’era una
mappa di Seattle su cui stavo segnando le zone in cui si concentravano
i licantropi. Era un lavoro noioso e di precisione, ma mi teneva la
mente occupata abbastanza da non farmi pensare che l’ultimatum di
Colin sarebbe scaduto tra due giorni.
Dawn Johnson, la comproprietaria del locale, si avvicinò al mio
tavolo con il suo passo sicuro ed elegante. Posò davanti a me
una tazza fumante che sprigionava un delizioso odore di cioccolata e
zucchero caramellato. Sollevai lo sguardo su di lei, che mi rivolse un
sorriso gentile.
«Che ne dici di una pausa?» propose studiandomi con quei
suoi occhi scuri eppure allo stesso tempo pieni di luce.
«Non credo di avere tempo» ammisi mordicchiandomi il
labbro.
«Non puoi avere il
tempo, nessuno lo possiede» replicò lei ravviandosi i
ricci castani. «Puoi sfruttarlo, perderlo, investirlo, ma non
possederlo. E poi, un po’ di cioccolata non ha mai ucciso
nessuno.»
«Ah, mi erano mancate le tue perle filosofiche, D»
commentò Sean avvicinandosi a noi, un angolo della bocca
sollevato, le mani affondate nelle tasche della giacca da aviatore. Le
punte dei suoi capelli erano arricciate dall’umidità della
pioggia; lui ci passò le dita fermandosi all’altro capo
del tavolo.
Dawn inarcò un sopracciglio. «Il nostro Alfa è
arrivato, benvenuto. Qualche novità?»
«Non ancora, ma ci siamo quasi» rispose lui, criptico come
sempre.
«Bene, fammi sapere allora» fece lei annuendo.
Nell’allontanarsi, gli sfiorò il braccio in un gesto che
racchiudeva un certo affetto, come quello che una sorella maggiore
potrebbe provare per un fratello, l’affetto per qualcuno a cui
tieni ma che non è così facile da amare. Sean rimase a
guardarla muoversi con grazia tra gli altri tavoli, un sorriso cortese
che le incurvava le labbra ogni volta che si rivolgeva a un cliente.
Poi l’Alfa sospirò e spostò la sua attenzione su di
me. E sulla tazza che mi aveva portato Dawn. «La bevi?»
domandò indicandola con un cenno del mento.
La spinsi verso di lui. «È tutta tua. Comunque, di cosa
stavate parlando? Novità su cosa?»
Sean prese la sua cioccolata e si sedette sulla sedia accanto alla mia,
gli occhi che scandagliavano il locale. Assomigliava a un leone che
controlla il proprio regno, fiero e impassibile. «Ho deciso di
andare domani dai cacciatori» rivelò accigliandosi appena.
«Non voglio far credere a Colin che abbiamo paura, se non
aspettiamo l’ultimo minuto sarà costretto ad ascoltarci,
non potrà accusarci di essere in ritardo.»
Mi rigirai la penna tra le dita. «Sì, me ne avevi parlato.
Però sembrava che Dawn si riferisse ad altro.»
«Sai che alcuni lupi del branco verranno con noi, no? Per
sicurezza. Lei ha insistito per esserci.» Scrollò le
spalle prendendo un sorso di cioccolata. «Tutto qui. Voleva i
dettagli sull’ora e il luogo.»
Abbassai lo sguardo sulla mappa per fuggire un possibile contatto
visivo. «Okay. E come funzionerà quest’incontro?
Cosa diremo a Colin?»
Sean tamburellò sul lato della tazza con fare distratto.
«Gli diremo che adesso c’è un intero branco pronto a
reagire. Credo sia abbastanza sveglio da capire che non può fare
niente contro cinquanta lupi.»
Rimasi in silenzio mentre nella mia mente si susseguivano gli scenari
più disastrosi. Mancava pochissimo alla realizzazione del nostro
piano, eravamo a un passo dal cacciare Colin e il suo gruppo da
Seattle, eppure tutto quello a cui riuscivo a pensare era che eravamo
anche a un passo dall’esporci e rivelare il nostro unico asso
nella manica.
«Andrà bene» disse Sean guardandomi. «La
superiorità numerica non è il nostro unico vantaggio: ho
una strategia molto solida.»
«Posso chiederti una cosa?» domandai ricambiando il suo
sguardo. Io stesso sentii l’urgenza nella mia voce.
Lui annuì un’unica volta, l’espressione controllata, le iridi attraversate da un lampo.
Trassi un respiro profondo, per poi espirare piano. «Qualunque
cosa succeda domani, qualunque sia la prossima mossa di Colin…
promettimi che la proteggerai. Per favore.»
«Proteggerò tutti voi» mormorò Sean e la
determinazione nella sua voce era puro acciaio. «Ho già
perso un branco, non succederà di nuovo. Scarlett sarà
salva, così come lo saranno tutti. È una promessa.»
