Desperate Times Call for Desperate Measures - A mali estremi, estremi rimedi di Sleepyheadven_ita (/viewuser.php?uid=1023484)
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In caso qualcuno li vedesse,
avevano camminato mano nella mano coprendo la distanza che li separava
dal caffè che la madre di Hanji aveva segnalato dando loro indicazioni
via messaggio di testo.
“È così bello qui” aveva detto
Hanji senza fiato, guardandosi attentamente intorno con sguardo
meravigliato.
“E anche un sacco rumoroso” aveva
aggiunto Levi senza entusiasmo, rivolgendole uno sguardo interrogativo
vedendola fermarsi in mezzo al marciapiede. La donna aveva
frettolosamente tirato fuori il telefono, tenendolo davanti alla sua
faccia.
“Facciamoci un selfie! Sorridi,
brontolone!” aveva detto con un bel sorriso pieno, Levi aveva guardato
l’obiettivo con sgomento mentre l’altra scattava la foto. Davvero un
momento da conservare per sempre, aveva pensato seccamente.
“Cosa posso scrivere per
didascalia?” si era chiesta ad alta voce ricominciando a camminare, lo
sguardo incollato al display del telefono, evitando gli altri passanti
facilmente nonostante non avesse mai alzato lo sguardo.
“Contemplando le mie scelte di
vita” aveva suggerito Levi monocorde, cominciando a camminare al passo
con Hanji, che l’aveva guardato divertita scuotendo appena la testa.
“Sembra che siamo arrivati!” aveva
annunciato, guardando l’insegna con interesse. “Pronto, amore mio?”
aveva detto a cuor leggero, aprendo la porta e cedendogli il passo.
Levi aveva visto Elizabeth seduta
in mezzo ad altri tavoli, che li aspettava. Hanji lo aveva sorpassato,
andando a salutare sua madre con un caldo sorrido e un gesto della mano
mentre andava a sedersi davanti a lei. Levi le aveva fatto giusto un
cenno con la testa, andando a sedersi accanto alla sua finta ragazza.
“Buongiorno mamma” aveva detto
allegramente Hanji.
Levi stava notando che non si
forzava mai impressionarla o di farle credere di essere quello che non
era. Sembrava a suo agio nell’essere se stessa, almeno quasi sempre.
Semplicemente non poteva sopportare di affrontarla da sola, ed ecco il
perché della sua presenza lì, oltre che quello di evitare che sua madre
le organizzasse appuntamenti.
“Buongiorno tesoro, e buongiorno
anche a te, Levi. Mi sono presa la libertà di ordinare per voi, spero
che non vi dispiaccia. Per te Han qualcosa di leggero perché mi sembri
appena un po’ appesantita. E ovviamente un uomo non può cominciare la
giornata senza una vera e propria colazione, giusto?” aveva detto con
un’espressione allegra.
Hanji sembrava non aver fatto
nemmeno caso alle sue parole, Levi aveva annuito mentre la guardava da
vicino. Le parole taglienti della donna l’avevano decisamente
innervosito, Hanji semmai era alta e magra come un giunco.
“Sembra perfetto” aveva commentato
lei però, rivolgendogli un breve sguardo rassicurante.
“Come avete dormito ragazzi?
L’hotel è bellissimo, vero?” aveva detto entusiasta. “Nick e io ci
andavamo sempre.”
Hanji aveva represso dentro di lei
un’espressione di disgusto a quelle parole noncuranti, non voleva
proprio sapere certi dettagli della vita amorosa di sua madre.
“Sì, piuttosto bello. E incontra
gli standard di pulizia di Levi, il che è già un miracolo di per sé”
l’aveva preso appena un po’ in giro, ridendo appena dello sguardo
irreprensibile che lui le aveva rivolto in risposta.
“Mi fa piacere! Che cosa avete in
programma per la giornata?” aveva chiesto sua madre tanto per fare
conversazione, bevendo un sorso del suo bicchiere d’acqua.
Hanji aveva guardato Levi, ma lui
aveva semplicemente alzato le spalle.
