Capitolo
Sedici: Ombre
“L'unico
modo per liberarsi di un'ombra è spegnere la luce,
smettere
di fuggire all'oscurità
e
affrontare ciò di cui si ha paura a testa alta”
~
Meredith Grey, “Grey's Anatomy”
«Chiaro
o scuro?»
«Vogliamo
davvero intraprendere questa conversazione?»
«Laura
propende per il parquet chiaro ma io lo vorrei scuro» insisté Clint
ignorando il commento dell'amica e madrina dell'ultimo nato di casa
Barton.
Natasha
alzò lo sguardo al tettuccio dell'auto su cui viaggiavano;
«Chiaro!
La polvere si vede subito con il parquet scuro...» replicò
stringendosi nelle spalle.
«Non
credevo te ne intendessi di queste cose» scherzò l'arciere;
«Cosa
non ti insegna la vita. Parcheggia pure qui».
Clint
seguì quanto detto ed accosto il SUV scuro. I due Avengers si
scambiarono un cenno d'assenso;
«Ti
aspetto qui»
«Per
quanto detesti avere una balia ovunque vada... Grazie.» ed uscì.
L'ingresso
della casa di riposo era luminoso e ben curato ed alla reception
l'accolsero con un sorriso.
«E'
qui per vedere la signora Carter?» Natasha annuì «L'infermiera
l'accompagnerà, prego».
L'infermiera
non appena la vide sorrise cortese;
«Signorina
Romanoff buongiorno. Alla signora farà sicuramente piacere la sua
visita. Il signor Rogers non è con lei?».
La
mascella di Vedova Nera si irrigidì impercettibilmente;
«E'
impegnato» rispose liquidando la faccenda «Come sta oggi?»
«E'
in una buona giornata» affermò la donna comprendendo al volo a cosa
si riferisse.
Natasha
annuì ed aprì con sicurezza la porta della stanza. L'anziana
signora sedeva compostamente nel letto, il volto solcato da rughe era
riposato e curato, i capelli candidi e soffici già in ordine. La
camera era immersa in una luce calda dai toni aranciati, una
fragranza leggera e dolce impregnava ogni cosa.
«Buongiorno
Peggy» esordì la russa con un sorriso delicato.
Peggy
Carter si voltò verso di lei, il suo sguardo si fece confuso per
qualche istante, come se la stesse mettendo a fuoco, poi il suo viso
si illuminò e il sorriso più sincero le dipinse le labbra.
«Natasha!
Mia cara accomodati, che piacere averti qui» replicò con rinnovato
vigore, osservandola attentamente mentre prendeva posto sulla
poltrona accanto a lei.
«Mi
spiace aver fatto passare del tempo dalla mia ultima visita...»;
la
Carter sventolò delicatamente la mano in aria senza perdere il
sorriso;
«Non
dire così. Lo so bene che la vostra non è una vita semplice – il
suo sguardo si fece più vivo e sereno – la gravidanza ti dona, mia
cara» asserì sincera.
Natasha
scosse il capo divertita;
«Ti
ringrazio. Ma il sentirsi incinta non lo definirei altrettanto
piacevole.» infilò la mano nella tasca del parka ed estrasse una
paio di foto «Tieni. Sono le immagini dell'ultima ecografia, ho
immaginato ti facesse piacere» asserì porgendogliele.
L'anziana
Carter le osservò con cura, come fosse qualcosa a cui dare la sua
massima attenzione; poi sollevò le sue iridi scure in quelle chiare
della russa «Ma guardatelo, sembra in salute» affermò dolcemente,
sfiorando con le dita magre e tremanti il profilo del bambino.
«Lo
è» concordò Natasha, gli occhi leggermente lucidi; Peggy indugiò
sui tratti del volto «Cosa ti turba?». Difficile che allo sguardo
attento di Peggy Carter sfuggisse qualcosa.
La
spia inclinò il capo e lo scosse impercettibilmente «Non riesco a
percepirlo...»;
«La
dottoressa cosa dice a riguardo?»