Mi aggrappai alle sue parole ripetendole dentro di me nel tentativo di
calmare il battito affannato del mio cuore. Sean era sopravvissuto a
una caccia spietata lungo tutto il confine tra gli Stati Uniti e il
Canada, era astuto e previdente, conosceva sia i cacciatori che i
licantropi, non avrebbe mai fatto una mossa tanto azzardata se non
fosse stato sicuro di saperla gestire.
E questa volta non era solo, aveva un interno branco a guardargli le
spalle.
Il cielo sopra Seattle era una coltre plumbea di nuvole cariche di
pioggia. Quella notte un temporale si era scatenato sulla città,
adesso le strade erano piene dell’odore di asfalto bagnato,
l’aria era fresca e umida. Seattle ricordava un campo di
battaglia il giorno dopo uno scontro, era silenziosa e calma, quasi
cristallizzata.
Sean, cupo e fiero dietro il volante della sua Camaro, sembrava la
personificazione di quella tempesta appena passata. Teneva lo sguardo
fisso sulla strada, le mani ferme sul volante. Se anche fosse stato
agitato, non lo dava a vedere in nessun modo. Sui sedili posteriori,
Scarlett scrutava il paesaggio fuori dal finestrino mentre piluccava un
pezzo di torta di mele preparata da Dawn. Indossava un maglione verde
scuro di un paio di taglie più grandi e aveva raccolto i capelli
in una treccia morbida che le scendeva sulla spalla. Era pensierosa, ma
non impaurita.
Accanto a lei, Matthew aveva già divorato la sua fetta di dolce,
probabilmente per colpa della fame nervosa. Tormentava con le dita un
lembo della sua camicia di flanella spostando di continuo lo sguardo da
un finestrino all’altro. Dietro di noi c’era un pick-up
azzurro guidato da Toby. Dawn era seduta al suo fianco con lo stesso
portamento elegante di una regina.
«Spero che torneremo a casa presto» commentò
Scarlett quasi tra sé e sé. «Ho ancora i compiti di
francese da finire.»
Sean le lanciò un’occhiata dallo specchietto retrovisore.
«Sarai a casa prima di cena.»
Lei annuì staccando un pezzo di torta per offrirlo a Matthew.
«Bene.»
«Sembra impossibile pensare che fino ad un paio di mesi fa i
cacciatori dominavano Seattle» commentò lui accettando con
gratitudine il dolce.
«I regni finiscono, i re cadono» mormorò Sean.
«È semplicemente arrivato il loro momento.»
Spostai lo sguardo su di lui pur senza aver deciso di farlo. Per un
attimo i suoi occhi, schegge di vetro verde, incrociarono i miei e
quello che vi lessi mi stupì: speranza, in quelle iridi di
solito così torbide e cupe c’era una speranza limpida e
forte. Non l’avevo mai visto speranzoso, eppure in quel momento
sembrò giusto che lo fosse, che lo fossimo tutti.
Sean spostò la sua attenzione sullo specchietto retrovisore.
«Vediamo se quel vecchio catorcio ha ancora un po’ di
vita» commentò con un sorrisetto.
Premette sull’acceleratore e il motore prese vita con un ringhio
soffuso. L’auto scattò in avanti continuando poi ad
aumentare la velocità, ma il modo in cui Sean teneva il volante,
il suo atteggiamento rilassato, la facevano sembrare una cosa del tutto
naturale. Prendemmo distanza dal pick-up sorpassando un paio di auto e
guadagnandoci occhiate sorprese dai loro conducenti.
L’espressione di Sean aveva un che di selvaggio ed euforico, si
stava divertendo un mondo in quel momento. Vidi anche Scarlett
sorridere, gli occhi castani che brillavano. Matthew invece si era
aggrappato al sedile con aria terrorizzata ricordandomi molto il suo
gatto.
Le sopracciglia di Sean si inarcarono quando il pick-up ricomparve
dietro di noi. Lo sentii mormorare qualcosa tra sé e sé
per poi sollevare un angolo della bocca. Non riuscì a riprendere
distanza per tutto il resto del viaggio, Toby e Dawn rimasero vicini
alla Camaro con determinazione impressionante. Ero davvero felice di
averli come alleati, si dimostravano ogni giorno sempre più
pieni di risorse e coraggio.
Sean fermò l’auto nello spiazzo vicino al quartier
generale dei cacciatori. Toby accostò a pochi metri da noi
mentre altre auto comparivano e parcheggiavano lì vicino. Tra i
loro passeggeri riconobbi diversi lupi che avevo già visto al Luna di Carta.
Non mi aspettavo che decidessero di partecipare all’incontro con
i cacciatori, non visto lo scetticismo che avevano dimostrato nei
confronti di Sean e del piano, eppure erano lì, con noi, uniti
per la stessa causa.
