ultionis voluptas
Angolo autrice
Buongiooooorno! :)
Oggi parliamo di un
tema un po’
particolare, la nascita di Freezer.
Spero che non mi
tiriate i pomodori, ho
voluto analizzare l’evento dal punto di vista introspettivo
quindi mi sono
presa un po’ – un po’ tante
– licenze
poetiche, insomma non troverete un realismo sfrenato, per dirla con un
eufemismo *ride*.
La soundtrack con cui
è stata scritta
questa one-shot è la traccia “Red Rain”
dei Gregorian, che potete ascoltare
comodamente: qui
Spero che questo
capitolo sia per voi
all’altezza del primo e che vi piaccia.
Vi aspetto nelle
recensioni per parlare
insieme della storia, sarei contenta di sapere cosa ne pensate di
questo mio secondo
– terrib...hmm!
– esperimento.
Un abbraccio grande,
Nuvole
ULTIONIS VOLUPTAS
~ Il piacere
della vendetta ~
Oh, red rain
coming
down
Red
rain
Red
rain is pouring down
Pouring
down all over me
[Gregorian –
Red Rain]
Una
luce accecante si staglia al di là della soglia.
Strofino
il naso contro il confine, socchiudendo gli occhi sorpresi. Tutto
è scarlatto come
sempre. Il rosso è l’unico colore che conosco,
oceano di questo spazio in cui
mi contorco ormai troppo grande per restare. Con il passare del tempo
la
porpora è diventata più flebile, come se le mura
si fossero consumate,
contaminate dal bianco invadente. Nel mio primo ricordo tutto era
incommensurabile, enorme, e io nuotavo sospinto verso il confine
raggomitolandomi
alla ricerca dell’angolo più freddo.
Il
mondo sta finendo.
L’universo
ha iniziato a contrarsi, autofagocitandosi. Un secondo dopo
l’altro noto le
pareti restringersi in un silenzio assordante.
Mi
raggomitolo nel mio corpo esile, stringendo maggiormente le ginocchia
al petto,
la coda che sigilla le mie membra in una morsa.
Ho
paura.
Quando
la luce diviene all’improvviso così intensa,
arrivano gli spettri. All’inizio
non riuscivo a distinguere le loro parole, erano soltanto sibili di
serpenti,
affilati come carezze di coltelli, un caos di echi che si confondevano.
«È
un mostro! »
«Uccidilo
prima che diventi come suo padre!»
Le loro
voci oscene si piegano,
increspandosi in risate sguaiate.
«Freezer
è un demone che dovrebbe stare
all’inferno!»
Ghigni
crudeli rimbombano,
moltiplicandosi all’infinito, morendo nella codardia di un
silenzio troppo
prolungato. Anche se non parlano con me, mi scopro a tremare molte
volte
nell’ascoltare quelle conversazioni.
Questo
è tutto l’universo che
esiste, io sono tutto l’universo... Cosa sarebbe questo
Freezer?
Ho
tanta paura.
«Quella
creatura è l’incarnazione del Male...»
Il male.
Cos’è il male? Quello
che mi stanno facendo adesso, minacciando il mio mondo gelido e
silenzioso. Sento
che vuole portarmelo via... Ma chi?
Trascorrono
altri giorni di oscurità.
«Freezer»
Un’unica
voce, completamente diversa dalle altre, si staglia nettamente nel
vuoto da cui
è accompagnata. Parla con voce pacata, ferma, ripetendo
soltanto quel nome in
un sussurro, come una litania.
«Freezer!»
Lo
invoca, sempre più severo. Sta chiamando...
l’incarnazione del male, il demone,
il bastardo odiato da tutti che mi porterà via tutto!
Taci!
Taci!
Eppure
la sua voce calma mi ipnotizza, mi blandisce.
Ora
ne sono certo. Qualcuno o qualcosa sta cercando di uccidermi.
Sento
i muscoli premere contro i confini dell’universo, sempre
più angusto. Cerco di
contrarmi ancora di più su me stesso, raggomitolandomi il
più possibile ma il
dolore è troppo forte, le pareti mi stritolano, crudeli.
Della porpora che ho
respirato finora non restano che briciole che mi affretto a divorare.
Il mondo
è divenuto biancastro e luminoso, sempre più
corrotto. Mi contraggo così forte
da affondare le unghie nelle braccia, strizzando gli occhi
così forte da vedere
una danza macabra dietro le palpebre.
Ho
paura.
Sento
i muscoli lacerarsi nel tentativo di rimanere tesi e, in un moto di
orrore che
mi riempie dentro fino a farmi esplodere il cuore, li sento lasciarsi
andare,
sfibrati dal dolore.
Non
ho neppure il tempo di gridare, l’universo implode su se
stesso, sbranato dalla
luce violenta.
Il
mio mondo si frantuma, penetrato da un altro mondo che inesorabile come
un’onda
lo inghiotte.
I
confini si sfracellano, cocci taglienti come lame mi accarezzano le
membra,
scorticandole, per poi venire scaraventati lontano.
Sento
il volto straziato dalle grida, che acute risalgono dalle
profondità delle mie
viscere, il volto arso dalle fiamme. Mi scompongo su una superficie
dura,
rovesciato fra i cocci e il ghiaccio triturato, insozzato dalla linfa
densa e
grumosa che mi ricopre come una gelatina.
Tossisco,
vomitando altra porpora, mentre noto una figura gigantesca avvicinarsi
a me, le
labbra rosse cesellate in una smorfia di soddisfazione. Il suo corpo
è immenso
e muscoloso, rivestito da un’armatura e da un mantello scuro.