«Data
la situazione è abbastanza normale... Ma non posso fare a meno di
chiedermi-» Peggy levò la mano in aria come a volerla fermare;
«Mia
cara c'è un motivo se esiste il detto “dai tempo al tempo” -
sorrise benevola – Non ti devi sentire sbagliata, non ve n'è alcun
motivo. Il bambino è sano? Sì. La dottoressa è allarmata? No. E
allora non hai ragione di preoccuparti. Cosa ti dice l'istinto?»
chiese seria.
Natasha
puntò lo sguardo altrove e rimase in silenzio per qualche istante;
«Non
saprei... Pensavo di potermi fidare, ma non ne sono poi così certa-»
affermò con un sorriso amaro e triste. Peggy le afferrò gentilmente
le mani e le tenne strette;
«Non
dirlo mai. L'istinto a volte è l'unica arma che ci rimane, so chi
sei Natasha Romanoff e l'istinto resta sempre e comunque il tuo
alleato più prezioso».
La
russa annuì dopo qualche tentennamento, ma in fondo grata di quelle
parole. Lentamente, come un serpente che avvolge piano ma
ineluttabile la propria preda, così il seme dell'incertezza più
cupa aveva iniziato ad avvolgerla e tutto ciò che aveva
faticosamente creato le appariva ogni giorno quanto mai fragile.
Si
sentiva annaspare, costretta in panchina, camminava su un filo che
avvertiva disfarsi ogni attimo di più, come se fosse stata di vetro
e sul punto di frantumarsi; ogni mattina apriva gli occhi e doveva
lottare per non andare in mille pezzi, osservava l'uomo che amava e
non poteva fare a meno di percepirlo distante, imprigionato nel suo
essere Captain America, sempre più nervoso, costantemente
preoccupato per la sua sicurezza ed accecato dall'idea di sconfiggere
l'HYDRA prima che potesse arrivare a loro. Da quando Bucky se n'era
andato, ormai quasi un mese prima, non si era dato pace nemmeno per
un attimo. Ma la verità era che anche lui stava inesorabilmente
affogando.
Da
quanto tempo non si abbandonavano l'uno all'altra? Quanto era passato
dall'ultimo momento solo per loro? Lei crollava sempre per prima,
sfinita dal dolore e dalla lotta interiore che la stata divorando,
lui si coricava molto più tardi logorato nella mente – a volte
senza nemmeno darsi la pena di togliersi la divisa – e si alzava
presto, spesso prima che il sole sorgesse.
Il
freddo la circondava non solo esteriormente ma anche dall'interno;
suo figlio, pur crescendo sano, era muto e lei non poteva fare a meno
di avvertire il gelo dentro di sé. Si sentiva tutto fuorché una
madre...
«Come
sta Sharon?» le chiese, il tono leggermente più cupo. Natasha
abbandonò quei pensieri fastidiosi e constatò che purtroppo Peggy
non aveva dimenticato ciò che era accaduto alla nipote.
«Sharon
è una ragazza forte, Peggy. Ha preso da te in questo. Sta facendo
del suo meglio per venire a capo della verità» asserì sicura. Ed
era vero; l'agente 13 visitava regolarmente il Playground, aveva
stretto un contatto con il Winter Soldier N, era l'unica con cui non
desse di matto nei pochi momenti in cui non era sedato, anche se per
la maggior parte del tempo farfugliava parole in russo e stralci di
vecchi ordini ma lei continuava a non mollare. Ma non era
semplicemente perché N poteva essere la chiave per carpire i segreti
dell'HYDRA, Natasha sapeva che la ragione era anche un'altra: la
ferita incisa nel petto di Sharon continuava a sanguinare, se con
James poteva aver fallito, o meglio lei sentiva di averlo fatto, non
lo avrebbe permesso una seconda volta. N forse poteva essere una
sorta di surrogato di James, ma se quella era una delle ragioni che
la spingeva ad alzarsi ogni giorno, Natasha non era nessuno per
giudicarla. La capiva.