“Non ne siamo sicuri” le aveva
detto incerta quindi, cercando di cambiare discorso. “Cos’hai in
programma tu?” le aveva domandato curiosa.
“La mia amica Carla, che si è
recentemente trasferita qui, sta venendo per aiutarmi con un po’ di
cose. Niente di troppo interessante, però” aveva detto gesticolando
come a volersi lasciare l’argomento alle spalle. “Sai che domani ti
porto a fare la prova dell’abito, giusto?”
Prima di riuscire a mascherarlo,
Hanji aveva fatto un’espressione di terrore. “Lo so adesso” aveva detto
mentre una cameriera poggiava i piatti con la loro colazione davanti a
loro. Sua madre aveva detto un semplice merci prima di continuare a
rivolgersi di nuovo a sua figlia e al suo ragazzo.
“Quindi, Levi, ho notato che sei
terribilmente silenzioso. Perché non mi parli un po’ di te?” aveva
chiesto Elizabeth gentilmente.
Hanji si era messa in bocca una
bella forchettata di cibo, reprimendo lo scoppio di risa che le era
venuto spontaneo.
“Beh, che cosa vuole sapere?” aveva
chiesto Levi tranquillamente, appoggiandosi opportunamente il
tovagliolo sulle ginocchia.
“Beh, dove sei cresciuto? Sei mai
stato sposato prima, hai figli magari? Quali sono le tue feste
preferite?” gli aveva gettato addosso domanda su domanda, con un
piccolo sorriso ad incurvarle le labbra.
Dentro di sé Levi aveva pensato che
fossero delle domande una più inutile dell’altra, sforzandosi di
reprimere il senso di fastidio che gli procurava il dover condividere
con una persona quasi del tutto estranea dei dettagli della sua vita
privata.
“Sono cresciuto a New York, mi sono
trasferito a Seattle quando sono stato abbastanza cresciuto per farlo.
Mai sposato, e ovviamente niente figli” aveva detto, riuscendo
facilmente a mascherare il suo disappunto.
Quando aveva fatto per parlare di
nuovo Hanji l’aveva interrotto.
“Il suo periodo di festa preferito
sono le pulizie di primavera*” aveva detto scherzando, ridendo da sola
per la sua battuta. Inoltre gli aveva rubato velocemente una
forchettata di cibo in un momento in cui sua madre non guardava.
“Ah! Ero così preoccupata che
potessi essere recentemente divorziato e che potessi essere in una
battaglia legale per l’affidamento di figli. Voglio dire, è raro per
qualcuna dell’età di Hanji trovare un uomo che non sia già stato
sposato” aveva sentenziato.
“Non poi così raro, mi sembra”
aveva ribattuto la figlia di getto, guardando Levi con esasperazione.
“Beh, sono semplicemente contenta
che mia…”
Un forte squillo del telefono
l’aveva interrotta. Li aveva guardati come a scusarsi mentre rispondeva.
“Pronto?” aveva detto. “Oh, no, sei
sicura di non avere nessun altro?” Aveva sospirato delusa, la sua
espressione felice era cangiata improvvisamente in tristezza.
“Che succede mamma?” aveva chiesto
Hanji, un po’ preoccupata per il repentino cambio di atteggiamento.
Elizabeth le aveva fatto segno con
un dito di aspettare un attimo, poi si era tolta il telefono
dall’orecchio tenendolo a pochi centimetri dal viso.
“Carla non può venire oggi, la sua
baby sitter ha cancellato all’ultimo momento.”
Hanji aveva riflettuto per un
momento, e Levi aveva capito esattamente in che riflessione si fosse
persa, sicuro che non avrebbe fatto nemmeno in tempo a protestare prima
che agisse di conseguenza.
“Beh, il bambino lo possiamo tenere
d’occhio noi per qualche ora” aveva suggerito con calma. Levi le aveva
rifilato un’occhiata glaciale, che lei aveva deciso di ignorare.
Sua madre si era immediatamente
risollevata, un sorriso si era aperto sul suo volto. “Carla, mia figlia
si è offerta di badare al bambino per qualche ora! Ti starebbe bene?”