Scarlett scese dalla Camaro per andare a salutare Dawn, Matthew si
allontanò di qualche passo portandosi il cellulare
all’orecchio con espressione seria. Feci per raggiungerli, ma mi
fermai quasi subito quando Sean allungò un braccio davanti a me.
Non mi stava guardando, la sua attenzione era tutta dedicata
all’edificio dove si riunivano i cacciatori. Sul suo viso era
calata un’ombra che aveva cancellato ogni traccia di
divertimento.
Aprì il vano portaoggetti di fronte a me e le sue dita di
chiusero sul calcio di una pistola nera. Spalancai gli occhi
trattenendo il fiato d’istinto. Avevo sempre avuto una sorta di
repulsione per le armi e tutta la violenza che le circondava, cercavo
di evitarle, di tenermene alla larga il più possibile.
Ritrovarmene una così vicino mi mise i brividi.
Cercai lo sguardi di Sean, confuso e preoccupato. Avevo proposto
l’accordo con Colin proprio per evitare scontri e morti, ma
adesso era saltata fuori una pistola: le mie intenzioni pacifiche
parevano avere le ore contate. Paura e rabbia mi serrarono la gola,
tutto quello a cui riuscivo a pensare era che con un singolo gesto Sean
avrebbe potuto distruggere il lavoro di mesi, spazzare via tutto
l’impegno e la fatica che ci aveva portati a creare un branco e a
riunire tutti i lupi di Seattle contro un nemico comune.
Lui mi lanciò una breve occhiata sfuggevole prima di scendere
dall’auto infilandosi la pistola nella cintura dei jeans dietro
la schiena e coprirla con la giacca. Aprii lo sportello per poi
sbattermelo alle spalle e lo raggiunsi a grandi passi. Avevo il fiato
corto, mi sembrava di avere il petto stretto in una morsa.
«Che diavolo stai facendo?» sibilai guardandolo dritto in
faccia.
Sean ricambiò il mio sguardo senza fare una piega, le labbra
strette in un’espressione di pacato distacco. «Non abbiamo
tempo per questo.»
Prima che potessi replicare, mi voltò le spalle e si
allontanò in direzione degli altri lupi. Mormorai
un’imprecazione a mezza voce affrettandomi ad andargli dietro.
Gli altri licantropi si erano riuniti vicino al pick-up e guardavano il
loro Alfa nel più completo silenzio, in attesa di ricevere
ordini.
«Ricordate tutti le vostre posizioni?» domandò Sean
scrutandoli. Al loro cenno d’assenso, continuò:
«Bene, allora andate. Colin e i suoi saranno qui tra poco.»
Mentre loro eseguivano, si voltò verso me, Scarlett e Matthew.
«Questa è la parte più pericolosa, se non volete
partecipare lo capisco. Potete rimanere nelle retrovie con Dawn e gli
altri.»
«Non ti lasceremo ad affrontarli da solo» dichiarò
Scarlett con fierezza. «Abbiamo cominciato quest’impresa
insieme, e la porteremo a termine così… giusto?»
aggiunse cercando il nostro assenso.
L’unica cosa che volevo fare in quel momento era farmi dire la
verità da Sean, costringerlo a rivelare il suo piano, quello che
aveva ben pensato di tenermi nascosto fino a che non era stato troppo
tardi per impedirgli di metterlo in atto. Eppure annuii comunque,
perché il branco era più importante dell’ennesimo
litigio tra me e lui.
«D’accordo allora» fece Sean e c’era una punta
d’orgoglio nella sua voce. «Andiamo.»
Dawn, rimasta in silenzio fino a quel momento, fece un passo avanti. «State attenti.»
Indossava una giacca verde militare che ricordava quelle
dell’esercito, il suo viso era velato da un’ombra che la
faceva sembrare una regina pronta ad affrontare la battaglia imminente.
Appena dietro di lei, Toby ci rivolse un piccolo sorriso
d’incoraggiamento. «Facciamogli vedere di cosa siamo
capaci.»
Sean sollevò il mento raddrizzando le spalle, un principe
ribelle immerso nel suo elemento naturale: la guerra. Senza dire una
parola, si avviò con passo sicuro verso il quartier generale dei
cacciatori con me, Scarlett e Matthew al proprio fianco. Gli altri lupi
erano già allineati a qualche metro dall’edificio, un
fronte composto da uomini e donne, giovani e adulti, tutti pronti a
combattere per la loro città.
Noi raggiungemmo il centro, lì dove ci avevano lasciato un
po’ di spazio. Sean era il fulcro di tutto, sembrava disposto ad
affrontare l’intero clan di cacciatori da solo. I mormorii che
percorrevano il nostro schieramento si zittirono di colpo quando la
porta dell’edifico davanti a noi si aprì. Colin Young
uscì per primo, seguito da Brian, Nathan e altri uomini, tutti
vestiti di scuro.