Il
volto di Peggy si distese a quelle parole;
«La
mia Sharon, quando era una bambina sua madre viveva nel timore che
prendesse da me più del necessario – ridacchiò sinceramente
divertita – i suoi timori erano fondati. Ti prenderai lo stesso
cura di lei, Natasha?» un breve ma potente attacco di tosse la colpì
e la russa le passò premurosa, un bicchiere d'acqua fresca.
«Certo.
Steve ti manda i suoi saluti, promette che passerà presto». Natasha
osservò gli occhi scuri dell'anziana donna illuminarsi; c'era stato
un tempo in cui quello sguardo la metteva segretamente a disagio. La
prima volta che Steve le aveva proposto di conoscere Peggy alla spia
si era chiuso lo stomaco, quello era un confronto che non voleva
avere. Era perfettamente conscia che i suoi timori erano del tutto
irrazionali e non poteva certo sentirsi minacciata davanti ad
un'anziana signora che aveva vissuto la sua vita in modo pieno e
degno, ma non poteva certo ignorare che quell'anziana signora era pur
sempre Peggy Carter, primo grande amore di Steve Rogers.
Natasha
era in grado difendersi da qualunque cosa e da chiunque, ma dagli
infidi mostri della gelosia che avevano preso possesso della sua
mente, oh da loro no.
Ma
quando si erano ritrovate faccia a faccia, i suoi demoni si erano
immediatamente ritirati davanti allo sguardo luminoso e sincero di
Peggy, semplicemente felice. Felice che Steve avesse iniziato a
vivere la sua vita e non essere più solo Captain America, un
simbolo, un ideale ma un uomo.
Natasha
si era sentita meschina difronte a lei, che non aveva mai voluto
altro che la pace per quel soldato che aveva amato con lealtà e
tenerezza. Non erano poi così diverse, si era detta, entrambe
avevano sempre voluto la medesima cosa per Steve. Ed in quel momento,
finalmente, aveva sorriso, grata a quella donna straordinaria per
tutto ciò che, inconsapevolmente, aveva fatto per loro; si erano
scambiate uno sguardo in silenzio seguito da un piccolo ma deciso
cenno, una muta promessa che Natasha avrebbe rispettato fin che
avesse avuto fiato in corpo.
«Non
c'è fretta mia cara, se solo noi fossimo stati più accorti e non
avessimo contribuito a rendere il mondo com'è oggi non sareste in
questa situazione...» mormorò Peggy stanca, Natasha si limitò a
stringerle le mani e scuotere il capo dolcemente.
«Come
sta?»;
«Stanco»
rispose amaramente la russa «Lui nemmeno se ne rende conto –
sorrise appena – è Steve, è Captain America fa ciò che è nella
sua natura fare...»
Peggy
sorrise comprensiva.
«Allora
ricordagli di respirare ogni tanto...» Natasha annuì divertita, poi
notò lo sguardo della donna appannarsi per qualche istante...
«Natasha?
La gravidanza ti dona mia cara! A che mese sei?» domandò allegra
Peggy come se la vedesse per la prima volta. Natasha fece un piccolo
sospiro e stirò le labbra in un sorriso paziente.
«Ciao
Peggy...».
Natasha
uscì dalla clinica un'ora più tardi, risalì in auto e Clint mise
in moto direzione Avengers Tower.
«Nat.
Hai notato-»
«Il
furgone bianco che ci segue da quando siamo ripartiti?» lo anticipò
Natasha con tono piatto. L'arciere annuì fissandola.
«Non
è lo S.H.I.E.L.D. vero?»
«Invio
un'allerta» rispose Clint sospirando;
«Seminali»
replicò la russa con espressione seria.
E
ci provarono, Occhio di Falco premette l'acceleratore e senza
scrupoli sfrecciò in mezzo al traffico di New York. Ma avrebbero
dovuto immaginare che quello non fosse l'unico mezzo a seguirli.
Vennero
bloccati da altri due furgoni, blindati, che gli tagliarono la
strada, costringendo Clint ad inchiodare di colpo tanto che l'auto
fece quasi un testa coda.
Dai
furgoni scesero diversi uomini, che avevano tutto l'aspetto di essere
dei mercenari, armati.
«Nat-»
tentennò Clint, ma lei respirò a fondo;
«Fai
quel che devi».