La donna all’altro capo della linea
doveva aver risposto affermativamente, a giudicare dal sorriso felice
di sua madre.
Levi invece aveva continuato a
guardare gelido Hanji per tutta la durata di quel pasto. Per fortuna
sua madre non ci aveva fatto caso, o sarebbe stata una conversazione
scomoda da sostenere.
-
Un’ora dopo erano arrivati a casa
del bambino.
Sua madre, una donna di mezza età
con capelli scuri e occhi gentili, si era affrettata ad uscire di casa,
salutando i due con fare grato.
“Salve. Sono Carla Jaeger, voi
dovete essere Hanji e Levi. Grazie mille per aver accettato di stare
con mio figlio” aveva detto presentandosi.
Hanji aveva annuito, sorridendole
con uno dei suoi sorrisi gentili. “Piacere di conoscerti! Sono contenta
di farlo se questo significa che terrai mia madre occupata e felice!”
aveva detto scherzosa. “Quindi, quanti anni ha e come si chiama?”
“Eren. Ha cinque anni, ma gli piace
comportarsi come se ne avesse molti di più. Vi avverto, è piuttosto
capriccioso, quando non sono con lui tende a fare le bizze. Starò via
solo un’ora o due, lo prometto.”
La donna aveva sussultato quando la
madre di Hanji aveva suonato il clacson, impaziente. Le aveva rivolto
un sorriso come a scusarsi prima di avviarsi verso le scale di casa.
“Chiamatemi se vi serve qualcosa”
aveva detto prima di salire sulla piccola auto.
Gli altri due erano rimasti a
guadare scettici mentre si allontanavano.
“Non ci posso credere che mi hai
trascinato a fare la guardia a un cazzo di marmocchio, quattrocchi”
aveva detto guardandola di traverso e incrociando le braccia al petto.
Hanji aveva sospirato appena, in
faccia aveva un’espressione sdegnosa.
“C’era da scegliere tra questo o
sopportare l’isterico pianto di mia madre per tutto il giorno” aveva
spiegato. “E comunque, sono certa che possiamo prenderci cura di un
bambino per qualche ora, Levi” aveva aggiunto, cercando di convincere
non solo il suo infastidito amico, ma anche se stessa.
“Sei appena in grado di badare a te
stessa” aveva commentato lui, facendo per mettere una mano sulla
maniglia della porta. L’aveva aperta senza pensare, per trovarsi
davanti un bambino con grandi e penetranti occhi verdi dietro di essa,
le sue mani ciondolavano sui suoi fianchi mentre fissava i due adulti.
Levi gli aveva rivolto uno sguardo
indifferente.
“Non è educato ascoltare le
conversazioni degli altri” gli aveva detto come fosse un fatto ovvio.
Hanji era entrata in casa,
guardandosi intorno prima di inginocchiarsi davanti a Eren e
rivolgergli un sorriso rassicurante.
“Ignoralo, ti prometto che è
innocuo” aveva detto al bambino che aveva dato un’altra occhiata
all’uomo prima di tornare su di lei. “Io mi chiamo Hanji, e lui è Levi.
Staremo con te per un paio d’ore” gli aveva spiegato tranquilla,
rimettendosi quindi in piedi.
“Ho fame” le aveva detto calmo, i
suoi dubbi erano già spariti dal suo sguardo.
Hanji aveva esitato, guardando il
suo amico come a chiedere aiuto. Cosa piace mangiare ai bambini? Si era
chiesta. Le sue capacità come cuoca si fermavano alle uova strapazzate
o alla pasta, e questo era quanto. Per lo più sopravviveva grazie al
cibo d’asporto.
“…fammi vedere dov’è la tua cucina,
allora!” aveva detto cercando di sembrare sicura di quello che faceva.
Levi aveva sorriso appena, non
facendosi ingannare dalla sua messa in scena. Era curioso di sapere che
si sarebbe inventata mentre entrambi seguivano quell’entusiasta
ragazzino in quella cucina modesta.
“Che cosa pensi di preparargli
Hanji?” le aveva chiesto sedendosi su uno sgabello con i gomiti
appoggiati all’isola.