Nel momento in cui si resero conto di quanti eravamo, le loro mani
corsero alle pistole che tenevano dietro la schiena. Adesso avevamo
dieci armi puntate contro di noi e altrettanti cacciatori che ci
fissavano con sospetto e rabbia. Se Colin avesse dato l’ordine,
ci avrebbero ucciso tutti senza esitare.
«Ah, sapevo di non potermi fidare di te, lupo»
ringhiò Colin con soddisfazione beffarda.
Avanzò seguito dai suoi cacciatori, la pistola puntata dritta al
petto di Sean. Che però non mosse un muscolo, rimase impassibile
a guardarlo. Solo i suoi occhi lasciavano intravedere la sua
impazienza, erano frammenti di vetro colpiti in pieno dalla luce.
Colsi Scarlett mordersi il labbro con forza quando Nathan si
fermò a un paio di metri da lei, l’arma ferma in mano.
Eppure la sua espressione era tutt’altro che calma: era
combattuto, quasi disperato. Tutto il contrario degli altri cacciatori,
tutti più che pronti a premere il grilletto. Adesso sapere che
anche Sean era armato mi sembrava molto meno sbagliato.
«Ti facevo più furbo, Sean, saresti ancora potuto
scappare, ma non l’hai fatto» disse ancora Colin,
sprezzante. «Sei qui per morire? O vuoi darmi i tuoi preziosi
lupetti come pegno per la tua libertà? Vedo che ne hai raccolti
degli altri…»
Sean inclinò appena la testa di lato. «Abbiamo ancora un
accordo in sospeso, Young.»
«E cosa potrai mai offrirmi tu? Sono io a dettare le regole
adesso. Potremmo uccidervi tutti in meno di un secondo e tu pensi
ancora di avere qualche potere su di me?» replicò
l’uomo inarcando un sopracciglio.
«In realtà sì, molto più di quanto
credi» rispose Sean con voce calma.
Colin abbassò appena l’arma, confuso e divertito al tempo
stesso. «Ho sempre pensato che avessi molto fegato per averci
proposto un accordo, ma adesso credo solo di averlo scambiato per
incoscienza. Sei stato coraggioso, questo te lo riconosco, però
i giochi finiscono qui.»
L’Alfa annuì piano. «Oh, non potrei essere
più d’accordo.»
Successe tutto in una frazione di secondo, troppo velocemente
perché potessi vederlo accadere. Un attimo prima eravamo
vulnerabili ed esposti, quello dopo tra le mani dei lupi erano comparse
delle pistole che puntavano dritte ai cacciatori, una fra tutte, quella
con cui Sean mirava al cuore di Colin Young.
Uno scatto metallico riempì per un breve istante il silenzio
glaciale che si era creato. Mi lanciai un’occhiata alle spalle e
quello che vidi mi lasciò a bocca aperta: Dawn, appostata sul
retro del pick-up, imbracciava un fucile da caccia dall’aria
molto pericolosa. A terra, accanto al veicolo, Toby impugnava un
revolver argentato e sembrava impaziente di usarlo. Altri lupi
posizionati dietro le auto parcheggiate erano armati e pronti a
sparare. Eravamo passati dall’essere i bersagli a stare
dall’altra parte del grilletto nel giro di un secondo. E
dall’espressione compiaciuta di Sean intuii che era esattamente
quello il suo piano.
Colin spalancò gli occhi impallidendo. Sembrava aver perso la
capacità di fare qualunque altra cosa se non fissarci. Gli altri
cacciatori spostavano di continuo le pistole cercando di mantenere
tutti i lupi sotto tiro, ma si stavano rendendo conto di essere in
schiacciante inferiorità. Per la prima volta in vita mia ero
felice che qualcuno avesse agito alle mie spalle.
Sean Leblanc aveva dimostrato ancora una volta il perché era
riuscito a sopravvivere così a lungo senza nessun tipo di aiuto.
E questa volta aveva fatto le cose molto in grande.
«Vediamo di rimettere a posto le cose» esordì, gli
occhi verdi che brillavano. «Abbassate le armi, tutti
quanti.»
«Brutto figlio di…» borbottò Colin tra i
denti, le dita che si muovevano nervose sul calcio della pistola.
«Fa strano trovarsi dall’altra parte, mmh? Non è
esattamente piacevole» commentò l’Alfa. «Armi
a terra, ho detto. Adesso.»
Nathan posò la propria pistola sull’asfalto e la spinse
indietro con il tacco dello stivale. C’era un accenno di speranza
a illuminargli il viso, qualcosa che non mi aspettavo di vedere sul
volto di qualcuno che aveva ucciso chissà quanti lupi.
Il capo dei cacciatori e qualcuno dei suoi uomini, pur con grande
riluttanza, eseguirono l’ordine di Sean, altri però si
rifiutarono. Lui indurì la mascella e puntò l’arma
contro l’uomo massiccio davanti a me. Solo in quel momento mi
resi veramente conto di avere una pistola puntata contro,
all’altezza del cuore. La sua bocca nera assomigliava a un buco
nero, oscuro e senza fine.