Allunga una mano
per toccarmi e sento il terrore avvampare dentro di me, ritraendomi
istintivamente, finendo per sbattere contro il muro.
Mi giro
e sussulto nel notare che la parete mi restituisce
un’immagine.
Una
creatura piccola mi trapassa con uno sguardo feroce, occhi vermigli
come
carboni ardenti che bruciano, divampano di furia, incastonati in un
corpo
candido, venato di pietre violacee e striato di sangue.
Quello...
sono io?
Io...
mi vendicherò.
Distruggerò
chi mi ha portato via il mio
universo.
Il
gigante alle mie spalle ride, la sua mano mi afferra con violenza il
torace e
cerca di mettermi in posizione verticale, caricando il mio peso sulle
estremità
inferiori del corpo.
«In
piedi, Freezer.» mi ordina, algido.
Traballo,
le caviglie incerte, i pugni stretti in una morsa, le palpebre
stritolate
dall’astio nell’osservare per la prima volta gli
altri presenti, figure
attraversate da un’ombra fugace, luci ambigue che perforano
le loro pupille
volgari, risate trattenute nelle gole che fanno vibrare i loro volti.
Sento le
viscere contrarsi dall’ira, è colpa vostra,
solo colpa vostra!
Freezer?
Mi
ha chiamato... Freezer?
Sono
io... Freezer?
Qualcosa
mi taglia dentro. Un bolo vibrante mi riempie le vene, un desiderio a
cui non
so dare un nome mi risale l’esofago, corrodendomi la bocca
che si asciuga
all’istante.
«Ti
senti bene?» domanda la voce severa,
continuando a tenere la mia spalla salda
fra le dita.
«Non
toccarmi...» mormoro, sentendo la mia coda
frustarle con una velocità e una
forza che non credevo neppure possibile. La mano del gigante si
scheggia
leggermente, ritraendosi. Resto in piedi da solo, le dita dei piedi
spasmodicamente tese nel tentativo di aggrapparsi al pavimento liscio,
le
caviglie ancora tremanti.
Sono
io... Freezer?
Tutto
il mio corpo sussulta, ossessionato da quegli sguardi ambigui,
ammiccanti, che si
infrangono sul pavimento non appena intercettano il mio.
Sono
loro... i fantasmi?
I
miei occhi si concentrano sui resti del mio universo, sfracellati a
terra,
cocci irrecuperabili, ricoperti da una gelatina scura, putrescente,
annegata in
un oceano di ghiaccio triturato, marchiato soltanto dalle impronte
delle mie
mani piccole e dallo strisciare del mio corpo.
Una
sensazione di perdita, di orribile mancanza si espande dentro di me.
Le mie
viscere si contraggono, sospingendo verso l’alto un rigurgito
di bile.
Io
voglio.... voglio...
Mi
mordo le labbra, affondando i denti in profondità nella
carne violacea.
Li
guardo tutti, uno per uno.
Loro
volevano uccidermi.
Stendo
il braccio, animato da un impulso ancestrale, le dita innervate da una
scossa
elettrica che ha origine direttamente nel mio petto. Osservo
meravigliato un
raggio fosforescente scaturire dall’estremità di
entrambe le mie mani, in una
catarsi che mi svuota, facendomi tremare. Sento le gambe vacillare,
libere dal
controllo, ma ancor prima di scivolare a terra guardo le creature che
mi
circondano spalancare gli occhi, squartati in un abisso bianco, il
petto
perforato dalla corrente che li trapassa da parte a parte. Il suono dei
loro
cuori smette all’improvviso di battere, così come
quello dei loro respiri umidi
e sporchi.
I
loro corpi deflagrano nello stesso momento, in un fragore di ossa che
si
spezzano, di tessuti smembrati e di organi liquefatti. Il loro sangue
mi bagna,
una pioggia rossa mi schizza in volto e sul corpo, ancora rovente. Mi
lecco
avido le labbra, le iridi che gemono di un piacere silenzioso, non
riuscendo
più a trattenere un sorriso grazioso, dolcissimo, colmo di
pace.
Socchiudo
le palpebre, abbandonandomi nel rivedere quelle immagini infinite volte
dentro
la mia testa e cibandomi dei loro corpi morti, bestie abbattute sul
pavimento
dalla mano incurante di un dio malevolo.
Li
ho uccisi. Le loro voci sporche hanno finalmente smesso di sprecare il
fiato.
Ora
non sento più nulla. In me ha ricominciato a battere il
ritmo antico della
neve, immobile come quello dell’universo buio e cupo in cui
ho vissuto per un
tempo infinito.
«Sarai
un potentissimo imperatore, figlio mio.» esclama il gigante,
scoppiando in una
risata talmente fragorosa da far rimbombare la stanza intera.
Mi
guardo di nuovo allo specchio, alzando fiero il mento, le labbra che si
accarezzano lente, caute nello sfiorare gli squarci causati dalla
violenza dei
canini, scatenati dal terrore di prima. I brandelli del mio universo
perduto
gridano ancora, angosciati, dal sangue assassinati e zittiti al tempo
stesso.
Mi
vendicherò ancora, decine, centinaia e migliaia di volte.
Le
mie iridi sfolgorano di una luce maliziosa.
Non
esistono
innocenti, non ai miei occhi.
Io sono Freezer.
Un
mostro.
L’incarnazione
del male.
Un
demone infernale.
Un imperatore.
Ora
non ho più paura.
***
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