Hanji aveva rovistato senza idee
nel frigo prima di tirare fuori un vasetto di marmellata e afferrare
delle fette di pane dietro di lei.
Internamente Levi aveva un po’ riso
alla sua scelta, sapendo che era piuttosto difficile sbagliare con un
semplice panino alla marmellata, ma sapeva pure che considerata la sua
incapacità culinaria, Hanji avrebbe potuto trovare un metodo per fare
male persino quello.
“Ti va bene questo, Eren?” aveva
chiesto al bambino, aspettando la sua approvazione. Una volta che aveva
annuito entusiasta, Hanji aveva messo nel tostapane le fette,
voltandosi a guardare i due ragazzi nel frattempo.
“Sei la figlia di Elizabeth? Mamma
ha detto così” le aveva chiesto Eren inclinando appena la testa. Hanji
aveva pensato che sua madre doveva avere davvero dei seri problemi a
dirgli di no, quando la guardava così con quegli occhioni.
“Sì” aveva confermato annuendo.
“Come conosci la mia mamma?” gli aveva chiesto, sorpresa che sua madre
socializzasse anche in minima parte con dei bambini, o con persone che
avevano bambini piccoli per dirla tutta.
Aveva sempre fatto presente ad
Hanji quanto i bambini fossero un peso e un fastidio, specialmente da
piccoli. Le persone dovrebbero uscire a vivere la loro vita invece che
stare a casa a prendersi cura di un neonato, era così che di solito
liquidava la questione. Hanji non aveva mai smesso di sentirsi a
disagio a quei discorsi, non era colpa sua che fosse venuta al mondo,
ma era sempre stata certa che il suo arrivo fosse stato una sorpresa
inaspettata.
“Viene spesso qui” le aveva
risposto Eren, con un sorriso furbetto. “Però è un po’ strana” aveva
detto dopo averci pensato un pochino.
Hanji aveva riso a
quell’affermazione, non poteva che essere d’accordo.
“Senti, signore…” Eren si era
rivolto a Levi, il quale si era girato verso di lui controvoglia, non
molto interessato a far parte di quella conversazione. “Tu e Hanji
siete sposati?” aveva chiesto innocentemente, l’altra si era irrigidita
mentre spalmava la marmellata sul pane.
Levi era stato in silenzio per un
momento, incerto su cosa dire. Sapeva che se avesse detto che non c’era
niente tra loro molto probabilmente il bambino l’avrebbe detto alla
mamma, che a sua volta l’avrebbe detto a quella di Hanji.
“No, non lo siamo” aveva detto
qualche secondo dopo. “Però lei è la mia ragazza” aveva aggiunto subito
dopo, osservando il bambino mentre mugolava pensieroso.
Hanji aveva appoggiato il piatto
col panino davanti a lui, poi si era seduta dall’altra parte
dell’isola. “Quindi siete innamorati?” aveva chiesto sereno.
“Sì, siamo innamorati.”
Hanji si era sentita un po’ in
colpa nel mentire a un innocente ragazzino, ma aveva continuato
comunque. Stava realizzando cupamente che stava trascinando tutti nelle
sue macchinazioni. Levi, Eren, Carla, Nick, sua madre (ma di questo non
le importava molto dato che era lei la ragione per cui era costretta a
farlo).
“Allora perché litigavate fuori?”
Levi e Hanji erano rimasti di
sasso, sorpresi che fosse riuscito a capire così tanto della loro
conversazione.
“Le coppie tra loro litigano in
continuazione” aveva risposto Levi, cercando di cavarne le gambe.
“Solo perché abbiamo un piccolo
disaccordo non vuol dire che non ci amiamo più” aveva aggiunto Hanji.
Eren aveva aggrottato le ciglia
alle sue parole. “Sì, ma voi non sembrate una coppia. Non vi tenete per
mano, non vi sedete vicini” aveva osservato, intuitivo.
Levi si era alzato dal suo posto,
infastidito si era messo seduto vicino ad Hanji per provargli che
quello che dicevano fosse vero.
“Adesso sei contento?” gli aveva
detto alzando un sopracciglio e andando ad afferrare la mano di Hanji,
appoggiandosi le loro mani l’una nell’altra sul grembo.
