CAPITOLO
11
Ogni
volta che si ripromette di andare per la sua strada quel Diavolo riesce
ad incastrarla con qualche stupida frase sul suo motivo di esistere per
guardargli le spalle. È così che Mazikeen si
ritrova intrappolata in un lavoro che non le farà guadagnare
nulla se non frustrazione.
Sono
ore che continua a passeggiare avanti e indietro lungo quella strada,
ogni tanto entra in un locale orribilmente sdolcinato, pieno di piante,
soprammobili, e stupide umane che assomigliano a bambole solo per
tenere d’occhio l’appartamento che Samael ha preso
in affitto. Non s’è visto nessun tipo di movimento
al di là delle finestre, nessun soggetto corrispondente
all’identikit si è anche solo avvicinato
all’edificio, una notte noiosa e senza un briciolo di
divertimento.
“Questa
cosa è ridicola” pensa
mentre prende in mano il telefono e pensa se chiamare oppure no qualche
scimmia per passare il tempo: deve tenere d’occhio
l’appartamento no? Per cui...perché non farlo da
dentro mentre si diverte facendo sesso selvaggio con un paio di aitanti
umani?
-0-
Non
è per nulla convinto che sia una buona idea, anzi, sembra
una pessima idea, il genere di cazzate di cui ci si pente la mattina
dopo. D’altra parte Lucifer sembra davvero più
felice. E poi non lo ucciderà, è solo una donna e
cosa può fregargliene di quello che pensa o dice
un’umana.
Bussa
alla porta dello studio e aspetta. Magari non c’è.
-
Avanti.
“Merda”.
Entra
cercando di darsi un tono nella stanza illuminata e profumata di
thè verde.
-
Oh!
-
Linda è sorpresa - è
lei, Crowley giusto? -
chiede alzandosi nervosa. Un demone è un demone, ha il vago
sospetto che non tutti siano cordiali come Maze, sempre che Maze possa
definirsi cordiale, in effetti.
-
Vorrei
fare una seduta, se fosse possibile.- risponde
con tono sbrigativo il Re, ma non si muove fino a che Linda non gli fa
cenno di sedersi sul divano a righe.
La
dottoressa riprende il suo posto sulla sedia dimenticandosi del pranzo
che l’aspetta nella borsa. Deve ammettere che
quell’uomo ha un certo fascino, niente a che vedere con
quello degli angeli ma c’è qualcosa che la attrae
nell’espressione malinconica degli occhi chiari.
-
Allora,
signor Crowley, perché pensa di aver bisogno di parlare con
me?
Crowley
ci pensa un momento fissando il tavolino di vetro.
-
Ci
sono… - spiegare
certe cose è più difficile del previsto - beh,
diciamo che da un po’ mi sento… emotivo.
La
dottoressa continua a guardarlo, non sembra tesa. In fondo
dev’essere normale, quando sei la terapista di Satana ti
abitui a certi tipi di frequentazioni. Però a lui fa un
certo effetto, non è qualcosa che sia capitato spesso avere
qualcuno che lo ascolta senza paura e senza odio. Si ritrova a
raccontarle tutta la storia: inizia dalla lancia di Michele, da quando
si era accorto di non volere il pennuto morto e poi una cosa tira
l’altra e per spiegare una faccenda deve raccontarne
un’altra, esce fuori la questione del sangue e di sua madre e
così il periodo di quando era ancora umano e la Scozia. La
dottoressa ascolta senza interrompere, ha degli occhi espressivi dietro
gli occhiali, fino a quando non gli sembra di aver detto tutto e si
ritrova a fissarsi le mani in silenzio.
La
verità è che Linda non sa cosa dire. Assurde
famiglie incasinate più o meno soprannaturali sono una cosa,
la solitudine totale è un’altra. Non
c’è da stupirsi che si sia affezionato ai suoi
persecutori, sono il rapporto più lungo che abbia mai avuto,
madre compresa. Fa uno sforzo feroce con se stessa per rimanere
professionale, per avere una visione distaccata e trovare le parole
giuste, il percorso su cui guidarlo.
-
Parlami
di Dean-
riesce a dire alla fine. Bisognerebbe parlare della madre ad essere
onesta, ma non pensa di reggere ora.
Crowley
alza gli occhi fissandola un momento come se stesse valutando
l’opportunità di dire qualcosa o meno. Alla fine
sbotta.