L'arciere
ingranò la retro per tentare di prendere una via di fuga ma il
furgone bianco, che li stava pedinando, gli arrivò dietro e lo urtò
costringendoli ad arrestarsi. I mercenari intanto puntarono i loro
fucili alle gomme del loro SUV blindato e dopo diversi tentativi
riuscirono a forarle.
«Armi?»
domandò a quel punto Natasha respirando a fondo. La loro auto era
blindata, questo era vero ma non avrebbero potuto durare lì dentro
per sempre e prima o poi il telaio e i vetri avrebbero ceduto
inevitabilmente.
«Contatto
la Tower» replicò l'arciere, si bloccò improvvisamente guardando
l'amica in faccia.
«Non
dirmelo. Hanno schermato l'area? - inspirò infastidita – beh siamo
a New York non ci metteranno molto a capire che sta succedendo...»
«Dobbiamo
solo resistere, okay Nat?» le mormorò Clint. Mentre i loro nemici
all'esterno avevano iniziato a trivellare la loro auto, il loro unico
rifugio, di colpi.
Natasha
sapeva cosa gli stava indirettamente dicendo l'arciere. Erano loro
due e, almeno per il momento, nessuno poteva aiutarli. In una
qualsiasi altra circostanza questo non sarebbe stato un problema,
erano tra i migliori in circolazione, addestrati, preparati e lei non
si sarebbe fatta alcuno scrupolo. Ma ora il solo rischiare di restare
ferita la paralizzava dentro; lei era una spia... E anche se per
gente come lei la sopravvivenza era una questione fondamentale, la
possibilità di rimanere ferita era comunque qualcosa che rientrava
nel pacchetto e di questo non ne aveva mai avuto paura. Ma ora era
diverso; al tempo stesso non poteva lasciare che Clint facesse tutto
da solo, anche lui aveva una famiglia da cui tornare. I patti fra
loro due erano sempre stati chiari: proteggersi le spalle a vicenda,
questo facevano e questo avrebbero sempre fatto. Doveva farlo, non
solo per Clint ma per suo figlio, aveva giurato che nessuno l'avrebbe
nemmeno sfiorato e avrebbe mantenuto quel giuramento a costo di
mettere entrambi in pericolo.
Natasha
chiuse gli occhi, si passò una mano sul ventre rigonfio e lo
accarezzò piano. «быть сильной»[sii forte]
mormorò.
«Passami
quelle due» disse indicando le pistole che erano riposte sotto il
sedile dietro.
«Sei
sicura?» ribatté l'arciere guardandola con cipiglio grave. La russa
annuì secca.
*
«Molto
bene. Credo che per oggi possa bastare Jace» disse Steve rialzandosi
insieme al quindicenne che annuiva soddisfatto dei propri progressi.
Alexandra a pochi passi da loro si riprendeva dalla propria sessione
di allenamento.
«Grazie
Steve, ma vorrei continuare ancora un po'» replicò Jace pur rosso
in viso e con i muscoli gonfi e tesi che iniziavano a lamentarsi per
lo sforzo.
Il
supersoldato si prese qualche attimo per osservarlo attentamente, lo
sguardo del suo allievo era serio e deciso, malgrado le sue forze
stessero iniziando a cedere i suoi occhi gli stavano dicendo che non
era ancora il momento di smettere. Capiva molto bene il suo stato
d'animo, lui provava esattamente lo stesso; per entrambi
l'allontanamento di Bucky era stato l'ennesimo sputo in faccia
ricevuto dalla vita, e malgrado ciò non avevano permesso a loro
stessi di crollare.
Steve
gli sorrise comprensivo, poi scosse il capo;
«Va
bene così per oggi Jace, davvero. Anzi sono io doverti ringraziare-»
l'espressione del giovane si fece confusa, ma il capitano si limitò
a sorridergli. Quella sessione di allenamento era stata per lui una
boccata d'aria. Vedere lui ed Alexandra così decisi e sopratutto
così affiatati era stata una gioia per gli occhi, l'allenamento pur
difficile era stato per certi versi divertente, con momenti di risate
e condivisione ed in quel momento si era reso conto che aveva bisogno
di avere più che mai un contatto con Natasha; nell'ultimo periodo
era stato così concentrato nel tentare di scoprire i piani
dell'HYDRA che si era allontanato da lei, quando invece entrambi
avevano più bisogno l'uno dell'altra.
