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Autore: nuvolenere_dna    04/07/2017    4 recensioni
Momenti scollegati della vita di Freezer, un po’ di introspezione e un pizzico di angst, nella coralità della sua corte di personaggi noti e ignoti.
1. Nivis Crudelitas [1141 parole] ~ «Perché ti faccio così paura? Non sono abbastanza gentile, forse?»
1. Ultionis Voluptas [1349 parole] ~ «Freezer è un demone che dovrebbe stare all’inferno!»
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Freezer, Nuovo personaggio, Re Cold, Vegeta, Zarbon
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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ultionis voluptas Angolo autrice
Buongiooooorno! :)
Oggi parliamo di un tema un po’ particolare, la nascita di Freezer.
Spero che non mi tiriate i pomodori, ho voluto analizzare l’evento dal punto di vista introspettivo quindi mi sono presa un po’ – un po’ tante – licenze poetiche, insomma non troverete un realismo sfrenato, per dirla con un eufemismo *ride*.
La soundtrack con cui è stata scritta questa one-shot è la traccia “Red Rain” dei Gregorian, che potete ascoltare comodamente: qui
Spero che questo capitolo sia per voi all’altezza del primo e che vi piaccia.
Vi aspetto nelle recensioni per parlare insieme della storia, sarei contenta di sapere cosa ne pensate di questo mio secondo – terrib...hmm! – esperimento.
Un abbraccio grande,
Nuvole
 
 
ULTIONIS VOLUPTAS
~ Il piacere della vendetta ~
 
 
Oh, red rain coming down
Red rain
Red rain is pouring down
Pouring down all over me
[Gregorian – Red Rain]
 