-
È uno stronzo.
Linda
sembra sorpresa.
-
Perché dici questo? Mi sembra tu tenga molto alla sua
opinione.
Crowley
alza gli occhi al cielo.
-
Le dico una cosa, dottoressa, se non fosse per me sarebbe morto, o
peggio! E sa cosa mi sono guadagnato per questo? Nulla, come se non
avessi fatto nulla. - dice
infervorandosi nel discorso - Perché
sono un demone, ecco perché. Se il suo angioletto avesse
fatto quello che ho fatto io, oh, allora sarebbe sua
santità! Ma ha visto come lo guarda? È
ridicolo… ah, ma quando era un demone anche lui allora io
andavo bene!
Linda
non riesce ad evitare di sgranare gli occhi, anche quello
“era” un demone? Ma quindi si può
smettere di essere demoni? Oh cielo!
Si
ingoia le domande e cerca di rimanere concentrata sul punto.
-
Ha provato a parlare con lui di questo?
-
Sta scherzando, vero?
-
Comunicare con le persone è importante, non possiamo
pretendere che capiscano cosa ci ferisce se non lo diciamo.
Crowley
ride di gusto.
-
Stiamo
parlando di Dean Winchester, il cacciatore Dean Winchester e io sono
Crowley, Re dell’Inferno, noi non parliamo dei nostri
sentimenti. Anzi, il punto è proprio che io non dovrei avere
sentimenti di cui parlare! Lei non si rende conto di cosa vuol dire. - aggiunge
tornando serio - io
non posso… provare cose. Non si può gestire
l’Inferno e “sentire”, non è
possibile.
C’è
in quello sguardo una sconfitta e un dolore che si provano solo quando
si sa di essere a un bivio ma nessuna strada promette nulla di buono.
Linda è una terapista, lo è da un po’ e
sa benissimo quali sono i suoi limiti. Quella situazione va oltre
quello che può gestire. Non perché sia peggiore
di altre, non perché non sia rimediabile e nemmeno
perché un demone con postumi da dipendenza da sangue umano
possa più spaventarla ma perché si sente
stringere il cuore ogni volta che parla. Ha sempre avuto un gusto
pessimo in fatto di uomini. Non potrà mai essere la sua
terapista ma questo non vuol dire che non possa prendersene cura.
Chiude
il block notes e si sfila gli occhiali prima di alzarsi dalla sedia.
-
Mi
dispiace, Crowley, in tutta onestà non credo di poterla
aiutare.
Il
demone si alza a sua volta perplesso mentre la donna si avvicina.
-
Ma avrei davvero piacere a conoscerti meglio.
-O-
Il
Corey’s
è un locale decisamente malfamato, proprio il tipo di locale
che ai Winchester piace frequentare, o almeno al maggiore dei fratelli.
Sam si è sempre adeguato, a lui basta avere il suo computer
o un fascicolo da leggere e studiare mentre il fratello, di solito,
finisce per sfidare qualche avventore a biliardo, cosa che non tarda a
fare anche questa volta. Seduto ad un tavolo, il più giovane
dei Winchester finisce di bersi la birra piluccando le patatine fritte
ormai fredde concentrato a fissare ogni nuovo entrato; ogni tanto getta
l’occhio sui fogli sparsi sul tavolo di fronte a lui pieni di
possibili incantesimi e di ipotesi sull’utilizzo delle ali.
Cass, naturalmente, tiene d’occhio l’umano che
è già alla terza birra. È passato
parecchio tempo da quando sono lì dentro e Dean conosce
già il nome di tutte le cameriere mentre Sam cerca
semplicemente di diventare parte dell’arredamento.
Dean
finisce anche l’ultima partita portandosi a casa un centone
pulito. Con gli anni ha imparato a non eccedere mai per evitare le
risse e di non bruciarsi il terreno. E poi ha un discorso in sospeso.
-
Allora, Cass - dice
ritornando al tavolo - ci
vuoi dire che hai fatto con Lucifer tutta la mattina?
Sono
ore che tenta di estorcere qualche informazione all’angelo
che continua a fare il vago.
-Te
l’ho già detto, Dean - ripete
esasperato per l’ennesima volta l’angelo, - sono...affari
di famiglia!
-
Pensavo
fossimo noi la tua famiglia. - sa
che è un colpo basso però è vero e
vorrebbe che entrasse in testa a quel maledetto angelo.