La
porta della palestra si aprì di scatto e un Sam visibilmente
preoccupato si affacciò trafelato.
«Steve...».
*
«Nat
ore sei!» urlò Clint affrontando l'ennesimo mercenario, mentre
Vedova Nera finite le munizioni si apprestava ad uno scontro corpo a
corpo.
Natasha
doveva finire l'avversario prima che questi si avvicinasse troppo a
lei; purtroppo la pancia era ormai visibile, nulla poteva
nasconderla. Durante i minuti seguenti allo scoppio dello scontro fra
loro e i mercenari, aveva notato che essi non erano interessati a
eliminarla fisicamente, sembrava più che volessero semplicemente
stordirla, questo aveva fatto cementato, in lei, la certezza che
mirassero al bambino. Non sembravano agenti dell'HYDRA ma sentiva che
in qualche modo vi erano collegati.
Natasha
afferrò il mercenario per le spalle e gli tirò una ginocchiata
esattamente in mezzo alle gambe, riuscendo così a metterlo fuori
gioco. Non poteva azzardare mosse complesse per non mettere il
bambino ancora più a rischio di quanto non stesse già facendo. Le
sembrava di battersi in una rissa da bar.
Si
sentiva affaticata e le ossa le dolevano quasi avesse la febbre ma il
suo spirito era forte.
«Okay,
tieniti forte» mormorò parlando al figlio «Questo potrebbe far
male» la spia si tenne pronta all'eventuale impatto con l'ennesimo
mercenario;
«Natasha!»
lo scudo circolare si frappose fra lei e il suo prossimo avversario
abbattendosi su quest'ultimo.
Natasha
voltò il capo vedendo Steve correre verso di lei;
«Alla
tua sinistra!» all'avvertimento accorato del proprio compagno il suo
corpo reagì per lei: parò il pugno col braccio e con una mossa
semplice ma efficace se ne liberò; rapida scivolò verso lo scudo e
lo usò per difendersi e respingere i colpi finché Steve non le fu
quasi accanto ed insieme – com'erano ormai soliti fare –
sconfissero gli ultimi rimasti in piedi. Con la coda dell'occhio vide
Sam aiutare Clint mentre Maria e Holden eliminare i folli che ancora
osavano contrattaccargli.
Natasha
trasse un respiro sentendosi, dopo tanto tempo, libera dalla paura e
dall'ansia. Aveva affrontato faccia a faccia i suoi avversari, e
malgrado avesse rischiato davvero tanto nel farlo si sentiva bene.
Non doveva più nascondersi, certo fino al momento della nascita non
si sarebbe più arrischiata a tanto, ma almeno ora i suoi nemici lo
sapevano: sapevano che non era debole, che lei era pronta ad
affrontare tutto e tutti per il proprio figlio.
Si
voltò verso Steve e si accorse che anche lui ora la stava fissando,
i suoi occhi chiari pieni di cose da dire e di domande, ma lei si
limitò ad afferrarlo per la nuca e a far congiungere le loro labbra
in un bacio tanto atteso quanto appassionato. Grata che fosse al suo
fianco ancora una volta, ora poteva affrontare qualsiasi sfida,
poteva stargli accanto senza avere paura di se stessa e senza dover
continuare a chiedersi se sarebbe stata abbastanza forte per portare
a termine la gravidanza durante una guerra come quella che stavano
affrontando. E questo dovette capirlo anche il bambino, perché
finalmente concesse a sua madre la possibilità di sentirlo.
Le
loro labbra erano ancora unite quando la russa dovette staccarsi
improvvisamente, portandosi le mani al ventre, il respiro mozzato e
gli occhi sgranati.
«Natasha?»
urlò preoccupato Steve piegandosi su di lei con atteggiamento
protettivo. La donna gli fece segno di quietarsi e dopo qualche
istante gli afferrò le mani e le poggiò sulla propria pancia.