 
Una luce accecante si staglia al di là della soglia.
Strofino il naso contro il confine, socchiudendo gli occhi sorpresi. Tutto è scarlatto come sempre. Il rosso è l’unico colore che conosco, oceano di questo spazio in cui mi contorco ormai troppo grande per restare. Con il passare del tempo la porpora è diventata più flebile, come se le mura si fossero consumate, contaminate dal bianco invadente. Nel mio primo ricordo tutto era incommensurabile, enorme, e io nuotavo sospinto verso il confine raggomitolandomi alla ricerca dell’angolo più freddo.
Il mondo sta finendo.
L’universo ha iniziato a contrarsi, autofagocitandosi. Un secondo dopo l’altro noto le pareti restringersi in un silenzio assordante.
Mi raggomitolo nel mio corpo esile, stringendo maggiormente le ginocchia al petto, la coda che sigilla le mie membra in una morsa.
Ho paura.
Quando la luce diviene all’improvviso così intensa, arrivano gli spettri. All’inizio non riuscivo a distinguere le loro parole, erano soltanto sibili di serpenti, affilati come carezze di coltelli, un caos di echi che si confondevano.
«È un mostro! »
«Uccidilo prima che diventi come suo padre!»
Le loro voci oscene si piegano, increspandosi in risate sguaiate.
«Freezer è un demone che dovrebbe stare all’inferno!»
Ghigni crudeli rimbombano, moltiplicandosi all’infinito, morendo nella codardia di un silenzio troppo prolungato. Anche se non parlano con me, mi scopro a tremare molte volte nell’ascoltare quelle conversazioni.
Questo è tutto l’universo che esiste, io sono tutto l’universo... Cosa sarebbe questo Freezer?
Ho tanta paura.
«Quella creatura è l’incarnazione del Male...»
Il male. Cos’è il male? Quello che mi stanno facendo adesso, minacciando il mio mondo gelido e silenzioso. Sento che vuole portarmelo via... Ma chi?
Trascorrono altri giorni di oscurità.
«Freezer»
Un’unica voce, completamente diversa dalle altre, si staglia nettamente nel vuoto da cui è accompagnata. Parla con voce pacata, ferma, ripetendo soltanto quel nome in un sussurro, come una litania.
«Freezer!»
Lo invoca, sempre più severo. Sta chiamando... l’incarnazione del male, il demone, il bastardo odiato da tutti che mi porterà via tutto!
Taci!
Taci!
Eppure la sua voce calma mi ipnotizza, mi blandisce.
Ora ne sono certo. Qualcuno o qualcosa sta cercando di uccidermi.
Sento i muscoli premere contro i confini dell’universo, sempre più angusto. Cerco di contrarmi ancora di più su me stesso, raggomitolandomi il più possibile ma il dolore è troppo forte, le pareti mi stritolano, crudeli. Della porpora che ho respirato finora non restano che briciole che mi affretto a divorare. Il mondo è divenuto biancastro e luminoso, sempre più corrotto. Mi contraggo così forte da affondare le unghie nelle braccia, strizzando gli occhi così forte da vedere una danza macabra dietro le palpebre.
Ho paura.
Sento i muscoli lacerarsi nel tentativo di rimanere tesi e, in un moto di orrore che mi riempie dentro fino a farmi esplodere il cuore, li sento lasciarsi andare, sfibrati dal dolore.
Non ho neppure il tempo di gridare, l’universo implode su se stesso, sbranato dalla luce violenta.
Il mio mondo si frantuma, penetrato da un altro mondo che inesorabile come un’onda lo inghiotte.
I confini si sfracellano, cocci taglienti come lame mi accarezzano le membra, scorticandole, per poi venire scaraventati lontano.
Sento il volto straziato dalle grida, che acute risalgono dalle profondità delle mie viscere, il volto arso dalle fiamme. Mi scompongo su una superficie dura, rovesciato fra i cocci e il ghiaccio triturato, insozzato dalla linfa densa e grumosa che mi ricopre come una gelatina.
Tossisco, vomitando altra porpora, mentre noto una figura gigantesca avvicinarsi a me, le labbra rosse cesellate in una smorfia di soddisfazione. Il suo corpo è immenso e muscoloso, rivestito da un’armatura e da un mantello scuro. Allunga una mano per toccarmi e sento il terrore avvampare dentro di me, ritraendomi istintivamente, finendo per sbattere contro il muro.
Mi giro e sussulto nel notare che la parete mi restituisce un’immagine.
Una creatura piccola mi trapassa con uno sguardo feroce, occhi vermigli come carboni ardenti che bruciano, divampano di furia, incastonati in un corpo candido, venato di pietre violacee e striato di sangue.
Quello... sono io?
Io... mi vendicherò.
Distruggerò chi mi ha portato via il mio universo.
Il gigante alle mie spalle ride, la sua mano mi afferra con violenza il torace e cerca di mettermi in posizione verticale, caricando il mio peso sulle estremità inferiori del corpo.
«In piedi, Freezer.» mi ordina, algido.
Traballo, le caviglie incerte, i pugni stretti in una morsa, le palpebre stritolate dall’astio nell’osservare per la prima volta gli altri presenti, figure attraversate da un’ombra fugace, luci ambigue che perforano le loro pupille volgari, risate trattenute nelle gole che fanno vibrare i loro volti. Sento le viscere contrarsi dall’ira, è colpa vostra, solo colpa vostra!
Freezer?
Mi ha chiamato... Freezer?
Sono io... Freezer?
Qualcosa mi taglia dentro. Un bolo vibrante mi riempie le vene, un desiderio a cui non so dare un nome mi risale l’esofago, corrodendomi la bocca che si asciuga all’istante.
«Ti senti bene?» domanda la voce severa, continuando a tenere la mia spalla salda fra le dita.
«Non toccarmi...» mormoro, sentendo la mia coda frustarle con una velocità e una forza che non credevo neppure possibile. La mano del gigante si scheggia leggermente, ritraendosi. Resto in piedi da solo, le dita dei piedi spasmodicamente tese nel tentativo di aggrapparsi al pavimento liscio, le caviglie ancora tremanti.
Sono io... Freezer?
Tutto il mio corpo sussulta, ossessionato da quegli sguardi ambigui, ammiccanti, che si infrangono sul pavimento non appena intercettano il mio.
Sono loro... i fantasmi?
I miei occhi si concentrano sui resti del mio universo, sfracellati a terra, cocci irrecuperabili, ricoperti da una gelatina scura, putrescente, annegata in un oceano di ghiaccio triturato, marchiato soltanto dalle impronte delle mie mani piccole e dallo strisciare del mio corpo.
Una sensazione di perdita, di orribile mancanza si espande dentro di me.
Le mie viscere si contraggono, sospingendo verso l’alto un rigurgito di bile.
Io voglio.... voglio...
Mi mordo le labbra, affondando i denti in profondità nella carne violacea.
Li guardo tutti, uno per uno.
Loro volevano uccidermi.
Stendo il braccio, animato da un impulso ancestrale, le dita innervate da una scossa elettrica che ha origine direttamente nel mio petto. Osservo meravigliato un raggio fosforescente scaturire dall’estremità di entrambe le mie mani, in una catarsi che mi svuota, facendomi tremare. Sento le gambe vacillare, libere dal controllo, ma ancor prima di scivolare a terra guardo le creature che mi circondano spalancare gli occhi, squartati in un abisso bianco, il petto perforato dalla corrente che li trapassa da parte a parte. Il suono dei loro cuori smette all’improvviso di battere, così come quello dei loro respiri umidi e sporchi.
I loro corpi deflagrano nello stesso momento, in un fragore di ossa che si spezzano, di tessuti smembrati e di organi liquefatti. Il loro sangue mi bagna, una pioggia rossa mi schizza in volto e sul corpo, ancora rovente. Mi lecco avido le labbra, le iridi che gemono di un piacere silenzioso, non riuscendo più a trattenere un sorriso grazioso, dolcissimo, colmo di pace.
Socchiudo le palpebre, abbandonandomi nel rivedere quelle immagini infinite volte dentro la mia testa e cibandomi dei loro corpi morti, bestie abbattute sul pavimento dalla mano incurante di un dio malevolo.
Li ho uccisi. Le loro voci sporche hanno finalmente smesso di sprecare il fiato.
Ora non sento più nulla. In me ha ricominciato a battere il ritmo antico della neve, immobile come quello dell’universo buio e cupo in cui ho vissuto per un tempo infinito.
«Sarai un potentissimo imperatore, figlio mio.» esclama il gigante, scoppiando in una risata talmente fragorosa da far rimbombare la stanza intera.
Mi guardo di nuovo allo specchio, alzando fiero il mento, le labbra che si accarezzano lente, caute nello sfiorare gli squarci causati dalla violenza dei canini, scatenati dal terrore di prima. I brandelli del mio universo perduto gridano ancora, angosciati, dal sangue assassinati e zittiti al tempo stesso.
Mi vendicherò ancora, decine, centinaia e migliaia di volte.
Le mie iridi sfolgorano di una luce maliziosa.
Non esistono innocenti, non ai miei occhi.
Io sono Freezer.
Un mostro.
L’incarnazione del male.
Un demone infernale.
Un imperatore.
Ora non ho più paura.
 
***
 
 
 
  
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