Di colpo avevo un vuoto al posto dello stomaco, una sensazione di
panico gelido e strisciante che mi risaliva nel petto. Non ero mai
stato così vicino al pericolo, al rischio di morire. Mio
fratello era un marine, conviveva con la morte giorno dopo giorno, ma
per me era un concetto astratto, lontano, qualcosa che accadeva agli
altri. Ora invece ce l’avevo di fronte in tutta la sua spaventosa
e immensa presenza.
Il mondo intorno a me divenne silenzioso e immobile, l’unica cosa
che sentivo era il mio stesso cuore che mi rimbombava nelle orecchie.
«Ehi ragazzone, stavo parlando anche con te.» La voce bassa
e velata di minaccia di Sean si fece largo nel terrore cieco che mi
stringeva. «Pistola a terra, ora. Non mi piace ripetermi e non mi
piace sparare alle persone, ma lo farò se mi costringi.»
Il cacciatore, un metro e novanta di muscoli e cicatrici, lasciò
passare degli interminabili secondi prima di decidersi a posare
l’arma sull’asfalto con un grugnito.
«Bene» riprese Sean annuendo. I muscoli del suo collo erano
appena in rilievo, l’unico segno che tradiva la sua tensione.
«Vedo che riusciamo a ragionare.»
Buttai fuori l’aria in un respiro tremante stringendo i pungi per
nascondere il tremore delle mani. Non riuscivo a capire come lui
riuscisse a rimanere così composto e concentrato mentre era
sotto tiro, la sua calma aveva un che di innaturale e al tempo stesso
pericoloso.
«Non finché sarò in vita» ringhiò
Tristan, uno dei cacciatori che avevano catturato Scarlett quella che
sembrava un’eternità fa.
Puntò la pistola contro Sean, una furia dirompente a
incendiargli lo sguardo, il dito già pronto sul grilletto.
Probabilmente non aveva tenuto conto dei riflessi micidiali dei
licantropi quando aveva deciso di sparare, perché prima ancora
che potesse finire di parlare già cinque armi miravano al suo
petto.
Ma non fu necessario nessun colpo. Nathan scattò in avanti e
spinse Tristan da parte gettando la sua pistola a terra. Lui gli
scoccò un’occhiata di fuoco prima di afferrarlo per il
colletto della maglietta con rabbia e tirarlo a sé. Torreggiava
su Nathan, che adesso sembrava persino più giovane di quanto non
fosse, giovane e vulnerabile.
Scarlett fece per avvicinarsi, ma si bloccò all’ultimo
secondo, i pugni serrati lungo i fianchi che tremavano appena.
L’arma di Sean rimaneva puntata su Colin anche se il suo sguardo
saettava su di lei, come per assicurarsi che non facesse niente di
stupido.
«Non sei mai stato dalla nostra parte, vero, piccolo traditore
che non sei altro?» sibilò Tristan a pochi centimetri dal
viso di Nathan. «Ti sei fatto fregare dal fascino malato di
questi mostri molto più in fretta di quanto pensassi.»
«Ehi! Piano con le parole» protestò Matthew in tono
indignato.
Nathan trasse un respiro spezzato. «Non sono mostri, non lo sono
mai stati! Siamo noi ad averli etichettati così.»
Una risata aspra sfuggì dalle labbra dell’altro.
«Oh, vuoi dirmi che non hanno mai ucciso nessuno? Che non sono
per più di metà animali senza controllo? Apri gli occhi,
Evans, guarda in faccia la realtà.» Lanciò uno
sguardo sprezzante a Sean. «Se li lasciamo fare, conquisteranno
l’intera città e ammazzeranno chissà quanti
innocenti.»
«Lascialo, Tristan» ordinò con voce bassa Colin,
tutto il corpo in tensione.
«Non c’è bisogno di complicare le cose»
convenne Sean. «Lascialo ed evitiamo di ricorrere a mezzi che non
piacciono a nessuno.»
Sul volto di Tristan si dipinse un ghigno senza allegria. «Se
fosse per me, sareste tutti morti adesso, tutti.» Si voltò
a guardare Scarlett dritto negli occhi senza allentare la presa su
Nathan. «A cominciare da lei.»
Matthew scivolò davanti a Scarlett come a farle da scudo. Sean
fece scattare la sicura della pistola, uno click metallico secco e
gelido. Adesso stava mirando esattamente al centro della fronte di
Tristan.
«Cos’è che hai detto?» ringhiò e
persino io fui in grado di scorgere il suo lupo che mostrava le zanne.
Nathan approfittò di quell’attimo per sferrare un pugno
sulla mascella spigolosa di Tristan e sottrarsi così alla sua
presa. Lui barcollò all’indietro di un paio di passi,
più sorpreso che sofferente. Alcuni cacciatori mormorarono
commenti sprezzanti che fecero incurvare le sue spalle come se avesse
dovuto sostenere un peso enorme.