-Si
che lo siete, solo che…- Castiel
è decisamente sfinito dall’insistenza del
cacciatore, ma ha ragione, e il senso di colpa ha la meglio. -Ok!
Siamo stati in terapia...noi tre.
Sam
spalanca gli occhi senza parole fissando l’amico. Questa
poi…
-Sul
serio? - sbotta
senza riuscire a contenersi.
A
Dean per poco non va di traverso l’ultimo sorso di birra.
-
Avete
fatto cosa?!
Castiel
è decisamente in imbarazzo. Sa quanto suona ridicolo, ma
deve ammettere che è servita quella seduta con la Dottoressa
Martin: ha capito l’astio di Amenadiel nei suoi confronti e
il percorso di Lucifer nel cambiare il suo essere.
-Mi
ha portato dalla sua terapista e abbiamo parlato. È
stato...istruttivo.
Dean
lo fissa cercando di capire se l’angelo sia serio ma
l’espressione di Castiel resta un mistero nonostante gli anni
passati insieme.
-
Tu, Lucifer e quell’altro avete parlato con uno
strizzacervelli? - Dean
non riesce a evitare di mettersi a ridere, poi fa segno a una cameriera
che passa - Stacey,
un whisky doppio, ti prego.
Castiel
distoglie lo sguardo dall’amico, a volte è davvero
uno stronzo.
-
Eddai
Cass - dice
Dean posandogli una mano sul braccio, sa di doversi far perdonare - devi
ammettere che è piuttosto divertente. - poi
ripensa a quella donnetta bionda vista la sera prima - povera
dottoressa! -
gli sfugge.
L’angelo
lo guarda con cipiglio.
-Sai,
dovreste provarci anche voi a parlare con la Dottoressa Martin!
Quell’umana è davvero eccezionale nel modo in cui
ha accettato di avere a che fare con...noi. Potrebbe aiutare anche voi
due magari per superare qualche...preconcetto.- dice
gettando uno sguardo veloce a Sam. Lui è decisamente quello
che in questo momento ne ha più bisogno.
-
Non
credo di essere la persona adatta per uno strizzacervelli, Cass
- risponde l’umano mentre Stacey poggia il bicchiere pieno
davanti a lui con un gran sorriso che Dean ricambia volentieri.
-In
effetti - interviene
Sam, - la
terapia a volte è utile, per me lo è stato quando
ero a Stanford.
Dean
guarda il fratello incredulo.
-
Sei stato in terapia?
-Si,
per quasi un anno. Poi sei venuto a prendermi per cercare
papà…
-
E cosa diavolo gli hai detto? Che avevi smesso di tagliare la testa ai
vampiri per “riprendere le redini della tua vita”?
- Dean
non riesce a immaginare cosa dovrebbe dire lui a un terapista.
-Beh,
mi è stato utile nel cercare di non far ricadere su nostro
padre tutte le colpe per la vita raminga che ho fatto…
Dean
sta per controbattere qualcosa quando la sua attenzione viene attratta
dall’uomo appena entrato nel locale. Non può
esserne certo perché la penombra nasconde i lineamenti ma la
corporatura e i capelli biondi lo mettono in allarme. Fa un cenno al
fratello. Sam segue lo sguardo di Dean e fa un cenno
d’assenso: è decisamente il loro ladro. Mentre sta
per muoversi nota però l’atteggiamento
dell’angelo: si è irrigidito e pare sconvolto.
-Hey
Cas…
Castiel
non lo ascolta. Si gira lentamente e cerca l’origine della
strana ma familiare sensazione che prova e non ha più dubbi.
-Quello...è
un nephilim!
Angolino delle autrici
Devo
chiedervi scusa, ho saltato una settimana! Vorrei
avere una scusa valida ma... non ce l'ho! Rimedio
però pubblicando il capitolo 12 a brevissimo, ed
è una promessa!
Ci stiamo avviando alla fine di questa avventura californiana per i
Winchester, abbiamo scoperto cos'è il ladro e... beh, non vi
anticipo nulla dei capitoli finali, ma vi ricordo che questa non
è la fine, ma solo l'inizio di una lunga avventura del
nostro "what if" e i feelings devono ancora arrivare!
Buona lettura e... recensite, recensite, recensite!
OcaPenna e Astral
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