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Autore: nuvolenere_dna    27/06/2017    6 recensioni
Momenti scollegati della vita di Freezer, un po’ di introspezione e un pizzico di angst, nella coralità della sua corte di personaggi noti e ignoti.
1. Nivis Crudelitas [1141 parole] ~ «Perché ti faccio così paura? Non sono abbastanza gentile, forse?»
1. Ultionis Voluptas [1349 parole] ~ «Freezer è un demone che dovrebbe stare all’inferno!»
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Freezer, Nuovo personaggio, Re Cold, Vegeta, Zarbon
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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nivis crudelitas  
Angolo autrice
Ehiiii! *si mette una mano dietro alla testa e ridacchia, in pieno stile Crilin*
È già diverso tempo che non pubblico nulla, sono caduta in una sorta di blocco dello scrittore che mi porta a ritenere insoddisfacente ogni cosa che scrivo e, di conseguenza, a cestinarla nei recessi del computer senza nemmeno portarla a compimento.
Questa breve one-shot rappresenta un tentativo di uscire da questa matassa cupa, nella speranza di proseguire con altre one-shot dello stesso tipo, qualora dovesse riscontrare anche il vostro interesse! :)
Come descritto nell’introduzione, questa raccolta si concentrerà sulla figura di Freezer, nella speranza di offrirne una visione personale e di non andare OOC.
Mi sono presa una piccola licenza poetica: l’aspetto fisico di Freezer è immaginato come quello della trasformazione finale (quella contro Goku SSJ, per intenderci), perché la trovo bellissima.
L’avvertimento “Nuovo Personaggio” è stato inserito per includere le comparse che mi serviranno (come in questo primo capitolo) come espedienti narrativi per raccontare ciò che desidero, non saranno in questo senso personaggi veri e propri.
Il rating e gli avvertimenti potranno cambiare nel corso del tempo, qualora verranno aggiunti nuovi capitoli con caratteristiche diverse.
La soundtrack con cui è stata scritta questa one-shot è la traccia “Vampires of Ice”, presente al minuto 34:08 in questa compilation caricata su YouTube : premi qui
Spero che questo piccolo esperimento vi piaccia e vi invito a farmi sapere cosa ne pensate nei commenti.
Un abbraccio grande,
Nuvole
 
 
 
NIVIS CRUDELITAS
~ La crudeltà della neve ~
 

 
 