«Nessuno deve morire oggi» dissi a voce abbastanza alta
perché tutti mi sentissero. «E nessuno deve farsi male.
Tutto quello che vogliamo è vivere, avere una possibilità
di dimostrarvi che non… che non siamo mostri assassini.»
Scarlett incrociò il mio sguardo per un attimo: c’era una
fiamma dorata ad animarle le iridi, intensa come non l’avevo mai
vista. «Farci la guerra a vicenda non è la soluzione,
porterà solo altri morti. Perché se decidete di riaprire
la caccia, questa volta non saremo solo prede.»
Contro ogni logica apparente, Sean abbassò la pistola e la
rinfilò nella cintura dei jeans voltandosi a guardare Colin.
«Qualunque sia la tua decisione, Scarlett ha ragione: da oggi le
cose cambiano. Potete andarvene e sopravvivere o potete restare e
scontrarvi con noi. A te la scelta.»
«Vuoi che ce ne andiamo?
Che lasciamo la città in mano a voi?» sbottò Colin
sprezzante. «Ho dedicato la mia intera vita a questa causa, ho
perso tutto per proteggere persone che neanche sanno della vostra
esistenza, non abbandonerò tutto per te e il tuo gruppo di
lupi.»
«Pensa a Denise, Colin» intervenne Nathan. «Dovresti
stare con lei, aiutarla a crescere, essere un padre presente. Non
combattere una guerra priva di scopo.»
A quel nome, qualcosa nel petto dell’uomo si spezzò, una
profonda tristezza gli invase le iridi velate dalla furia che pareva
consumarlo. Dovetti sforzarmi per non guardare altrove, per sopportare
tutto il dolore che traspariva dal suo viso stanco. In un moto di
rabbia disperata, si abbassò per afferrare la pistola e la
sollevò stringendola con entrambe le mani, la bocca
all’altezza del cuore di Sean. «È colpa tua, tua e
di tutti quelli come te. Siete solo capaci di distruggere.»
Il panico tornò a serrarmi il cuore, ma questa volta non era per
me stesso che mi stavo preoccupando. L’urgenza di muovermi, di
fare qualunque cosa mi bruciava nel petto, quasi fosse stata acido.
Sean avanzò di un passo, poi un altro, finché la pistola
non era premuta contro il suo sterno. Nonostante la sua calma assurda,
per la prima volta da quando lo conoscevo apparve esposto, indifeso. E,
realizzai, era esattamente ciò che voleva, era stato lui stesso
ad abbassare le proprie difese e mostrarsi così vulnerabile.
Sembrava che lo stesse invitando a premere il grilletto.
I lupi del nostro schieramento di scambiarono occhiate confuse e
allarmate, nessuno aveva idea di cosa avesse in mente, né di
cosa fare. Dovevamo aspettare e basta pregando che Colin non decidesse
di farla finita?
Scarlett cercò il mio sguardo con urgenza, il petto che si
alzava e si abbassava a un ritmo forsennato dettato dalla paura.
Dovetti mordermi il labbro fino a sentire il sapore del sangue in bocca
per impedirmi di fare qualunque cosa se non rimanere immobile ad
aspettare. Un intervento, da parte di chiunque, avrebbe potuto far
degenerare quella situazione già abbastanza tesa.
«Può finire tutto adesso» cominciò Sean, la
voce bassa come il fruscio del vento tra gli alberi. «Tutto il
dolore, la fatica, la rabbia… tutto quanto. L’unica cosa
che vi chiedo è di lasciare Seattle.»
Le mani di Colin erano scosse da tremiti, una reazione più che
umana, ma che stonava con l’immagine del cacciatore spietato che
mi ero fatto di lui: c’era un’anima ferita ed esausta
nascosta sotto tutto quell’odio. Per alcuni lunghissimi istanti
la pistola rimase premuta contro il petto di Sean, fin troppo vicina al
suo cuore.
Poi le labbra di Colin si contrassero in una smorfia di dolore, tutta
la sua forza venne meno in un secondo. Lasciò ricadere le
braccia lungo i fianchi, l’arma abbandonata in una mano. Il suo
sguardo era distante, lontano anni luce da quel parcheggio.
Sean espirò piano rilassando i muscoli delle spalle. «Hai
fatto la scelta giusta.»
«Non ho scelto niente, lupo, non sono più in grado di
farlo» mormorò l’uomo, la voce stanca e svuotata.
Un’ombra attraversò le iridi dell’Alfa, ma fu troppo
veloce perché potessi capirne il significato. Annuì una
volta sola, di nuovo padrone della situazione. «Dovreste
andarvene entro domani.»
«Non riesco a credere che stia succedendo davvero»
esclamò Tristan, la voce grondante di disprezzo.