“Dovresti baciarla adesso! È così
che i miei genitori fanno pace” aveva suggerito Eren allegro,
masticando un pezzetto del suo panino.
Lo stomaco di Hanji si era chiuso
appena all’idea di baciare l’altro per la prima volta. Lo aveva
guardato negli occhi per vedere se ci fosse anche solo un’idea di
disagio o disgusto, ma non aveva visto niente di tutto questo. Solo un
po’ di irritazione, ma presumeva che fosse per via del fatto che Eren
li stava forzando in quella situazione.
Gli aveva stretto la mano,
aspettando la sua risposta. Levi pochi secondi dopo gliel’aveva stretta
a sua volta. Si era sporta verso di lui velocemente, per togliersi il
pensiero, certa che dopo la prima volta le altre sarebbero state più
semplici.
Aveva percepito il suo respiro
infrangersi sulle sue guance arrossate prima si sentire le sue labbra
premere dolcemente contro quelle di Levi, aveva chiuso gli occhi quasi
del tutto. Le sue guance erano diventate sempre più calde mentre
sentiva salire il desiderio di ripetere quel gesto, una volta che si
erano scostati l’uno dall’altra. Si era sforzata di allontanarsi, non
volendo cedere a quella situazione.
Levi aveva nascoso qualsiasi
emozione dovesse aver provato così velocemente che Hanji non aveva
fatto in tempo a decifrarla, mettendosi sul viso un’espressione neutra
prima di girarsi verso Eren.
“Visto, adesso siamo
riappacificati.”
La sensazione delle sue labbra era
rimasta ostinatamente su quelle di Hanji. Aveva deglutito, si era
rimessa dritta sulla sua seduta nel tentativo di ricomporsi.
“Siete carini insieme voi due”
aveva commentato Eren contento.
“Grazie” aveva risposto Hanji,
facendogli un piccolo sorriso e guardandolo mentre continuava a
mangiare.
Erano rimasti seduti in silenzio
dopo, nessuno si era disturbato a dire niente a meno che non fosse Eren
a fare delle domande. Sino a quel momento quel piccoletto si era
dimostrato un ostacolo persino maggiore della madre di Hanji.
Presto si erano spostati nel
soggiorno, Eren aveva insistito per vedere il miglior film di sempre,
che era quello dei Minions. Hanji si era appoggiata contro Levi in
preda alla noia, mentre lui inveiva a bassa voce contro quegli affarini
gialli e le loro vocette irritanti.
“Ma come fa a guardare ‘sta roba?”
aveva chiesto Hanji a bassa voce, con la testa appoggiata comodamente
contro la spalla di Levi. Dovevano mantenere bene le apparenze davanti
a Eren, o sapevano che avrebbe cominciato a tempestarli di domande.
“Forse è per questo che è sempre
così arrabbiato” aveva mormorato l’altro in risposta, tamburellandosi
distrattamente le dita su una coscia. Hanji aveva riso brevemente,
scuotendo leggermente la testa in sua direzione.
“È un male che sono in Francia ma
l’unica cosa che voglio fare è andare a dormire?” aveva chiesto Hanji
facendo un piccolo sbadiglio.
“È perché siamo costretti in casa
di estranei a guardare ‘sta merda di film” le aveva risposto Levi
scavallando le gambe e girandosi per prestarle attenzione.
“Devo andare a comprare un vestito
domani!” aveva piagnucolato Hanji, sprofondando ancora di più la faccia
contro la sua spalla. “Non ci voglio andare.”
Levi le aveva dato una schicchera
con l’indice sulla fronte, la risposta dell’altra era stata di
piagnucolare ancora più forte. Eren era troppo concentrato sul film
d’animazione per notare quello scambio così infantile.
“Mi manderà sull’orlo della pazzia,
e tu non sarai nemmeno lì a sostenermi” aveva detto Hanji sospirando,
chiudendo gli occhi e pensando all’incubo che sarebbe stato per lei al
negozio di abiti.
“Non fare la poppante, quattrocchi.