Candido, giaccio disteso in una vasca di onice, dello stesso nero tremante dello spazio svuotato, attraversato dai soli frammenti degli astri deflagrati.
Lo vedo ancora, vivido dietro le mie palpebre, come uno schiaffo che mi fa vibrare di piacere.
Muori! Morite tutti!
Ho ascoltato quella voce ancora una volta.
La voce della mia coscienza.
« Sei stato impulsivo, Freezer, ancora una volta. I giacimenti minerari di Kenaz potevano essere molto redditizi. »
La voce di Re Cold, venata di disappunto, rimbomba ancora stridula nelle mie orecchie.
Ho forse richiesto il suo parere, padre?
L’ira sibila ancora, dormiente, accovacciandosi nei recessi del mio animo contorto.
È stato sufficiente un attimo, un attimo di troppo, una sola goccia del veleno che scorre indomito nelle mie vene per perdere il controllo.
Respiro piano, le braccia allargate sul bordo, le gambe e il ventre ricoperti da ghiaccio triturato mescolato agli oli preziosi del pianeta Thurisaz. Lambito dai neon che ricoprono il soffitto, le mie membra chiare brillano, luminescenti, quasi robotiche, le biogemme scintillano, di un viola vicino alla fosforescenza. Le labbra scure, rosse come ciliegie mature, vibrano attraversate da un soffio lieve, appena accennato, sospinto dai battiti lenti, ancestrali, di un compressore avvizzito nell’ombra della terra avida.
Muovo i piedi, stringendo con le dita i pezzi di ghiaccio, sentendo i muscoli delle gambe contrarsi e rilasciarsi con rapidità. Lo sporco e il calore ustionante di quel pianeta lurido abbandonano il mio corpo per disciogliersi nel gelo purificatore, scivolando nella valvola di scarico.
Una nuova cascata di ghiaccio triturato si riversa sul mio ventre, andando a sostituire quello che si stava lentamente sciogliendo.
Giro lentamente la testa, ricordandomi della presenza di una schiava alle mie spalle, le cui mani tremanti stringono un secchio di metallo finemente lavorato. Strofino la schiena contro la pietra vibrando per il piacere delle vene dure, rinvigorite dal freddo.
Sono trascorsi quarantacinque minuti dall’inizio del mio bagno, quarantacinque minuti che i suoi occhi sporchi mi trapassano, insistenti nel vagare sulle mie spalle, fra i miei trapezi e la nuca.
La guardo in volto, godendo della smorfia di terrore dipinta su quei lineamenti femminei, rispondendo spietato con un sorriso inquietante, a cui le mie iridi non partecipano, tagliate da una forbice di malizia.
Il silenzio della stanza viene infranto dal fragore delle mie membra che si alzano in piedi nella vasca, forgiando un’onda di ghiaccio che si riversa sul pavimento di marmo.
La donna si avvicina piano, cercando di non far trasparire la soggezione che vibra nelle sue cosce incerte. Ma si tradisce all’istante, lasciando precipitare a terra la spugna trattenuta a fatica fra le dita tremanti.
« Perché ti faccio così paura? Non sono abbastanza gentile, forse? »
Non mi guarda, piegandosi completamente all’interno della vasca, il volto chinato a osservare i miei piedi, strofinati con cura da una nuova spugna, non insozzata dal contatto con il pavimento.
Silenzio.
Sento i brividi attraversarle il corpo esile, la pelle delle mani che si arrossa, pulsante, lacerandosi per il contatto con il gelo.
Ancora silenzio.
Mi curvo leggermente in avanti, afferrandole bruscamente il mento fra le dita e rivolgendolo verso di me. I suoi occhi screziati d’ocra affondano nei miei, rubini talmente intensi da ricordare i carboni ardenti, restituendomi l’immagine di me, onnipotente, candido come la neve, le labbra increspate in un tenero sorriso.
Io so come farti parlare.
Un infinitesimale impulso elettrico dei nervi, una pressione impercettibile delle dita, le unghie che affondano nella sua mandibola fragile. Un osso si frantuma, seguito dalle sue grida di dolore.
Tuttavia il suo sguardo non abbandona l’inferno glaciale delle mie iridi, annebbiandosi di lacrime.
Un bolo di sangue scarlatto fuoriesce dalle sue labbra, sporcando rovente le mie dita gelide.
Una vampata di piacere si espande dentro di me, accompagnata dall’estasi per quell’odore ferroso, limpido, dal suono armonioso dei suoi gemiti di dolore, dell’annichilimento impresso nei suoi occhi chiari. La schiava tace di nuovo, immobile, il resto del corpo compresso da una morsa invisibile.
«Sembra che le mie mani si siano sporcate di nuovo. Saresti così gentile da pulirmele? »
La mia voce dolce è come il vetro, un vento di coltelli che sferza la stanza abbattendosi sul suo volto allucinato.
La lascio andare, facendola sussultare sulle gambe malferme. La schiava arretra e trema di dolore, la bocca devastata dal sangue che continua a deglutire, gocce vermiglie che le colano lungo il mento.
Cerca di trattenere le lacrime, respirando affannosamente e contraendo il volto in una smorfia.
Piangi, stupida!
Si costringe ad avvicinarsi di nuovo a me, afferrando la mano con cui l’ho colpita fra le sue e iniziando a passare la spugna fra le mie dita affusolate, le unghie scure, le linee profonde dei palmi.
La vetrata alle sue spalle cattura il mio sguardo, una voragine sullo spazio aperto in cui non esiste orizzonte.
Sono trascorsi otto mesi dall’ultima volta in cui ho calpestato il suolo di Freezer 1, il pianeta in cui mio padre mi ha dato alla luce, in cui si erge il mio palazzo nobiliare.
Non ho bisogno di osservarlo per vederlo, quel ghiaccio duro come diamante è innervato nella mia carne, coriacea e indifferente, quel vento tagliente soffia imperituro in occhi talmente feroci ed espressivi da bruciare come laser.
Io incarno l’inverno, un inverno ostile e crudele come un vampiro, che racchiude in sé il calore del fuoco mentre vaga nella foresta dilaniata da un bianco fatale.
Guardo di nuovo la schiava, ipnotizzato dal suono incantevole del suo pianto, le lacrime rade come gli ultimi rintocchi di un carillon, disperati e agonizzanti.
Lascia cadere la spugna nella vasca ed esamina le mie nocche screpolate dall’arsura di Kenaz, prendendo una noce di balsamo profumato da una ciotola lignea alla sua destra. Stringe la mia mano piccola e algida fra le sue, tremanti, e inizia a massaggiarla con energia, insistendo sui muscoli irrigiditi, duri per la tensione.
« Lei ha l’abitudine di tenere sempre i pugni contratti, padrone. »
La sua voce tenue come una foglia accartocciata dall’autunno, stritolata dal dolore e dai singhiozzi, è sorprendentemente ferma.
« Non ti interessa che queste siano le stesse mani che hanno sterminato la tua gente? » le domando, provocatorio, gli occhi scarlatti scatenati come fiamme sibilline.
« No. » biascica lei, premendo forte le dita sul mio palmo e strappandomi un brivido di piacere, in una danza di nocche che scricchiolano « A me interessa vivere. »
Vivere?
 « Tu sei già morta. Il giorno in cui hai iniziato a lavorare per me. »
Sorrido spietato, porgendole l’altra mano, ancora immobile, i piedi lambiti dal ghiaccio liquefatto.
Mi nutro del suo terrore, avido come una bestia, ingoiando famelico l’immagine di me stesso riflessa nelle sue iridi, in cui le lacrime si sono fermate, perle congelate fra le ciglia.
Io sono un lento passo di danza sulla neve.
Il passo falso da cui scaturisce una valanga mortale.
 
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