Colin tornò a guardare Sean ignorando il commento. «Solo
una cosa. Non possiamo lasciare Seattle completamente priva di
cacciatori. Se la voce di questo accordo e delle sue conseguenze
dovesse spargersi, vi ritrovereste assediati. E verrebbero a cercare
anche noi accusandoci di tradimento.»
Tristan fece un passo avanti rompendo la formazione compatta dei
cacciatori e fissò l’uomo dritto in faccia con rabbia.
«Non ti permetterò di distruggere quello per cui abbiamo
lavorato tanto» sbottò per poi raccogliere la pistola.
«Se voi non avete il coraggio di fermare questa follia, lo
farò io.»
Avanzò ancora e, prima che avessimo il tempo di realizzarlo,
afferrò Scarlett per un braccio e la trasse a sé. Sentii
il mio cuore fermarsi quando le premette la canna della pistola contro
la gola tenendola stretta contro il suo corpo per impedirle di
divincolarsi. Mossi un passo in avanti, evitando di barcollare per puro
miracolo.
Premuta contro quei vestiti scuri e anonimi, Scarlett sembrava
più piccola di quanto non fosse, temevo di vederla scomparire da
un momento all’altro. Era impallidita di colpo sgranando gli
occhi e artigliando il braccio del cacciatore quasi per impedirsi di
affogare.
Tra tutti, ero quello che poteva fare meno per aiutarla, non avevo
né l’addestramento dei cacciatori né la forza e i
riflessi dei licantropi, ma la sola idea di saperla di nuovo tra le
mani di uno dei suoi assalitori mi rendeva abbastanza avventato da
provare comunque a fare qualcosa.
Feci per muovermi ancora, ma Sean mi fermò sollevando una mano.
Non aveva ancora preso la propria arma, ma dalla tensione dei suoi
muscoli si intuiva che era pronto a scattare. Per la prima volta,
l’idea di usare la violenza non mi sembrava più
così sbagliata, adesso era necessaria.
«Possiamo essere noi a vincere, non dobbiamo per forza lasciare
che siano loro a farlo» iniziò Tristan cercando con lo
sguardo l’appoggio degli altri cacciatori. «Siamo soldati,
combattiamo perché questa città sia sicura, per dare un
futuro migliore a chi verrà dopo di noi. Davvero avete paura di
contrattaccare?»
I cacciatori esitarono, Colin imprecò sottovoce, Nathan
serrò i pugni lungo i fianchi. Nessuno osava dire niente,
né per appoggiarlo né per dargli contro. Avevo la netta
impressione che quell’incontro, la solida strategia di Sean,
stesse degenerando, era a un soffio dallo sfuggirci di mano. E noi
potevamo poco o nulla per impedirlo.
Con la coda dell’occhio colsi Sean annuire piano, un movimento
quasi impercettibile della testa. Quasi nello stesso momento,
l’espressione di Scarlett si indurì cancellando ogni
traccia di paura, le sue iridi si accesero d’oro. Aggrappandosi
con forza al braccio di Tristan, sollevò una gamba e usò
il tallone dell’anfibio di pesante pelle nera per colpirlo sul
ginocchio. Lui lanciò un grido di dolore lasciandola andare.
Scarlett si girò su se stessa, un ringhio basso che le vibrava
in gola. Mollò un pugnò direttamente sul naso di Tristan
spedendolo lungo disteso a terra. Matthew fischiò in segno
d’approvazione attirando su di qualche occhiataccia da entrambi
gli schieramenti. Il mio sollievo fu tanto che sentii le ginocchia
cedermi, rimasi in piedi per pura forza di volontà.
Un angolo della bocca di Sean si sollevò appena in un
sorrisetto. «Vi ho detto che i ruoli erano cambiati, no? Non
siamo più solo prede.»
Nel frattempo, Nathan aveva raccolto la pistola di Tristan, che si
stava rimettendo in piedi tra imprecazioni e gemiti. Rivoli di sangue
scuro gli colavano dal naso dando l’impressione che indossasse
una maschera spettrale. Fissò con astio Scarlett pulendosi il
viso con la manica della giacca.
Lei, che aveva ripreso la sua posizione accanto a Matthew,
ricambiò l’occhiata con altrettanta ferocia. Il tempo di
avere paura era finito.
Sean si rivolse a Colin, il mento sollevato in un’espressione di
superiorità. «Dovrei farvi ammazzare tutti per questo, lo
sai? È stato un affronto ai limiti del tollerabile, un insulto
direi. Ma abbiamo deciso di stringere un accordo e odio lasciare le
cose a metà, quindi finiamo questa trattativa una volta per
tutte.»
L’uomo sospirò a fondo passandosi una mano sul volto
stanco. «Stavo dicendo che sarebbe più prudente lasciare
qui qualcuno di noi, almeno due o tre persone per essere sicuri che
nessun’altro cacciatore cerchi di entrare in città e
riaprire la caccia.»