Se ti infastidisce così tanto dillo.”
Levi aveva roteato gli occhi, le
aveva dato una tiratina alla coda, sovrappensiero. Non era sicuro di
quand’era che avevano cominciato a essere così casualmente fisici tra
loro, se doveva essere onesto. Si toccavano costantemente, quando non
erano le loro mani a stringersi erano gesti scherzosi, oppure era Hanji
ad accoccolarsi contro di lui come stava facendo in quel momento.
Entrare in quella parte era
sembrato persino troppo ordinario, quasi una seconda natura per
entrambi, addirittura quel piccolo bacio che si erano scambiati prima
non era sembrato inopportuno o strano in nessun modo.
“Non sei stato cresciuto da lei,
non hai idea di come sia davvero. Hai avuto solo un piccolo assaggio.”
“E spero fortemente che così
rimanga” aveva replicato Levi.
La loro conversazione sottovoce era
terminata al rumore di passi che arrivava alle loro spalle, entrambi si
erano voltati di scatto.
Carla ed Elizabeth erano entrate
dalla porta, tutte un sorrisetto e una risatina dietro l’altra.
“Ma guardali, che carini” aveva
commentato Elizabeth scherzosamente.
Facendo attenzione Levi aveva
liberato la sua mano dalla coda di Hanji mentre lei si alzava per
andare a salutare sua madre.
“Vedo che vi ha costretti a vedere
il film dei Minions, eh? Mi dispiace” Carla si era scusata con una
piccola risata.
Hanji le aveva dato ad intendere
con un piccolo gesto della mano che non ce n’era bisogno. “È stato così
bravo, praticamente non si e mai sentito, è stato buono per tutto il
tempo che abbiamo passato insieme” aveva parzialmente mentito senza
troppo sforzo, rimanendo in piedi. Aveva pensato per un veloce attimo
che le mancava il calore della vicinanza del corpo di Levi.
Carla era sembrata sorpresa a
quelle parole, la sua espressione l’aveva tradita. “Wow, dovete avere
il tocco magico voi due. Io riesco a stento a farlo stare seduto per
dieci minuti, figurarsi per due ore.”
Eren finalmente aveva realizzato
che sua madre era a casa, così era saltato sul divano e poi dritto tra
le braccia aperte della donna.
Levi era rimasto in piedi accanto
ad Hanji mentre si congedavano da Eren e sua mamma.
“Mi dispiace di avervi rovinato la
giornata, probabilmente avevate entrambi dei piani per una bella
giornata di romantici giri turistici” si era scusata non molto
sinceramente Elizabeth quando erano stati a qualche passo dalla casa.
Hanji sapeva benissimo che in
verità non le dispiaceva nemmeno un po’, ma non è che loro due avessero
avuto davvero dei piani. Sua madre veniva sempre al primo posto nella
sua vita, le opinioni e i bisogni degli altri erano sempre messi in
secondo piano in confronto ai suoi.
“Non fa niente, abbiamo comunque
altre due settimane per fare quello che vogliamo.”
“E in ogni caso sembra che pioverà
presto” aveva osservato Levi mentre scrutava il cielo nuvoloso.
“Beh, adesso vi accompagnerò
ovunque vogliate andare” si era offerta educatamente scuotendo le
chiavi che teneva in mano mentre apriva la porta della sua auto.
“Nei pressi del nostro hotel, qual
è un buon ristorante?” aveva chiesto Hanji mentre si sedeva sul sedile
posteriore, Levi l’aveva seguita.
“Conosco il posto adatto!” aveva
risposto l’altra cominciando a guidare, pestando l’acceleratore con
decisione. Hanji aveva sussultato a questo gesto spericolato, aveva
preso la curva così stretta che si era ritrovata praticamente in
braccio a Levi.
Si meritava decisamente il miglior
pasto potesse ordinare, anche sapendo cosa la aspettava il giorno dopo.
E anche una bevuta o due, magari persino tre…
*Hanji nella versione originale qui
diceva spring cleaning,
ovviamente un gioco di parole sulla festa primaverile che fanno negli
Stati Uniti, la spring break.
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