«Sta-?»
sussurrò incredulo, l'espressione commossa. Si guardarono negli
occhi e Natasha annuì;
«Sta
scalciando» mormorò con un delicato sorriso. La piccola creatura
che portava in grembo, ora le stava facendo sapere che anche lei era
forte, stava bene. Chiuse gli occhi per qualche istante assaporando
quella nuova sensazione e per alcuni istanti si sentì in pace.
Purtroppo
la situazione in cui erano richiedeva la loro attenzione, si
scambiarono un bacio veloce ed in silenzio, ma fianco a fianco, si
diressero verso i loro compagni che tenevano uno dei mercenari
inginocchiato fra loro.
«C'è
una taglia sulla testa di vostro figlio» biascicò l'uomo divertito.
Steve chiuse le mani a pugno ma mantenne un'espressione neutra e
concentrata.
«E
tu sai anche chi c'è l'ha messa» replicò Natasha con sguardo
altero. Nonostante la mano chiusa sul ventre con fare protettivo,
Vedova Nera sembrava una regina che torreggiava sul proprio suddito
infedele.
«Ne
verranno altri-»;
«Che
vengano. Ciò che io voglio sapere è chi li manda».
Il
mercenario sorrise mellifluo;
«Allegra
Belgioioso ti porge i suoi saluti Natasha Alianovna Romanoff».
______________________________________________________________________Asia's Corner
E
dunque eccoci tornati, dopo questa pausa estiva (che devo ammettere mi
ha comportato più problemi che gioie ma questo è un altro
discorso) con questo nuovo capitolo (lo so vi ho fatto attendere
davvero troppo) ma che spero non vi deluda!
Allora abbiamo un bell'incontro tra Peggy e Natasha, e la adorata Peggy
- per quanto la malattia glielo concede - sta sempre sul pezzo, qui ho
voluto mostrarvi le ombre di Natasha, le paure e le incertezze che in
questo momento sta affrontando, come d'altronde ogni Avengers (ma su
questo avremo modo di tornare nei prossimi capitoli).
E alla fine di questo capitolo scopriamo anche chi altro minaccia la
vita degli Avengers, rullo di tamburi ebbene sì, ladies &
gentlemen Allegra Belgioioso
è tornata! D'altronde il suo primo incontro con gli Avengers gli
è costato davvero caro, mica pensavate che se ne sarebbe stata
buona buona dopo che questi le avevano rovinato gli affari!? Oh nonono!
Un'altra pedina è entrata in questa grande scacchiera... e
promette di giocare pesante! Cosa ne pensate di questa sua mossa? Sono
davvero curiosa! :)
Bene detto questo passo a darvi un'importante informazione, riguardante gli AGGIORNAMENTI. Allora vi ho riflettuto e visto al momento come stanno andando le cose ora ho deciso di postare un nuovo capitolo OGNI 3 SETTIMANE!
Lo so, molti di voi non ne saranno felici ma questa scelta l'ho fatta
per ASSICURARVI con maggiore serenità degli aggiornamenti!
Purtroppo vuoi per una cosa vuoi per l'altra gli ultimi capitoli
postati sono sempre usciti con qualche giorno di ritardo e con me che
mi sentivo uno schifo ed arrivavo sempre tirata. Quindi, almeno per il momento
(potrebbe non essere una decisione definitiva) ho deciso di spostare
l'uscita dei nuovi capitoli; spero che comprendiate e abbiate pazienza!
Io
per il momento vi saluto e vi ringrazio davvero tantissimo per la
pazienza che avete avuto in questo periodo e per il supporto che mai mi
è stato fatto mancare! RINGRAZIO MOLTISSIMO TUTTI VOI che
seguite questa ff, che commentate o che leggete semplicemente :)
Ci vediamo fra tre settimane: SABATO 23 SETTEMBRE!
ps. Risponderò alle recensioni del capitolo 15 entro sabato 09!
pps. Per qualsiasi informazione vi invito a mettere mi piace alla mia pagina FB "Asia Dreamcatcher"