L’Alfa ponderò la proposta socchiudendo gli occhi, del
tutto consapevole di avere il coltello dalla parte del manico e con
tutta l’intenzione di usare quel suo vantaggio. «Credo si
possa fare. Due cacciatori possono restare, ma devono essere disarmati
e ben disposti. Non accetterò un altro episodio come quello che
è appena successo.»
«Può rimanere Nathan.» Subito dopo aver parlato,
Scarlett si coprì la bocca con la mano. Le sue guance si tinsero
di rosso mentre abbassava lo sguardo.
Tristan alzò gli occhi al cielo. «Non è neanche un
vero cacciatore.»
«Nate è giovane e ha molto da imparare, ma è
indubbiamente il più disponibile a cercare un dialogo con
voi» commentò Colin. «Dovremmo affiancargli qualcuno
con più esperienza però.»
Brian fece un passo avanti, il viso segnato dalle rughe calmo e
dall’espressione gentile. Non l’avevo neanche notato, fino
a quel momento era rimasto in silenzio a osservare e ascoltare. Ancora
una volta, mi apparve più come un padre di famiglia piuttosto
che come un assassino, non riuscivo a immaginarlo armato, né
tantomeno capace di odiare qualcuno.
«Posso rimanere io, se per voi va bene» propose, la voce
calma e pacata. «Sono uno dei più anziani e ne ho viste di
cose in questi anni. Io e Nate potremmo lavorare bene insieme, che ne
dici, ragazzo?»
Nathan sbatté le palpebre, sorpreso. «Io…
sì, va bene.»
Colin fece un breve cenno d’assenso col mento. «Manca la
tua approvazione…» Si interruppe in modo brusco
nascondendo quell’esitazione con un colpo di tosse. Stava per
chiamare di nuovo Sean “lupo”, ma doveva essersi reso conto
che non sarebbe stata una mossa molto furba.
Un angolo della bocca di Sean si contrasse in una piccola smorfia.
«D’accordo, può andare. Voi altri dovete lasciare la
città entro mezzogiorno di domani, o l’accordo salta e vi
ritrovate cinquanta lupi che vi danno… la caccia.»
Un mormorio percorse la fila di cacciatori, ma nessuno osò
protestare. Persino Tristan sembrava essersi calmato, nonostante la sua
espressione fosse ancora cupa e rabbiosa.
«Seattle è una vostra responsabilità adesso»
disse Colin e c’era una nota di tristezza nella sua voce.
«Spero ve ne prenderete cura.»
Sean annuì, fiero. «Lo faremo.»
L’uomo avanzò di un passo sollevando una mano. «Buon
lavoro allora.»
L’Alfa lo scrutò per un attimo, prima di stringerla con
fare solenne. «Grazie.»
Colin fece cenno ai suoi di raccogliere le armi poi, dopo essersi
scambiato un’ultima occhiata con Sean, si voltò dandoci le
spalle. Lui fece lo stesso, si girò invitandoci a seguirlo.
Faticavo a credere che l’accordo avesse funzionato davvero, che
fossimo riusciti a portare a termine quell’impresa così
grande e pericolosa. Era partito tutto per salvare un’unica
ragazza, adesso avevamo tra le mani un’intera città. La
mia mente si riempì di tutti gli scenari terribili che potevano
succedere, tutte le cose che potevano andare storte, ma le spinsi in un
angolo per concentrarmi su quello che invece avevamo ottenuto lavorando insieme come un vero e proprio branco.
Al mio fianco, Sean guardava dritto davanti a sé, un sorrisetto
leggero a incurvargli le labbra, quasi come se neanche lui si rendesse
contro fino in fondo che ce l’avevamo fatta. Scarlett mi rivolse
un sorriso luminoso quando incrociai il suo sguardo, i suoi occhi
ambrati sembravano brillare in quella giornata così cupa e
grigia sfidando il temporale in arrivo.
Mentre un lampo squarciava il cielo sopra Seattle, il rumore di uno sparo riempì l’aria.
SPAZIO AUTRICE: Ehi! No, non sono dispersa, sono solo molto impegnata e un po' bloccata da un'ispirazione che va a singhiozzo.
Se i miei calcoli sono corretti e tutto va bene, il prossimo dovrebbe
essere l'ultimo capitolo prima dell'epilogo. O meglio, a dir la
verità non so ancora se scriverò anche un epilogo, ma
l'idea c'è, devo vedere come sarà la situazione quando
avrò finito il 41° capitolo
Quindi sì, ormai siamo quasi alla fine di UAPM, ma non per
questo le sorprese sono finite, anzi. Chi credete che abbia sparato? E
chi è stato colpito? E dopo cosa succederà, quali saranno
le conseguenze?
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che il finale sia stato sconvolgente come speravo!
A presto <3
TimeFlies
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